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Gioacchino da Fiore ... e Teilhard de Chardin

IL PATRONO DELLA "RETE" E IL TEORICO DEL "DISEGNO INTELLIGENTE": Teilhard de Chardin (1881 - 1955). Un ’vecchio’ (1998) articolo di Carlo FORMENTI, e una nota di Annamaria TASSONE BERNARDI.

mercoledì 4 ottobre 2006 di Federico La Sala
San Teilhard de Chardin
Gesuita, paleontologo e patrono della rete
di Carlo Formenti*
Che io sappia, finora nessuno ha fatto nomi per eleggere un Santo Patrono della Rete. Ma, ammettendo che esistano candidature a me ignote, mi permetto ugualmente d’avanzare la mia proposta: suggerisco che l’onore spetti a Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955) gesuita, paleontologo ed autore d’una imponente opera filosofica sul rapporto fra scienza e teologia. Sono sicuro che il suggerimento otterrebbe, (...)

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> IL PATRONO DELLA "RETE" E IL TEORICO DEL "DISEGNO INTELLIGENTE": Teilhard de Chardin (1881 - 1955). Un ’vecchio’ (1998) articolo di Carlo FORMENTI, e una nota di Annamaria TASSONE BERNARDI.

martedì 3 aprile 2007

La terra pensante di Teilhard

A 50 anni dalla scomparsa, lo scienziato gesuita è considerato il patrono del cyberspazio. Geologo e mistico Osteggiato dal Vaticano, «invitato» a lasciare la Francia, Pierre Teilhard de Chardin ritrova oggi grande attualità per la sua teoria sulla «noosfera»

di CLAUDIO CANAL (il manifesto, 25.08.2005)

Sulla Stampa del 2 marzo 1963 Nazareno Fabretti scriveva: «Cinque libri in Italia in questi ultimi mesi potrebbero essere la conferma a una divulgazione della figura e dell’opera di Teilhard de Chardin degna della statura e della problematicità dell’uomo, dello scienziato e del pensatore». Il titolo, Teilhard è di moda? ci richiama alla banalità del fatto che le mode non sarebbero tali se non passassero di moda. Così è stato per Pierre Teilhard de Chardin di cui quest’anno ricorrono i cinquant’anni dalla morte avvenuta a New York nella Pasqua del 1955. Date a confronto, se ne deduce che se fu una moda, si trattava pur sempre di una moda postuma, anche allora. Tra i cinque libri evocati da Fabretti, uno, Il gesuita proibito di Giancarlo Vigorelli, pubblicato da Il Saggiatore, avrebbe avuto molta risonanza e diverse edizioni. Introduceva al pensiero di questo strano gesuita, geologo, paleontologo e mistico, ma soprattutto rendeva noti gli attriti tra Teilhard e la gerarchia ecclesiastica, sintetizzati da un Monitum del Sant’Uffizio del giugno `62, che metteva al bando, anch’esso postumo, le sue opere, che tuttavia sarebbero state pubblicate da Julian Huxley. Come sempre, condanna e assimilazione nello stesso tempo: alcune idee del gesuita vengono recuperate in uno dei documenti sostanziali del Concilio Vaticano II, aperto nello stesso anno del monito, la costituzione pastorale Gaudium et Spes. «La caratteristica essenziale dell’Uomo, la radice di tutte le sue perfezioni, - scrive Teilhard - è quella di essere cosciente al secondo grado. Non solo l’Uomo sa, ma sa di sapere. Riflette. Ora, in ciascuno di noi, questa riflessione è ancora parziale, elementare. L’individuo solo di fronte a se stesso non si esaurisce. Non è che mediante la sua opposizione ad altri uomini che egli arriva a vedersi fino in fondo ed interamente. Per quanto nel suo centro e nel suo germe, la riflessione sia personale ed incomunicabile, essa non si sviluppa che in comune. Essenzialmente, essa rappresenta un fenomeno sociale. Che cosa significa ciò, se non che il suo compimento e la sua pienezza futura coincidono con l’avvento di quello che abbiamo chiamato la Pianetizzazione-Planétisation umana? Già una volta, or sono centinaia di migliaia di anni, la coscienza è giunta a centrarsi, e perciò a pensare, in un cervello che aveva raggiunto il limite della complicazione nervosa: e fu la prima ominizzazione della vita sulla terra. Una volta ancora dopo altre migliaia o milioni di anni, la stessa coscienza può, e deve, supercentrarsi in seno ad una umanità totalmente riflessa su se stessa. Piuttosto che opporci inutilmente o di abbandonarci servilmente alle potenze plasmanti dell’astro che ci porta, che cosa attendiamo noi per lasciare la nostra vita rischiararsi e dilatarsi alla luce ascendente di questa seconda Ominizzazione?».

Questa lunga citazione consente di tagliar corto sugli eventi della vita di Teilhard, che - nato nei pressi di Clermont Ferrand nel 1881 e ordinato prete a trent’anni, nell’ordine dei gesuiti - ne viene «silenziato» nel 1927, e intraprende allora diversi viaggi di studio e di ricerca in Africa e soprattutto in Cina. Il Vaticano non gli concede l’autorizzazione ad insegnare al Collège de France né di pubblicare Il Fenomeno Umano. «Invitato» a lasciare la Francia, si ritira negli Stati Uniti, dove muore nel 1955.

Le accuse ecclesiastiche? Panteismo, sottovalutazione del peccato originale e delle sue conseguenze, misconoscimento del carattere soprannaturale della redenzione... Ma, soprattutto, i teologi giuridici lo accusano di aver pienamente accettato l’evoluzione. Infatti: «l’evoluzione da molto tempo non è più un’ipotesi, ma una condizione alla quale d’ora in poi devono soddisfare tutte le ipotesi».

Perché ripescare una polemica d’annata tra le autorità ecclesiastiche e un gesuita scienziato-paleontologo? Perché la Rete è grande e Teilhard è il suo profeta. Nella sua sintesi visionaria il padre gesuita - ultimo nei tempi moderni a rischiare una sintesi - prospetta una ritmica dell’evoluzione che prevede il costituirsi di una noosfera, apparsa con l’essere umano alla fine del Terziario e in continua espansione. Come la biosfera, la noosfera si stende sopra la terra su cui è «sdraiata». È lo strato pensante della terra, una complessa membrana di conoscenza che avviluppa il mondo, un «sistema nervoso, tecnologico, planetario, un involucro pensante». Un «tappeto», una «rete nervosa avviluppante la superficie intera della Terra» come dice ne l’Avvenire dell’Uomo. Abitiamo e siamo abitati dalla noosfera, perché è l’oggettivazione della coscienza e dell’intelligenza collettiva dell’umanità. La parola Teilhard l’aveva coniata nel 1925. In controcanto l’avrebbe ripresa e posta in un contesto diverso, ma non opposto, il geochimico russo Vladimir Vernadskij, non casualmente amico del fisico, ingegnere e filosofo Pavel Florenkij, liquidato da Stalin nel 1937. Ognuno potrà, volendo, ripercorre le genealogia di questa idea fermentativa: il neoplatonismo, la patristica greca, Averroé...

Per quante diramazioni possa assumere la noosfera, resta ferma la considerazione di Teilhard: «Sempre meglio concepisco l’uomo come il grande fenomeno terrestre...; non so perché i geologi considerino tutti gli strati concentrici di cui è formata la terra, ad eccezione di uno: quello formato dallo strato umano pensante; e quelli che si interessano all’Uomo sono generalmente estranei alla geologia. Bisognerebbe unire i due punti di vista». Dunque non un platonico mondo delle idee, ma un vero e proprio agglomerato complesso di energia materiale e spirituale in cui l’essere umano opera come «agente geologico», secondo l’interpretazione del teorico della decrescita, il bioeconomista Nicholas Geogescu-Roegen che riconosce il suo debito verso Teilhard.

«La Ricerca - afferma il gesuita - ancora ieri occupazione di lusso, sta per diventare funzione primaria, e addirittura principale, dell’Umanità... Pianetizzandosi, l’Umanità acquista nuovi poteri fisici che le permettono di super-organizzare la Materia». E, sbirciando ancora di più nel futuro: «Sto pensando a quelle straordinarie macchine elettroniche (il punto di partenza e speranza della giovane scienza della cibernetica), con le quali la nostra capacità di calcolare e combinare è rinforzata e moltiplicata da un processo e ad un livello tanto strabiliante in questo senso quanto quello che l’ottica ha già prodotto per il nostro potere visivo».

Si colloca in queste premesse la radice del culto degli adepti del web e di Internet verso Teilhard de Chardin. I devoti del cyberspazio lo riconoscono come il loro santo patrono, prescindendo - ma non sempre - dal credo teologico e mistico che il padre sintetizzava così: «Credo che l’Universo è una evoluzione. Credo che l’evoluzione va verso lo Spirito. Credo che lo Spirito si completa in Dio personale. Credo che il personale supremo è il Cristo universale». La sua Cristognosi aveva come base non una creazione eruttiva, ma un divenire in cui forse perfino Dio evolve e nel cosmo la vita e la coscienza si «complessificano» da sempre per successivi «passaggi di frontiera o di stato» fino ad assumere non accidentalmente le forme che conosciamo. Un «Cristo evolutore» è la forza motrice dell’evoluzione, per impulso e per attrazione, il «Punto Omega».

Le acrobazie teologiche hanno impaurito i custodi dell’ortodossia cattolica, ma hanno indignato anche gli scienziati, che gli hanno opposto, ieri come oggi, un universo meno edificante, in cui nessun disegno intrinseco è rintracciabile, in cui il caso e l’accidente dominano incontrastati. La selezione pota e sfronda, la vita non segue direzioni di marcia né traiettorie prestabilite e la coscienza è un risultato improbabile e accessorio, tanto meno è destinata da singola coscienza a diventare, come un neurone interconnesso, il cervello dei cervelli, in una crescente cerebralizzazione della Terra. Tuttavia la virtualità - o la realtà? - di questa sfera pensante alimenta gli intrecci teorici che tentano di dar conto di questa nuova condizione cognitiva rappresentata dalla Rete. La trans-individualità degli internauti è sotto i nostri occhi, che la si chiami intelligenza collettiva secondo il neoumanesimo alla Pierre Lévy o «intelligenza connettiva» da parte di de Kerckhove o addirittura General Intellect, sulla base di letture un po’ strabiche di Marx.

Quello che non possiamo non riconoscere è il formarsi di una noopolitica in cui diventa discriminante il controllo della rete per blindare la mistica del mercato e santificare le pretese imperiali del capitalismo reticolare. Una cyberwar dalle dimensione cosmiche, la cui posta è l’assorbimento in un unico Net delle risorse terrestri, delle sensibilità singole e delle intraprendenze comuni. Sarebbe da ciechi però non vedere una «concentrazione psichica» che alimenta l’arcipelago planetario delle resistenze, dei corpi con cervello, delle differenze ostinate, delle mitologie concrete, delle libertà empiriche, delle aree liberate, delle mappe delle individualità refrattarie e renitenti. Nel linguaggio visionario di Teilhard: «formazione ed emersione graduali, in discordanza con la maggior parte delle antiche categoria, di una nuova superficie noosferica sulla quale la collettivizzazione umana, fino allora operatasi per costrizione, entri finalmente nella sua fase simpatica, sotto l’influsso, recentemente apparso, dello spirito di evoluzione».


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