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Gioacchino da Fiore ... e Teilhard de Chardin

IL PATRONO DELLA "RETE" E IL TEORICO DEL "DISEGNO INTELLIGENTE": Teilhard de Chardin (1881 - 1955). Un ’vecchio’ (1998) articolo di Carlo FORMENTI, e una nota di Annamaria TASSONE BERNARDI.

mercoledì 4 ottobre 2006 di Federico La Sala
San Teilhard de Chardin
Gesuita, paleontologo e patrono della rete
di Carlo Formenti*
Che io sappia, finora nessuno ha fatto nomi per eleggere un Santo Patrono della Rete. Ma, ammettendo che esistano candidature a me ignote, mi permetto ugualmente d’avanzare la mia proposta: suggerisco che l’onore spetti a Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955) gesuita, paleontologo ed autore d’una imponente opera filosofica sul rapporto fra scienza e teologia. Sono sicuro che il suggerimento otterrebbe, (...)

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> IL PATRONO DELLA "RETE" E IL TEORICO DEL "DISEGNO INTELLIGENTE": Teilhard de Chardin (1881 - 1955). Un ’vecchio’ (1998) articolo di Carlo FORMENTI, e una nota di Annamaria TASSONE BERNARDI.

venerdì 20 ottobre 2006

Arriva in Italia il pamphlet del biologo e teologo inglese Alister McGrath, che smonta le tesi anticristiane di Richard Dawkins

L’evoluzione non è «atea»

Un’analisi epistemologica che isola le contraddizioni del «rottweiler» di DarwinIl modello scientifico non è in grado di decidere alcunché sulla ipotesi di Dio

Di Andrea Galli (Avvenire, 20.10.2006)

In questi giorni svetta al primo posto dei libri più venduti su Amazon The God delusion ("L’illusione di Dio") dello zoologo e saggista Richard Dawkins, il «rottweiler di Darwin», forse il più noto e influente divulgatore vivente dell’evoluzionismo. Contemporaneamente esce in Italia Dio e l’evoluzione (Rubbettino, pagine 206, euro 15,00, con un’introduzione di Giovanni Federspil) di Alister McGrath, uno dei teologi riformati più in vista nel mondo anglosassone, docente di storia della teologia all’università di Oxford - la stessa dove Dawkins ricopre la cattedra di Public understanding of science - e ormai considerato da più parti come, appunto, l’«anti-Dawkins».

Il libro di McGrath, uscito l’anno scorso in Inghilterra e il cui titolo orginale suona Dawkin’s God: genes, memes, and the meaning of life, è infatti la prima analisi organica dell’opera dello zoologo inglese e la prima risposta articolata alla sua peculiare e provocatoria concezione del mondo. Partito da besteseller mondiali come Il gene egoista (1976), Il fenotipo esteso (1981), L’orologiaio cieco (1986), l’attenzione di Dawkins, come commentava anni fa lo studioso di evoluzionismo Michael Ruse, è passata via via dallo scrivere di scienza per il grande pubblico allo sferrare un attacco dichiarato al cristianesimo. E non solo, a dire il vero. Quella di Dawkins è ormai una feroce polemica anti-religiosa a 360 gradi, in nome di una razionalità umana che, a suo avviso, non può accettare alcun tipo di riferimento teistico, pena il cadere nell’irrazionalità e nel ridicolo.

McGrath risponde al collega oxfordiano da un punto di vista privilegiato. Teologo e profondo conoscitore della storia del cristianesimo, non solo ha conseguito un dottorato in biologia molecolare, non solo è stato cultore dei lavori di Dawkins durante gli studi accademici, ma è anche passato per una lunga e convinta fase di ateismo. Quest’ultima incrinata non da una folgorazione sulla via di Damasco, ma da un calarsi lento e problematico negli studi di filosofia della scienza: «La storia e la filosofia della scienza, lungi dall’essere uno sciocco oscurantismo che poneva inutili ostacoli all’implacabile ruolo del progresso scientifico, poneva domande giuste riguardo i limiti e l’affidabilità della conoscenza», ricorda McGrath. Che aggiunge: «Le cose si rivelavano più complicate di quanto avessi immaginato. I miei occhi erano stati aperti e sapevo che non vi era ritorno all’assunto semplicistico delle scienze che avevo conosciuto una volta». Ed è partendo da questa sofferta consapevolezza che il biologo, col tempo divenuto cristiano e teologo, iniziò a rileggere gli scritti di Dawkins. Un’analisi da un punto di vista essenzialmente epistemologico, tesa a isolare le contraddizioni, i pregiudizi a-scientifici, le confusioni di piani concettuali, e che già alla fine degli anni ’70 gli valse l’invito della Oxford University Press a scrivere una risposta al Gene egoista.

Dawkins, spiega McGrath nella parte centrale del suo libro, sostiene che esistono solo tre modi di vedere il mondo: darwinismo, lamarckismo e Dio. Poiché le ultime due non riuscirebbero a spiegarlo, l’unica opzione valida sarebbe il darwinismo. Un’argomentazione che esige che le tre opzioni si escludano a vicenda, con un’alternativa secca - e insostenibile a livello epistemologico - tra Dio e Darwin. «Dawkins ha senz’altro dimostrato che si può fornire una descrizione puramente naturale di ciò che è conosciuto della storia e dello stato presente degli esseri viventi. Ma perché ciò dovrebbe portarci a concludere che Dio non esiste?», si chiede McGrath. Sintetizzando così tre delle obiezioni lungamente sviluppate nel saggio: primo, «il modello scientifico non è in grado di decidere l’ipotesi di Dio, né positivamente né negativamente»; secondo, se le tesi di Dawkins portano alla conclusione che Dio non deve essere invocato come un agente del processo evolutivo, andrebbe fatto notare che questa conclusione «è coerente con varie visioni d el mondo atee, agnostiche e cristiane, ma non necessita di nessuna di esse». Infine, riguardo all’idea di Dio come un «orologiaio» - che Dawkins si è accanito a demolire - McGrath specifica che essa «emerse in modo rilevante nel diciottesimo secolo, e non è caratteristica della tradizione cristiana». Fu sviluppata da Robert Boyle (1627-1691), che paragonò l’universo al grande orologiaio di Strasburgo. Inizialmente pensata per l’ambito della fisica, l’analogia fu presa in prestito dalla sfera biologica nel nel diciottesimo secolo. Insomma, Dawkins dimostrerebbe tutt’al più «la vulnerabilità di un approccio alla dottrina della creazione strettamente contingente, legato alle specifiche condizioni storiche dell’Inghilterra del Settecento, e già scartato da molti importanti teologi inglesi dell’epoca perché inadeguato, financo poco ortodosso».


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