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Gioacchino da Fiore ... e Teilhard de Chardin

IL PATRONO DELLA "RETE" E IL TEORICO DEL "DISEGNO INTELLIGENTE": Teilhard de Chardin (1881 - 1955). Un ’vecchio’ (1998) articolo di Carlo FORMENTI, e una nota di Annamaria TASSONE BERNARDI.

mercoledì 4 ottobre 2006 di Federico La Sala
San Teilhard de Chardin
Gesuita, paleontologo e patrono della rete
di Carlo Formenti*
Che io sappia, finora nessuno ha fatto nomi per eleggere un Santo Patrono della Rete. Ma, ammettendo che esistano candidature a me ignote, mi permetto ugualmente d’avanzare la mia proposta: suggerisco che l’onore spetti a Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955) gesuita, paleontologo ed autore d’una imponente opera filosofica sul rapporto fra scienza e teologia. Sono sicuro che il suggerimento otterrebbe, (...)

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> IL PATRONO DELLA "RETE" E IL TEORICO DEL "DISEGNO INTELLIGENTE": Teilhard de Chardin (1881 - 1955). --- Eretico o profeta? Parla il biografo domenicano Arnould (interv. di Luigi Dell’Aglio)

giovedì 27 agosto 2009

INTERVISTA.

-   Il paleontologo gesuita è un «gigante della fede», anche se il suo pensiero rimane ambiguo. Parla il biografo domenicano Arnould

-  Teilhard de Chardin: la vittoria della vita

-  «La sua cristologia cosmica è elaborata e potente, ma resta il dubbio che venga usata per puntellare una teoria scientifica ormai screditata»

DI LUIGI DELL’AGLIO (Avvenire, 27.08.2009)

« A ll’Universo è riuscita l’incredibile impresa di far nascere il pen­siero umano all’interno di quello che a noi appare un inimmagina­bile intreccio di eventi sfavorevoli, e tuttavia di evolversi con successo. La spiegazione? Nel profondo, esso è guidato da una potenza che do­mina sovrana sugli elementi che lo compongono». Nel suo libro Teilhard de Chardin, eretico o pro­feta? (Lindau, pp. 470, euro 28), Jacques Arnould, teologo domeni­cano, filosofo e storico della scien­za, fa frequenti citazioni dagli scrit­ti del paleontologo e gesuita fran­cese. Padre Arnould ha voluto ri­percorrere senza intenti trionfali­stici la vicenda umana di Teilhard, «gigante della fede» e «uomo pieno di nobiltà e intelligenza, coraggio e generosità» ma al tempo stesso «non privo di paure ed esitazioni, turbamenti ed errori». Attraverso questa biografia conosciamo il Teilhard viaggiatore e pellegrino della conoscenza scientifica: buo­na parte della sua esistenza tra­scorre su grandi navi , in continui spostamenti dalla Francia o dagli Stati Uniti, all’Asia e all’Africa.

Professore, quant’è attuale il pen­siero teilhardiano?

«Due studiosi svizzeri, Clairette Ka­rakash e Otto Schafer-Guignier, hanno espresso su Teilhard un giu­dizio condivisibile: c’è ambiguità nel genio del gesuita; il suo pensie­ro, pur essendo sintesi animata da autentica passione e caratterizzata da incontestabile coerenza interna, costituisce un amalgama di com­ponenti eterogenee, dal punto di vista epistemologico e metodologi­co. Pio XII, nella Humani generis, aveva messo in guardia rispetto all’ipotesi panteistica dell’universo soggetto a continua evoluzione. Dovremmo anche interrogarci sul­la definizione di vita: non è forse vero che conosciamo solo concreti esseri viventi, e non ’la vita’? E che pensare di un passo misterioso co­me quello in cui Teilhard afferma: ’Dietro tutte le nostre Sfingi non si nasconde assolutamente nulla. Il passato, il lontano sono vuoti. Non danno accesso a Nulla’?».

Nel libro lei accenna al fatto che, secondo Teilhard, la scoperta del punto Omega è accessibile anche a un non credente.

«Dobbiamo dargli ragione quando sostiene che non si possa spingere fino in fondo il contatto con il Co­smo senza arrivare a Cristo? O quando afferma che il mondo è pieno di assoluto? Non ne sono si­curo. La cristologia cosmica di Teilhard è elaborata e potente, ma non deve impedirci di dubitare della sua effettiva necessità. Perché ha legato così intimamente il Cristo cosmico al Punto Omega da dare l’impressione, così facendo, di puntellare la teoria dell’ortogenesi, progressivamente scartata dalla comunità scientifica».

Quale peso ha nella disputa sull’e­voluzione la frase di Teilhard «Dio crea sotto le sembianze del caso»?

«Padre Teilhard non ignora che nell’evoluzione esista anche l’acci­dentale. Ma è convinto che il caso non possa far fallire il processo nel suo insieme, diretto irreversibil­mente verso il suo obiettivo».

Nei suoi viaggi Teilhard era atteso dovunque con en­tusiasmo, non solo dai paleontologi. Talvolta lei registra concessioni a una certa «vita di mon­do » durante le tra­versate oceaniche. Ma la sua esistenza avventurosa risulta soprattutto piena di sacrifici e rischi.

«Racconto le peripezie di Teilhard in Cina nella seconda guerra mon­diale e, prima ancora, la Crociera Gialla, con temperature che scen­devano a 30 sotto zero. Il religioso paleontologo era profondamente innamorato delle ’vecchie ossa’; una volta, per datare una mascella, vi passò sopra la lingua. Racconto molti fatti perché il lettore com­prenda chi è stato Teilhard de Chardin. Parlo del suo compito di barelliere, coraggioso e decorato, durante la Grande Guerra. Molti anni dopo, in Birmania, tornato all’accampamento dopo una lun­ghissima giornata di escursioni e osservazioni, non esitò infilarsi un paio di scarpette da tennis e, ri­schiando morsi letali, rifare il per­corso con una guida, nel buio della notte, per ritrovare il bloc notes di un collega ferito. Dovunque gli vo­gliono bene religiosi e intellettuali, uomini e donne del mondo scien­tifico e della stampa. A Shanghai i suoi amici si commuovono quan­do lo vedono scendere dal treno, con la sua figura elegante, più scheletrico che mai, portando a fa­tica una valigia di cartone legata con lo spago. Poi le prove della vita si accentuano, arrivano l’infarto e le affezioni polmonari, s’affaccia u­na forma di depressione».

È il presentimento della morte?

«Teilhard chiede a Dio di liberarlo dalla sofferenza della malinconia. Ma anche quando ha un presenti­mento, non smette mai di credere nel proprio principio scientifico: la vittoria della Vita. Insi­ste nella sua preghiera: ’Dio, aiutami a finire bene la mia vita’. Ag­giunge: vorrei morire nel giorno della Resur­rezione. La sua esisten­za di eterno nomade si chiude infatti a New York il 10 aprile 1955. Ed è Pasqua».


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