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Gioacchino da Fiore ... e Teilhard de Chardin

IL PATRONO DELLA "RETE" E IL TEORICO DEL "DISEGNO INTELLIGENTE": Teilhard de Chardin (1881 - 1955). Un ’vecchio’ (1998) articolo di Carlo FORMENTI, e una nota di Annamaria TASSONE BERNARDI.

mercoledì 4 ottobre 2006 di Federico La Sala
San Teilhard de Chardin
Gesuita, paleontologo e patrono della rete
di Carlo Formenti*
Che io sappia, finora nessuno ha fatto nomi per eleggere un Santo Patrono della Rete. Ma, ammettendo che esistano candidature a me ignote, mi permetto ugualmente d’avanzare la mia proposta: suggerisco che l’onore spetti a Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955) gesuita, paleontologo ed autore d’una imponente opera filosofica sul rapporto fra scienza e teologia. Sono sicuro che il suggerimento otterrebbe, (...)

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> IL PATRONO DELLA "RETE" E IL TEORICO DEL "DISEGNO INTELLIGENTE": Teilhard de Chardin (1881 - 1955). Un ’vecchio’ (1998) articolo di Carlo FORMENTI, e una nota di Annamaria TASSONE BERNARDI.

mercoledì 7 febbraio 2007

Continua in America e in Europa il dibattito sul «disegno intelligente»: una teoria scientifica o solo filosofica? Gli studiosi si dividono, ma in molti prevale una chiusura pregiudiziale

La vita e l’universo hanno un designer

di Luigi Dell’Aglio (Avvenire, 06.02.2007)

E’ sensazione diffusa che il progresso scientifico abbia spiazzato la prospettiva antropocentrica, togliendo all’uomo quella posizione dominante, nella natura, che gli era stata assegnata per almeno venti secoli dalla religione e, più in generale, dalla cultura. Una conclusione che un numero sempre più consistente di filosofi e scienziati rifiuta nettamente. Gli esseri umani non sono i soli, fra i viventi, a sentire la necessità di capire da dove vengono, qual è il loro destino, e di scoprire le leggi fisiche che governano il mondo? Perciò scava in profondità il dibattito sull’esistenza di un «progetto» o «disegno intelligente» cui risponde la natura. Una teoria che non ha nulla a che vedere con il creazionismo, con il quale viene troppo spesso confuso (anche da parte di scienziati o studiosi «illuminati»)). Il creazionismo si fonda su un’interpretazione letterale della Genesi, ignora dati incontrovertibili oppure li spiega in modo non razionale. E perciò viene nettamente rifiutato anche dagli scienziati cattolici. Il dialogo, incoraggiato al Meeting di Rimini dal cardinale Christoph Schönborn («Bisogna trovare la sintesi tra la scala di Darwin e la scala di Giacobbe») induce scienziati e filosofi a rintracciare nuovi spunti per comprendere meglio il problema. Che non si riduce a una disputa «evoluzione-sì evoluzione no». (Come è stato più volte affermato dagli antropologi cattolici, l’evoluzione, in sé e per sé, non è incompatibile con la creazione, cioè con la creatio continua, in cui Dio, dice Schönborn, è il «designer dell’universo»). La questione è un’altra: è possibile considerare il grande percorso della vita fino all’uomo come un processo guidato dal puro caso? I ricercatori che rispondono di no portano nuovi argomenti, prove o indizi tratti dalla biochimica e li discutono anche animatamente con gli scienziati dell’altro fronte. Spunti nuovi a sostegno di un «progetto intelligente» vengono anche dalla fisica quantistica, ch e pure ha modificato il concetto della natura. Leggi probabilistiche e sistemi non lineari non escludono una presenza divina, come affermano quei fisici e matematici che danno ragione a quanto scriveva due anni fa Jozef Zycinski, filosofo e arcivescovo di Lublino: anche dopo la rivoluzione quantistica, «le leggi della fisica segnalano una forma di immanenza di Dio nella natura». Per Paul Davies, «la fisica d’avanguardia dimostra che la vita è un fenomeno emergente»; e così la scienza torna ad ammettere il finalismo.

C’è movimento nel fronte anti-evoluzionista come in quello evoluzionista. William Dembski, matematico e filosofo, uno dei principali teorici del «disegno intelligente», riceve crescenti consensi da esperti di ingegneria genetica, i quali vedono nella natura vivente strutture complesse, che risultano frutto di un «disegno» e quindi possono essere studiate e modificate secondo parametri «intelligenti». Questi scienziati non si chiedono chi o che cosa abbia prodotto le strutture complesse (dicono che la questione a loro non interessa affatto), ma si chiedono come possono modificare le strutture complesse secondo i parametri che invece a loro interessano. In altri termini, presuppongono l’esistenza di un disegno, per poter procedere nelle loro ricerche. La discussione sull’intelligent design sta coinvolgendo in modo particolare la genetica. Su questa teoria si basa proprio una importante linea di ricerca, quella del Junk Dna (i «rottami» del Dna), la notevole quantità di «pezzi» della doppia elica che -all’apparenza - non hanno alcuna funzione nell’organismo. «Secondo i neodarwinisti, sono inutili ripetizioni, scarti prodotti durante i processi evolutivi. Secondo i sostenitori del "disegno intelligente", invece, non sarebbero affatto "rottami" ma piuttosto parti potenzialmente utili del Dna, delle quali occorre scoprire il ruolo, che certamente esiste dal momento che il "libro della vita" è stato dise gnato in questo modo», spiega Philip Larrey, che insegna alla Pontificia Università Lateranense. E aggiunge che genetisti come James Shapiro e Richard Sternberg stanno già orientando in quel senso i loro studi.

Sul fronte evoluzionista, che cosa accade? «Si cominciano a prendere in esame i cosiddetti meccanismi non darwiniani», spiega Lodovico Galleni, che all’università di Pisa insegna Evoluzione biologica. «Come ha dimostrato Brian Goodwin, ci sono molecole e cellule che si autorganizzano e non hanno alcun bisogno della selezione naturale. Si tratta di processi molto meno casuali e molto più necessari di quanto si ritenesse in passato», spiega.

Naturalmente considera l’evoluzione un «fatto storico», dimostrato «dai fossili, dalla profonda unità dei viventi e dalla possibilità di ricostruire alberi genealogici». E perché l’evoluzione è compatibile con la creazione? «Perché il progetto divino è collegato non ai meccanismi particolari dell’evoluzione, quanto a una visione d’insieme: l’evoluzione si muove verso la complessità e la coscienza». L’antropologo Fiorenzo Facchini, che reputa anche lui compatibili evoluzione e fede, osserva: «La fine sintonia delle diverse forze della natura (infra-atomica, molecolare e cellulare) e dei corpi celesti esprime una razionalità che non può essere effetto di puri eventi casuali, e induce a pensare a una intenzionalità superiore. Il modo in cui tutto questo si sia realizzato può essere indagato per mezzo della scienza e della filosofia della natura».

Se si parte dalla premessa che la teoria di Darwin non va concepita come «visione assoluta e vincolante della realtà, ideologia che esclude ulteriori domande sull’origine e la natura delle cose» (parole scritte da Joseph Ratzinger, da cardinale), il dialogo tra i migliori cervelli dei due fronti può dare risultati concreti sul piano della conoscenza scientifica. I moderati delle due parti stanno placando le acque. In Usa, tra i seguaci del «disegn o intelligente» (nato oltreoceano, nel mondo protestante, ma presto differenziatosi dal creazionismo ante litteram e dal creazionismo scientifico), gli scienziati e i filosofi si sono già in parte dissociati da quanti mirano a usare la teoria come bandiera di un movimento politico-culturale più che come approccio filosofico-scientifico.


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