ANALISI
Yunus: Il microcredito vince la crisi (Avvenire, 1 Marzo 2009)
«Non bisogna buttare via il capitalismo, ma è come se in esso ci fosse una voragine che va colmata. L’ironia è che la crisi ha dimostrato che i più poveri sono solvibili, eccome! Mentre chi lo sembrava, come i banchieri, alla fine non lo è affatto» È una verità che andrà bene per il 2009: i beneficiari di microcrediti nel mondo non sono direttamente indeboliti dalla crisi finanziaria, hanno il loro business e i rimborsi sfiorano il 100 per cento. Meglio: il microcredito può venire in aiuto dei poveri del Nord. Abbiamo infatti lanciato, nel gennaio 2008, un programma di microfinanza nel quartiere di Queens, a New York, chiamato « Grameen America » e rivolto ai quei newyorchesi che sono esclusi dal sistema bancario. Vi abbiamo inviato una delle nostre squadre del Bangladesh, gente che non aveva mai messo piede negli Stati Uniti. Applicano esattamente gli stessi metodi dei villaggi del Bangladesh. E funziona! Quando abbiamo lanciato il programma, alcuni giornalisti ci hanno chiesto: « Ma perché avete deciso di portare la Grameen Bank nel cuore di New York? » .
Ho risposto: « Siamo venuti a New York proprio perché è la capitale mondiale della banca. Le vostre banche lavorano per il mondo intero, ma queste rifiutano di lavorare per quanti vivono all’ombra dei vostri grattacieli: i poveri che vivono qui non vi hanno accesso. Negli Stati Uniti ci sono milioni di persone che non possono aprire un conto. Siamo qui per dimostrarvi che è possibile, senza essere sconvolgente, purché lo si faccia mettendo al centro la persona umana. Oggi la crisi ci offre l’occasione di meditare su questa ingiustizia; dobbiamo ripensare le istituzioni bancarie e finanziarie affinché si aprano a tutti » .
Quando ho cominciato a riflettere sul microcredito, mi sono posto questa domanda: perché non estendere i servizi bancari ai poveri cosicché ne possano approfittare? Mi dicevano: impossibile! L’unico argomento che avevano era questo: i poveri non sono solvibili. Allora mi sono chiesto: sta alle banche decidere se i poveri sono o non sono solvibili, o non sta piuttosto ai poveri scegliere la banca più adatta a loro? L’ironia è che la crisi ha dimostrato che i più poveri, chi utilizza il microcredito, sono solvibili, eccome! Mentre chi sembrava solvibile, in particolare i banchieri, alla fine non lo è affatto. Non bisogna buttare via il capitalismo, ma è come se in esso ci fosse una voragine che va colmata. Io dico: colmiamola e completiamo questo modello. Il sistema capitalistico è stato sviluppato a metà, bisogna aggiungere l’altra metà, e finora c’è stata un’unica possibilità di scelta, nel mondo degli affari: io sto proponendo un’alternativa. Poi sta ad ognuno decidere dove orientarsi. Oggi siamo davvero in un momento molto importante: c’è la crisi del petrolio, abbiamo avuto per lungo tempo l’aumento dei prezzi dei cereali, ora il rallentamento dell’economia mondiale. Tutti fatti che hanno concorso a creare povertà e sono destinati a complicarsi nell’immediato futuro.
Il concetto teorico di business ad esempio è molto limitato, perché si fonda sul concetto che l’essere umano è una macchina per fare soldi. È come se, quando entra nel mondo degli affari, l’essere umano si mettesse degli occhiali che gli permettono di vedere come unico obiettivo soltanto l’utile, l’utile, l’utile. Ma l’occhio umano non è fatto per questo: è la teoria che ha creato questi occhiali. Il risultato è che per l’utile si creano molti problemi alla gente: povertà, malattie, degrado ambientale. Oggi serve una leadership visionaria, che sappia dare prospettive nuove al futuro del Pianeta. Una realtà come il G8 deve prendere in pugno la situazione, ma si tratta di vedere se abbiamo solo leader dalle vedute ristrette, o se ci sono leader di grande statura e visionari.
(traduzione di Anna Maria Brogi)