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NICARAGUA. EN DEFENSA DE LA “CATEDRAL DE LOS POBRES” (MANAGUA). Un appello dal Parlamento italiano, per salvare i DIPINTI DI SANTA MARIA DE LOS ANGELES

giovedì 19 ottobre 2006 di Federico La Sala
[...] una grande produzione culturale e artistica, uno dei maggiori esempi della quale è il “ciclo pittorico di integrazione plastica” della chiesa di Santa Maria de los Angeles, nel quartiere Riguero di Managua. Considerato “la massima espressione del muralismo nicaraguense” e una delle principali opere latinoamericane dell’arte sacra ispirata dall’impegno per la liberazione integrale degli uomini, delle donne e dei popoli, fu realizzata 20 anni fa da un’équipe (...)

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martedì 7 novembre 2006

«Quella di Ortega è solo ipocrita demagogia»

Ernesto Cardenal Intervista al prete, ex-guerrigliero e poeta, già ministro della cultura del governo sandinista. Che parla degli errori del passato, della tristezza del presente e delle speranze del futuro

di Geraldina Colotti (il manifesto, 05.11.2006)

Al IV incontro mondiale in difesa dell’umanità - dove lo abbiamo incontrato -, il grande poeta nicaraguese Ernesto Cardenal, fa vibrare gli animi coi versi del suo Cantico cosmico, tradotti in italiano da Celina Moncada. E lancia strali contro il suo ex-compagno di lotta Daniel Ortega: «Ortega parla di pace, amore e unità. Ma con chi dovremmo unirci: con i ladri del suo partito, con i suoi alleati somozisti e con l’Fbi? Nel Nicaragua del danielismo, i ricchi saranno sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri»

Nato nel 1925 da una facoltosa famiglia di Granada, Cardenal sposò presto la causa dei diseredati: prima abbracciando gli ordini religiosi, poi il fucile. Nel ’79, entrò da guerrigliero sandinista nel Nicaragua liberato, e fu ministro della cultura fino all’87, quando il ministero fu soppresso per mancanza di fondi.

Qual è l’alternativa a Ortega, padre Cardenal?

Il Movimento per il rinnovamento sandinista, una forza progressista, a cui do il mio appoggio esterno. Herty Lewites, mio grande amico e uomo specchiato, purtroppo è morto, ma ora a dirigere l’Mrs c’è Edmundo Jarquín, e vicepresidente è Carlos Mejia Godoy, un cantautore notissimo, voce indimenticabile della rivoluzione sandinista. Nel movimento ci sono moltissimi artisti di levatura internazionale, come Gioconda Belli. Anche Bianca Jagger, la moglie del Rolling stone Mick, è in questi giorni nel mio paese per sostenere la campagna dell’Mrs.

L’Mrs è stato l’unico partito a schierarsi apertamente per l’aborto terapeutico, ma nonostante assicuri che farà pagare le tasse ai ricchi e tutelerà i meno abbienti, dice che non sarà possibile rompere con il Fondo monetario internazionale. E c’è chi, a sinistra, accusa l’economista Jarquín - genero di Violeta Chamorro ed espulso dal Frente - di essere un uomo della Banca mondiale...

Edmundo ha le mani pulite, per tutta la vita è stato dalla parte dei poveri. E’ stato ministro sandinista. E nel movimento ci sono altre persone umili e valorose, che hanno raccolto la vera eredità sandinista, non sono state al governo per spartirsi la torta, e non si alleano oggi con chi ha torturato e represso il popolo: Dora María Téllez, presidente del partito ed ex comandante della guerriglia come Mónica Baltodano, altri ex-guerriglieri come Hugo Torres, Henry Ruiz (Modesto), Víctor Tirado López y Luis Carrión...

Ortega rimane però la bestia nera degli Stati uniti, appoggiato invece dal presidente del Venezuela Hugo Chavez. Come lo spiega?

Gli Stati uniti, responsabili di tanti crimini, continuano a giocare sporco, e cercano di intervenire pesantemente nel gioco politico, ma hanno il loro candidato, il banchiere Edmundo Montealegre, della Alianza liberal nicaraguese (Aln). E Chavez è stato male informato. Quella di Ortega è solo ipocrita demagogia.

Secondo alcuni analisti, in Nicaragua oggi non esiste una sinistra ben definita. E’ d’accordo?

Il processo di ricostruzione di un’alternativa è lento e difficile, in questo mondo unipolare. La liberazione del Nicaragua è possibile all’interno di un percorso che riguarda l’intero continente. Il sogno di Bolivar, che Chavez evoca di continuo, non è uno slogan vuoto, come non lo è il rimando al socialismo del XXI secolo. Perciò bisogna difendere il Venezuela, la Bolivia di Evo e la piccola Cuba ribelle, senza il cui esempio non sarebbe possibile oggi richiamarsi ancora al socialismo nel continente. Ma, soprattutto, bisogna difendere la vita intera del pianeta, minacciata dalle guerre e dai falsi profeti. Bisogna difendersi da Bush che, come dice Chomsky, è il più grande terrorista del mondo.

Lei ha scritto recentemente un libro, La revolution perdida. Che bilancio fa della rivoluzione sandinista, un’esperienza di tipo nuovo nel panorama novecentesco?

La nostra è stata una rivoluzione che, per usare le parole di Gioconda Belli, ha espresso la tenerezza dei popoli. La metà di noi che era istruita, ha insegnato all’altra metà che era analfabeta. I diritti hanno smesso di essere privilegi. Purtroppo, abbiamo puntato sulle elezioni, sbagliando.Tutti pensavano che avremmo vinto, anche l’opposizione. Solo Fidel Castro ci avvertì che aveva avuto un sentore diverso. Non si fanno elezioni in tempo di guerra, perché il popolo sceglie la pace subito, anche se a caro prezzo. Da quell’esperienza, ricavo alcuni insegnamenti: un paese invaso ha diritto di difendersi. Un popolo oppresso ha diritto di ribellarsi, anche con le armi. Il comunismo e il cristianesimo, due valori per me ancora fondanti, non sono falliti perché non sono mai stati messi in pratica davvero. Quella nostra rivoluzione, però, benché sia un laboratorio di esperienze e di domande su cui riflettere, appartiene al passato. Non c’è più, meno che mai nel danielismo. Oggi c’è un sistema neo-liberista. La nuova speranza viene dal Venezuela.

Nell’83 Giovanni Paolo II l’additò al mondo come comunista e la sospese a divinis. Cosa resta oggi della teologia della liberazione in America latina?

Giovanni Paolo II perseguitò oltre 500 teologi, lasciandoli soli di fronte alle dittature. Dietro la sua crociata contro il comunismo c’erano le idee di Ratzinger, che vorrebbe bandire il pluralismo religioso. Invece, proprio dalla teologia dell’incontro, del pluralismo religioso e dalla spiritualità antigerarchica di Tomas Merton, va rinascendo un nuovo cristianesimo: di nuovo dalla parte degli ultimi, e anche nel nord del mondo. La globalizzazione può cambiare di segno, favorire la conoscenza del diverso, anziché dividere e disgregare. Le religioni, tutte le religioni, se sono per la vita e non per il dominio, potrebbero unire e arricchire le persone. Se tutte le religioni si unissero per difendere i poveri, la fame finirebbe. Se tutte le religioni si battessero per la pace, le guerre cesserebbero. Per questo, vale ancora la pena di ricominciare: io non mi considero sospeso a divinis, ma... a humanis.


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