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DIO NON E’ "VALORE" (Benedetto XVI, "Deus caritas est")!!! E il grande fratello non è ... il Padre Nostro ("Deus charitas est": 1 Gv. 4.8)!!!!!!

PER L’ITALIA, "DUE SOLI". Per una nuova laicità, un nuovo cristianesimo!!! Come MARIA: "FIGLIA DEL TUO FIGLIO", così GIUSEPPE: "FIGLIO DEL TUO FIGLIO"!!! Dante non "cantò i mosaici" dei "faraoni", ma soprattutto la Legge del "Dio" di Mosè di Elia e di Gesù, del "Dio" dei nostri "Padri" e delle nostre "Madri". L’Amore che muove il Sole e le altre stelle ... e la fine del cattolicesimo costantiniano!!!

Solo con Giuseppe, Maria è Maria e Gesù è Gesù. Questa la fine della "tragedia", e l’inizio della " Divina Commedia"!!! LA "SACRA FAMIGLIA" DELLA GERARCHIA CATTOLICO-ROMANA E’ ZOPPA E CIECA: IL FIGLIO HA PRESO IL POSTO DEL PADRE "GIUSEPPE" E DELLO STESSO "PADRE NOSTRO" ... E CONTINUA A "GIRARE" IL SUO FILM PRE-ISTORICO PREFERITO, "IL PADRINO"!!!
giovedì 16 agosto 2012 di Federico La Sala
[...] Il messaggio del patto costituzionale, come quello del patto eu-angelico ... e della montagna è ben-altro!!!
La Costituzione è - ripetiamo: come ha detto e testimoniato con il lavoro di tutto il suo settennato il nostro Presidente, Carlo A. Ciampi - la nostra “Bibbia civile”, la Legge e il Patto di Alleanza dei nostri ’Padri’ e delle nostre ’Madri’ Costituenti (21 cittadine-sovrane presero parte ai lavori dell’Assemblea), e non la ’Legge’ di “mammasantissima” (...)

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> PER L’ITALIA, "DUE SOLI". Per una nuova laicità, un nuovo cristianesimo!!! Dante non "cantò i mosaici" dei "faraoni" --- Erasmo per la dignità umana. Carlo Ossola parla del suo saggio sull’eredità dell’umanista olandese (di Paolo Di Stefano).

venerdì 27 febbraio 2015

Erasmo per la dignità umana. Sfida a Lutero e Machiavelli

Carlo Ossola parla del suo saggio edito da Vita e Pensiero sull’eredità dell’umanista olandese

di Paolo Di Stefano (Corriere della Sera, 27.02.2015)

È la biografia stessa di Erasmo da Rotterdam, prima ancora della sua visione intellettuale, a farne l’incarnazione dello spirito europeo. Nato in Olanda tra il 1466 e il 1469, studente a Parigi, precettore a Londra, laureatosi dottore a Torino, ospite di Manuzio a Venezia dove perfeziona il suo greco, viaggiatore a Roma e nel Sud Italia, prima di tornare in Inghilterra presso l’amico Thomas More, poi insegnante a Cambridge e ancora in viaggio, questa volta verso Lovanio e infine a Basilea, dove morirà nel 1536.

Erasmo non ispira mezze misure: chi lo ama senza riserve e chi lo respinge con nettezza. In Erasmo nel notturno d’Europa (Vita e Pensiero, pp. 136, e 13), Carlo Ossola, che insegna al Collège de France Letterature moderne dell’Europa neolatina, ha seguito le eredità e le ragioni degli opposti sentimenti nati, nei secoli, dalla lettura di un pensatore che si scopre straordinariamente «contemporaneo». Lo fa mettendo a fuoco nodi storici finora poco indagati.

Professor Ossola, lei vede una doppia opposizione: Erasmo contro Machiavelli ed Erasmo contro Lutero. In cosa si distingue il pensiero erasmiano da quello dei suoi contemporanei?

«Il punto di rottura più grave, che deciderà della coscienza europea moderna, è la polemica con Lutero: da una parte il “libero arbitrio” (Erasmo) dall’altra il “servo arbitrio” (Lutero). L’elogio della libertà umana, di un operare nutrito da retta volontà e non soltanto dall’imperscrutabile dono della Grazia divina, è il fulcro di ogni filosofia e visione storica che creda nella dignitas hominis. La distanza da Machiavelli è relativa, soprattutto, alla visione del principe: per Machiavelli necessitato a “tenere” ad ogni costo lo Stato, per Erasmo un “accrescitore” del bene comune (concetto classico che sarà ripreso da Rabelais). Machiavelli, nondimeno, trarrà dagli Adagia di Erasmo la celebre formula del “pigliare la golpe e il lione”: per Machiavelli è necessario “sapere bene usare la bestia”, per Erasmo - come per Cicerone - l’uno e l’altro strumento paiono alieni dalla dignità umana».

La «funzione Erasmo» nella cultura europea ha vissuto parecchi momenti di oblio: a cosa si deve?

«Erasmo è stato poco amato da una parte non piccola del cattolicesimo romano per la sua pungente riprovazione dei costumi mondani della Chiesa e ancor meno gradito alla tradizione riformata per la sua “fedeltà critica” alla confessione cattolica. Erasmo stesso illustra la propria posizione nella diatriba contro Lutero: “Sopporto questa Chiesa, in attesa che divenga migliore, dal momento che anch’essa è costretta a sopportare me, in attesa che io divenga migliore”. Rimane luminosa la chiosa dello storico francese della letteratura Marcel Bataillon, se più abbia giovato “un Lutero che ha modificato la mappa del cattolicesimo settentrionale, introducendovi macule di religione di Stato, o un Erasmo che ha seminato, un po’ dappertutto, nel seno della cattolicità, la sollecitudine di sapere che cosa significa essere cristiani”. I secoli delle certezze esibite (Seicento e Ottocento soprattutto) l’hanno messo da parte, i secoli che hanno avuto bisogno di testimoni di libertà (in specie il XX) hanno trovato in lui un saldo modello».

Pierre de Nolhac ne fece un paladino cosmopolita della pace in un momento in cui l’Europa era dilaniata dalla guerra, un saggio e un credente privo di fanatismo in un mondo governato dalla follia. Anche in questa chiave si può leggere l’attualità di Erasmo?

«Coloro che hanno creduto nella libertà, contro i totalitarismi che li hanno perseguitati (penso soprattutto a Johan Huizinga e, in Italia, a Benedetto Croce e Tommaso Fiore) sono stati attivi paladini di Erasmo. Ed oggi nulla ha più unito l’Europa che gli scambi di percorsi universitari Erasmus: coscienza plurale delle tradizioni, degli studi, l’Europa come patria comune, il sapere della memoria quale patrimonio da raccogliere e far crescere. E anche: gusto dell’ironia, critica e autocritica, illustrata nell’esemplare dialogo di Voltaire, Luciano, Erasmo e Rabelais nei Campi Elisi, ove vengono raggiunti infine da Swift, in un apologo sorridente, contro ogni fanatismo, e pieno di utopia. E infine: elogio della pace, primato della pace, che Erasmo ha tessuto in celebri saggi».

C’è un tratto comune che ci conduce da François Rabelais allo storico olandese Huizinga e allo scrittore Stefan Zweig, per citare alcuni dei grandi difensori dell’eredità di Erasmo?

«È comune a tutti il primato della interiorità e della libertà di coscienza: per Rabelais essa è rappresentata dalla figura dei Sileni di Alcibiade (tratta dagli Adagia di Erasmo): “Dipinti all’esterno con figure allegre e scherzose, quali arpie, satiri, paperi imbrigliati” e all’interno gelosamente depositari di “ingredienti rari, come balsamo, ambra grigia, zibetto, pietre preziose”. Nell’immagine insomma ciò che è veramente essenziale ha dimora all’interno di ciascuno di noi. Nel Novecento, Huizinga ha difeso tale principio non solo nella sua biografia di Erasmo, ma soprattutto nella sua testimonianza, serena e ferma, contro il nazismo, dapprima in Homo ludens, e poi nella sua stessa vita: morirà prigioniero in un campo di “contenimento” nazista. Lo storico Lucien Febvre lo ricorderà commosso nella sua prefazione all’edizione francese dell’ Erasmo di Huizinga. Zweig non solo nel suo Erasmo, ma anche nel suo profilo che oppone Calvino a Sebastiano Castellione, è difensore strenuo della libertà umana contro ogni Incipit Hitler. Morirà tragicamente in Brasile, Zweig, ma non senza aver ricordato per Erasmo e per sé un dovere e un lascito: “Conviene morire libero come ho vissuto! (...) Libero come tutti i solitari, solitario come tutti i liberi”».

Nella postfazione, lei si sofferma sulla sfortuna italiana di Erasmo nel Novecento, che ha il suo fulcro nell’ipoteca «politica» di Delio Cantimori. Una condanna che nasce sotto il segno dell’Einaudi. Come si spiega?

«Cantimori è il celebre autore di Eretici italiani del Cinquecento (1939), saggio sul quale si sono formate generazioni di studiosi del dissenso religioso in Italia lungo il XVI secolo. In questa sua prospettiva, egli scrive, “l’interesse per la personalità di Erasmo e per le sue opere rappresenta solo un episodio della storia culturale e spirituale italiana”. Più critico nei confronti degli interpreti “liberali” di Erasmo (in specie Huizinga), egli non mancherà di ribadire queste posizioni anche dopo la Seconda guerra mondiale. Nella mia Postfazione ripercorro le sue prese di posizione (contro Adorno, contro Braudel, e persino contro la traduzione di Musil) documentate ampiamente nei Verbali einaudiani; avversioni che, dal campo opposto e con pari e acritica adesione, già emergono dal volume, curato da Luisa Mangoni, che raccoglie gli scritti politici di Cantimori (1927-1942), nel periodo del suo attivo consenso al fascismo. L’opposizione a Minima moralia di Adorno è tale che il Consiglio Einaudi decide di affidare, in seconda lettura, il libro - difeso da Renato Solmi e da Massimo Mila - a Norberto Bobbio. I due libri saranno, naturalmente, entrambi pubblicati da Einaudi. Le posizioni politiche di Cantimori sono state molto dibattute e chiarite, con definitive ragioni storiche, dal lucido bilancio critico che Luciano Canfora ha pubblicato sul “Corriere della Sera” circa il carteggio tra Cantimori e Gastone Manacorda. Liberi da ipoteche, si può oggi riprendere un cammino erasmiano per l’Europa nei termini che Lucio Villari propone ripubblicando Lo scempio del mondo di Huizinga. Nel definirlo uno storico del futuro, egli conclude: “Così, mentre in Italia si combatteva, in mesi di angoscia e di disperazione, una guerra di armi e di ideologie, il libro di Huizinga riemergeva come un segno di pace e di civiltà”».


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