(1)
Bruno Lauzi mi fa venire in mente il teatro di Sabbath a metà strada tra Drenka e Madeline, che è quella giovane donna con la cicatrice al polso, la bella bionda alta e ingobbita che prima di cena aveva spiegato a Sabbath dov’era Roderick House e che in quella splendida serata autunnale lei che è una paziente ad alto rischio che dopo il tramonto non può uscire essendo uscita dall’Unità di Terapia Intensiva solo da una settimana così senza tette e la variabilità delle tette ci sono donne che hanno le tette dieci volte le tette di Madeline o anche di più come Drenka l’amante croata di Sabbath che da Split era emigrata a Madamaska Falls(pop.1109) nel New England ed è questo il punto, forse come cantava “Genova per noi” che è una canzone di Paolo Conte, che venne alla Biennale di Poesia di Alessandria e Bruno Lauzi no e Madamaska Falls che non è nemmeno Topanga Canyon dove è nata Amy Smart(3.26.76) che è come un personaggio di Philip Roth, più matura e più immatura dei suoi anni un po’ vola in “Rat Race”(2001) ed ha nell’arco del camminare di soppiatto per rubare benzina da un’auto della polizia con quei pantaloni da aviatrice e il tubo di gomma la ragione del suo esserci , c’è sempre il modo più semplice per spiegare qualsiasi cosa la risposta a tutte le domande, il Prozac o l’Edipo tutta questa falsa introspezione, non sarebbe più interessante se a variare fosse il numero dei seni?
(2) c’è questo in Madeline, quella che lei chiama,leggendo Erik Erikson, la sua “meta di crescita” e la sua vita che non le sembra mai reale anche quando Sabbath le disse:Voglio rivederti, un po’ come avveniva all’inizio degli anni ottanta mi ritrovavo spesso Bruno Lauzi sotto i portici di via Cernaia o già in via Micca con la sua chitarra che, uscendo dalla Biblioteca Civica in via della Cittadella, vedevo prima dei suoi capelli bianchi e quasi un cenno, un sorriso, che restava sospeso quando ci incrociavamo, come se un po’ di Caproni fosse Genova per noi a Torino dove scendeva a Porta Susa,pensa se Lauzi avesse incontrato una schiodata come Madeline,una che ha quell’aria di una bambina di prima elementare che abbia imparato l’alfabeto in una scuola dove come sillabario si usa l’Ecclesiaste perché la vita è futile, un’esperienza spaventosamente orribile ma l’importante è aver imparato a leggere
da:V.S.Gaudio, Il bolero di Madeline e Bruno Lauzi sotto i portici di via Cernaia a Torino, "Zeta" n.78, Campanotto editore, Udine gennio 2007