Roma, 25 ott. (Adnkronos/Ign) - Bruno Lauzi, nato ad Asmara l’8 agosto 1937 ma cresciuto a Genova, viene considerato, insieme a Umberto Bindi, Gino Paoli e Luigi Tenco, uno dei fondatori della cosiddetta ’scuola genovese’ da cui nascono la canzone moderna italiana e il cantautorato. Ha conosciuto e condiviso con il suo amico e compagno di banco Luigi Tenco, al ginnasio ’Andrea Doria’, la passione per i film musicali e per il jazz: con Luigi, nel 1953, faceva parte dello stesso gruppo, la ’Jelly Roll Morton Boys Jazz Band’.
Nello stesso periodo i due iniziano a scrivere canzoni, sotto la guida di Gianfranco Reverberi e Giorgio Calabrese. Dopo il ’56, trasferitosi a Varese, Lauzi conosce e collabora con lo scrittore Piero Chiara (di cui corregge le bozze dei primi libri) alla nascita del quindicinale politico liberale ’L’Altolombardo’. E’ il periodo in cui scopre la canzone francese di Brassens, Brel, Aznavour e inizia il suo percorso (mentre ancora studia Legge alla Statale di Milano) componendo il brano che darà l’impronta a tutta la sua produzione artistica futura, ’Il poeta’.
Si diploma in inglese alla Scuola Interpreti di Milano - che raggiunge quotidianamente viaggiando sul treno che da Varese porta al capoluogo lombardo assieme a studenti e operai: non prenderà mai la patente. Sono gli anni del boom economico e contemporaneamente del fenomeno dell’emigrazione: da questi treni Lauzi vede con i propri occhi scendere famiglie di emigranti arrivate al Nord col miraggio del lavoro e per loro compone ’La donna del Sud’.
Vince due concorsi nazionali di traduzione, ma abbandona a due esami dalla laurea la Facoltà di Legge, decidendo di dare alla sua vita un’ormai irrinunciabile svolta artistica. Compone ’Ritornerai’ e con questo brano cominciano ad arrivare i primi riconoscimenti.
A Milano frequenta e conosce l’ambiente artistico di quegli anni, dai ’Gufi’ a Enzo Jannacci, e lavora al mitico ’Derby’ di Milano, il locale del cabaret degli anni Sessanta assieme a Cochi e Renato, Felice Andreasi e Lino Toffolo: il suo successo come autore, cantante e interprete diventa sempre più importante e inizia così la vera attività artistica, che l’impegna in concerti e tournée internazionali, fra cui una con Mina.
Alla fine degli anni Sessanta Lauzi conosce e diventa amico di Lucio Battisti, che gli propone di entrare nella sua casa discografica, la ’Numero Uno’: inizia così una proficua collaborazione col duo Battisti-Mogol, che Bruno suggellerà portando al successo, come interprete, brani storici come ’E penso a te’, ’L’aquila’ e ’Amore caro, amore bello’, con il quale raggiunge il primo posto in hit parade. Vince vari premi della critica con canzoni cantate da lui o scritte per altri (Lo straniero’ per George Moustaki, ’Quanto t’amo’ per Johnnny Holliday, ’L’appuntamento’ per Ornella Vanoni, ’Piccolo uomo’ per Mia Martini) e incontra artisti internazionali come Vinicius De Moraes, Toquinho, Petula Clark, Dionne Warwick,Tony Bennet, Peter Ustinov, Gabriel Garcia Marquez, Serge Reggiani.
Scrive canzoni per bambini, come ’La tartaruga’ e ’Johnny Bassotto’, e inizia a collaborare praticamente con tutti gli artisti nazionali, tenendo, tra gli altri, a battesimo cantautori allora ’’sconosciuti’’ come Edoardo Bennato e Roberto Vecchioni (che gliene saranno sempre grati) o i Gatti di Vicolo Miracoli. Collabora con i fratelli La Bionda (per un periodo suoi chitarristi nei concerti dal vivo) ed è il primo tra i colleghi a ospitare in televisione Claudio Baglioni e, forse, l’unico con Mina ad avere Battisti in un suo ’’speciale’’ televisivo.
Sempre in quel periodo nasce una sincera simpatia personale con il suo avvocato di allora, un certo Paolo Conte, che gli fa ascoltare su un vecchio ’mangia-cassette’ un brano (’Onda su onda’) di cui subito Bruno s’innamora, portandolo al successo. Sarà poi la volta di brani come ’Genova per noi’ e ’Bartali’, tanto che lo stesso Conte ebbe a definirlo ’’grande ambasciatore della mia musica’’. Incide ’Angeli’ con Lucio Dalla, ’Naviganti’ con Ivano Fossati, ’Maria dei parafulmini’ con Ron e il figlio Maurizio, fino a ospitare Paolo Conte al vibrafono nel proprio disco ’Back to jazz’.
Vince il premio della critica nel 1989 al Festival di Sanremo, con il brano ’Almeno tu nell’universo’, scritto con Maurizio Fabrizio. E’ anche autore di poesie e pubblica due titoli: ’I mari interni’ e ’Riapprodi’, riuniti poi con il titolo ’Versi facili’ per le Edizioni Marittime dello stesso Lauzi. Nel tempo libero si occupa di politica, giornalismo, gastronomia e coltiva un’antica passione, quella di cercatore di funghi.
Sei anni fa, con le prime serie manifestazioni del morbo di Parkinson, la vita di Bruno Lauzi subisce un’improvvisa accelerazione: l’artista moltiplica le iniziative e decide di diventare discografico ed editore di sé stesso. Fonda una propria casa editrice che chiama significativamente ’Pincopallo’ e insieme a Maurizio Fabrizio pubblica per questa uno degli album più significativi della sua carriera, ’Il dorso della balena’.
Seguiranno una nuova serie di album che ne testimoniano la vitalità dirompente e un secondo volume di poesie, ’Esercizi di sguardo’, che si impone all’attenzione di alcuni critici e di qualche poeta (Nico Orengo, Giuseppe Conte, Elena Bono), ma soprattutto commuove il grosso pubblico. Una delle liriche, dedicata allo sfarfallio della mano colpita dal morbo di Parkinson (’La Mano’), diventa un gadget per la raccolta di fondi a favore della ricerca scientifica sulla malattia.
Gira il cortometraggio ’Ora dicono fosse un poeta’, presentato da Felice Andreasi, che vince alcuni premi della critica. Scrive un musical con Gianfranco Reverberi, ’Una volta nella vita’, che diventerà ’’testo scolastico per le scuole di musical’’. Rinfrancato dal giudizio positivo di esperti del settore (Garinei si complimenta con Bruno dicendogli che nella sua lunga carriera non ha mai letto testi di maggior valore), scrive una nuova commedia musical con Pippo Caruso, ’Donna Flor’. Diventa testimonial dell’Aip (Associazione Italiana Parkinson), contribuendo con diverse iniziative alla raccolta fondi per la ricerca. Come massimo segno di fortuna, il suo ’’non-romanzo’’, dal curioso titolo ’Il caso del pompelmo levigato’, è pubblicato nel corso del 2005 nei Tascabili Bompiani. Negli ultimi tempi Lauzi lavora all’uscita di un album intitolato ’Ciocco Latino’, che conterrà alcuni brani inediti.
(1)
Bruno Lauzi mi fa venire in mente il teatro di Sabbath a metà strada tra Drenka e Madeline, che è quella giovane donna con la cicatrice al polso, la bella bionda alta e ingobbita che prima di cena aveva spiegato a Sabbath dov’era Roderick House e che in quella splendida serata autunnale lei che è una paziente ad alto rischio che dopo il tramonto non può uscire essendo uscita dall’Unità di Terapia Intensiva solo da una settimana così senza tette e la variabilità delle tette ci sono donne che hanno le tette dieci volte le tette di Madeline o anche di più come Drenka l’amante croata di Sabbath che da Split era emigrata a Madamaska Falls(pop.1109) nel New England ed è questo il punto, forse come cantava “Genova per noi” che è una canzone di Paolo Conte, che venne alla Biennale di Poesia di Alessandria e Bruno Lauzi no e Madamaska Falls che non è nemmeno Topanga Canyon dove è nata Amy Smart(3.26.76) che è come un personaggio di Philip Roth, più matura e più immatura dei suoi anni un po’ vola in “Rat Race”(2001) ed ha nell’arco del camminare di soppiatto per rubare benzina da un’auto della polizia con quei pantaloni da aviatrice e il tubo di gomma la ragione del suo esserci , c’è sempre il modo più semplice per spiegare qualsiasi cosa la risposta a tutte le domande, il Prozac o l’Edipo tutta questa falsa introspezione, non sarebbe più interessante se a variare fosse il numero dei seni?
(2) c’è questo in Madeline, quella che lei chiama,leggendo Erik Erikson, la sua “meta di crescita” e la sua vita che non le sembra mai reale anche quando Sabbath le disse:Voglio rivederti, un po’ come avveniva all’inizio degli anni ottanta mi ritrovavo spesso Bruno Lauzi sotto i portici di via Cernaia o già in via Micca con la sua chitarra che, uscendo dalla Biblioteca Civica in via della Cittadella, vedevo prima dei suoi capelli bianchi e quasi un cenno, un sorriso, che restava sospeso quando ci incrociavamo, come se un po’ di Caproni fosse Genova per noi a Torino dove scendeva a Porta Susa,pensa se Lauzi avesse incontrato una schiodata come Madeline,una che ha quell’aria di una bambina di prima elementare che abbia imparato l’alfabeto in una scuola dove come sillabario si usa l’Ecclesiaste perché la vita è futile, un’esperienza spaventosamente orribile ma l’importante è aver imparato a leggere
da:V.S.Gaudio, Il bolero di Madeline e Bruno Lauzi sotto i portici di via Cernaia a Torino, "Zeta" n.78, Campanotto editore, Udine gennio 2007
IL CANTAUTORE GENOVESE E’ MORTO A 69 ANNI STRONCATO DAL MORBO DI PARKINSON. IL RICORDO DI PAOLO CONTE
«Ciao Lauzi, vecchio bastian contrario»
di Paolo Conte (www.lastampa.it, 26/10/2006)
E’ un grande dolore. E subito un grande vuoto. Scompare con Bruno una persona, e una personalità, tutta speciale, un alto valore artistico e intellettuale. Nessuno ha scritto una canzone così elegante dal disegno squisito e semplice come la sua «Ritornerai». La sua vocalità tagliente e intonatissima era e rimarrà inconfondibile, come la sua assoluta maestria di accompagnatore sulla chitarra.
Voglio dirlo forte, in questa triste occasione: Bruno era dotato di un talento ineguagliabile e di una magnifica devozione verso tutto quello che fosse autenticamente arte. Laico e libertario, è stato un intellettuale «di sostanza», senza sofismi né bizantinismi.
Mi diceva: «Forse tu sei Cab Calloway e forse io sono Bob Hope». Gli piaceva Bob Hope, sentiva di somigliargli nella ironia profonda e intelligente espressa con signorile distacco e consapevole simpatia. Addio, Bruno. Io ed Egle non ti dimenticheremo mai, ti stimeremo sempre, ti ricorderemo con il nostro affetto e la nostra amicizia.