Laboratorio giornalistico

di Mauro Diana - Presentato recentemente alla stampa, il Manifesto di Pera ha alcuni punti poco chiari destinati a suscitare polemiche e dubbi.

giovedì 23 marzo 2006.
 

Presentato recentemente alla stampa, il Manifesto di Pera ha alcuni punti poco chiari destinati a suscitare polemiche e dubbi

Lo scorso 23 febbraio è stato presentato alla stampa il Manifesto d’intenti per l’Occidente redatto dal Presidente del Senato Marcello Pera. Sono rimasto alquanto sconcertato: non tanto per chi l’ha scritto, che è da sempre vicino al Vaticano, ma tanto per i contenuti che, a mio modesto avviso, presentano segnali di un estremismo cristiano inutile se si vuole tentare d’instaurare un dialogo con la religione d’Oriente. Inoltre, il Manifesto presenta alcune voci poco chiare e sulle quali ci sarebbe molto da dibattere e che c’entrano poco con la religione: la tematica sulla scuola, sull’amicizia con gli USA e sulla situazione politica italiana. Innanzitutto c’è una voce che mi ha fatto subito indignare. Cito testualmente: “...Le nostre tradizioni sono messe in discussione. Il laicismo o il progressismo rinnegano i costumi millenari della nostra storia. Si sviliscono così i valori della vita, della persona, del matrimonio, della famiglia. Si predica l’uguale valore di tutte le culture. Si lascia senza guida e senza regola l’integrazione degli immigrati. Come ha detto Benedetto XVI, oggi "l’Occidente non ama più se stesso". Per superare questa crisi abbiamo bisogno di più impegno e di più coraggio sui temi della nostra civiltà...”. Inquietante, il laicismo ora è diventato un pericolo! E da quando? La religione non dovrebbe essere un fatto estremamente personale? Ognuno di noi è libero di credere a qualcuno o qualcosa o meno, e ciò di certo non intacca la sensibilità altrui. Io, tanto per fare un esempio, non sono favorevole all’insegnamento della religione a scuola. L’insegnamento di tale materia non serve a nulla se non c’è un confronto diretto col mondo, per questo sarebbe nettamente più utile ai fini curriculari imparare la storia delle religioni, poiché si possono effettuare dei ragionamenti critici sull’attuale situazione geopolitica. E allora, imparare la storia delle religioni può mettere in pericolo la libertà individuale di un cristiano? Penso proprio di no, perché la scuola non serve solo ad imparare la materia per prendere un bel voto, ma serve soprattutto a formarsi come individui e come cittadini del mondo; la scuola dovrebbe aiutare a formare un pensiero, perché ogni notizia che ci viene data non può direttamente essere immagazzinata, ma deve prima essere filtrata, analizzata, criticata e poi, eventualmente, conservata. Allora sarebbe anche pericoloso imparare la storia, la letteratura, la geografia e l’inglese. In un secondo momento si ribadisce la solida amicizia con gli USA. Per carità, nessuno vuole rinnegare l’amicizia e l’aiuto che ci hanno dato gli americani durante il secondo conflitto mondiale, ma la vita ci insegna che nulla è per sempre, che anche gli amori e le amicizie, a volte, possono finire. Non dico, con ciò, che sarebbe da chiudere ogni tipo di rapporto con gli alleati statunitensi, ma solamente affermo che non bisogna nemmeno far finta di nulla davanti al comportamento politico del Presidente Bush. Per me il Presidente resta un carnefice, ma restano dei carnefici anche Saddam Hussein, Osama Bin Laden, Fidel Castro e tutte quelle persone che fanno del proprio “io” l’immagine da adorare. Dove c’è dittatura non c’è democrazia, ma non è nemmeno detto che dove c’è democrazia, almeno sulla carta, ce ne sia poi nella realtà. Non si può pensare di certo di uccidere persone innocenti dentro gli edifici (vedi 11 settembre), ma non si può nemmeno pensare di fare una guerra preventiva. Prevenzione di che cosa? Io questo non l’ho mai capito. Si diceva che Saddam avesse in proprio possesso armi di distruzione di massa. Io l’unica distruzione che ho visto è stata quella dell’Iraq da parte americana e, putroppo, anche italiana. D’altronde, e non voglio sembrare peregrino, se l’America è stata ferita nel cuore quel tragico 11 settembre, di certo la colpa non è stata del tutto di quel pazzoide di Bin Laden. Evidentemente, ed è alla luce del giorno, c’erano state in precedenza varie situazioni che hanno portato a quel tragico evento. A tal proposito, consiglio la visione del film “Fahreneit 911” per farvi un’idea. Il Manifesto di Pera dice ancora che loro sono “...impegnati a riaffermare il valore della civiltà occidentale come fonte di principi universali e irrinunciabili...” Bene, io direi che è inquietante. Ma come, il dialogo dov’è? Forse Marcello Pera dimentica che la culla della cultura è la Mesopotamia, l’odierno scacchiere di guerra, l’attuale territorio tra Iran ed Iraq. Un dialogo di certo non si ottiene proclamando intenti per la salvaguardia dei diritti (religiosi) dell’Occidente. Purtroppo viene solamente descritta la situazione geopolitica attuale, ma viene omesso, come spesso accade a chi vuole dimenticare, cosa ha fatto la Chiesa di Roma nel passato. Chiaramente oggi la Chiesa non è certo quella dell’Inquisizione, ma il suo ruolo nel contesto sociale non è ancora chiaro. La Chiesa, invece di dedicarsi completamente alle missioni, ad aiutare i popoli più bisognosi del mondo, predica bene ma razzola male. Si intromette nella politica, e lo fa a volte in una maniera subdola. Il cardinale Ruini, quando parla su temi di politica interna italiana, effettivamente non dice mai di andare a votare questo o quel partito, ma lo lascia intendere quando afferma di essere contro i PACS, le unioni civili, l’aborto. Chiedo scusa e domando: perché il cardinal Ruini non dice mai che la Chiesa nel territorio italiano non paga l’ICI? Perché non parla mai delle Mercedes con le quali vanno in giro gli alti prelati? Perché difende a spada tratta, per esempio, i tristemente famosi Omar ed Erika dicendo che sono giovani e devono reintegrarsi? I genitori uccisi da loro, avranno forse la possibilità di tornare in vita e di reintegrarsi? Che la Chiesa pensi di più ad aiutare i popoli e le persone bisognose, piuttosto che intromettersi nella vita pubblica. Perché la vera chiesa sono i missionari, e tutti quelli che, rinunciando a tutto, in nome della salvezza eterna, se ne vanno in Cambogia, in India ed in tutti quegli Stati dove non c’è nemmeno un briciolo di libertà, ma solo tanta povertà e disperazione. C’è molta retorica, troppa direi. Ognuno dice la verità che conviene. Con tutta l’ammirazione possibile, le istituzioni hanno fatto dei soldati morti a Nassirya degli eroi. E lo sono effettivamente, però non perché sono morti brutalmente, ma perché sono stati mandati in un territorio “nemico” per volontà dei “grandi” che, invece, stanno seduti dietro una scrivania, pieni di soldi e di benefit, muovendo i fili di tutti noi burattini in nome di una guerra (preventiva) che serve per ridare la libertà ad uno stato non libero. Il minuto di silenzio che noi tutti osserviamo dovrebbe far riflettere all’orrore della guerra, alla disperazione di quelle povere mogli e figli dei caduti in nome del Dio denaro, perché è quello che muove guerre e popoli. Questo però nessuno lo dice: né lo Stato né la Chiesa. Le tematiche dell’aborto, poi, hanno dato libero sfogo alla Chiesa: io sono favorevole a tale tipo di pratica, sono favorevole anche alla sperimentazione della pillola RU486. Certo, l’aborto non può essere praticato indiscriminatamente, la donna ha bisogno, prima di prendere una decisione consapevole, di numerosi supporti psicologici, del confronto con chi ha già avuto tale tipo di esperienza. Ma se l’unica soluzione ad una maternità non desiderata è, appunto, l’aborto, allora ben venga. Di certo è meglio non far nascere un figlio se questo non è desiderato, piuttosto che abbandonarlo nella spazzatura o piuttosto che farlo crescere male se non ci sono le possibilità, anche economiche, di allevarlo nel migliore dei modi possibili. E la pillola RU486, che serve quantomeno a privare la donna del dolore fisico, nonché psicologico, di un aborto perché non dovrebbe continuare nel suo iter sperimentativo? Dal mio punto di vista, un embrione non può avere gli stessi diritti di un feto già formato, non è logico. E la Chiesa non si può permettere di dire la sua fermando il progresso e, soprattutto, la scienza. La Chiesa gioca molto sull’ignoranza delle persone e sulla suggestione. Tanto è vero che le Madonnine piangono solo in periodo elettorale... Libera Chiesa in libero Stato: questo dovrebbe essere. Ecco perché trovo nel Manifesto di Pera un tipico esempio di intromissione vicendevole tra politica e Chiesa. Anche la tematica dell’istruzione favorisce l’insorgere di leciti dubbi. Cito ancora testualmente: “...Intendiamo realizzare la piena equiparazione della scuola non statale con la scuola statale, applicando anche in questo campo il principio generale di sussidiarietà...”. Come si può equiparare il pubblico al privato? Ciò vuol dire che pagando si ottiene tutto, che lo sforzo per conquistare e meritare un diploma è solo delegato alla possibilità di tirare fuori un assegno. Non si possono avere identici principi di sussidiarietà, la scuola statale tira avanti con mille difficoltà solo con i contributi statali. Nella scuola statale spesso non ci sono nemmeno le attrezzature minime, le palestre, le aule, i riscaldamenti. E spesso nella scuola statale gli studenti non sono tutti benestanti. A volte ci sono realtà sociali di persone emarginate dalla società moderna, tanto decantata da Pera. Mentre in una scuola non statale, quindi privata, si paga una salata retta, che è quindi accessibile solo dai “figli di papà”. E allora, perché lo Stato dovrebbe elargire uguali fondi per queste due tipologie d’istruzione? Spesso negli istituti privati c’è davvero tutto, a differenza che nelle scuole statali. Nessuno, quindi, vuole dimenticare le proprie radici, il Risorgimento, il Rinascimento, l’Umanesimo e la Rivoluzione Industriale. Ma così facendo, dichiarando legittimi i propri interessi senza ascoltare nemmeno quelli degli altri, non si può instaurare un dialogo, non ci può essere confronto, ma solo uno scontro. E gli scontri, si sa, provocano dolore e sofferenza, mai in una parte sola. La verità non è univoca, ma è uno stato d’animo.

Mauro Diana


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