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di Mauro Diana - L’UNIVERSITA’ OGGI, TRA MODULI E CREDITI

Nelle intenzioni il sistema potrebbe favorire lo studio e l’inserimento nel mondo lavorativo, ma la realtà dei fatti spesso è un’altra.
giovedì 30 marzo 2006.
 

L’UNIVERSITA’ OGGI, TRA MODULI E CREDITI

Nelle intenzioni il sistema potrebbe favorire lo studio e l’inserimento nel mondo lavorativo, ma la realtà dei fatti spesso è un’altra

È ormai finito da tempo il sistema dei vecchi esami all’università. Il periodo in cui gli studenti si preparavano per mesi su decine di libri sembra un ricordo lontano. Oggi l’università, secondo il nuovo ordinamento voluto dall’attuale governo, dovrebbe poter favorire vari sbocchi al termine dei due percorsi di studio principale, ovvero la laurea triennale e la laurea specialistica (oggi denominata laurea magistrale). Le intenzioni sono giuste: dopo avere acquisito i fatidici 180 CFU (Crediti Formativi Universitari), ovvero dopo aver conseguito la laurea triennale, ogni studente può scegliere tre vie, tre percorsi che dovrebbero poter offrire tre soluzioni differenti: il proseguimento degli studi, ovvero il conseguimento della laurea magistrale, il master di primo livello oppure il mondo lavorativo. Purtroppo accade che, una volta conseguita la laurea triennale, lo studente sia quasi costretto a proseguire gli studi: sia perché un master costa e nessuno garantisce un eventuale sbocco lavorativo, sia perché una laurea triennale è, in fin dei conti, poco più di un diploma superiore e, quindi, poco professionalizzante e poco ricercato dalle aziende. La laurea triennale, quindi, non permette di avere incarichi importanti e dirigenziali in qualsiasi settore, cosa che invece permette la laurea specialistica. Di contro, per conseguire la laurea specialistica, una volta acquisiti i famosi 180 CFU, ne occorrono altri 120, per un totale di 300 CFU. Risultato: tantissimi esami, chiamati moduli, da sostenere considerando che ogni esame varia tra 4 e 8 CFU in media. Se è vero che il “peso” di ogni modulo è dato dal numero di crediti da ottenere, quindi il numero dei libri di testo sui quali studiare varia al variare dei crediti da acquisire, è pur vero che, dati i tempi stretti per poter sostenere i numerosi esami, ognuno di questi rimane finalizzato a se stesso. Ovvero non c’è più il tempo e la possibilità di approfondire quegli argomenti ritenuti più interessanti. Tuttavia, osservando il lato positivo, l’eventuale bocciatura ad un esame permette allo studente di riprepararsi meglio sullo stesso in tempi tutto sommato accettabili, dato che non ci sono più, appunto, tantissimi libri sui quali studiare. C’è da osservare però una contraddizione: se uno studente del cosiddetto vecchio ordinamento, ovvero la classica laurea di 5 anni abolita qualche anno fa, volesse passare al nuovo, si vedrebbe in una situazione di svantaggio. Infatti, se a tale studente mancasse uno o due esami al conseguimento della laurea e volesse passare al nuovo ordinamento, a mala pena si ritroverebbe ad avere acquisito di diritto un numero di crediti di poco superiore a quelli previsti per il conseguimento della triennale (il numero esatto varia da università ad università). Fatto, questo, molto svantaggioso e che fa riflettere: paradossalmente, pur essendoci meno libri da preparare, ci sono quindi più moduli da sostenere. Risultato: i tempi per il conseguimento del titolo si allungano e si accorcia il tempo per trovare un posto di lavoro. Ecco, quindi, che la riforma universitaria nelle intenzioni è giusta, ma nella realtà pratica andrebbe quantomeno rivisitata. In ogni modo, la riforma ha aperto la porta alla creazione di numerosi corsi di laurea, alcuni molto utili ed innovativi, altri perfettamente inutili ai fini lavorativi. Tanto per fare un esempio, se uno studente si iscrive a giurisprudenza, dovrebbe conseguire prioritariamente la laurea triennale, ma poi in un certo qual modo è “obbligato” a proseguire con la laurea magistrale, perché solo col primo titolo non ci fa nulla. Non può fare l’avvocato, non può insegnare, non può proseguire con la carriera. Ed allora, quale potrebbe essere l’utilità della sola laurea triennale? L’unica nota positiva che vedo nel conseguimento di questa, è la possibilità che si offre ad uno studente di poter rinunciare ad almeno tre anni di studi senza poi rimanere con un pugno di mosche in mano. Può essere chiamato “dottore”, ma questo potrebbe essere solo un fatto di orgoglio personale che, al mondo lavorativo, interessa ben poco. Un discorso positivo può essere fatto sul riconoscimento degli esami, che non richiede più pratiche burocratiche lunghe e snervanti. In effetti, secondo la legislazione vigente, un modulo è “quella parte di uno specifico settore che si intende approfondire”. Ovvero per ogni modulo c’è un cosiddetto Settore Scientifico Disciplinare che lo inquadra, e che serve allo studente per capire quali parti della materia si vanno a studiare. Per esempio, un modulo intitolato “Storia dell’Italia contemporanea” è quella parte da studiare nel S.S.D. denominato M-STO/04 Storia Contemporanea. Ovvero, nel vasto campo della storia contemporanea si va ad approfondire la storia dell’Italia contemporanea. Quindi, se uno studente dovesse cambiare università e, quindi, corso di laurea, si vedrebbe riconosciuto il numero di crediti conseguiti il quel settore anche se il nuovo percorso di studi non avesse attivato il modulo di storia contemporanea (sempre che tale settore sia previsto comunque nel corso di studi). In conclusione, l’università oggi andrebbe rivisitata perché deve favorire il giovane nell’inserimento del mondo del lavoro, e deve fare di tutto per dare la possibilità di acquisire il titolo nei tempi giusti, a patto che, chiaramente, lo studente si impegni al massimo. La numerosa presenza dei moduli, quindi, non aiuta il giovane sia ad approfondire che a cercare un buon posto di lavoro perché i tempi si allungano e le aziende, si sa, cercano spesso persone giovani per offrire loro contratti in cui pagano pochi contributi. L’università, da fabbrica di esami quale è oggi, dovrebbe diventare fabbrica di ventagli d’opportunità. E la strada, per tutti, è ancora lunga.

Mauro Diana


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