Laboratorio giornalistico

di Mauro Diana - IDEE DIDATTICHE PER UNA VALORIZZAZIONE CONSAPEVOLE DEL POLLINO

martedì 21 marzo 2006.
 

IDEE DIDATTICHE PER UNA VALORIZZAZIONE CONSAPEVOLE DEL POLLINO

Tra Calabria e Basilicata, nel cuore delle province di Cosenza, Potenza e Matera, si erge maestoso e imponente, e per molti aspetti “isolato”, il Parco Nazionale del Pollino. Con un’estensione di circa 192.000 ettari, è il parco più grande dell’intera Italia. Ovviamente, con una superficie così vasta, non è difficile immaginare quali meraviglie di flora, fauna e aspetti socio - culturali si possano trovare al suo interno. Basti pensare al glorioso pino loricato, la specie bandiera del Parco, che si incontra nelle cime più alte, quelle dei monti che superano i 2.000 metri, come la Serra Dolcedorme o lo stesso Monte Pollino solo per citare i più importanti. Non solo, dislocato anch’esso nelle località più impervie e ricche di vegetazione, il lupo appenninico trova nel Parco una collocazione perfetta, forse unica nell’intera penisola. Torrenti, laghi, canyon ed una moltitudine di paesaggi fanno solo da cornice ad uno scenario già meraviglioso di per sé dove un attento scrutatore, nelle giornate più limpide, riesce a vedere molto facilmente sui picchi dei monti sia il Mar Jonio che il Mar Tirreno. Inoltre sono inseriti in questo contesto splendidi comuni, come Morano Calabro, ai piedi del Pollino, o Castrovillari, il centro più importante, o ancora Firmo, Lungro, Frascineto, tutti di origine arbresche, senza dimenticare il territorio di Scalea, Viggianello, Rotonda e tanti altri ancora. Un parco così, come erroneamente molti penseranno, gode sicuramente di un’ottima fama, di grande afflusso turistico, di notevole notorietà appagante, ma non è così. Il Parco del Pollino è, come dicevo poco sopra, un parco per molti aspetti isolato: sia geograficamente che culturalmente, ove per cultura rientra inevitabilmente anche il turismo. Geograficamente perché, data la natura impervia del territorio, non è di così facile accessibilità, ma anche perché, se si guarda anche l’aspetto “pratico”, non ci sono molti “mezzi” di comunicazione. A parte la A3, che tutto può sembrare fuorché un’autostrada, manca in particolar modo la ferrovia. Ovvero, la ferrovia c’è, e non dappertutto, ma è tagliata fuori dalle principali direttrici nazionali. Ad esempio, chi volesse raggiungere dal centro - nord il Parco, dovrebbe scendere a Sapri, piccolo centro di mare già in Campania, e poi prendere una corriera, oppure scendere a Paola, Sibari, Spezzano Albanese Terme e poi risolversi autonomamente il problema del “passaggio” verso i centri del Parco, visto che lì, in certi periodi dell’anno, specie d’estate, non sono presenti autolinee che collegano le stazioni con i centri del Parco. Non prendendo in considerazione la linea jonica, che è ad un solo binario ed ancora non del tutto elettrificata. Culturalmente perché, data la presenza di tradizioni arcaiche, di tradizioni albanesi, di tradizioni anche troppo “italiane”, l’isolamento di molti comuni rende molto difficile l’apertura verso qualunque pensiero positivo rivolto al Parco. Il turismo è poco sviluppato, sia per la mancanza di mezzi di comunicazione, sia per la mancanza di una adeguata promozione, sia per il menefreghismo delle istituzioni politiche locali e regionali, ma questo è un problema a parte. Come si sa, la cultura non è data per grazia ricevuta: la cultura, per definizione, è l’insieme delle nozioni, organicamente apprese, che qualcuno possiede. Organicamente, appunto. Se non c’è organizzazione, non è possibile conoscere, promuovere, tutelare e salvaguardare l’immenso patrimonio che si ha a disposizione. La cultura, metaforicamente parlando, è come una pianta: prima di diventare tale, di germogliare, di fiorire, ha bisogno del seme che deve essere piantato; poi questo va regolarmente annaffiato, curato, protetto dalle insidie esterne. Alla fine del percorso si vedrà il risultato finale, che rispecchierà la maniera con cui abbiamo fatto tutte queste operazioni. Annaffiare la cultura vuol dire rinfrescarla quotidianamente, leggendo articoli di giornale, imparando cose nuove, metterci passione. Le insidie esterne sono, invece, quelle brutali che vengono stereotipate dai mass media, dove ti insegnano che vincere un milione di euro, o apparire in televisione è la cosa di cui non si può fare a meno. Bisogna dunque partire dal seme, dalla base. E la base della cultura è quella che si apprende da bambini, già dalla scuola elementare. In quel periodo della vita si iniziano a conoscere le prime realtà riguardo l’italiano, la storia, la geografia, la matematica, l’informatica e, perché no, anche l’inglese. E forse, è proprio questo il momento giusto per porre le basi di una cultura geografica ambientale che, a vari livelli, possa indirizzare lo studente verso lo sviluppo di uno sguardo critico che si affinerà col tempo se, come per la pianta, sarà regolarmente annaffiato, mirato. C’è la necessità che i giovani di oggi, siano i cittadini consapevoli del Pollino domani. Per quel che mi riguarda, da studente di un corso di laurea in geografia, l’esperienza della scuola elementare non ha di certo aiutato a sviluppare questo senso. Allora propongo alcune cose semplici, con collegamenti interdisciplinari, da studente a studente, che possano aiutare il bambino a coltivare il senso critico, già dalle elementari. Per esempio, senza entrare nel merito vero e proprio della didattica, si potrebbero attuare, già dalla terza classe elementare, cartelloni con gli animali caratteristici del Parco. Nelle classi successive si potrebbe riprendere il lavoro direttamente dai cartelloni già svolti nella terza, riprendo spunti e migliorandoli, affiancandoli ad altri. Una idea potrebbe essere quella di disegnare l’albero simbolo del Pollino e collocarvi, a diversa altezza, gli animali principali che vivono a diverse altitudini, introducendo così anche questo concetto. In quinta, invece, il tutto potrebbe concludersi con una recita, dove ogni bambino potrebbe interpretare una specie, animale o vegetale, che lo ha più colpito, aumentando così il senso di partecipazione con la recitazione; con un testo adeguatamente preparato dal corpo insegnanti, si potrebbe così far capire agli scolari l’importanza di raccogliere specie vegetali o non cacciare specie animali in via d’estinzione. Queste piccole idee non si attuano nella scuola elementare; il metodo d’istruzione resta troppo classicistico e non al passo coi tempi, nonostante vari tentativi (e fallimenti!) di riforme proposte ed in parte attuate dai vari governi che, negli anni, si sono succeduti con scarsissimi ed inappropriati risultati (soprattutto didattici). È inutile studiare ogni materia singolarmente, o trovarvi insulsi collegamenti disciplinari, come attualmente viene fatto per la preparazione dell’esame di maturità. A me hanno fatto collegare, per esempio, il futurismo, per quello che riguarda l’italiano, con il tennis da tavolo, per quanto riguarda la cosiddetta educazione fisica. Il risultato? Collegamenti inventati, ma soprattutto senza un senso apparentemente logico. L’importante è, invece, quello di far capire al bambino ciò che lo circonda più da vicino. Perché non si può formare una visione ampia delle cose se non si conoscono prima quelle che ognuno ha intorno. Questo è anche il principio di base per una corretta valorizzazione dei beni culturali e ambientali, che diventano tali quando ci si accorge della loro preziosità, la quale non si può trovare senza avere preso coscienza del valore sociale che possiede. Tutto è scienza, ma la scienza, si sa, è molto complessa e non può essere affrontata studiando noiosi testi che, di certo, non stimolano la fantasia del bambino. In questo senso fantasia e realtà andrebbero di pari passo. Perché poi, pensandoci bene, la fantasia non esiste: la fantasia è qualcosa che si trova dentro di noi, è perciò reale. Sì, è vero, non si può concretamente toccare con mano, ma neanche possibile toccare un numero, o una lettera dell’alfabeto. Passando ora in analisi la scuola media inferiore, notiamo che, praticamente, quasi ogni paese del parco ha una sola scuola, raramente due quelli più grandi, come Castrovillari. Questo è un fatto estremamente positivo: si può garantire una continuità didattica, per cui il lavoro svolto alle elementari non rimane finalizzato a se stesso, ma può continuare anche con un tipo di istruzione superiore. Le medie sono, per caratteristica, le scuole forse più difficili. Non si è ne bambini, né tanto meno ragazzi, di certo non adulti. Proprio in questo periodo iniziano le fasi difficili della vita: il bambino può iniziare a provare repulsione per il posto dove vive, immaginando la vita in città molto migliore. Ciò anche “grazie” ai media, televisione in primo luogo, che ipotizzano falsi stereotipi. I ragazzi iniziano ad uscire da soli la sera, si hanno i primi confronti con il mondo, i primi innamoramenti, le prime marachelle. Tuttavia ciò può non anche accadere, ovvero può accadere sempre più raramente: infatti, già i ragazzi della mia generazione, cresciuti giocando a nascondino ed alla “campana”, sono molto più predisposti al contatto ed alla apertura mentale rispetto ai bambini d’oggi cresciuti, invece, a Playstation e computer. Il computer, è vero, ha aperto al mondo la comunicazione globale, ma non bisogna lasciarsi sopraffare da una macchina, è l’uomo che decide e filtra le informazioni. Ma l’uomo, soprattutto, decide le “impostazioni” secondo il proprio sapere e secondo l’utilizzo che se ne deve fare, ovvero un uso ragionato. Dopo queste dovute premesse e pensieri, per il ciclo della media si potrebbe pensare ad un collegamento forte tra il Pollino e lo studio della geografia. La geografia, si sa, è scienza altamente interdisciplinare. Non ha senso studiare, o almeno studiare solo quello, la capitale di uno stato o il fiume principale. La geografia deve offrire voli pindarici, non reali, verso la comprensione di fenomeni di realtà spesso lontane ma, sempre più di frequente, molto vicine. Forse un po’ come l’astronomia. Un astronomo sa tutto di stelle, galassie, pianeti ma non vi è mai stato. Eppure quando guarda il cielo si emoziona, lo comprende, tenta di avere una visione critica sui suoi fenomeni. Lo stesso dovrebbe fare uno studente: deve emozionarsi su ciò che studia. E per fare ciò non occorrono soltanto libri, ma attività che stimolano, e regolano, la fantasia. In prima e seconda media si potrebbero effettuare i primi collegamenti forti tra le varie materie e ciò che riguarda il Pollino, studiandoli da un gradino più in alto per avere una visione più ampia. A tal proposito si può pensare all’istruzione come una torre. Quando si inizia il percorso didattico, ci si trova alla base della costruzione, la visione è certo limitata a ciò che riesci a vedere a terra. Continuando l’istruzione, si continua a salire lungo questa torre ed ogni volta, volgendo lo sguardo al di fuori di essa, ci si accorge che la visione non si limita soltanto al “piano terra” ma, essendo già più in alto, la visione è di certo allargata. Di un qualsiasi fenomeno non comprendi più solo il minimo, la nozione basilare e fine a se stessa, ma hai una consapevolezza maggiore: sai dove è inserito, sai dove è ubicato. Fino ad arrivare alla cima della torre, con la fine della formazione universitaria, quando hai una o più precise idee su come il fenomeno che si era visto al pian terreno, sia inserito in contesti sempre più ampi e collegati tra di loro. La piazza è inserita in un quartiere, che è parte della città, che è parte di un comprensorio, parte di una regione, di uno stato, di una nazione, del mondo intero. Già in terza media, il collegamento tra i fenomeni è molto più forte. E allora, per quanto riguarda il Pollino, si potrebbe pensare ad una cosa di questo genere: i quadri di Escher sono testimonianza della bellezza del Parco del Pollino, specie di Morano Calabro. Questo fatto permette infiniti collegamenti disciplinari, e coerenti, tra le varie materie d’insegnamento. L’insegnante di italiano e storia può contestualizzare il periodo di questo grande artista. L’insegnante di geografia potrebbe riferirlo ai luoghi di Escher, l’Olanda (il paese natale) e l’Italia (il sud, in special modo la Calabria, nel dettaglio la zona del Pollino), specificandone i contenuti prettamente geografici, geomorfologici, paesaggistici e “naturali”. L’insegnante di disegno e storia dell’arte può far riprodurre agli studenti i quadri che meglio rappresentano il territorio del Pollino. Una volta effettuate queste operazioni, anche il professore di matematica può dare del suo. Mettendo il lavoro su un cartellone, per disporre meglio foto, immagini, testi, si deve gestire in maniera ottimale come mettere le foto. Allora il docente in questione potrebbe spiegare i calcoli che vanno fatti per impaginare il lavoro. Finalmente una applicazione matematica trova un contesto pratico, e non rimane una enumerazione che moltissimi studenti odiano e studiano malvolentieri. Forse è solo fervida immaginazione, ma perché non provare? Alle superiori il discorso diventa più complesso, perché ci sono molteplici modelli d’istruzione: dalla formazione liceale, a quella tecnica a quella professionale. Ognuna, in realtà, molto ben distinta dall’altra. In comune, però, le scuole medie superiori offrono agli studenti più opportunità di conoscere fisicamente il luogo in cui vivono. Dopo tutte le applicazioni teoriche fatte con cartelloni, recite, disegni ora è il momento della pratica. Invece di andare a fare delle “gite”, che d’istruzione hanno ben poco, in luoghi lontani, sia in Italia che all’estero, si potrebbe far conoscere agli studenti i luoghi in cui vivono, molto vicini ma certamente, per la maggior parte, sconosciuti o poco conosciuti. Di passeggiate nel Parco se ne fanno ben poche, e comunque raramente da parte di studenti. Invece si potrebbe pensare ad escursioni di uno o più giorni nei territori del Pollino. Si comprenderebbero così fenomeni naturalistici, fisici, storici, archeologici ed antropologici e, perché no, geografici, visto che per orientarsi si ha bisogno quanto meno di una carta. Tutto ciò necessita, però, prima di una conoscenza non solo di base, ma quanto meno adeguata di ciò che circonda il posto in cui gli studenti vivono. In tal senso, si potrebbero organizzare incontri preliminari con del personale specializzato, come quello del Corpo Forestale dello Stato, la forza di polizia che meglio rappresenta lo sforzo dell’uomo nel salvaguardare l’ambiente attraverso l’applicazione di leggi di tutela. Grazie al personale della Forestale, alle numerose stazioni presenti nel territorio del Parco, i ragazzi possono comprendere problematiche che, prima di questi interventi, forse neanche venivano poste come tali. Poi, l’applicazione pratica permetterebbe di toccare con mano questi problemi, ma anche di comprendere quanto di bello, prezioso e, ora, sempre meno misterioso avvolge il luogo dove si abita. Da un punto di vista sociale, l’incontro col personale del CFS aumenterebbe anche la fiducia dei ragazzi nelle istituzioni. In seguito, per avere più punti di vista, anche degli incontri con le varie associazioni ambientaliste dislocate nel Parco può fornire un diverso modo di percepire il territorio. Inoltre, com’è ben noto, la fiducia nelle istituzioni, qualsiasi esse siano, sono indispensabili specie nel Mezzogiorno dove i fenomeni criminali la maggior parte delle volte restano impuniti. Le varie associazioni ambientaliste periodicamente organizzano giornate dedicate alla tutela ambientale (es. Puliamo il mondo ecc.), che permettono a chiunque lo voglia di contribuire a salvaguardare l’ambiente in cui si vive: è una chiara applicazione di molte problematiche affrontate in classe che, affrontate praticamente, permettono allo studente di capire da vicino e con la propria pelle quali danni possono essere arrecati all’ambiente, in questo caso del Pollino. Se, quindi, anche il percorso superiore sarà svolto con professionalità e con estrema capacità critica, ecco che lo studente è salito di un altro piano sulla torre, il penultimo, quello che gli permetterà di arrivare sino in cima, con la formazione universitaria, per guardare i fatti ed i fenomeni nel loro complesso. La formazione universitaria, specie quella di impostazione socio - ambientale, per lo studente è il mezzo più idoneo per capire come salvaguardare, in questo caso, il Parco Nazionale, o qualsiasi zona protetta si voglia. Perché poi lo sguardo non dovrà fermarsi a ciò che abbiamo di fronte, ai 180° che l’occhio umano riesce a percepire, ma anche ai rimanenti 180°. Ovviamente, a seconda delle capacità, delle tecniche di lavoro, della maturità acquisita, un giovane si iscriverà ad un corso a lui più consono ma, se è entrato nell’ottica del percepire quanto sia importante, e nello stesso tempo sensibile, la zona in cui vive, allora capirà che qualsiasi professione futura sarà utile per la salvaguardia del Parco e dei suoi abitanti. Un bravo naturalista o ambientalista potrà fare applicazioni pratiche dei suoi studi, oppure insegnare ai futuri ragazzi le sue esperienze e le sue emozioni, cercando di far comprendere con passione il valore dei vari beni che si ha in possesso, spiegandoli anche in chiave di globalizzazione, perché per molti aspetti è essa che, agendo quasi a livello di inconscio, distrugge i beni locali, culturali o ambientali che dir si voglia. Un buon geografo potrà destreggiarsi senza fatica all’interno del Parco, e la sua preparazione multidisciplinare gli garantirà una visione dei fatti sopra le parti. Ma anche un medico, un architetto, un ingegnere sapranno aiutare le persone o le cose che vivono e ruotano attorno al Parco stesso. Addirittura professioni considerate erroneamente inutili, poiché umanistiche, come l’archeologo o il filosofo potranno fare del Pollino la propria chiave di volta della vita. Basti pensare che all’interno del Parco Nazionale sono presenti reperti archeologici risalenti al Paleolitico Superiore come la grotta - riparo del Romito e tanto altro ancora. Anche chi non sceglierà la via dell’ateneo potrà essere molto utile per il Parco, specie in applicazioni pratiche. Il problema degli incendi boschivi, ad esempio, che specialmente ogni estate funestano il territorio del Pollino è risolto, oltre che dagli organi preposti come la Forestale ed i Vigili del Fuoco, anche da tutte quelle persone che, pur non avendo avuto la fortuna di studiare molto, aiutano a spengere i focolai oppure da tutti i cittadini che con il loro buonsenso evitano di gettare una sigaretta accesa, oppure hanno la premura di avvertire subito le autorità quando viene avvistato un focolaio. Ci sarà anche chi, appassionato dai seminari tenuti dal CFS in periodo scolastico, deciderà di “arruolarsi” per combattere in prima linea i crimini contro l’ambiente. E ci sarà anche chi, capendo l’importanza della flora e della fauna dove vive, non accenderà più fuochi per distruggere l’ambiente o non getterà mai il classico “mozzicone di sigaretta” dalla propria autovettura. Quindi l’ambiente diventa sempre di più un terreno di sfida per la professionalità di uomini, aziende ed istituzioni. Ma esso, purtroppo, oltre ad essere una passione per molti ed un interesse per tutti, è però anche un business con un suo mercato. Dal mio punto di vista questo è sbagliato. L’ambiente non deve mai essere un business, ma può diventarlo se ad occuparsi di esso sono persone che hanno a cuore le varie problematiche locali, e che hanno il coraggio di fare scelte coraggiose e controcorrente. È l’ora di finirla con quei manager spietati usciti da corsi universitari, e da una formazione precedente, che non ha di certo aiutato a sviluppare maturità e senso critico sulle cose, ma che li ha solamente favoriti a pensare che solamente ottenendo il denaro si ottengono gratificazioni. Un bravo manager deve sapere fare investire in zone soggette a scarso guadagno, come quella del Pollino, ma deve avere sempre un occhio di riguardo all’ambiente che lo circonda, rifiutando facili proposte di guadagno che portano, però, ad un radicale sconvolgimento del sistema ambientale. Nulla è più appagante di sapere che viviamo in una zona unica al mondo, che ci sono uomini e donne che ogni giorno si impegnano per non inquinare il parco, che lottano e che protestano quando si vuole costruire un inceneritore nel territorio del Pollino. Sapere che ci sono ragazzi che, soci di associazioni ambientaliste, quotidianamente diffondo il messaggio di salvaguardia naturalistica del Pollino fa capire anche al corpo docente, che lo ha formato e che lo formerà nell’arco della vita, che gli sforzi fatti per un insegnamento diverso, fuori dagli schemi canonici classici, hanno finalmente trovato una giusta ricompensa. Ma anche se non cambierà nulla, se le cose devono andare così, ma ho forti dubbi in tal proposito, ognuno potrà però dire: <> e forse <>. Intanto...speriamo.

Mauro Diana


Rispondere all'articolo

Forum