Farmaci da banco nei supermercati. Una scelta opinabile.
Il centrosinistra sembra finalmente uscito da quel torpore che gli ronzava intorno dopo la vittoria al cardiopalma delle scorse politiche. Con un provvedimento firmato dal ministro Bersani, il governo Prodi ha dato il via libera ad una serie di liberalizzazioni che riguardano tutti i singoli cittadini: dalle licenze dei taxi, agli onorari dei liberi professionisti sino alla tanto discussa abolizione dell’ICI che la Chiesa non pagava per i suoi possedimenti che generano lucro.
Una delle novità più opinabili, però, risulta quella della libera vendita dei cosiddetti farmaci da banco nei supermercati sotto la supervisione di un addetto responsabile. Ciò, si dice, può portare ad una diminuzione dei prezzi dei medicinali a favore del cittadino, che così può optare per l’acquisto nella classica farmacia o in uno dei tanti ipermercati, quelli che hanno soppiantato definitivamente la piccola distribuzione con una crescita esponenziale.
L’attuale legge in vigore dà la facolta al farmacista di scontare, a discrezione, i farmaci sino al 20% rispetto al prezzo di listino: questo permette al cittadino di scegliere una farmacia che propone uno sconto maggiore, a discapito di quella che non lo propone affatto o che lo sconta di meno. La vendita nei supermercati o, in generale, nella grande distribuzione con la presenza di un responsabile, eticamente parlando, può essere interpretata erroneamente come un “acquistatene tanto”, visto che l’obiettivo di una impresa che opera nella grande distribuzione è la massimizzazione del profitto a discapito della qualità. Tuttavia, visto che oggi già se ne fa un abuso di questi farmaci da banco, ricorrendo ad essi anche quando in realtà se ne può fare a meno, la vendita in un ipermercato può paradossalmente fare più male che bene.
Da un punto di vista economico, il risparmio per il cittadino non è così evidente: vendere in un ipermercato, presuppone la presenza di un farmacista che deve essere stipendiato dall’azienda, con un conseguente aumento dei costi di gestione dovuto anche all’acquisto della materia prima (i farmaci). La grande distribuzione ha il cardine nelle offerte speciali: prodotti scontati all’acquisto di quantità maggiori. Questo è impensabile per i medicinali da banco, che comunque non possono essere offerti, ad esempio, con un fatidico 3x2. Infatti non si può immaginare di veder campeggiare scritte del tipo: “Compri 3 scatole di Aspirina pagandone 2”.
Il vantaggio, dunque, non c’è. E se c’è non è così evidente o così ovvio come si vuole far credere. L’unico punto a favore del cittadino, rispetto alla farmacia, è l’ampio orario di apertura degli ipermercati che sono aperti continuamente e danno la possibilità di fare acquisti nei giorni festivi. Le farmacie, invece, sono aperte con orari spezzati e, per cercarne una disponibile nelle domeniche, spesso bisogna girare come un falco pellegrino.
Nel prezzo di vendita dei farmaci, inoltre, è compresa una quota fissa che va all’azienda produttrice, una quota al grossista ed una parte di guadagno al farmacista. Quest’ultima parte, per quanto grande, è comunque esigua rispetto al prezzo di vendita. Riducendola, l’ipermercato rischia di vendere a costo zero, realizzando così un profitto nullo. Di conseguenza, non si può abbassare più di tanto il prezzo dei farmaci. Sarà interessante osservare, a lungo termine, come andrà a finire.
Mauro Diana
Gentile amico,
la sua riflessione è molto lucida ed interessante. Lo stesso discorso andrebbe fatto, allora, per tutti quei "feudi" come gli studi dei notai, come la docenza universitaria, come addirittura lavorare all’ATAC (servizi di trasporto pubblico di Roma), dove per entrare o sei figlio di un dipendente o devi conoscere un sindacalista. Per quanto riguarda il cardiologo, non opererei di certo la scelta. Però, rifletta: si può andare a fare una vista dal cardiologo (ovvero dal medico chirurgo specializzato in cardiologia), oppure andare a fare una visita dal primario cardiologo. Tutti e due hanno studiato le stesse materie. Tutti e due, si presume, abbiano la stessa preparazione. Eppure, se non è una cosa grave, ma un semplice controllo, forse si potrebbe andare dal "normale" cardiologo. Certo, invece che, se ci fosse un problema di particolare gravità, quanto meno il parere di un primario lo vorremmo sentire. Lei cosa ne pensa?
Cordialmente, Mauro Diana.
Gentile Arianna, non è un discorso di farmacie-supermercato! E’ chiaro che, se va al piccolo negozio di alimentari sotto casa (ammesso e non concesso che ne esistano ancora...), non trova in vendita mica solo il prosciutto! Trova anche prodotti non alimentari come carta igienica, prodotti per la pulizia della casa, addirittura le batterie per il suo lettore mp-3! Certo, non avrebbe la scelta che proporrebbe un ipermercato, e forse neanche gli stessi prezzi (anche se su questo si potrebbe discutere), ma avrebbe la comodità di avere tutto quanto a portata di mano. Se lei andrebbe a lavorare in un ipermercato, come affermato, evidentemente credo che lì la possano pagare di più. Allora, vada, e ci faccia sapere... Cordialmente,
Mauro Diana.
Chiedo venia per la "svista"...
Mauro Diana.
Gentile amico,
ringrazio anche lei per avere espresso la sua opinione. Vorrei proporle una riflessione: premesso che non c’è nulla di "degradante" lavorare in e per un supermercato, c’è invece differenza fare il commesso per una farmacia che per un supermercato. Come esempio le porto un caso comune: un commesso di negozio di scarpe. Se questo commesso lavora in una botique del centro città ha modo di "lavorarsi" e di "lavorare" col cliente, suggerendogli il prodotto migliore, oppure quello che meglio si adatta alle sue esigenze. Lo stesso commesso che, magari, lavora in un outlet, dove non è la qualità che fà il prodotto, ma la quantità, a parità di negozio, non può certo dedicare lo stesso tempo che in una boutique. In questo è la differenza. Lei si immagina, sotto il periodo delle feste natalizie, quando il supermercato è strapieno dallo sbarco degli Unni, io che le vengo a chiedere una Aspirina? Primo non lo farei, perchè il mal di testa mi viene a pensarci o comunque mi aumenterebbe vedendo quella confusione, ma lei di certo non mi chiederebbe "è sicuro? quali sono i suoi sintomi?". Cosa che, invece, potrebbe fare, se ne avesse voglia, in una classica farmacia.
Cordiali saluti, Mauro Diana.
Gentile amico,
innanzitutto ringrazio anche lei perchè se, a distanza di tempo dalla pubblicazione, l’articolo continua ad attirare gli sguardi significa che qualcosa è stato smosso. Come lei giustamente diceva, e come affermavo anche io in risposta ad un altro lettore, non c’è niente di "degradante" nel lavorare ad e per un supermercato. Quanto ha riportato sopra è una sua personalissima esperienza, che facciamo nostra per ampliare il dialogo. Staremo a vedere se, dove e, sopratutto, quando ci saranno ulteriori commenti di altri suoi colleghi. Per il momento, nel ringraziarla ancora per l’intervento, spero di essermi sbagliato e spero che qualche altro suo collega mi levi dalla mente la (malsana) idea di commessi mascherati da farmacisti.
Cordialmente,
Mauro Diana.
Gentiissimi amici,
rispondo a tutti e due. Come ho già detto e scritto più volte, il futuro è nella grande distribuzione...purtroppo. Ma il vantaggio non è così reale come si vuole far credere. Le "classiche" offerte del tipo 3x2 oppure "prodotto in volantino" oppure "offerta speciale" non sono più prerogative del centro commerciale. Le ha qualsiasi negoziante! Anche in farmacia ce ne sono! Compri tre ricostituenti per capelli pagandone solo due (anche se, poi, il prezzo è chiaramente "aumentato" di una percentuale variabile) anche se, poi, alla fine ne stai comunque pagando due e magari te ne serve uno solo. Io non sono un economista, sia chiaro. Ma qualche nozione ritengo di possederla. In economia si studiano i costi, che sono suddivisi in fissi e variabili. Quelli fissi, dovuti all’acquisto di macchinari, arredamenti e via discorrendo non cambiano al variare della quantità prodotta. Quelli variabili, invece, variano in misura percentuale in base alle ore lavorative del personale oppure all’unità di prodotto aggiuntiva che si acquista. Se il supermercato "X" spende una cifra "Y" per l’assunzione di un farmacista, aumenta inevitabilmente i costi variabili, cui deve far fronte aumentando il prezzo dei prodotti, dato che si sta ipotizzando che ci si trovi in un mercato oligopolistico. Inoltre, deve comunque acquistare i farmaci OTC, che hanno anche loro un costo che "pesa" sul bilancio. Analizzando la propria curva dei costi fissi, variabili, e anche di quella del ricavo totale, marginale e medio, è chiaro che il supermercato operi una scelta che vada a sua vantaggio e che, comunque, si posizioni in un punto d’equilibrio, che è quello derivante dall’annullarsi di ricavo marginale e costo totale. In questo caso, il supermercato non potrà pagare lo stesso stipendio di una farmacia, ma uno più basso perchè, ripeto, rispetto a prima sta acquistando dei prodotti in più (i farmaci OTC) e della manodopera in più (il farmacista) che prima non erano presenti. Risultato? Il farmaco OTC non può essere venduto con un vantaggio percepibile da parte del consumatore. Ricordo, infatti, che in economia c’è soddisfazione quando si ha un vantaggio percepito da parte sia del compratore che del venditore. E’ chiaro che il venditore vorrebbe vendere al prezzo più alto possibile, ma l’acquirente in quel caso non ne acquisterebbe neanche una quantità. Il prezzo, quindi, si modifica e si "trasla" fino a che c’è pieno vantaggio per entrambi. E voi pensate che, le farmacie, non si adeguerebbero pur di non uscire dal mercato? Se sono presenti, perchè dovrebbero uscirne? Al massimo potrebbero realizzare un profitto nullo, ma se sono presenti di certo non ne uscirebbero.
Cordialmente,
Mauro Diana.
Voi ragazzi non capite il senso del mestiere per cui millantate studi di chissà quale tipo. Non siete i soli laureati in Italia e resto allibito di fronte alla boria con cui, ancora non entrati nel mondo del lavoro, parlate della vostra posizione. Essere un dipendente di una farmacia "tradizionale" significa fare gli interessi di un titolare per cui sarete costretti a spedire (sapete cosa significa questa parola?) medicinali come Aulin, antibiotici, Oki, Synflex, Gentalyn, Zovirax, Efferalgan ecc ecc senza che la persona che vi troverete di fronte abbia una ricetta. Questo solo per compiacere alle tasche di un titolare che, in nome di un favore verso la clientela, finisce sempre con il fare un favore a sè stesso. Alla Coop, al contrario, si è molto ligi alla legge. Voi che avete tante conoscenze sapete per caso dirmi in che modo potreste essere d’aiuto ad una persona consegnando dell’Aulin per un semplice mal di testa? Sapete quali prodotti abbiano, per legge, l’obbligo della ricetta medica e quali no? E il perchè? Credete che ci sia sempre una logica? Ho lavorato con colleghi di diverse età, ma solo quelli che hanno voglia di imparare ascoltano con modestia ciò che i colleghi più anziani dicono ai pazienti. Chi crede di sapere tutto perchè ha dovuto sostenere 3 annualità di farmacologia e crede di avere competenze mediche sopra la media parte con il piede sbagliato di chi crede di non aver nulla più da imparare. Allora vi ritroverete a fare davvero i commessi per cui sarete limitati a consegnare ciò che i medici hanno scritto in una ricetta o a vendere ogni cosa per le tasche di chi si arricchirà con il vostro lavoro. Sapete quanta gente vi verrà a dire che quello che dite non ha valore perchè hanno già parlato con il medico e non avrete nemmeno l’autorità per sostituire l’Enterogermina con altri fermenti lattici più efficaci e convenienti??? Arriviamo sempre DOPO il medico e la gente ci vede solo come dei commessi... ricordatelo! Sono pochi quelli che dimostrano rispetto se prima non lo si dà, e devo dire che alla Coop, non arrivando con le ricette mediche, il mio ruolo ha subito un notevole miglioramento perchè finalmente la gente mi ascolta e poi torna per ringraziarmi del consiglio. Prima andava dal medico, perchè arriva sempre PRIMA!
Sinceramente vi auguro di tutto cuore di fare strada, ma spero altrettanto sinceramente che qualche situazione di lavoro quotidiano vi dia quelle "sane sberle" che vi riportino con i piedi per terra e vi facciano perdere la supponenza che avete dimostrato nelle poche righe che avete scritto. L’unico mio rammarico è che non leggerete mai questo post e che nessuno di voi risponderà così da farmi capire se le mie parole siano state efficaci.
Gentile Amico,
nel constatare il suo continuo interesse verso questo articolo, il che denota che l’argomento è tutt’ora attuale, pur non rientrando più nell’Olimpo della cronaca, trovo di estremo interesse la riflessione da lei proposta. Concordo con lei su alcuni punti, ma non mi trova d’accordo sul discorso di venire dopo i medici. Non sono un farmacista (ma un...umanista), però credo che il ruolo del farmacista non si debba limitare al discorso di prendere i farmaci prescritti dal medico da dietro il bancone, e consegnarli nella mano del cliente solo dopo aver incassato la somma richiesta. Infatti, il farmacista non ha l’autorità, ma nemmeno le competenze, per dichiare di sostituire un determinato farmaco con un altro, a prescindere che sia da banco o meno. Per esempio, ci sono farmaci di una data marca che vengono prescritti dal medico ma che hanno lo stesso principio attivo di farmaci di altre marche. E allora, che vogliamo dire, che i medici vengono SOLO dopo gli ISF? Io penso di no. Penso che se il medico prescriva un dato farmaco piuttosto che un altro ha le competenze giuste per ritenere più utile per la mia persona "quel" farmaco. A prescindere che l’abbia consigliato l’ISF oppure la guida dei farmaci.
Il farmacista, però, in caso abbia bisogno del tanto citato AULIN, può e DOVREBBE consigliarmi che esiste anche il farmaco generico, con lo stesso principio attivo. In questo il ruolo del farmacista non è secondario, non viene dopo quello del medico, ma è suo, esclusivo. Dovrebbe dirmi che se l’Aulin costa, che so, 5 euro e la Nimesulide ne costa 3, allora posso prendermi anche quest’ultima. Non lo dice, ovviamente, come lei fa notare, per il suo tornaconto. Ci guadagna di più. In questo, però, sta anche la cultura delle persone: chiedere al medico curante se esiste un generico, un’alternativa, per il medicinale prescritto e se questo sortisce gli stessi effetti. Se il medico non lo sa, o non lo vuole dire, demandando al farmacista, allora è quest’ultimo che dovrebbe consigliare. Per questo io non vedo come il farmacista possa avere un ruolo "secondario" rispetto al medico. Allora il medico ha un ruolo secondario rispetto all’ISF, e questi verso le grandi industrie farmaceutiche che, guarda caso, hanno un ruolo secondario rispetto ai malati che, necessitando di cure, richiedono alle case medicine adeguate da immettere sul mercato.
Cordialmente,
Mauro Diana.
Gentile signor Diana, mi permetto di risponderle che di quello che ho scritto io ha perso completamente il senso e, mi permetta, come lei anche i ragazzi che avevano scritto i post poco sopra. Io non credo affatto che un farmacista venga dopo il medico, dico però con forza che questa è l’opinione che molti pazienti hanno perchè il ruolo del medico è da loro sentito in maniera più autorevole. Non è più come una volta, quando i farmacisti erano tra le autorità del paese alla pari del medico! Le sue affermazioni sul proporre ai pazienti alternative meno costose sono un altro esempio di come lai abbia travisato il mio discorso. Il problema non è dire che esistono gli equivalenti (che molti titolari "spingono" anche perchè hanno maggiori margini di guadagno...) ma che certi farmaci NON SI DEBBONO DISPENSARE SE NON DIETRO PRESENTAZINE DI UNA RICETTA MEDICA. Se lei venisse da me a chiedere l’Aulin senza ricetta, io le direi che non glielo posso dare perchè è necessaria una prescrizione medica, punto. Non è che le darei la Nimesulide perchè anche per quella è necessaria la ricetta!!! Non vale il principio per cui i farmaci equivalenti debbano essere di libera vendita, se sono uguali per principio attivo e dose alle specialità con nomi "di fantasia", sottostanno alle stesse leggi! Molti titolari invece vendono di tutto, creando probabilmente i presupposti per cui si veda la figura del farmacista come quella di un semplice "dispensatore" di medicinali, in maniera pressochè indiscriminata. Se proprio la vuole sapere tutta è dove lavoro ora, alla Coop, che si fa finalmente informazione sui prodotti di libera vendita e non, proponendo alternative (quando possibile) che siano anche meno dannose per la salute; non dimentichiamo infatti che proprio la Nimesulide è al centro di un forte dibattito nato da gravi intossicazioni verificatesi in Finlandia. Allo stesso modo per gli antibiotici. Già i medici li prescrivono con troppa disinvoltura anche come "prevenzione" del raffreddore (due cose più antitetiche non mi vengono in mente), se poi i farmacisti li vendono anche senza ricetta... la tendenza sarà quella di una graduale inutilità della maggior parte degli antibiotici in commercio spingendo la ricerca verso nuove molecole sempre più difficili da scoprire; senza contare che per fare ricerca non sono sufficienti quattro soldi e in Italia non ce ne sono nemmeno due (lo so perchè l’ho fatta personalmente per due anni). Comunque non penso nemmeno che i medici vengano dopo gli informatori, anzi: agli occhi della gente gli informatori sono dei rompiscatole, i medici li trattano spesso con sufficienza, e i farmacisti pure... per cui faccia lei. Quando parlo dico cose che vengono dall’esperienza "sul campo" e non dai miei desideri o immaginazioni di come dovrebbero essere le cose. Mi creda: lei ha una visione romantica e a dir poco desueta delle farmacie e dei farmacisti. Tutti i miei colleghi che lavorano in Coop affermano di sentirsi più liberi e non vincolati dalla "vendita a tutti i costi", manifestano felicità per poter essere tornati a consigliare e, in qualche modo, ad educare al corretto uso dei farmaci: per esempio informando genitori incoscienti della grande pericolosità del somministrare aspirine o decongestionanti nasali come la Rinazina ai loro figli di nemmeno dieci anni.
Un’ultima cosa: se il suo farmacista non l’informa della possibilità di acquistare un farmaco equivalente (a proposito: dovrebbe aver provato almeno una volta a farlo per capire la frustrazione che segue a continue risposte del tipo "assolutamente no perchè il dottore m’ha scritto questo", segno tangibile che per la gente si viene dopo il medico) commette un reato perchè la legge ci OBBLIGA ad informare i pazienti di questa possibilità.
Grazie
Sapete vero che questa apertura alla vendita degli OTC e SOP permette non solo alla grande distribuzione di attrezzarsi per questo? Anche chi vuole investire in questo senso può farlo, per cui se l’erboristeria, magari gestita da un farmacista che non poteva permettersi una farmacia, vuole fare un’ampliamento di offerta... ora può farlo. Basta fare un giretto per la zona della riviera romagnola per contarne almeno 4 o 5. L’opposizione di Federfarma alla presenza di un farmacista rientra in quello che potrei intendere come una mossa per poi attaccare la riforma, per poi dire che tutto era stato fatto in maniera sbagliata, avallando le teorie dei detrattori disinformati secondo cui tutto questo avrebbe favorito un disordinato abuso di farmaci. L’esperienza americana, dove i farmaci come l’aspirina sono in confezioni proporzionate a tutta quella realtà, insegna che la dispensazione di farmaci come questi non è da sottovalutare! Da questa realtà si è tratto un insegnamento valido, per cui perchè gridare allo scandalo? Invece di plaudire a questa novità ci si è opposti... Ma PERCHE’? Per quale ragione, quali interessi stanno dietro Federfarma al fatto di opporsi alla nostra presenza o al nostro indossare il distintivo? Perchè dovremmo essere di escusiva "proprietà" di un farmacista? Le lobbies sono tante in Italia però credo che quella dei farmacisti sia, insieme a quella dei notai, una vera e propria "casta" per tipo di chiusura "ermetica". Solo un titolare di farmacia può pensare che al pari suo possano stare i docenti univeristari o i giornalisti! Nell’università, avendoci fatto un PhD un’idea ce l’ho, è dura ma le stesse possibilità di assunzione sono pari tra me e il figlio di un prof perchè di assunzioni non se ne parla, e il dottorato, se vali, te lo propongono anche se sei un perfetto figlio di nessuno (a Ferrara, Bologna e Padova almeno). Tra i giornalisti c’è gente che di gavetta, prima di arrivare, ne fa davvero tanta, ma i figli dei titolari si trovano serviti su un piatto d’oro un’attività commerciale vera e propria che potranno poi passare ai loro figli a loro volta. Senza nessuno sforzo, nessun rischio! Pare giusto? Sul discorso dei benzinai qui si approfitta di una situazione per esaltarne un’altra: quanti distributori esistono in Italia? Che fastidio darebbero altri? I benzinai giustamente scioperano perchè non è che la riforma porterebbe ai Supermarket solo la benzina ma non il gasolio (i farmacisti hanno ancora il controllo esclusivo della percentuale maggiore di farmaci...), ma bisogna pensare che magari non sciopererebbero se invece di 20 distributori agli Ipermercati ne costruissero 20 in forma "tradizionale" in tutta Italia... Senza offesa per nessuno mi pare un argomento del quale potremmo parlare in maniera non corretta e penso che faremmo solo un torto ai diretti interessati.
Chiudo con un invito personale all’autore dell’ultimo post poichè dal suo "incipit" mi pare di capire che abbia a che fare con Federfarma: mi può dire quali interessi avrebbe avuto Federfarma a che non ci fosse la figura del farmacista al di fuori della farmacia? Per quale ragione avremmo dovuto rinunciare al nostro distintivo?
Grazie
gentile navigatore di internet, sono una farmacista al lavoro...si, questa notte sono di turno nel mio angusto locale in affitto che la garanzia della pianta organica non mi permette di spostere, magari vicino al centro commerciale della mia cità, perchè no? Pensa che per ogni chiamata nel cuore della notte per un tantum verde spray o clistere come è successo ieri guadagnerò ben 3,87 € tassati di fuori orario notturno. Fatti 2 conti nell’ultima settimana di turno ho fregato tra pausa pranzo e nottate ben 90 euro ai cittadini!!! Io mi ritengo generoso, per cui se vuoi posso cederti tutto questo lusso; basta mangiare un panino a pranzo e cena per una settimana e rispondere a 3 o 4 chiamate a notte e i 90 € saranno tuoi!!! contattami!
Ah, per quel che riguarda il discorso della ricetta son la prima a dire che va richiesta, ma fatti furbo e rifletti: il vero furto al cittadino lo fa l’ulss!!! e la prova è la differenza di prezzo tra un brufen 400 e il nuovissimo MOMENTACT!!! Ragazzi, sveglia! i farmaci da banco costano cari perchè queli in mutua vanno svenduti allo Stato!!! Use the brain!!! Ti chiedo anche quante molecole conosci in commercio per l’herpes labiale... io 2. Forse però se a te servisse andresti dal medico di fiducia per un consiglio, magari su appuntamento, come fanno dalle mie parti, dove ricevono dopo 10 giorni!...sai anche questa è cultura e intelligenza.
Gentile Aresius,
la ringrazio per la sua riflessione. Concordo con lei per quanto riguarda il fatto che ci sia un farmacista, nel supermarket, a controllare il tutto. Tuttavia, la mia era solamente una riflessione per dire che "non è tutto oro ciò che luccica". Infatti, pur essendo vero (e personalmente favorevole) alle liberalizzazioni proposte, ma non ancora attuate, dal governo Prodi, sono solo un pò scettico per quanto concerne la libera vendita dei farmaci da banco nella grande distribuzione.
Infatti, come ho già scritto, non è detto che sia così conveniente come ci vogliono far credere. La famosa legge di mercato da lei citata, non recita proprio così. La legge fondamentale della domanda di un bene (domanda Marshalliana) dice che c’è una relazione inversa tra prezzo e quantità domandata: all’aumentare del prezzo, diminuisce la quantità domandata e viceversa. Questo però è vero in un mercato di concorrenza perfetta, ove ci sono tantissimi acquirenti che conoscono i prezzi di un identico bene prodotto da una miriade di aziende. Il mercato dei farmaci, invece, non può essere considerato in tale maniera, ma va visto maggiormente come un mercato oligopolistico, ove ci sono poche imprese (le case farmaceutiche) che producono un bene (il farmaco) acquistato da una miriade di consumatori.
Concludendo questa piccola digressione microeconomica, la liberalizzazione che "intende colpire le lobbies" punisce in realtà solo la casta dei farmacisti, ma non la vera ed unica lobby costiuita dalle case farmaceutiche, uniche detentrici dei brevetti che consentono la fabbricazione di un farmaco. Mi piacerebbe ancora ricordare che l’assunzione di un farmacista provoca un aumento dei costi, sia per lo stipendio che deve percepire, sia per le materie prime che l’ipermercato deve acquistare (i farmaci). Non è detto, dunque, che il risparmio sia garantito verso i consumatori. Aumenterebbe la concorrenza, come lei giustamente ci ricorda, ma oltre una soglia minima il prezzo non può scendere altrimenti una qualsiasi azienda (farmacia o supermarket) rischierebbe d’uscire dal mercato o, nel migliore dei casi, realizzare un profitto nullo pur non uscendone. Differente, per esempio, è il caso della liberalizzazione delle licenze per i taxi.
Nel ringraziarla ancora per l’interessamento, porgo i miei più vivi saluti.
Mauro Diana.
Gentile Mauro Diana,
premetto di essere un veterinario e non un titolare o parente di titolare di farmacia.
Concordo appieno con quanto ha scritto e mi associo a quello scritto su un altro post:
"Se si vuole cambiare in meglio non mi sembra questa la strada. Controlliamo di più i titolari, apriamo più farmacie aumentando il rapporto farmacie/abitante, costringiamo l’industria ad abbassare i prezzi degli Otc (che sono loro a determinare, non i titolari di farmacia).... le opportunità di vero progresso ci sono, creare catene di farmacie di proprietà di Grandi Gruppi non mi sembra molto saggio. Sarebbe come punire la piccola lobby dei farmacisti premiando la ben più colpevole lobby degli industriali del farmaco. " Con questa legge si va a svalutare la categoria dei farmacisti e favorite le grosse corporazioni.
Un altra cosa: perchè per essere titolare di una farmacia bisogna essere laureato in farmacia e in caso di morte del titolare gli eredi hanno solo un anno di tempo per laurearsi mentre a capo delle coop, vista la presenza di " minifarmacie", nn c’è bisogno di un laureato in farmacia?...Mha 2 pesi 2 misure? Questa legge mi sembra fatta più per favorire le casse delle grandi distribuzioni che per creare una libera concorrenza e quindi una riduzione dei prezzi. Temo oltrettutto che questa concorrenza, nonostante le assunzioni da parte delle coop di farmacisti porterà una riduzione del personale nelle farmacie che si tradurrà in una globale riduzione dei posti di lavoro per i farmacisti che , per contro, andranno a concorrere ed intasare ulteriormente le poche opportunità lavorative a cui possono accedere anche biologi, medici, chimici, veterinari..... Spero di sbagliarmi.........
Gentile Coccinella,
questo vuole la Legge Bersani! Che quelli del centro-destra hanno voluto, quelli del centro-sinistra hanno criticato ma che, poi, alla fine, hanno accettato! Si, si, d’accordo, con le dovute modifiche, ma sempre di lavoro sottopagato si tratta! Altro che pensione a 57 anni! Concordo, dunque, appieno con lei e, dati gli sforzi compiuti per conseguire la difficile laurea in CTF (la posso capire benissimo, ho un’esperienza diretta in famiglia), le consiglio di puntare su un lavoro stressante ma ultrapagato come l’informatore scientifico del farmaco. Meglio di un supermercato è di certo...
Cordialmente, Mauro Diana.