LIBERALIZZAZIONE

Farmaci da banco nei supermercati. Una scelta opinabile

lunedì 3 luglio 2006.
 

Farmaci da banco nei supermercati. Una scelta opinabile.

Il centrosinistra sembra finalmente uscito da quel torpore che gli ronzava intorno dopo la vittoria al cardiopalma delle scorse politiche. Con un provvedimento firmato dal ministro Bersani, il governo Prodi ha dato il via libera ad una serie di liberalizzazioni che riguardano tutti i singoli cittadini: dalle licenze dei taxi, agli onorari dei liberi professionisti sino alla tanto discussa abolizione dell’ICI che la Chiesa non pagava per i suoi possedimenti che generano lucro.

Una delle novità più opinabili, però, risulta quella della libera vendita dei cosiddetti farmaci da banco nei supermercati sotto la supervisione di un addetto responsabile. Ciò, si dice, può portare ad una diminuzione dei prezzi dei medicinali a favore del cittadino, che così può optare per l’acquisto nella classica farmacia o in uno dei tanti ipermercati, quelli che hanno soppiantato definitivamente la piccola distribuzione con una crescita esponenziale.

L’attuale legge in vigore dà la facolta al farmacista di scontare, a discrezione, i farmaci sino al 20% rispetto al prezzo di listino: questo permette al cittadino di scegliere una farmacia che propone uno sconto maggiore, a discapito di quella che non lo propone affatto o che lo sconta di meno. La vendita nei supermercati o, in generale, nella grande distribuzione con la presenza di un responsabile, eticamente parlando, può essere interpretata erroneamente come un “acquistatene tanto”, visto che l’obiettivo di una impresa che opera nella grande distribuzione è la massimizzazione del profitto a discapito della qualità. Tuttavia, visto che oggi già se ne fa un abuso di questi farmaci da banco, ricorrendo ad essi anche quando in realtà se ne può fare a meno, la vendita in un ipermercato può paradossalmente fare più male che bene.

Da un punto di vista economico, il risparmio per il cittadino non è così evidente: vendere in un ipermercato, presuppone la presenza di un farmacista che deve essere stipendiato dall’azienda, con un conseguente aumento dei costi di gestione dovuto anche all’acquisto della materia prima (i farmaci). La grande distribuzione ha il cardine nelle offerte speciali: prodotti scontati all’acquisto di quantità maggiori. Questo è impensabile per i medicinali da banco, che comunque non possono essere offerti, ad esempio, con un fatidico 3x2. Infatti non si può immaginare di veder campeggiare scritte del tipo: “Compri 3 scatole di Aspirina pagandone 2”.

Il vantaggio, dunque, non c’è. E se c’è non è così evidente o così ovvio come si vuole far credere. L’unico punto a favore del cittadino, rispetto alla farmacia, è l’ampio orario di apertura degli ipermercati che sono aperti continuamente e danno la possibilità di fare acquisti nei giorni festivi. Le farmacie, invece, sono aperte con orari spezzati e, per cercarne una disponibile nelle domeniche, spesso bisogna girare come un falco pellegrino.

Nel prezzo di vendita dei farmaci, inoltre, è compresa una quota fissa che va all’azienda produttrice, una quota al grossista ed una parte di guadagno al farmacista. Quest’ultima parte, per quanto grande, è comunque esigua rispetto al prezzo di vendita. Riducendola, l’ipermercato rischia di vendere a costo zero, realizzando così un profitto nullo. Di conseguenza, non si può abbassare più di tanto il prezzo dei farmaci. Sarà interessante osservare, a lungo termine, come andrà a finire.

Mauro Diana


Rispondere all'articolo

Forum