Meno ambiente, più rischi
Le attività antropiche sconvolgono il paesaggio, distruggono ecosistemi e generano rischio, specie idrogeologico
Recentemente ho avuto il dispiacere di leggere che nella zona del Parco del Pollino nei pressi di Rotonda o giù di lì, un sindaco ha deciso tramite ordinanza, di far tagliare alcuni alberi, molti dei quali secolari, presenti nella zona protetta. Ognuno fa le sue scelte, per carità, ed ognuno ha le sue buone ragioni. Ma ci sono alcune considerazioni univoche che devono essere sempre tenute a mente quando si decide di alterare un ambiente, e quindi l’ecosistema ad esso correlato, in maniera spesso irreparabile ed irreversibile. Innanzitutto si deve partire dalla definizione di rischio, che è il danno atteso in conseguenza del verificarsi di un dato evento pericoloso. Esso può essere espresso dall’equazione Rischio = Vulnerabilità x Pericolosità x Elemento a rischio, dove la vulnerabilità è il grado di distruzione atteso al verificarsi di un evento pericoloso (da 0 ad 1 dove 0 significa “nessuna distruzione” ed 1 “distruzione totale”); la pericolosità è la probabilità che un evento si verifichi in uno spazio-tempo; l’elemento a rischio è l’uomo e le sue attività presenti nella zona a rischio. Tagliando degli alberi si genera un serio pericolo sia per l’attività umana che, e soprattutto, per l’ambiente circostante: tale tipo di pericolo, per quanto concerne le attività umane, è chiamato rischio idrogeologico. Appartiene alla grande famiglia dei rischi geologici di cui fanno parte, oltre al già citato, anche i rischi sismico e vulcanico. Tra i rischi geologici, il rischio idrogeologico (derivante dall’unione dei rischi idrici su di un terreno geolitologico) è quello più pericoloso, ma è anche quello che può essere maggiormente prevenuto avendo cura dell’ambiente. Da esso si generano una serie di dissesti che modificano irreparabilmente l’ambiente circostante: frane, smottamenti, eccessivo scorrimento delle acque superficiali, irregolarità nel ciclo idrologico, problemi al bacino imbrifero. Tagliare gli alberi vuol dire soprattutto privare il terreno della stabilità garantita dalle radici; vuol dire anche permettere alle acque di afflusso meteorico di dilavare in maniera irregolare il terreno. Questo genera, nel breve e lungo termine, una maggiore esposizione a rischio perché il terreno perde di coesione e di stabilità: tende quindi potenzialmente a franare e, di conseguenza, aumentando anche il ruscellamento dovuto alla mancanza di copertura vegetale, le acque si incanalano verso valle fino a raggiungere o le attività umane o, in altri casi, il letto di un fiume che, ovviamente, aumenta di portata. L’aumento di portata dei fiumi o, meglio ancora, dei torrenti (che nella zona in considerazione hanno nella maggior parte dei casi un regime stagionale) può provocare un rischio per le attività antropiche in quanto le opere di difesa non sono adeguate a fronteggiare una emergenza non prevista durante la costruzione di queste. Inoltre, la mancanza di copertura vegetale, provoca anche un aumento di velocità delle acque superficiali: da ciò ne consegue, inevitabilmente, un maggiore prelievo di rocce e sedimenti che, spostandosi dal luogo “originario”, provocano fenomeni erosivi, oltre che maggiori esposizioni a rischio per l’uomo. Senza contare il fatto che una “normale” piena si trasforma in alluvione quando si ha, per l’appunto, un aumento della velocità delle acque che, data la loro violenza, staccano parti di roccia e di sedimenti che, nel percorso monte-valle, vanno a distruggere le opere umane. In effetti di per sé una piena non è considerata generalmente un rischio, perché è semplicemente un aumento di portata, e quindi di volume d’acqua, in una data sezione del bacino considerato. Il vero rischio è l’alluvione, perché portandosi con se detriti, questi materiali vanno a distruggere le opere umane specie in prossimità del letto ove giace il fiume. A questo fatto va aggiunto il discorso che il disboscamento provoca gravi danni anche per il normale ciclo dell’acqua, che consta sinteticamente di tre fasi principali: evapotraspirazione, ruscellamento ed infiltrazione. Fra questi tre elementi, l’evapotraspirazione è la parte più consistente: essa è data dall’unione dell’evaporazione (passaggio di stato dell’acqua da liquida ad aeriforme) e della traspirazione (derivante dal “respirare” delle piante); venendo meno uno di questi tre fattori, il bilancio idrologico viene in parte sconvolto, ovviamente non a livello globale, ma a livello locale. Infatti, come matematica ci insegna, essendo il ciclo idrologico sempre in equilibrio, diminuendo l’evapotraspirazione, aumentano il ruscellamento (superficiale) e l’infiltrazione (sotterranea). Si è già visto ciò che accade se aumenta lo scorrimento superficiale delle acque meteoriche, ma se aumenta anche l’infiltrazione, ovvero la parte d’acqua che viene assorbita dal terreno e che va ad alimentare le falde acquifere, questa può provocare un aumento di velocità delle acque sotterranee. C’è da ricordare che le falde acquifere sono importantissime per l’uomo: da esse si emunge acqua per usi domestici e, sempre da esse, l’uomo ricava energia elettrica grazie alle centrali geotermiche. E le falde sono alimentate dalle acque sotterranee che viaggiano molto lentamente: nel loro percorso verso il basso si arricchiscono di minerali; col tempo l’acqua che percola dagli strati più superficiali a quelli più sotterranei raggiunge alimenta, appunto, le falde che, a loro volta, alimentano anche in molti casi i letti dei fiumi (dicesi di falda influente). Da ciò ne deriva che, all’aumentare del volume d’acqua in una falda influente, aumenta anche il volume d’acqua del fiume sovrastante. La falda, alimentando il fiume, porta la sua acqua verso il mare facendo così “ripartire” il ciclo. Particolare attenzione deve essere prestata per la prevenzione dal rischio frane: esse, nella maggior parte dei casi, non danno segni visibili, specie le frane per crollo e ribaltamento. Generalmente, gli unici indizi che possono lasciar presupporre l’inizio di una fenomeno franoso è il piegarsi degli alberi, dei pali telefonici e della luce verso valle e delle strade che hanno un abbassamento della sede, proprio come avviene per il fenomeno della subsidenza. Le frane non sono un fenomeno facilmente controllabile: i pochi indizi premonitori spesso e volentieri non ricadono nella diretta osservazione umana o, ancora, non si hanno le capacità tecnico-scientifiche per comprenderne i segnali. Ma non è solo il disboscamento che provoca rischio: ogni attività umana, se non costruita in maniera attenta e rispettosa per l’ambiente, può diventare un potenziale pericolo, paradossalmente, per l’uomo stesso. Tanto per fare un esempio: costruire sotto un vulcano (come accade nella zona del Vesuvio), di certo è pericoloso, e nonostante ciò si continua ad edificare indiscriminatamente, tanto che la zona di Napoli e del suo hinterland è la zona più soggetta a rischio vulcanico del mondo, pur essendo il Vesuvio un vulcano attivo ma quiescente. Si ricorda, a tal proposito, che la zona di Napoli e dei Campi Flegrei ha una densità abitativa ben al di sopra della media italiana. Rischio per l’ambiente si ha anche quando, per esempio, si ha un eccessivo sfruttamento dei terreni adibiti a pascolo. Essi, per essere usati al massimo della resa, devono essere posizionati in zone dove sono presenti molti alberi, in quanto essi danno il nutrimento al terreno sottostante grazie anche ai batteri decompositori che generano vari cicli biogeochimici. Tale terreno ricco di sostanze nutrienti deve essere disboscato per impiantare un pascolo, ed anche qui si genera rischio per gli stessi motivi sopra detti. Inoltre, l’uso sconsiderato di sostanze chimiche artificiali per la concimazione delle piante genera dal canto suo il fenomeno dell’eutrofizzazione, che si verifica poi in mare con una esplosione inimmaginabile delle alghe provocando la morte dei pesci, in quanto fa mancare loro l’ossigeno necessario per vivere. Questo genera, per l’uomo, danni economici perché deturpa la zona. Chi mai vorrebbe andare a fare il bagno dove l’acqua è piena di alghe in superficie? Oppure si pensi alle discariche controllate: se il terreno dove esse devono sorgere non è opportunamente impermeabilizzato, si può provocare inquinamento sotterraneo delle falde che poi, sempre per il ciclo dell’acqua, torna in superficie generando un circolo vizioso dal quale è impossibile uscire. Occorre, dunque, maggiore rispetto per una zona, specie se questa è protetta come lo è un parco nazionale. Non è immaginabile danneggiare la natura e gli ecosistemi presenti per favorire una crescita economica celata dallo sviluppo sostenibile. Perché l’unica cosa che è sostenibile è la non alterazione dell’ambiente e degli ecosistemi in esso contenuti. Vale sempre il discorso che l’inquinamento, una volta creato, non è possibile distruggerlo, ma si può solamente spostarlo da una parte all’altra.
Mauro Diana
Anche io credo che manomettere i delicati equilibri naturali ad es. tagliando i boschi del Pollino o anche inquinando i fiumi ed il mare della Riviera dei Cedri (offesa dal cemento e dalla mancata depurazione dell’estate scorsa) avrà effetti inevitabili sulla salute e sull’economia delle popolazioni che vivono nel comprensorio.
L’ignoranza e la mancanza di consapevolezza della ricchezza che i boschi, i fiumi, il paesaggio (ha un valore!) ed il mare pulito racchiudono è il primo vero "inquinamento " che dobbiamo combattere. Credo che creare un’opinione pubblica su questi ed altri problemi potrà senza dubbio costituire il primo passo contro i soprusi ambientali ed Internet ci aiuta sicuramente a farci sentire perchè è un mezzo d’informazione semplice e rapido. Subito dopo dobbiamo far partire, ma in maniera organizzata, coordinata, lo sviluppo veramente sostenibile che è strettamente legato a : natura, agricoltura biologica, agriturismo, archeologia, trekking, rafting etc... Diversamente i paesi di mare ed i villaggi montani sceglieranno di vendersi la loro natura, costruiranno centrali che inquinano l’ambiente ed il paesaggio, installeranno antenne, intraprenderanno infrastrutture inutili per veder girare denaro, per sentirsi moderni, globalizzati e meno abbandonati.
Intanto ci sono delle iniziative interessanti da sostenere (io e molti altri già lo abiamo fatto):
1) Petizione per la difesa della Lontra (il mammifero più minacciato d’estinzione in Italia ma presente in Lucania e Calabria) nel fiume Mercure-Lao;
Per sottoscrivere l’appello in difesa delle lontre del Mercure-Lao (http://www.ilriccio.info/lontra/Lontra_index.html) minacciate dagli scarichi industriali della Centrale ENEL del Mercure si può inviare una mail di questo tipo:
A: ilriccio@ilriccio.info
Oggetto: Protezione della lontra nel Mercure
"Sottoscrivo l’appello per la protezione della lontra nel Mercure-Lao. Nome Cognome - (qualifica, opzionale)- Città di residenza"
2) Petizione WWF contro l’abbattimento dei boschi del Pollino; http://www.wwf.it/lavoro/petizioni/Pollino.asp
3) Petizione per l’istituzione del Parco Marino "Riviera dei Cedri" tra Tortora ed Amantea http://diamanteonline.altervista.org/petizioneparcoriviera/pet2.php
Se si vuole inserire un banner il codice è:
Dr PhD Giovanni N. Roviello
LAVORI DI "ADEGUAMENTO" DELLA SS SCALEA-MORMANNO.
Mi ha molto colpito il fatto che invece di pensare allo sviluppo sostenibile che in zona è indissolubilmente legato al turismo, al mare ed all’ambiente si vuole portare avanti un’opera di "adeguamento" della Scalea-Mormanno che non significa solo tagliare qualche curva o riasfaltare tratti come tutti vorremmo, ma nuovi tracciati che richiedono addirittura di tagliare centinaia di querce da sughero (http://diamanteonline.altervista.org/ambiente/apri06/millequerce.html le sugherete costituiscono elementi paesaggistici da inserire in zone di protezione di interesse comunitario DECRETO PRESIDENTE REPUBBLICA 8SETTEMBRE 1997, n. 357 (GU n. 248 Suppl.Ord. del 23/10/1997)) tra Scalea e S.Domenica Talao, allargare la strada come se fosse un’autostrada anche all’interno del Parco del Pollino, scavare tunnel (!!) e viadotti sui fiumi (dopo il ponte di Messina, il ponte di Papasidero, che è SIC "Valle del fiume Lao", ZPS, Parco del Pollino....) senza rispetto dei poderi da espropriare ai contadini, degli alberi che sono le case degli uccelli, devastando le tane degli animali selvatici che non parlano e non votano alle elezioni, dei fiumi cristallini che scorrono rassegnati sotto le lordure di progetti che non li valorizzano ma li umiliano e del paesaggio che, come anche noi prima o poi dovremmo metterci bene in testa, ha un valore, anche economico se pensiamo che ci può essere TURISMO DI QUALITA’ ed il turista fugge dai mostri. E’ chiaro che se non gira l’economia in queste zone si preferirà vendere anche la natura e l’anima della propria terra, aprendo la strada all’inquinamento, al degrado ed ai tumori fisici e consumistici che già imperversano altrove. Però prima come si viveva? AGRICOLTURA, ALLEVAMENTO, ARTIGIANATO...ora ci sarebbe l’AGRICOLTURA BIOLOGICA, AGRITURISMO, PAESI ALBERGO, TURISMO legato ad un MARE PULITO, alle TRADIZIONI, RAFTING sui fiumi, DIVING sulle coste, TREKKING nei boschi, BIRDWATCHING etc...Quanti e quali investimenti per queste cose dalle nostre parti? 0? Non credo serva a nulla andare più velocemente con una mega strada da una situazione di disoccupazione, emigrazione, infelicità montana ad un’altra corrispondente costiera, tra un’insoddisfazione all’altra....bisogna darsi da fare in loco, formare cooperative, puntare su potenzialità come quelle che ho elencato. Non tutti hanno le risorse che la nostra terra ha con fiumi puliti, antichi paesi ricchi di storia e folklore, boschi verdi a due passi da un mare tanto azzurro da non poterlo distinguere dal cielo ed una pianura fertilissima, tra i pochi luoghi al mondo dove da secoli si coltiva il Cedro. Se vi sta a cuore la natura del comprensorio del Pollino-Valle del Lao-Riviera dei Cedri, prendete anche voi informazioni sull’"ADEGUAMENTO" DELLA SS. "SCALEA-MORMANNO", sugli espropri non proprio milionari, dato che si tratta di terreni classificati come suolo agricolo,(Consulta l’elenco degli espropri http://www.provincia.cs.it/provincia/albo2006.nsf/24f1fa820d1df89fc1256b5d0030a62c/b07c2f61e609757bc125713a002f8e60/$FILE/AVVISO%20-%20ELENCO%20DITTE%20PUBBLICAZIONE.pdf) e ragioniamo tutti assieme in democrazia per cercare un compromesso tra sviluppo (che sia SOSTENIBILE!) e salvaguardia ambientale, ma per favore non facciamo abbattere SUGHERE e perpetrare altri scempi. Per chi conosce Papasidero: Il viadotto, secondo il progetto della Provincia di CS, dovrebbe congiungere le due sponde del fiume S. Nocaio dietro la chiesa di S. Rocco. Naturalmente come sapete la zona è ricca di boschi del Parco ed uliveti che potrebbero essere deturpati!!
Giovanni N. Roviello
Rafting, Lontra, natura, cedri-agricoltura...e fogne: se amate il Lao aiutatemi a proteggerlo anche diffondendo come potete la notizia degli scarichi e soprattutto della necessità di porvi rimedio!!!!!
credo sia degno di segnalazione il seguente articolo apparso sul Giornale di Calabria del 6/05/06 a pag.14. http://www.giornaledicalabria.it/filez/_GIORNALE_PDF_%20-%201%20-%20GIORNALE_PDF.pdf Questo perchè è necessario proteggere il fiume del rafting del Pollino dagli inquinamenti che giungono, anche tramite gli immissari come il Battendiero, dai vari comuni della Valle del Lao e dal Mercure lucano sia per poter continuare ad avere prosperità dal rafting e dall’agricoltura (es. dalla coltivazione del Cedro), sia per proteggere la pregevole fauna che popola il fiume (vedi Lontra) sia per evitare l’aggravarsi delle condizioni del mare (sarà da bere?) dove il Lao sfocia.
Giovanni N. Roviello
SEQUESTRATO IN CALABRIA UN IMPIANTO FOGNARIO a MORMANNO. Sono stati sequestrati dai carabinieri, in esecuzione di un decreto emesso dal procuratore della Repubblica di Castrovillari, Agostino Rizzo, e dal sostituto, Baldo Pisani, gli impianti fognari dell’ospedale civile di Mormanno e quello cittadino. I militari hanno anche notificato tre avvisi di garanzia ad altrettante persone per i reati di disastro ambientale colposo e scarico di acque reflue industriali. I destinatari degli avvisi di garanzia sono il sindaco di Mormanno, Gianluca Grisolia; il responsabile dell’Ufficio tecnico comunale, Vittorio La Greca, ed il direttore generale dell’Azienda sanitaria di Castrovillari, Ernesto Gigliotti. Per i tre si ipotizza il reato di disastro ambientale colposo e scarico di acque reflue industriali. Il sequestro, secondo quanto si è appreso, si è reso necessario dopo che è stato accertato uno sversamento di acque reflue dei due impianti fognari nel fiume Battendiero, con conseguente alterazione dell’equilibrio biologico.