I problemi della giustizia, che sono enormi, andrebbero discussi senza emotività. Se affronto il tema del “mostro di Foligno”, che ha ammazzato due ragazzini di 4 e 13 anni, cui si applica l’indulto, si diminuiscono tre anni di carcere, è perché qui si concentrano e riassumono guasti profondi, e per certi aspetti terribili. Primo fra tutti l’indulto. Non mi piace speculare sul fatto che il Tizio scarcerato per indulto sia tornato a rubare, giacché la recidiva non è nata con il provvedimento voluto da Mastella e votato da gran parte della maggioranza e dell’opposizione, ma scrivemmo per tempo che l’indulto era inutile masochismo, non affrontava il problema della lentezza dei processi, avrebbe scarcerato i colpevoli e tenuto in galera gli innocenti. Se si voleva mettersi sul terreno della clemenza si doveva pensare ad un’amnistia, capace di aggredire la metastasi processuale. Ma l’amnistia avrebbe dovuto seguire una riforma della macchina giustizia, cui l’odierna politica non è capace di fare.
E torniamo all’assassino che si giova dello sconto. In primo grado era stato condannato a due ergastoli, il che avrebbe escluso scarcerazioni anticipate ed applicazione d’indulti o sconti. In secondo grado, però, i giudici lo condannarono a 22 anni per il primo omicidio ed a 8 per il secondo. Otto anni per avere ammazzato un tredicenne ed averne gettato il corpo in una discarica, per poi scrivere una lettera anonima e pomettere di rifarlo. Dato che dall’indulto sono stati esclusi i reati a sfondo sessuale è, con ogni probabilità, proprio su quei ridicoli 8 anni che gli fanno anche lo sconto. La mitezza della pena era giustificata da seminfermità mentale? A me continua a sembrare troppo poco, in ogni caso si stabilisca che nessuno sconto, neanche alcun beneficio può essere dato a chi è matto ed assassino.
E non basta. L’Italia è un Paese in cui le pene hanno un valore indicativo e variabile nel tempo. Siamo anche andati a spiegare agli americani che Silvia Baraldini può essere libera prima della fine della pena, dopo avere promesso il contrario. Ma la certezza della pena è uno dei cardini del diritto. Facilitare il reinserimento è cosa giustissima, ma considerare elastiche le pene è il segno di un Paese in cui il “diritto” è solo un modo di colpire la palla, a tennis.
di Davide Giacalone - 5 ottobre 2006.
La domanda presentata dai suoi legali al Tribunale di sorveglianza di Roma. Condannato a sei anni di reclusione, attualmente è un deputato agli arresti domiciliari
Imi-Sir, Previti approfitta dell’indulto: "Chiedo l’affidamento ai servizi sociali" *
MILANO - Cesare Previti, tramite i suoi legali, ha chiesto l’affidamento in prova ai servizi sociali al Tribunale di Sorveglianza di Roma. I tempi per chiedere l’affidamento sarebbero maturi in quanto l’ex ministro, condannato in definitiva a sei anni di carcere per la vicenda Imi-Sir, usufruisce della recente legge sull’indulto.
Previti, che è in attesa del giudizio della Cassazione sulla vicenda Sme (l’udienza è fissata per il prossimo 24 novembre), si trova agli arresti domiciliari dallo scorso 10 maggio ed è, come è stato fatto sapere, "sereno e tranquillo". Il Tribunale di Sorveglianza non ha ancora fissato la data dell’udienza relativa alla richiesta.
Rieletto alla Camera dei deputati alle ultime elezioni politiche dello scorso aprile, Previti è formalmente ancora un parlamentare della Repubblica. Proprio ieri la Corte di cassazione ha reso noto le motivazioni della sentenza con cui ha confermato la condanna pronunciata nei suoi confronti dalla Corte d’appello di Milano. La suprema corte definisce il ruolo svolto dall’ex collaboratore di Berlusconi nella vicenda Imi-Sir quello del "difensore occulto" e ribadisce l’esistenza di indizi "gravi, precisi e concordanti" secondo i quali "il ruolo di intermediario-corruttore svolto da Previti emerge in maniera eclatante".
La Cassazione, inoltre esclude "perentoriamente" che il Gup di Milano abbia leso le prerogative di parlamentare di Previti, non concedendogli il legittimo impedimento a comparire alle udienze successive alla prima. (8 ottobre 2006)
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www-repubblica.it. 08.10.2006
Le motivazioni dell’Alta Corte: "Gioco di squadra per corrompere. Il giudice Renato Squillante non agì da pubblico ufficiale"
Imi-Sir, la Cassazione conferma le condanne: Previti fu un "intermediario corruttore" *
ROMA - Gioco di squadra per corrompere. Per assicurare agli eredi Rovelli mille miliardi di risarcimento dell’Imi. Con Cesare Previti "nel ruolo di intermediario corruttore". Eccole le motivazioni dellla Cassazione che, nelle 192 pagine che contengono le motivazioni della sentenza 33435 (emessa lo scorso 4 maggio) conferma le condanne a Cesare Previti, Attilio Pacifico e Vittorio Metta per corruzione in atti giudiziari nella vicenda Imi-Sir. Con una sola eccezione sostanziale che riguarda la vicenda Lodo-Mondadori in cui si è peccato di "disinvoltura".
Previti. La cassazione definisce da "difensore occulto" il ruolo rivestito dall’ex ministro della Difesa nella controversia civile Imi-Sir. A cinque mesi dalla sentenza definitiva con cui Previti è stato condannato a sei anni di reclusione, la sesta sezione penale della Suprema Corte parla di indizi "gravi, precisi e concordanti" secondo i quali "il ruolo di intermediario-corruttore svolto da Previti emerge in maniera eclatante". La Cassazione, inoltre esclude "perentoriamente" che il Gup di Milano abbia leso le prerogative di parlamentare di Previti, non concedendogli il legittimo impedimento a comparire alle udienze successive alla prima. Per piazza Cavour il Gup ha operato "correttamente".
Squillante. Il ruolo esercitato dall’ex capo dei gip di Roma, "non è inquadrabile come corruzione in atti giudiziari" anche se il suo "intervento certamente non" è stato "in linea con i doveri deontologici di un magistrato". La Cassazione con queste parole spiega per quale motivo la sentenza della Corte d’Appello di Milano nei confronti dell’ex giudice sia stata annullata senza rinvio.
Fascicolo 9520. Non c’è motivo di ritenere che il contenuto dei fascicoli relativi alle vicende Imi-Sir e Lodo Mondadori sia "incompleto", e dunque, vanno rigettati i ricorsi presentati dagli imputati "per palese violazione del diritto di difesa". La Cassazione interviene così, nelle motivazioni della sentenza Imi-Sir/Lodo, in merito al fascicolo 9520/95, dal quale scaturirono entrambi i procedimenti.
Lodo-Mondadori. Con riferimento alle assoluzioni per la vicenda Lodo-Mondadori la Suprema Corte bacchetta la Corte d’Appello di Milano "per aver seguito un’analisi frazionata dei singoli elementi indiziari a carico degli imputati" e per aver "minimizzato la valenza di dati dall’indubbio significato indiziante". Insomma troppo "disinvoltamente" sono stati valutati e "sviliti dati oggettivi", come quello "della stretta contiguità temporale tra il bonifico effettuato dalla Fininvest in favore del Previti in data 14 febbraio 1991 e la pubblicazione della sentenza ’Metta’ (24 gennaio 1991)". La Cassazione, allora, chiede un nuovo processo per indagare meglio, tra l’altro, sulla "causale del bonifico bancario" da 2.732.868 dollari inviato dalla Fininvest a Previti.
Ariosto. Le dichiarazioni della testimone Stefania Ariosto non sono state utilizzate dai giudici milanesi come prova dell’episodio di corruzione al giudice Vittorio Metta al centro della vicenda Imi-Sir. Le dichiarazioni dell’Ariosto, continuano i giudici, hanno delineato un "allarmante quadro d’insieme, ma non sono state utilizzate dai giudici milanesi come prova dell’episodio di corruzione al giudice Vittorio Metta". (7 ottobre 2006)
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www.repubblica.it, 07.10.2006
Allarme per il governo. Pagnoncelli: in calo dopo l’indulto *
Un detenuto liberato grazie all’indulto«A luglio il 57% degli italiani, compresa una fetta di elettori del centrodestra, esprimeva un giudizio positivo sul governo: oggi quella percentuale è scesa al 41%». I numeri di Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos, hanno una loro ruvida chiarezza. E raccontano di una luna di miele che, prendendo a prestito un titolo di Roman Polanski, sembra essersi tramutata in luna di fiele. Con un chiaro imputato da mettere sul banco: l’indulto di fine luglio. Questo il crinale, dopo che l’esecutivo, con il decreto Bersani sulle liberalizzazioni e, in misura minore, la missione in Libano, aveva raggiunto il suo picco di consensi, riuscendo anche a sfondare verso gli elettori del centrodestra.
Pagnoncelli non ha dubbi e del resto si trova in buona compagnia: che l’indulto non sia andato giù, soprattutto tra gli elettori del centrosinistra, lo dicono altri esperti di rango, da Ilvo Diamanti a Nicola Piepoli. Indulto che, a quanto pare, non colpisce i partiti del centrodestra che pure lo hanno sostenuto. «C’è uno scontento trasversale soprattutto nei ceti popolari: non ci si aspettava che una proposta del genere passasse con un governo di centrosinistra», dice Pagnoncelli.
Ma non c’è solo questa, tra le cause della disaffezione: «Hanno pesato anche l’idea che si potessero toccare le pensioni, e le aperture sui diritti di cittadinanza per gli immigrati in un periodo, l’estate, caratterizzato da maggiori sbarchi e da una più larga quota di cronaca nera». Insomma: «Da tre anni tra gli italiani è in crescita una domanda di protezione, tutele, garanzie - spiega Pagnoncelli - E tutto ciò che non risponde al bisogno di sicurezza viene vissuto negativamente».
«Questo governo ha suscitato una forte aspettativa di miglioramento: sia delle condizioni complessive del Paese, sia delle condizioni individuali: ma se gli elettori non vedono segni concreti di miglioramento, allora scatta il pessimismo, la sfiducia, che poi sono le ragioni che hanno segnato la seconda fase della scorsa legislatura. Per questo il decreto Bersani era stato così apprezzato: perché si sono visti dei segni concreti di cambiamento nella vita di tutti i giorni, anche solo un passaggio in meno dal notaio o le medicine sui supermercati». «Al contrario - spiega ancora Pagnoncelli - molti giovani che hanno votato centrosinistra non hanno ancora individuato un provvedimento concreto a loro favore. D’altra parte è comprensibile che, ad esempio, una questione complessa come il cuneo fiscale abbia una capacità di presa sull’elettorato decisamente minore rispetto al Bersani».
Ma questa minore fiducia verso il governo ha effetti sulle intenzioni di voto? «Il centrodestra, nel proporzionale, registra ora un vantaggio di circa 3 punti percentuali», dice il numero uno di Ipsos. Dunque uno spostamento c’è stato, ma «non si tratta di un terremoto». Altro indicatore è il seguente: «Alla domanda su chi vincerebbe se si votasse oggi, il 52,5% risponde Cdl, il 47,5% centrosinistra». «L’Unione sostanzialmente tiene, il vantaggio della Cdl deriva da una riduzione del numero degli indecisi», spiega Pagnoncelli. Nel dettaglio, «nella maggioranza crescono Prc, Ds e Italia dei Valori, mentre tengono Margherita Verdi, Pdci e Udeur». A destra, invece, «c’è un aumento di Forza Italia e Udc».
Quanto alla Finanziaria, Pagnoncelli non registra un particolare scontento, quanto semmai «una polarizzazione sulla riforma fiscale in base alle preferenze elettorali». Dunque chi vota centrosinistra propenderebbe per la tesi dell’equità, mentre chi vota centrodestra pensa a una stangata. Ragiona ancora il sondaggista: «I cittadini che hanno votato per questo governo sono consapevoli che non si può realizzare tutto subito, ma chiedono un progetto preciso, un’idea di miglioramento da realizzare magari anche a tappe. Dunque, se oggi l’obiettivo è far quadrare i conti, quale sarà tra un anno? Che basi si pongono con questa manovra? Queste mi sembrano le domande cui il governo dovrebbe rispondere per recuperare consenso tra i "suoi" elettori».
E il partito democratico può aiutare? «La domanda diffusa tra gli elettori del centrosinistra, in particolare Ds e Margherita, è che si faccia e si faccia in fretta», dice Pagnoncelli. «La richiesta è quella di un soggetto in grado di modernizzare l’offerta politica, senza guardare troppo lo specchietto retrovisore. Sul tema della salvaguardia delle radici, dunque, gli elettori mostrano assai meno remore dei partiti». «Elettori e politica hanno tempi diversi», spiega ancora il presidente di Ipsos: «Questo non vuol dire che tra i militanti delle due forze politiche coinvolte non ci siano preoccupazioni: ma l’elettorato è molto più vasto e lancia una chiara domanda di innovazione».
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www.unita.it, Pubblicato il: 09.10.06 Modificato il: 09.10.06 alle ore 14.59