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Per il Logos - e il dialogo, quello vero ... oltre la vecchia "cattolica" alleanza costantiniana ("Giocasta" - "Edipo"))

UN NUOVO UMANESIMO?! Pensare l’ "edipo completo"(Freud), a partire dall’ "infanticidio"!!! La lezione di Melanie Klein rimeditata da Julia Kristeva, in un commento di Manuela Fraire - a c. di pfls

Per andare oltre la vecchia "cattolica" alleanza Madre-Figlio (e portare avanti il programma illuministico kantiano: diventare maggiorenni), è necessario (sia per l’uomo sia per la donna) non solo il "parricidio" ma anche il "matricidio".
mercoledì 8 novembre 2006 di Federico La Sala
Amare al cospetto della madre
«Génie féminin». Dopo Colette e Arendt, «Melanie Klein. La madre, la follia» di Julia Kristeva. Relazione d’oggetto. Il matricidio immaginario nella lettura di Kristeva del pensiero kleiniano
di Manuela Fraire (il manifesto, 29.10.2006)
Julia Kristeva, nel libro tratto da una serie di lezioni tenute all’Università Parigi VII (Melanie Klein. La madre, la follia, Donzelli, pp. 291, E 23,50) traccia un profilo inedito della grande psicoanalista centrato sulla (...)

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> Pensare l’ "edipo completo"(Freud), a partire dall’ "infanticidio"!!!

martedì 16 gennaio 2007

Un viaggio nel dolore inconfessabile

Reportage «Madri assassine» di Adriana Pannitteri, Gaffi editore. Vite negate. Omicidi agghiaccianti per donne schiacciate da un muto disagio

di Giovanni Senatore (il manifesto, 14.01.2007)

Adriana Pannitteri, giornalista Rai, volto del Tg1, è andata di persona a immergersi nello sguardo, pieno di dolore, di disperazione, a volte assente, di quelle donne così particolari: le mamme che hanno ucciso i propri figli e che dopo avere occupato con il loro gesto prime pagine di giornali e telegiornali, finiscono nelle celle linde e senza agenti dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere, sul lago di Garda, struttura unica nel suo genere in Italia e in Europa.

E da questo viaggio attraverso i meandri della mente, le parole, le lacrime, i corpi di donne travolte, spesso nella solitudine, dalla incapacità di affrontare il rapporto con un essere umano appena nato o nei primi mesi di vita, ha preso forma un libro.

Si intitola Madri assassine - diario da Castiglione delle Stiviere (editore Gaffi, pp. 120, euro 10), straordinario percorso umano, tragico e rivelatore, in un mondo fatto di segni invisibili e di atrocità. «Per me non è un libro, ma il libro», afferma Adriana Pannitteri, che alterna la cronaca letteraria delle visite e dei colloqui con le protagoniste ad una narrazione semi-immaginaria, affidata ad una bambina, Maria Grazia, che ripercorre vicende dell’infanzia dalle quali emerge la figura di una mamma con problemi psichici. In apertura del libro, scrive: «E’ a Castiglione che sono andata a cercare la follia e il suo volto più inaccettabile». Un tempo manicomio criminale, con oltre 1000 reclusi in condizioni disumane, Castiglione oggi è l’unico ospedale psichiatrico giudiziario in Italia (150 ricoverati, 50 donne, 10-12 le madri assassine, ad aprile 2006) ad ospitare donne che hanno ucciso i propri figli. Niente agenti penitenziari, soltanto medici e infermieri, tutto personale del ministero della Sanità e degli enti locali, celle con il nome di fiori, una piscina, libero accesso alla tv. Si punta molto sul lavoro: pittura, formazione professionale, biblioteca. C’è la psicoterapia, ma prevale l’uso dei farmaci, nei casi più gravi la contenzione».

Storie di «omicidi agghiaccianti»: neonati messi in lavatrice, affogati, chiusi vivi dentro uno zaino, la bocca sigillata con la cucitrice per impedirgli di urlare. Atroce quotidianità, purtroppo. «Adriana è voluta andare oltre la cronaca - spiega la psichiatra Annelore Homberg nella prefazione - ha cercato di capire cosa accade a queste donne sia prima che dopo il fatto, anche per sfatare l’idea terrificante dell’espiazione, della punizione: devono avere la vita distrutta, perchè hanno distrutto quella del figlio. Il suo merito è quello di non avere creduto al concetto di male: le malattie vanno comprese nel loro originarsi. Si tratta di curarle, guarirle, prevenirle».

Tante persone negli incontri pubblici rivolgono ad Adriana Pannitteri domande sempre uguali: «Ma come è possibile», «è inconcepibile», «era una mamma felice», «aveva tutto: una famiglia normale...». E centinaia di donne, intanto, le confidano: «Anche io ho avuto un momento di difficoltà dopo il parto». «Due cose fanno più paura alla gente: il raptus e l’idea che la malattia mentale sia ereditaria - racconta la giornalista -. In realtà nei casi citati nel libro queste donne, in qualche modo, avevano avuto già problemi di depressione, di disagio psichico ed avevano lanciato un segnale di aiuto: forse se fossero state curate prima non avrebbero ucciso. C’è poi una tendenza americana - aggiunge - a ritenere che tutto è governato dal Dna, compreso il disagio mentale. Non è così. E’ tempo di liberarsi da queste cose. C’è una difficoltà a capire che spesso il disagio mentale si annida nella normalità, in relazioni malate; non si uccide un figlio per un momento di stress... E’ necessario allora dare alle persone la conoscenza e gli strumenti per riconoscere la malattia».

«Lo stesso concetto di raptus è assolutamente fasullo - afferma Annelore Homberg -. Questi casi non c’entrano niente con un’esplosione incontrollata di affetti. Il problema casomai è l’anaffettività, la mancanza di affetti. Molte volte prima c’è un’alterazione del pensiero, all’inizio invisibile, fino ad arrivare al livello cosciente, come delirio manifesto. Nella sua indagine giornalistica, Adriana scopre qualcosa che gli psichiatri dovrebbero sapere - prosegue la Homberg -: dietro questi delitti ci sono lunghe storie cliniche, sviluppate negli anni, ci sono state richieste di aiuto che l’ambiente intorno non ha avuto la sensibilità di capire, segnali rivolti anche a specialisti, non solo ai medici di famiglia. C’è da chiedersi se l’attuale formazione di psichiatri e psicologi è sufficiente per cogliere la distruttività della malattia mentale».

Nel libro parlano anche il direttore di Castiglione delle Stiviere, Antonino Calogero, il medico, dottor Esti, gli infermieri. Gite nel bosco. La spesa tutte insieme. «E’ un luogo veramente particolarissimo - insiste Adriana -, c’è un clima infinitamente migliore rispetto all’ospedale giudiziario o al carcere. Il grande interrogativo che mi resta, però, è quante di queste donne riescono ad uscire dal tunnel e a vivere decentemente? Questo loro non te lo dicono».

Solo una mamma «assassina» su tre finisce nella struttura speciale sul lago di Garda. «Il nodo fondamentale, nel bene e ne male, è chi fa la perizia, gli psichiatri di cui si avvalgono i magistrati», spiega la Pannitteri. E c’è anche il caso di Maria Patrizio, la madre che annegò il figlio nella vaschetta da bagno, in attesa di giudizio, dichiarata «sana di mente», che ora dovrebbe lasciare Castiglione, per andare in carcere.

Secondo l’Istat, venti figli all’anno vengono uccisi dai genitori. «Non mi sentirei di dire che sono casi in aumento - dice Adriana Pannitteri -, credo che in passato se ne parlasse pochissimo. Cogne ha acceso una luce su casi confinati in brevi di cronaca». I crimini in famiglia, invece, sono aumentati di sei volte in soli cinque anni». Il libro è organizzato attorno al racconto, fantastico, di una bambina, Maria Grazia e si chiude con una luce di speranza.


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