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W o ITALY

4 NOVEMBRE 2006, 2007 E 2008: GIORNO DELL’UNITA’ NAZIONALE E FESTA DELLE FORZE ARMATE. Il discorso del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. LUNGA VITA ALL’ITALIA*!!!

COSTITUZIONE (ART. 87): IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA E’ IL CAPO DELLO STATO E RAPPRESENTA L’UNITA’ NAZIONALE..... L’ ITALIA!!!!
martedì 4 novembre 2008 di Federico La Sala
[...] «Fu necessario oltre 60 anni fa, uno sforzo straordinario per riscattare l’Italia da una rovinosa impresa bellica sfociata nella disfatta e da una nuova occupazione straniera, riconquistando alla patria indipendenza, dignità e libertà e scongiurando possibili lacerazioni del tessuto unitario». E poi, sottolinea ancora Napolitano con lo sguardo preoccupato: «È solo rafforzando la comune identità e l’effettiva coesione del paese, che l’Italia può mettere a frutto le sue potenzialità e (...)

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> 4 NOVEMBRE 2006 e 2007: GIORNO DELL’UNITA’ NAZIONALE E FESTA DELLE FORZE ARMATE. ---- «Assurdità da extraterrestri »... l’appello di Piero Sansonetti: «Boicottiamo la festa del 4 novembre».... Lo storico Giovanni Sabbatucci: Un salto indietro di novant’anni!!!

lunedì 27 ottobre 2008


-  «Boicottare il 4 novembre»
-  Affondo di Rifondazione
-  Ma il Pd: un’idea assurda

-  Sansonetti: razzista la canzone del Piave che piace a La Russa
-  Sotto accusa la frase «Non passa lo straniero».
-  Ferrero: il ministro vuole glorificare lo Stato che manda la gente al macello

di Virginia Piccolillo (Corriere della Sera, 27.10.200)8

ROMA - «Assurdità da extraterrestri ». «Giusto: fermiamo la riscrittura della storia filo-guerra». «Non lasciamoci dividere su questi temi». Raccoglie pareri diversi l’appello di Piero Sansonetti: «Boicottiamo la festa del 4 novembre». Il direttore di Liberazione sottolinea che il governo e il ministro della Difesa Ignazio La Russa «si preparano a un gran numero di cerimonie per celebrare con tripudio il 90˚ anniversario di quella che Benedetto XV definì "inutile strage"». La Grande Guerra, «un avvenimento orribile, feroce, sanguinosissimo. Del quale è giusto parlare per spiegare ai giovani che le classi dirigenti europee impazzirono e si macchiarono di colpe ignominiose » che «aprirono le porte a fascismo e nazismo». Per questo invita a boicottare la festa. Esponendo bandiere arcobaleno o, almeno, leggendo Ungaretti. E attacca la proposta leghista di sostituire l’Inno di Mameli con la Leggenda del Piave, che «piace anche a La Russa». Motivata, secondo Sansonetti, dal verso «non passa lo straniero» che «nell’attualità politica assume un significato xenofobo».

Rosy Bindi suggerisce di «tralasciare una campagna controproducente ». Spiega: «Non c’è bisogno di contestare il 4 novembre per dire che la Grande Guerra era sbagliata. Tutte lo sono. Bisogna pensare a non farne. Ma questo non vuol dire che non si debba celebrare chi ha dato la vita per il nostro Paese». Si «trattiene con fatica dall’insulto » il pd Matteo Colaninno: «di fronte alla crisi drammatica che investe l’Italia, l’Europa e il mondo, dibattere del 4 novembre è da extraterrestri», rimprovera. «Chi rappresenta il nostro Paese deve rimanere ancorato alla storia del nostro Paese e ai suoi simboli. Lo sforzo dei presidenti Ciampi e Napolitano per recuperare il sentimento nazionale fa impallidire qualsiasi tentativo di originalità». «Basìta dal dibattito» anche la pd Marianna Madia: «Siamo italiani. Possibile che ancora non sia scontato? Ridiscutere il 4 novembre è come voler tornare a prima dell’Unità d’Italia. Parliamo d’altro».

Boicotterà il 4 novembre, invece, Giovanni Russo Spena (Prc): «Questa festa - dice - va contestata proprio ora che La Russa la sta rilanciando. Per noi vecchi antimilitaristi è l’occasione per insistere: occorre ritirare i militari dalle missioni di pace. Lo stesso La Russa ora ammette che sono di guerra ». Per Lidia Menapace (Prc) «dare pomposità a questa ricorrenza significa togliere importanza alla Costituzione che non è fondata sulla vittoria, ma sulla pace». «E poi evidenzia - qui in Sud Tirolo, celebrarla significa festeggiare la sconfitta dei nostri concittadini ». Per il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero «La Russa tenta di sdoganare la guerra. Nel concreto lavora a un maggiore ingaggio in Afghanistan.

Culturalmente tenta di rimettere in piedi la glorificazione dello Stato che mandò al macello la gente, con i carabinieri pronti a sparare alla schiena di chi disertava. La guerra non unisce la patria: potendo la gente non ci va». Striglia il direttore di Liberazione il suo predecessore Sandro Curzi: «La guerra è inevitabilmente di popolo. È un tema sul quale ha scritto pagine importanti anche Gramsci e che la sinistra seria, quella del Pci di Berlinguer, aveva già superato. Lo rilancia la destra per dividerci ora che qualcosa si muove. Non cadiamo nella trappola».


-  Lo storico Giovanni Sabbatucci

-  «Un salto indietro di novant’anni
-  Togliatti non fece mai polemiche»

-  di Antonio Carioti (Corriere della Sera, 27.10.08)

Quando ha letto il fondo di Piero Sansonetti su Liberazione, con l’appello a boicottare le celebrazioni del 4 novembre, lo storico Giovanni Sabbatucci ha avuto l’impressione di «un salto all’indietro di novant’anni, all’epoca in cui i socialisti esecravano la Prima guerra mondiale come un immenso crimine e accusavano di complicità nel massacro chi l’aveva voluta e chi l’aveva combattuta. Un atteggiamento che non giovò certo alla sinistra e anzi contribuì a portare molti reduci dalla parte del fascismo».

Per giunta i riferimenti letterari di Sansonetti gli appaiono incongrui: «Cita il libro Un anno sull’altopiano di Emilio Lussu, che era e rimase un convinto interventista, e le poesie del volontario Giuseppe Ungaretti, che poi divenne fascista. D’altronde tra coloro che si opposero strenuamente a Mussolini troviamo parecchie persone che si erano schierate per la guerra: Ferruccio Parri, Carlo Rosselli, Giovanni Amendola, Gaetano Salvemini. Si dice che Parri abbia scritto personalmente il bollettino con cui Armando Diaz, comandante dell’esercito italiano, annunciava la vittoria sull’Austria-Ungheria».

Del resto, aggiunge Sabbatucci, non si tratta di celebrare la guerra in sé: «Senza dubbio il primo conflitto mondiale fu un evento spaventoso, ma si può onorare il sacrificio dei caduti senza scadere nel bellicismo. Non si può negare che si sia trattato di un momento alto della storia nazionale, che suscitò, soprattutto dopo Caporetto, un vasto coinvolgimento popolare, anche se certo non unanime, nello sforzo bellico. Nel 1921, quando la salma del milite ignoto venne trasportata a Roma per essere tumulata al Vittoriano, fu salutata ovunque da grandi folle, con una forte partecipazione di massa al rito patriottico».

A dimostrazione del fatto che la Grande guerra era entrata come una pietra miliare nella memoria nazionale, Sabbatucci cita anche l’atteggiamento tenuto dalla sinistra dopo il 1945: «Il Pci di Palmiro Togliatti si guardò bene dal riprendere la polemica del precedente dopoguerra e anzi si adoperò per promuovere l’unità degli ex combattenti di entrambi i conflitti mondiali. Solo negli anni Sessanta e Settanta si diffuse a sinistra una visione demonizzante della Grande guerra, quella che si esprime, per esempio, nel film di Francesco Rosi Uomini contro. All’epoca anche la storiografia progressista assunse un atteggiamento non solamente critico, come è naturale, ma piuttosto deprecatorio, che però in seguito autori come Mario Isnenghi e Giorgio Rochat hanno corretto».

Sabbatucci chiude con una nota sul significato negativo che Sansonetti attribuisce alla Canzone del Piave, proposta dalla Lega come inno nazionale: «Non vedo come le parole "non passa lo straniero", riferite alle truppe austro-ungariche, si possano interpretare in senso xenofobo. E ritengo improponibile contrapporre l’Inno di Mameli alla Canzone del Piave: i due testi riflettono la stessa retorica nazionalista di origine risorgimentale. Basti pensare al richiamo alle glorie imperiali dell’antichità, con "l’elmo di Scipio" e la vittoria "schiava di Roma", nell’Inno di Mameli. Oggi dobbiamo guardare con distacco a quella retorica, ma non certo riesumarne una di segno ideologico opposto, che si richiami a un pacifismo esasperato».


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