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La "Camor-ra" ... e le "Camer-e" sgarrupate!!!

NAPOLI e LA CAMORRA. Vincenzo Cuoco insegna! E’ una storia di lunga durata. Un’analisi di Giancarlo Nobile - a c. di Federico La Sala

Ma che cos’è quel fenomeno che chiamiamo camorra? Dov’è? Come si struttura? Quali sono e dove sono le sue radici?
lunedì 6 novembre 2006
[...] La borghesia napoletana ha utilizzato l’altra società con una prassi che possiamo chiamare illegalità/legale che va dalle video cassette e musicassette pirata a basso costo, al pane ed altre mercanzie in qualsiasi giorno ed ora, al parcheggio abusivo, alle scommesse ed al lotto clandestino sino alle costruzioni abusive etc. il tutto senza tener conto che ciò, oltre che a formare la società senza l’indispensabile mediazione di regole e leggi, nutre economicamente le attività illegali (...)

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> NAPOLI e LA CAMORRA. Vincenzo Cuoco insegna! E’ una storia di lunga durata. Una analisi di Giancarlo Nobile.

venerdì 10 novembre 2006

C’era una volta l’Antimafia

di Corrado Stajano *

Non è venuto in mente a nessuno, durante i tragici fatti di Napoli, che esiste, o meglio dovrebbe esistere, una Commissione parlamentare Antimafia? Non se ne è parlato. Dolosamente, bisogna dire. Dal giorno delle elezioni - 9-10 aprile - sono passati sette mesi, ma il Parlamento non ha ancora nominato la Commissione composta da 50 deputati e senatori che dovrebbe essere il cervello delle inchieste sui poteri criminali, problemi sanguinanti che affliggono da più di un secolo la società italiana. Pare di sentirli i sussurri, i patteggiamenti sui nomi, le quote e le appartenenze assorbiti dai muri dei palazzi romani.

All’interno della maggioranza ora sarebbe stato raggiunto un accordo sul presidente e la prossima settimana dovrebbe andare in porto anche la scelta dei componenti della Commissione. Finalmente. Ha ampie possibilità; possiede i poteri dell’autorità giudiziaria; si occupa della mafia e delle altre organizzazioni criminali nazionali, la camorra, la ’ndrangheta, ma è legittimata ad allargare il suo campo di indagini anche alle connessioni internazionali del fenomeno. Chissà che possa mettersi subito in moto e che riesca a trovare qualche soluzione capace di dare un lume di speranza ai cittadini di Napoli, la terza città italiana, una capitale, dove gran parte degli abitanti vorrebbe vivere una vita normalmente serena.

Si è fatta una gran confusione in queste settimane mentre il numero dei morti ammazzati ha continuato e continua a crescere. Le questioni della politica personale si sono mescolate alle questioni criminali, i vecchi rancori della politica sono impietosamente esplosi, un passato non nobile, quello dei Gava, si è sovrapposto al presente gridando vittoria e chiedendo vendetta, la classe dirigente di oggi, spesso poco attrezzata, attenta all’uso del potere, ai personalismi, alla visibilità piuttosto che ai problemi, ha rivelato la sua debolezza politica, la sua incapacità di discutere seriamente lasciando inerme la società civile. La quale non ha mostrato spirito solidale, si è invece rifugiata nelle nicchie dei suoi privilegi disinteressandosi del bene comune, spregiando il concetto di legalità se dannoso per i propri interessi privati.

Si è parlato della camorra come se fosse un fenomeno di oggi e non vecchio di secoli, un incomprensibile fungo appena nato. La bibliografia sulla camorra è assai più povera di quella sulla mafia. Il tema fu affrontato solo nel 1861 da Marc Monnier e da Pasquale Villari che scrisse allora la prima delle sue famose Lettere meridionali. La cultura positivistica trattò entomologicamente il fenomeno che fu invece trascurato dalla cultura liberale. Il Croce non ne scrisse mai, gli storici del movimento operaio non mostrarono eccessivo interesse. Dopo i primi decenni del Novecento ci fu una lunga stasi fino al terremoto del 23 novembre 1980 che fece scoprire o riscoprire la camorra, ritenuta morta e defunta, dagli inviati dei giornali di tutto il mondo arrivati in Campania e in Basilicata. Furono pubblicati allora numerosi libri - la camorra si mise in azione la stessa notte del sisma -, ma fu soprattutto la guerra tra i gruppi camorristici, la Nuova camorra organizzata di Cutolo e la Nuova famiglia ad attirare l’attenzione. Il caso Gava-Cutolo-Cirillo rappresentò un esempio della politica degradata e corrotta.

Ci fu sottovalutazione, da sempre, anche da parte della sinistra. È ben misero, per arrivare ai giorni nostri, il programma dell’Unione per le elezioni di aprile dedicato ai problemi del crimine organizzato: una ventina di righe di banalità allineate in bell’ordine come se la questione meridionale non fosse del tutto condizionata dalla soluzione della questione criminale.E così, negli ultimi feroci tempi, ci si è trovati impreparati di fronte all’offensiva della camorra. Anche la polemica di oggi è stata penosa. Non è il presidente della Regione il responsabile dell’ordine pubblico, anche se la questione dei rifiuti, essenzialmente politica, appare strettamente legata all’esplosione degli ultimi tempi e la vivibilità conta molto in una città dove tutto è difficile, dopo le illusioni del primo mandato di Bassolino sindaco.Il conflitto tra l’alleanza di Secondigliano e i «dissidenti» delle diverse fazioni che l’anno scorso ha provocato un’infinità di lutti è stato affrontato senza un’analisi seria di fenomeni differenti rispetto al passato. Manca a Napoli un’intelligence adeguata. La Dia, i Ros, la polizia di Stato, negli ultimi tempi, sono stati ridimensionati anziché rinforzati. La giustizia non è in grado di funzionare con organici ridotti all’osso, priva degli strumenti elementari.

Si è arrivati all’assurdo, durante la polemica delle settimane passate: il conflitto si è ristretto tra chi era favorevole all’invio dell’esercito in servizio di ordine pubblico e chi non lo era. (Ora non se ne parla più). I soldati erano già stati mandati a Napoli nel 1994, nel 1995, nel 1997. Ma è evidente che non possono essere loro a risolvere il problema criminale. Potranno sì liberare delle forze di polizia dalla routine, diffondere l’immagine dello Stato, contribuire a rendere meno virulenta la microcriminalità. Ma nulla di più.

Il piano anticrimine del ministro Amato servirà di certo a qualcosa. Ma bisogna tener conto della forza della camorra. In Campania agiscono un centinaio di clan, con almeno 7-8mila camorristi. Napoli e la sua area metropolitana sono il più grande mercato della droga dell’Italia meridionale. Se si pensa a quel che guadagna un camorrista si capisce qual è l’attrattiva che la camorra rappresenta per un giovane: il capo piazza che controlla le zone dello spaccio incassa 15mila euro al mese; il puscher 4mila euro; la sentinella 1500 euro; il killer 2500 euro per omicidio.

La legalità e la sua conquista rappresentano la somma garanzia per la salvezza di una città che ha subito mezzo secolo di sistematici saccheggi e di ruberie da parte dei governanti corrotti. Il problema è di battere la camorra, ma per riuscirci occorre di cambiare mentalità e cercare di risolvere i problemi sociali e civili.Due anni fa il «Premio Napoli» pubblicò - editore Pironti - un intelligente libro che era anche un’iniziativa politica, Raccontare la legalità, dove una trentina di scrittori, giornalisti, studiosi affrontavano questa questione essenziale per la città e per il suo futuro. Scoppiò una polemica, anche il sindaco Iervolino se ne dolse: il buon nome di Napoli, ahimé, era in pericolo.

Il risanamento di una città come Napoli è un’opera di lunga lena che non va interrotta. Esiste anche qualche segno positivo, in controtendenza con quanto avviene altrove. Negozianti piccoli e medi - soltanto una centinaio nel 2001, 1800 negli ultimi cinque anni - non ne possono più delle estorsioni, si fidano dello Stato e denunciano il pizzo che subiscono e che non li fa vivere.

* www.unita.it, Pubblicato il: 10.11.06 Modificato il: 10.11.06 alle ore 11.09


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