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"Gomorra"!!!

Campania-CALABRIA-Sicilia: Camorra-’Ndrangheta-Mafia. VIBO VALENTIA. Operazione della polizia di Stato. In manette anche un magistrato.

venerdì 10 novembre 2006 di Federico La Sala
[...] Al magistrato Pasquin, che risiede a Vibo Valentia, vengono contestati i reati di corruzione semplice, corruzione in atti giudiziari, falso, truffa e abuso. Reati che sarebbero stati commessi in favore di persone vicine alla cosca Mancuso, uno dei più noti e attivi gruppi criminali della ’ndrangheta, con interessi in molteplici attivita’ economiche e commerciali [...]
’Ndrangheta, blitz nel Vibonese
in manette anche un magistrato *
VIBO VALENTIA - C’è anche un magistrato del tribunale (...)

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> Campania-Calabria-Sicilia: Camorra-’Ndrangheta-Mafia. VIBO VALENTIA. Operazione della polizia di Stato. In manette anche un magistrato.

venerdì 10 novembre 2006

’NDRANGHETA: ARRESTI NEL VIBONESE, C’E’ ANCHE UN MAGISTRATO

VIBO VALENTIA - C’è anche un magistrato del tribunale di Vibo Valentia, tra le 45 persone coinvolte in un’operazione che la polizia di stato sta conducendo nel Vibonese. L’operazione è coordinata dalla Direzione centrale anticrimine e dal servizio Centrale operativo della polizia di stato. Sono 15, al momento, rispetto alle 16 emesse dal gip distrettuale di Salerno, le ordinanze di custodia cautelare eseguite dalla polizia di stato.

Il giudice arrestato la scorsa notte dalla polizia di stato su ordine della Procura antimafia di Salerno e’ Patrizia Serena Pasquin, presidente di sezione del Tribunale di Vibo Valentia. Al giudice vengono contestati i reati di corruzione semplice, corruzione in atti giudiziari, falso, truffa e abuso, reati commessi in favore di elementi vicini alla cosca dei Mancuso.

Gli arresti sono stati fatti, oltre che nel Vibonese, nelle province di Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria ed a Varese, con la collaborazione delle rispettive Questure. Complessivamente nell’operazione sono stati impiegati oltre 150 poliziotti.

Ci sono anche due avvocati tra le persone arrestate. Ai due professionisti vengono contestati la corruzione e la corruzione in atti giudiziari, reati commessi in concorso col giudice Pasquin. Le contestazioni mosse ai due avvocati fanno riferimento a presunti favoritismi di cui avrebbero beneficiato alcune persone vicine alla cosca Mancuso.

Ci sono altri due magistrati coinvolti nell’inchiesta. Secondo quanto si apprende da fonti investigative, collaboravano assiduamente con la Pasquin.

Tra gli arrestati c’ e’ anche un ex assessore della Regione Calabria, Ernesto Funaro, di 66 anni. Funaro, che e’ un ingegnere - un passato democristiano, poi segretario regionale fino al 2000 degli allora Popolari (successivamente non e’ nota un’ appartenenza politica ufficiale anche se si parlo’ di una vicinanza ad esponenti dell’ Udc) - e’ accusato di truffa aggravata ai danni dello Stato e falso. All’ ex assessore sono stati concessi gli arresti domiciliari. Il suo coinvolgimento nell’ inchiesta sarebbe da collegare ad una collaborazione tra il suo studio di ingegneria e le vicende edilizie riguardanti il comune di Parghelia.

COSCA MANCUSO, LA ’NDRANGHETA CHE DOMINA

Quella dei Mancuso e’ considerata da magistrati e forze di polizia una delle piu’ forti e potenti cosche calabresi, sia per le sinergie mafiose che e’ riuscita a costruire negli anni sia per la capacita’ di radicarsi e proliferare oltre che nelle regioni del Nord d’Italia anche in mezza Europa e in sud America. Potente dal punto di vista militare, la cosca Mancuso e’ considerata tra le piu’ efferate: ricorre spesso al metodo della lupara bianca e non disdegna gli omicidi tanto che nel 1996 il processo ’Eclissi’ dimostro’ la paternita’ dei Mancuso in decine di delitti. Le prime tracce processuali della famiglia mafiosa risalgono ai primi anni ’60, negli anni e’ riuscita a creare sinergie importanti, come quella con le famiglie reggine dei De Stefano ed i Piromalli-Mole’, con i quali sono entrati in affari quando la ’ndrangheta si sparti’ gli appalti per lo sbancamento ed il materiale inerte dell’ area del porto di Gioia Tauro.

Affari che adesso riguardano traffico di armi, stupefacenti e riciclaggio. Gli anni non sono passati invano: la famiglia Mancuso crescerebbe al punto che viene oggi definita una vera e propria ’holding’ finanziaria, in grado di movimentare cocaina dal sud America per tonnellate, grazie anche al supporto delle cosche reggine, espropriando della titolarita’ del traffico internazionale anche Cosa nostra. Ci sarebbe anche il riciclaggio del denaro: i soldi ottenuti con il traffico degli stupefacenti tornano in Argentina e poi girano su banche e uffici di exchange in Svizzera e Medio Oriente, ritornando, puliti alle basi tra cui appunto la Lombardia (Milano, ma anche Brescia), il Piemonte, l’ Emilia Romagna. Negli anni, pero’, alla cosca dei Mancuso sono stati inferti, da parte della magistratura e delle forze di polizia, anche duri colpi, come ad esempio l’operazione Dinasty, compiuta nell’ottobre del 2003, che porto’ all’arresto di decine di affiliati. Da quell’inchiesta era emerso come la cosca era da tempo scossa dalle divisioni interne e dai contrasti tra i capi delle diverse fazioni, con il rischio di perdere definitivamente forza e influenza.

Dall’inchiesta di tre anni fa la cosca sembrava che la cosca ne fosse uscita di fatto decimata poiche’ furono arrestati tutti i componenti maschi della famiglia Mancuso, eredi di una antica tradizione criminale. Altri tempi, in sostanza, rispetto a quelli in cui a curare gli affari della cosca, con l’ autorevolezza e la capacita’ necessarie, era Francesco Mancuso, detto Ciccio, un vero e proprio patriarca della ’ndrangheta, capace di trattare ad armi pari e senza alcun timore reverenziale con gli altri esponenti di spicco della stessa organizzazione criminale calabrese (i Piromalli di Gioia Tauro, i De Stefano di Reggio Calabria, gli Arena di Isola Capo Rizzuto) e con i boss di Cosa nostra.

Mancuso e’ morto per un male incurabile, nella sua casa di Limbadi, nel 1997. In una delle conversazioni telefoniche intercettate dagli investigatori nell’ambito dell’inchiesta Dinasty due degli affiliati ricordavano con nostalgia e rammarico proprio i tempi in cui a dirigere gli affari della cosca era Ciccio Mancuso, dotato di un’ autorita’ che nessuno osava mettere in discussione. Ma al di la’ della cosca quello che emerse nell’indagine di tre anni fa era la vera e propria dinastia dei Mancuso, il cui capostipite, nato nel 1902, aveva avuto undici figli. L’inchiesta consenti’ di scoprire che la cosca Mancuso, di fatto, si era pero’ frantumata negli ultimi anni dividendosi in tre gruppi contrapposti capeggiati, rispettivamente, da Luigi e Giuseppe Mancuso, entrambi in carcere per scontare in regime di 41 bis una condanna all’ ergastolo, e Francesco Mancuso. Nonostante i contrasti interni alla famiglia, le attivita’ sarebbero comunque continuate in modo incessante e lo dimostrerebbero le recenti operazioni compiute dalle forze di polizia nel nord dell’Italia che hanno smantellato diversi traffici internazionali di droga gestiti dalle cosche della ’ndrangheta.

* ANSA 2006-11-10 07:28


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