’Ndrangheta Maxi-inchiesta contro le cosche, coinvolti un magistrato e l’ex Governatore
Il verminaio di Vibo Valentia
Nell’operazione contro il clan Mancuso arrestata la giudice antimafia Patrizia Pasquin. Coinvolto anche il forzista Chiaravalloti, avvocati ed ex assessori regionali e comunali. 16 gli arresti, in tutto 44 indagati
di Francesco Paolillo (il manifesto, 11.11.2006)
Reggio Calabria. Magistrati, avvocati, ex assessori regionali e comunali coinvolti nei loschi rapporti tra le imprese e le cosche di Vibo Valentia. C’è di tutto nelle carte dell’operazione «Dinasty do ut des» della procura di Salerno: anche indagini condotte sull’ex Governatore della Calabria, Giuseppe Chiaravalloti. Si tratta del secondo troncone della «Dinasty» che, disposta nel 2003 dalla Dda di Catanzaro, piegò in due il casato dei Mancuso di Limbadi, piccolo centro nel vibonese. Ed è carica d’inquietudine l’immagine che emerge dall’inchiesta di Patrizia Pasquin, presidente di una sezione del Tribunale civile di Vibo, e «al vertice di un vero e proprio comitato d’affari».
Era grazie al sistema del «do ut des», ti do per ricevere, che il giudice intratteneva rapporti col clan dei Mancuso. In tutto sono 44 gli indagati, sedici dei quali raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare. In quattro sono finiti in carcere per ordine del gip salernitano. Come Patrizia Pasquin, una che, nella sua carriera, si è occupata anche di ’ndrangheta e, per un periodo del 1994, ha retto l’ufficio della procura di Vibo, in un momento particolarmente delicato per la regione e la Dda vibonese. Quando, cioè, cominciavano le indagini per l’omicidio del piccolo Nicholas Green, ucciso sulla Salerno-Reggio durante un tentativo di rapina, e l’organico dei magistrati era ridotto all’osso.
Il giudice Pasquin, negli anni, si era costruita una corazza d’incorruttibilità a colpi di sentenze contro le banche, gli usurai, il racket delle estorsioni. Si era occupata d’innumerevoli omicidi, stragi di ’ndrangheta, sequestri di persona a scopo estorsivo e delitti contro la pubblica amministrazione. In realtà, secondo le indagini, nascondeva una seconda vita fatta di amicizie pericolose, sporchi interessi, collusioni coi clan. Un «consolidato rapporto corruttivo» proprio con quei Mancuso, padroni incontrastati nel vibonese, che, oltre alle «beghe» locali, hanno una forte attenzione al traffico di stupefacenti internazionale.
Lo scenario descritto dai pm è disarmante. Esistono intercettazioni in cui, con estrema disinvoltura, «gli interlocutori parlano di cause da "sistemare" al fine di compulsare le stesse per il soddisfacimento di interessi personali». Il giudice Pasquin sarebbe arrivato a «produrre documenti falsi al solo scopo di consentire alla società Il Melograno Village srl l’accesso a un contributo pubblico». Certificati che avrebbero concesso all’azienda, della quale il magistrato era socio occulto (il figlio, residente a Torino, ne era socio formale) di «ottenere la concessione di un indebito finanziamento plurimiliardario in lire». Secondo i pm Marianella De Masellis della Dda salernitana e Domenica Gambardella della procura di Salerno, il magistrato «faceva pressioni alla stregua di uno spregiudicato imprenditore». Qui s’inserisce l’ex Governatore della Calabria, Giuseppe Chiaravalloti, intervenuto per «il buon esito della richiesta di ammissione al finanziamento per la realizzazione del Melograno Village». Il reato contestatogli è di corruzione.
Per non parlare poi dell’impegno che Patrizia Pasquin avrebbe profuso per «avere notizie utili su indagini in corso, mediante accessi abusivi al registro informatico della procura di Vibo Valentia». Per intrattenere i suoi rapporti particolari, la donna usava il telefono della propria collaboratrice domestica. Secondo la procura di Salerno il magistrato utilizzava queste utenze per «le telefonate con Antonio Ventura, persona ritenuta vicina al clan Mancuso, noto come "Tappo"», anch’egli arrestato ieri. Dalle intercettazioni telefoniche, poi, spunta il profilo più singolare del giudice visto che la corruzione si sarebbe consumata anche attraverso regalie consistenti in prodotti alimentari.
Secondo l’accusa formulata dalla Procura antimafia di Napoli, andava pazza per gamberoni e vongole, ma anche il formaggio buono non doveva mancare mai dalla sua tavola. Nell’ordinanza di custodia cautelare viene riportata una conversazione tra alcuni degli indagati riguardante proprio le leccornie da regalare al giudice Pasquin. Come quando Ventura raccontava a un uomo «di avere comprato del pesce fresco, merluzzo e gamberoni, per il giudice». Nella sua condotta, Patrizia Pasquin sarebbe stata aiutata da due magistrati che sono stati indagati per concorso in corruzione in atti giudiziari. Per i rapporti corruttivi emersi nelle indagini che hanno portato all’arresto del giudice, «indispensabile» è stata la partecipazione di avvocati. Fra questi, in carcere è finito l’assessore al Turismo di Tropea, Michele Accorinti. Graziato dal gip con gli arresti domiciliari, invece, Ernesto Funaro, ex consigliere ed assessore regionale.