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Magico Sud

E’ il solito fiume in piena ... Per il suo disco, "Ovunque proteggi", il premio "Tenco" a VINICIO CAPOSSELA. Un’intervista di Luigi Bolognini

sabato 11 novembre 2006 di Federico La Sala
[...] Un disco quasi esistenziale: chi gliel’ha ispirato?
"Letture come "Moby Dick". Laurie Anderson, per dire di un’altra che è stata premiata dal Tenco, ha tracciato un parallelo tra la baleniera Pequod e gli Stati Uniti. In entrambi i casi c’è un comandante impazzito che guida la nave per un suo personale obiettivo e per un odio umano, fregandosene del bene comune. E il resto dell’equipaggio ha la sensazione che fare qualcosa sia impossibile. Mentre il secondo del capitano è combattuto (...)

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> E’ il solito fiume in piena ... Per il suo disco, "Ovunque proteggi", il premio "Tenco" a VINICIO CAPOSSELA. Un’intervista di Luigi Bolognini

sabato 11 novembre 2006

LA RECENSIONE DELLA CASA DISCOGRAFICA *

Il nuovo lavoro di Vinicio Capossela si presenta come un affresco di pezzi solenni, i cui singoli elementi discendono dalla notte dei tempi e per ciò contengono il seme del tutto, compresa la loro parte di attualità. E’ sufficiente evocarli e metterli in scena, per agitare con inaudita violenza ed efficacia lo spettro del presente. Del resto, sempre c’è stato da proteggersi e da proteggere, e sempre il sole è sorto su distese di terre tali da doversi indicare come "Ovunque". «Quando si sono presi certi respiri, non ci si può più ridurre a parlare di contemporaneità. Non c’è più bisogno di nominare i potenti, i superbi di oggi, i furbi di oggi, di un E’ che è già Fu. Niente, sono polvere anche loro... Presa questa misura, allora si può scrivere, cantare dell’uomo, della terra, nell’attualità degli ottomila anni che l’abitiamo».

Al centro dei cerchi concentrici, della spirale, quindi, la pietra, l’archetipo. Di questo sono fatte, ciascuna a suo modo, le composizioni dell’album: "Non trattare", con il suo vagare abbacinato nel niente sotto il sole e il ripetersi ossessivo di parole che rimandano a quelle scolpite nell’Ecclesiaste e nei Salmi. Il grotto preistorico da cui proviene il suono dannato e sanguinolento di "Brucia Troia", con i suoi riferimenti all’Edipo Re di Pasolini e alla solitudine del Minotauro. Il mito della "Medusa" rivisitato a suon di cha cha cha. Archetipo di spettacolo è il "Colosseo" della Roma imperiale, e di grandezza i grattacieli illuminati della terza Roma, Mosca, la megapolisis cantata in "Moskavalza". Cosa c’è se non questo, nell’infanzia già perduta di "Spessotto", nell’epopea gloriosa e romantica della gioventù e dell’amicizia celebrate in "Dove siamo rimasti a terra Nutless", nella primordiale pena di un amore finito come "Pena de l’alma"? E così nella preghiera disperata e misericordiosa alla "Santissima dei Naufragati", nella nostalgia di una stagione e nel rimpianto di "Lanterne rosse", nell’illusione che è tutto nella vita di "Nel blu". E soprattutto nell’uomo che è da sempre carne e spirito: la carne che brucia e imputridisce del "Rosario della Carne", che risorge gioiosa di vita ne "L’uomo vivo", lo spirito invocato come grazia nel brano conclusivo che dà titolo all’album.

Ma appunto "Ovunque proteggi" è anche un disco che parla di grazia. La grazia che vive, a volte nascosta, dentro di noi e quella - fuori di noi - che non ci è dato di saper causare ma solo di riconoscere e, possibilmente, di proteggere. E’ un disco sulla grazia a partire da quella che appartiene ai posti, alle persone, ai musicisti, ai mille riferimenti che di questo lavoro sono via via entrati a far parte. "Ovunque proteggi" è infatti costruito su un labirinto di luoghi che "sono" nei brani, ne definiscono, ne fissano una volta per tutte nel suono la forma, portando "ogni brano in fondo alla sua suggestione". Scrivere e registrare questa volta non sono stati due processi separati, ma piuttosto due momenti, a volte diversi, a volte perfino simultanei, dello stesso processo: si è cioè scritto e registrato nei luoghi e per i luoghi. Luoghi attraverso i quali Vinicio Capossela si è lasciato guidare o dai quali si è fatto sviare, andando avanti come condotto da un leggero soffio che sposta la polvere e lascia intravedere, più avanti, la strada.

Dalla pietra...

«C’è un momento in cui il romanzo, l’argomento o il semplice spunto contemporaneo non bastano... bisogna attingere direttamente, abbeverarsi alla fonte. Da una parte ci sono le epoche, il barocco, il neoclassico, il moderno...e poi c’è la pietra. Ecco, c’è un momento in cui vieni ad amare la pietra. La pietra, le chiese di pietra e le parole scagliate come pietre». "Ovunque proteggi" inizia da qui, dalla pietra. Dall’unica cosa che trascende - e per ciò stesso sconfigge - il trascorrere del tempo. «Le religioni, e in generale le Scritture, sono piene di visioni, di profeti e di allucinazioni. Esse sono la madre di tutte le allucinazioni. Basti pensare alla scrittura biblica; in ciò che è biblico sono comprese la Creazione, L’Apocalisse.. sono visioni enormi, il crogiuolo da cui nascono uomini e dei».

"Ovunque proteggi" gesticola e parla da quello scoglio isolato in un Mediterraneo di rovesci e frammenti, su cui, nella centrifuga dei punti fermi e delle domande, i ricordi e i tormenti si fanno cianfrusaglie. Siamo sul cornicione dei tempi, dove le fedi scivolano dalle dita e cadono su selciati pagani, l’espressione s’indurisce come la lingua di una serpe, gli occhi e i comportamenti recuperano sfumature ed abitudini sprofondate nei secoli, mescolando epoche e riferimenti, fondendo mercanteggiare, conoscenze, ipotesi e sincerità. Ciascuno a tratti sconvolto e piagnucolante, a tratti imbevuto di serenate grondanti; e tutti insieme, tantissimi, abbracciati nell’assedio, spaventati, colti un momento da entusiasmo ed il secondo dopo da orrore.

Nella tempesta che infesta, a ritmo dispari, sull’elastico che fa ballare geografie e storie, l’uomo implora di poter pagare il dazio e ritrovare la bellezza, chiede appello senza far più distinzione di preferenza, fra gli dei e le scritture, i simboli e le maledizioni, che al contempo rimbombano nelle cupole. E nella ricerca di assoluzione, direzione, protezione, si travasano preghiere, incubi e visioni, che si susseguono come palline di un rosario, senza che le mani che lo sgranano si pongano più il problema di assomigliare a quelle di un vescovo, di un aruspice, di un demone, o di un semplice marinaio naufragato, fra l’uno e l’altro, nella buriana.

Non possono che uscirne incisioni ricolme di maschere impressionanti e immaginifiche, racconti dai contorni netti, scolpiti nel suono, da pronunciarsi con voci diverse, accendendo e spegnendo luci diverse, inoltrandosi in ambientazioni e situazioni diverse, pestando mani, piedi, fili elettrici e sonagli.

... all’album "Ovunque Proteggi"

Come il Vene?ka protagonista del racconto di Venedikt Vasil’evi? Erofeev "Mosca-Petu?ki" - un viaggio a tappe costruito come una via crucis, in compagnia di angeli e visioni, bevendo a ogni fermata: "Idì, Vene?ka, idì" ... Vai, Vinicio, vai... -, così Capossela ha lavorato ad "Ovunque proteggi" di getto, affidandosi alla "benedizione dell’incontro e sotto l’alta protezione del Gigante e del Mago", inseguendo le singole canzoni in lungo e in largo per l’Italia per stanarle dai luoghi che le tenevano rinchiuse: Roma, Ispinigoli, Calitri, Rubiera, Scicli, Treviso, Milano. Un lavoro iniziato nella primavera dello scorso anno, condotto e cavalcato a ritmi sempre più frenetici, facendo un passo in una direzione e due in un’altra, se del caso sbagliando per poi ricominciare, avanzando spesso nel dubbio, mettendo ogni volta a rischio tutto, fino ad arrivare alla consegna del master alla fine dell’autunno. In mezzo, sei mesi di lavoro continuo, senza orari, avendo come unico metodo la "colica di immaginazione" che ancora una volta, per Vinicio Capossela, è dietro la narrazione della nuova vicenda: «Niente si è potuto davvero programmare, e nella tensione di portare a compimento le cose ci si è mossi come rabdomanti sul filo dell’intuizione».

Un’intera epopea di incontri, di registrazioni, di magie, si è consumata così nel volgere di una stagione, combusta nella successione degli eventi che ha portato in dono le nuove canzoni. La porta sulle registrazioni si è chiusa definitivamente alla fine dell’anno, dopo un ultimo ascolto appassionato in presenza dell’amico Nutless, riapparso d’improvviso per salutare la partenza del disco per la stamperia germanica: «A fine disco invitai Nutless, preparai lo champagne, chiesi due ore lo studio e ce lo portai dentro. Mi ubriacai dirigendo tutta quella musica che in quei mesi era stata la mia ossessione, dirigevo l’opera finita, e infine la congedai. Fu l’ultima volta che ascoltai il disco».

L’album, finito e stampato, adesso è qui. L’affresco s’apre sulla tempesta, ma merita un’ultima notazione a proposito del pezzo che dà il titolo all’album. La prima stesura di "Ovunque proteggi" è in una versione strumentale che appartiene alle sessions de "Il ballo di San Vito", album del quale avrebbe dovuto rappresentare la chiusura, una volta ultimato. Ma le parole non arrivarono e "Il ballo di San Sito" si concluse senza quel brano. Pur tuttavia rimase la musica, una musica che, come ricorda oggi lo stesso Capossela, «aveva qualcosa di sacro, se per sacro intendo ciò che mi è caro. Ebbene quella musica mi faceva rimpiangere tutto ciò che mi era caro. A parte piangerci sopra, però, non sapevo cosa farmene. Quindi l’ho messa da parte, perché pensavo si meritasse qualcosa di suo. L’ho protetta, a mio modo». Ed è stato così che la canzone che per prima si era sporta per lasciarsi afferrare dalla scrittura, sia in realtà stata quella a cui tutte le altre composizioni si sono ricongiunte nel corso dell’anno passato, per arrivare a formare il nucleo di un intero disco. OVUNQUE PROTEGGI.

"Ovunque Proteggi" - I Luoghi

Roma: al "Forum Music Village", incastonato sotto una basilica sono stati registrati i corni e i timpani del pezzo imperiale per eccellenza: "Al Colosseo". Per molti versi questa registrazione ha coinciso con la posa della prima pietra del nuovo disco.

Rubiera (RE): il quartier generale della prima parte della lavorazione del disco. Nella pianura padana resa arroventata dall’estate e dal riverbero dell’asfalto e delle lamiere di eternit, lo studio ricavato da vecchie celle frigorifere denominate FRIGORALP è stato teatro di registrazioni epiche e di molte prime stesure dei brani: qui si sono condensati il suono soviet-techno di "Moskavalza" e quello della struggente serenata "Pena del alma"; qui hanno trovato forma gli altri suoni di "Brucia Troia" prima dell’incursione in terra di Sardegna.

Ispinigoli (NU): la grotta preistorica è stata cava di pietra, labirinto e città in fiamme per la registrazione di "Brucia Troia". Una cattedrale aperta nella terra, con una stalagmite di una trentina di metri - la più alta d’Europa - e migliaia di gradini che conducono dalla luce esterna alle sue profondità. L’aria primordiale ha dato vita a una delle visioni più profonde del disco, evocata con addosso una pelliccia di montone nero venduta dal conciatore di pelli di Orroli, la maschera da boves di Ottana e i campanacci di Tonara.

Calitri (AV): nel paese natale del padre di Vinicio, Vito Capossela, per registrare "Dalla parte di Spessotto" con i musicisti che suonarono 40 anni fa al suo matrimonio con Antonietta. Ancora oggi Rocco Briuolo, "Tuttacreta" e "Matalena" sono soliti incontrarsi e passare il tempo seduti fuori dall’ufficio postale, tanto che ormai tutti li chiamano la "Banda della Posta".

Treviso: presso il Teatro delle Voci si sono svolte le registrazioni di due brani dell’album. L’Orchestra d’archi Italiana proveniente da Castelfranco Veneto diretta da Mario Brunello ha inciso qui il gran vals impressionante "Nel blu", mentre lo stesso Mario Brunello ha dato al suo violoncello la forma da primo vascello che regge l’intero impianto armonico di "S.S. dei naufragati".

Scicli (RG): nella Chiesa di San Bartolomeo il corpo bandistico "A. Busacca" diretto da Roy Paci ha dato voce alla gioia de "L’uomo vivo", brano ispirato alla festa della Resurrezione che si svolge proprio a Scicli nella domenica di Pasqua.

Milano: sono stati diversi i luoghi a Milano che si sono resi "ambiente" per le registrazioni del disco. Scarlatti Grad con il suo pianoforte da camera, ad esempio, registrato per "Lanterne rosse" con sottofondo di tram sferraglianti in lontananza. Oppure il Cicco Simonetta, perfetta ambientazione per il pianoforte da saloon catturato quasi furtivamente per "Pena del alma". Ma anche la Chiesa di San Cristoforo sul Naviglio, dove il Coro della Cappella di San Maurizio ha registrato gli splendidi cori di "S.S. dei naufragati", nel corso di una session di grande intensità emotiva. E infine le Officine Meccaniche Next, quartier generale dell’ultima parte della lavorazione del disco. Qui si sono registrati pezzi dalle suggestioni più diverse, come "Non trattare", "Medusa cha cha cha", "Dove siamo rimasti a terra Nutless" e "Ovunque proteggi", oltre a completare e chiudere, nella molteplicità tentacolare del mixaggio, gran parte degli altri brani del disco: "Brucia Troia", "Dalla parte di Spessotto", "Moskavalza", "Pena del alma", "Lanterne rosse".

* Capossela, Ovunque proteggi


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