Libera satira in libero Stato
di Roberto Cotroneo *
C’è poco da scherzare. Nel senso che le prese di posizione di padre Georg Genswein, segretario personale di Papa Benedetto XVI, del ministro della cultura vaticano, cardinale Paul Poupard, del cardinale Walter Kasper, e del cardinale Ersilio Tonini, non sono un bel segnale, e per nessuno. Non si tratta né di indignarsi, e neppure di polemizzare, con quattro persone che occupano posizioni di altissimo livello nella gerarchia vaticana, e che hanno trovato il tempo di occuparsi delle imitazioni di Crozza e di Fiorello. Ma si tratta di capire in quale clima stiamo vivendo.
Il vilipendio alla religione è una brutta cosa, e anche per un laico, o un non credente, la bestemmia è davvero qualcosa che non si può sopportare, ma che si possa dire che certe imitazioni vanno eliminate, e che si possa mettere voce sulla satira fa un po’ impressione. Eravamo abituati ad altro negli ultimi anni. Avevamo capito che il carisma del Papa non teme assolutamente nulla, e che fare una satira bonaria non è altro che un segnale positivo. In una società complessa, in una chiesa complessa, come è questa chiesa del secondo millennio, non si pensava che potesse sorgere un problema sulla satira.
E non si pensava che in questa modernità ci si mettesse anche a incitare chi di dovere a prendere provvedimenti. Don Georg ha dichiarato alla Adnkronos: «Ho preso atto della polemica e spero che trasmissioni di questo tipo smettano: d’accordo la satira, ma queste "cose" non hanno livello intellettuale e offendono uomini di Chiesa. Non sono accettabili. Spero davvero che smettano subito». Don Georg lo ha fatto maldestramente, utilizzando parole come «non sono accettabili», e «spero che smettano subito». Ha mandato messaggi non si capisce bene a chi: perché quel "spero" è un segnale, un messaggio preciso a chi potrebbe far sì che tutto questo possa interrompersi, e venga censurato.
Non è giusto, non è corretto e soprattutto suona un pochetto di integralismo. Con ogni probabilità offende più la religione un augurio di questo genere che le satire di Crozza e di Fiorello. Papa Benedetto XVI non ha bisogno di essere difeso da nessuno, ma soprattutto non si occupa di satira o di trasmissioni radiofoniche e televisive. Quando Joachim Navarro Valls dichiarò che Papa Giovanni Paolo II di tanto in tanto vedeva il Tg1, la cosa destò molto scalpore. Il Papa non si occupa di cose simili, non te lo immagini per fortuna con il telecomando della tv, e di cose simili non dovrebbero occuparsi i cardinali. E da che mondo e mondo i segretari particolari del Papa fanno i segretari particolari del Papa, ovvero parlano pochissimo, o quasi niente. La Chiesa è cosa troppo importante per fare dichiarazioni censorie sulla satira, rivolte tra l’altro a una televisione o radio pubblica o privatta di uno Stato laico e sovrano.
A meno che, e questa è l’ipotesi più fosca, alla quale si preferisce non credere, a meno che il germe, il morbo, la metastasi, la cecità, dell’integralismo religioso non abbia anche solo lambito, per quanto in modo soltanto marginale, quell’istituzione millenaria che è la chiesa cattolica. A meno che non sia questa la risposta più drammaticamente vera. Altro che Concilio Vaticano II, altro che la raffinatezza intellettuale e dottrinale di Paolo VI, altro che il carisma indiscutibile di Giovanni Paolo II o il genio culturale di Papa Ratzinger, che scrive delle encicliche di una bellezza e di una ricchezza davvero coinvolgenti. Altro che la Chiesa globale delle missioni, della solidarietà, quella che spesso capisce il mondo meglio di tutti gli altri. Qui siamo all’integralismo cattolico, specchio fedele di certi integralismi islamici che non vogliono le vignette su Allah.
Ma è davvero così? Ci auguriamo di no. Ci auguriamo che tutto questo sia stato un incidente, un’umana debolezza di un segretario papale con un’esperienza tutta da costruire, e di qualche cardinale un po’ troppo appassionato. Il Papa è il Papa. E la satira è la satira. Libera satira in libero Stato, soprattutto quella che fa sorridere. Mai quella che offende. Perché quella non è satira, è un’altra cosa. E sulle offese, va da sé, siamo tutti d’accordo.
* www.unita.it, Pubblicato il: 15.11.06 Modificato il: 16.11.06 alle ore 10.19