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"Risus paschalis": la logica dell’amore (= charitas) non è quella di "mammona"(caritas)!!!

Il "libro" nuovo dell’IMPERATORE: «Potete contraddirmi». Finalmente è arrivato ... IL MESSAGGIO DEL FARAONE!!! PAPA, SATIRA, E ... BUONA-NOVELLA (Eu-angelo)!!! "Ma se non ha niente indosso ! - gridò un bambino". La "lezione" teologico-politica di Hans Christian Andersen ... e di Franz Kafka!!! In memoria di Gioacchino da Fiore, Luigi Pirandello, e Giulio Preti.

mercoledì 15 novembre 2006 di Federico La Sala
I vestiti nuovi dell’Imperatore
di Hans Christian Andersen
Molti anni fa viveva un imperatore, il quale amava tanto possedere abiti nuovi e belli, che spendeva tutti i suoi soldi per abbigliarsi con la massima eleganza. Non si curava dei suoi soldati, non si curava di sentir le commedie o di far passeggiate nel bosco, se non per sfoggiare i suoi vestiti nuovi: aveva un vestito per ogni ora del giorno, e mentre di solito di un re si dice: - E’ in Consiglio! - di lui si diceva sempre:
E’ (...)

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> I vestiti nuovi dell’IMPERATORE. PAPA, SATIRA, E ... BUONA-NOVELLA (Eu-angelo)!!! "Ma se non ha niente indosso ! - gridò un bambino". La "lezione" teologico-politica di Hans Christian Andersen. In memoria di Gioacchino da Fiore, Luigi Pirandello, e Giulio Preti.

giovedì 16 novembre 2006

LA SATIRA NON PIACE IN VATICANO

di Francesco Merlo (la Repubblica, 15 novembre 2006)

Nulla è al riparo dalla satira, e forse Dio è la satira per eccellenza perché ha un materiale immenso davanti, e cioé l’infinita finitezza dell’uomo. Tanto più che l’idea del segretario del Papa, Georg Genswein, di esorcizzare Crozza, Fiorello e la Littizzetto con l’acqua benedetta più che una minaccia sembra gia una gag.

Anche in questo caso dunque sarebbe facile e doveroso schierarsi con la libertà di satira, se essa fosse esercitata laicamente, in tutte le direzioni, anche verso se stessa, con Fiorello che fa la satira di Fiorello, Crozza che satireggia il nostro Papa, e ovviamente anche l’lmam, che è un altro Papa.

Noi, per educazione, non satireggiamo né l’uno né l’altro, ma se dobbiamo giocare, allora è necessario giocare in tutto il campo, dando i calci a tutti i palloni. Insomma, secondo noi, non si può prendere in giro un profeta e un altro no, non si può satireggiare Cristo e risparmiare, per paura, Maometto.

E non perché la religione, come dei resto l’ateismo, non sia satirizzabile. Anche gli insegnamenti morali sono definibili per via satirica, il comandamento stesso è un piatto satirico, un piatto "saturo". Si fa infatti satira sull’incontinenza sessuale e su quella verbale, sulla bestemmia, sui ladri e sugli onesti, sull’omicidio, sul peccato, su tutti gli atti proibiti e sulla stessa proibizione. La satira, non sempre si appunta sui difetti, non ha confini: basta un appiglio perché venga fuori. E il mondo è tutto un appiglio per la satira: se sei biondo perché sei biondo, se sei bruno perché sei bruno. Ogni cosa ha il suo contrario, la sua negazione, la sua deformazione, la sua satira.

Qui, poi, c’è l’ingenuità e la goffaggine di un bel sacerdote che giura di non avere mai visto le trasmissioni che non gli piacciono, aggiunge "non le guarderò mai", e ancora: "spero di dimenticarle". Se sta mentendo, padre Georg pecca due volte: contro il divieto di dire bugie e contro il buon senso. Se invece è vero che non guarda la televisione e non ascolta Fiorello alla radio, se davvero non sa chi siano Crozza e la Littizzetto, allora sarebbe da compatire perché non sa cosa si perde, e sarebbe anche da rimproverare cristianamente, come pastore d’anime. Oggi infatti non si può fare catechismo senza la televisione.

Ciascuno di noi può, se vuole, tenere spenta la tv o addirittura non averla. Ma non può farne a meno chi ha per missione di salvare le anime di questo mondo, il quale si racconta e si educa attraverso la Tv. La televisione è la scrittura moderna, è il calamo dei nostri tempi. Se un intellettuale non condivide quello che legge, quello che è scritto, non per questo si rifiuta di leggere, né mette al bando la scrittura. Anche il rifiuto della scrittura deve esser servito scrivendolo; anche il rifiuto della televisione ha necessità di un passaggio televisivo, il solo efficace e, saremmo tentati di dire, il solo "reale".

Il Papa sarà pure un raffinatissimo intellettuale, ma è curioso che non abbia spiegato, non tanto ai giornalisti dell’Avvenire, quanto, almeno, al suo segretario personale che non si può governare la trasgressione come si fa negli educandati, e che, al contrario, per spuntare gli artigli della satira, bisogna conviverci con saggezza e con leggerezza. Che poi padre Georg non sappia ironizzare su se stesso, che egli pretenda che non si rida neppure di lui, beh, qui il problema si fa patologico e la satira allora si impone non come innocua, ma addirittura come terapeutica. A padre Georg sono necessarie dosi massicce di Fiorello, almeno una volta dopo i pasti principali, come un controveleno, un antidoto, perché non solo la satira non fa male alla testa, ma qualche volta la guarisce.

La satira è lo sfottò. E’, come accennavamo prima, il piatto "saturo" delle critiche e dunque delle deformazioni. Nella Divina Commedia ci sono quantità inestimabiii di satira aggressiva antipapista da Bonifacio VIII sino al papé satàn, che - è vero - nessuno sa cosa voglia dire, ma un suono di sberleffo satirico sicuramente ce l’ha. Nella storia della Chiesa sono stati satira i miti di evangelizzazione e i ritorni letterali ai dettami della sacra scrittura. Insomma, la satira antipapista ha avuto sempre come progetto la ricristianizzazione del mondo E’ dunque la satira non è anticristiana. E non solo perché il protestantesimo l’ha usata contro gli eccessi papisti. Ma anche perché gli stessi cattolici hanno fatto la satira alla loro chiesa: i francescani, i gesuiti, i giansenisti. Alla fine, la satira è uno dei tanti mezzi attraverso cui l’uomo comunica, si appropria della realtà e neppure del buono perché la bontà stessa è anch’essa satira.

Aggiungiamo adesso che c’è una facilità di satira verso questo Papa. Tutti, anche i migliori, anche gli ex infallibili, hanno qualcosa di satirizzabile, un punto debole. Siamo tutti vulnerabili. Persino Achille aveva il suo tallone.

Ebbene, non solo il segretario, ma io stesso Benedetto XVI e la sua chiesa hanno un che di fobico. Persino fisicamente il Papa tedesco sembra nato e cresciuto nelle biblioteche piuttosto che tra la gente. Come resistere dunque e non farne la satira? E tuttavia, visti i tempi, ci sembrerebbe civico fare anche la satira ai versetti, al Corano e ai barbuti, oltre che al Papa e ai suo segretario. Certo, comprendiamo la paura fisica che frena i nostri comici, con effetti esilaranti, da immediata autosatira, specie quando dicono che fanno satira su cose che conoscono mentre l’Islam non lo conoscono; o, ancora quando spiegano che dovrebbe essere l’Islam a ridere dell’Islam. La verità è che sono in mala fede e - in questo ha ragione l’Avvenire - anche un po’ vigliacchi.

Tutti sappiamo che ridere dell’islam può costare la vita, e che è questa la barbarie che limita e censura, tra le altre cose, anche la nostra libertà d’espressione. Capiamo anche che il coraggio chi non ce l’ha non se lo può dare, e però la satira non appartiene solo all’universo cristiano, e una funzione dell’anima che deve esercitarsi su tutto, dal buddismo all’ateismo, dall’Imam ai Papa. E invece succede che i comici sfottono il Papa e sdottoreggiano sull’Islam e sui suoi costumi, sulla poligamia, sui kamikaze e sulle vergini che li attendono, sui veli, con quel drammatico fardello dell’occidentale che deve avere riguardi per gli orientali e diffidenza satirica, sarcastica e morale verso se stesso. No, caro padre Georg, il pericolo viene sempre e solo da chi non sa ridere. Il giorno in cui si potrà ridere dell’Islam, anche l’Islam se la riderà di noi, e persino di lei.


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