CRITICARE IL PAPA, SPORT DI MODA
La caduta di Pippo Baudo polemista indecente
di Lucetta Scaraffia (Avvenire, 06.02.2007)
Ci mancava Pippo Baudo che, dall’alto di un popolarissimo programma televisivo dedicato al calcio, ha criticato Benedetto XVI per non essere subito intervenuto sui gravi fatti di Catania, ma piuttosto - è sembrato suggerire - su questioni di secondaria importanza come l’eutanasia, l’aborto o i pacs. Tutti i media, con poche eccezioni, sembrano impegnati in una critica serrata al Papa, e ogni pretesto pare buono. La violenza negli stadi sarebbe l’unica contro la quale è legittimo - anzi, doveroso - pronunciarsi, mentre tutto il resto sarebbe meglio lasciarlo ai politici. Questa era l’aria sui giornali italiani di ieri, dai quali, in misura maggiore o minore, la giornata della vita, celebrata domenica dalla Chiesa italiana e da Benedetto XVI, risulterebbe solo un’inutile ripetezione di rimproveri già fatti, un arroccamento perdente su posizioni conservatrici non condivise neppure da tutti i cattolici. Perfino i ragazzi del Movimento per la Vita - ridotti a "poche migliaia", in un implicito confronto con l’alto numero di giovani presenti in altre manifestazioni - con i loro palloncini bianchi e verdi, sembrano poveri fanatici, fuori della storia e del tempo. Del resto già due settimane fa L’espresso, mandando un suo giornalista nei confessionali - con una grave violazione della deontologia professionale prima ancora che con un affronto al sacramento della confessione, quasi da nessuno deplorato (e proviamo solo a immaginare le conseguenze di qualcosa di simile nei confronti di ebrei o musulmani) - ha cercato di dimostrare che il Papa è un generale senza esercito. Mentre abbondano critiche e accuse, non c’è nessuno che risponda veramente alle obiezioni di Benedetto XVI sulle questioni della intangibilità della vita e della famiglia. Al massimo si dice che i suoi allarmi sono inutili, le sue parole insensate. Di fronte alle sue ragioni, che sono forti e ben argomentate, si sbandiera solo una generica ideologia in cui le parole libertà e amore fanno balenare un avvenire di felicità contrapposto a un presente di oppressione. Oppure, la necessità di adeguarsi in proposito ai paesi più avanzati, senza tenere conto che là dove sono in vigore da più tempo queste leggi libertarie - come in Olanda e Gran Bretagna - giornali e osservatori di ogni tendenza denunciano il degrado sociale e morale in cui è caduta la società, ben visibile nella crisi delle nuove generazioni. Si aggiungono i sondaggi dalle domande manipolate, per convincere che ormai tutti pensano così, che bisogna mettersi in linea per non rimanere tagliati fuori. E si sorvola invece quando altre ricerche rivelano come fra le comunità immigrate quelle che riescono a sfuggire in maggior numero a prostituzione, droga e delinquenza sono quelle asiatiche, tra le quali la famiglia è ancora fortissima. Se non si sa cosa rispondere - o se la risposta vera è solo quella della necessità politica di tenere unito il governo di centrosinistra facendo concessioni a radicali e sinistra - si arriva alla lapidazione mediatica del Papa, nel tentativo di delegittimarlo e quindi di rendere le sue parole inefficaci. Tutto questo svela una grande paura di aprire un dibattito autentico su questi temi, per riflettere su cosa stiamo facendo e sulle conseguenze di provvedimenti di questo tipo nella nostra società. E stupisce che quanti hanno a cuore la libertà di espressione - cattolici di varie tendenze o laici che siano - non denuncino questa situazione, chiedendo che le parole di Benedetto XVI siano ascoltate e discusse con il rispetto e l’attenzione che si devono non solo al capo di una confessione religiosa, ma a chiunque esprima un’opinione controcorrente.