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Cantico di Frate Sole, o delle creature ...

PER LA VISITA DEL PAPA IN TURCHIA (28 NOVEMBRE), AD ISTANBUL, LA BASILICA DI S. SOFIA E’ STATA ASSALTATA DAI "LUPI GRIGI". NELLA "NOTTE" CHE AVANZA, NON SI PREPARINO "INUTILI STRAGI"!!! CHE LO SPIRITO DI ASSISI E DI SAN GIOVANNI IN FIORE ILLUMINI IL MONDO !!! VIVA IL "LUPO" DI GUBBIO e VIVA IL "LUPO" DI GIOACCHINO DA FIORE !!!

mercoledì 22 novembre 2006 di Federico La Sala
[...] il Vaticano si è affrettato a sdrammatizzare. "Continuo a considerare questi fatti episodici e limitati, tali da non mettere in questione la sostanza e il clima della visita che prevediamo si svolga in modo sereno", ha commentato padre Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana. "Questi fatti - ha proseguito - non alimentano preoccupazioni particolari anche se danno dispiacere. Non sono tuttavia una sorpresa dato che sappiamo che esistono gruppi che sono poco favorevoli (...)

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> PER LA VISITA DEL PAPA IN TURCHIA (28 NOVEMBRE), AD ISTANBUL, LA BASILICA DI S. SOFIA E’ STATA ASSALTATA DAI "LUPI GRIGI". NELLA "NOTTE" CHE AVANZA, NON SI PREPARINO "INUTILI STRAGI"!!! CHE LO SPIRITO DI ASSISI E DI SAN GIOVANNI IN FIORE ILLUMINI IL MONDO !!! VIVA IL "LUPO" DI GUBBIO e VIVA IL "LUPO" DI GIOACCHINO DA FIORE !!!

giovedì 30 novembre 2006

Turchia: "E’ terra di rinconquista"

Dai diari di Angelo Roncalli, le parole che hanno ispirato Benedetto XVI *

La citazione da Papa Roncalli «Amo i turchi» - ripetuta ben due volte nel corso della visita in Turchia - autorizza a pensare che Benedetto XVI, nei giorni che hanno preceduto un viaggio così denso di implicazioni storiche, pastorali e politiche, abbia riletto e meditato alcuni passaggi importanti dell’esperienza evangelica del suo illustre predecessore Giovanni XXIII. Dopo quasi dieci anni trascorsi come visitatore apostolico in terra bulgara, il 24 novembre 1934 Angelo Roncalli viene nominato delegato apostolico in Turchia, dove resterà fino al 1944. Qui il cristianesimo gli appare in tutto il suo declino, tanto da fargli salutare la svolta laicista - e la conseguente de-islamizzazione - come una possibilità per avvicinare la società turca ai valori della civiltà cristiana. Riportiamo qui di seguito alcune cruciali annotazioni tratte dai diari di Angelo Roncalli («La mia vita in Oriente, 1935-1939», Edizioni dell’Istituto per le Scienze Religiose di Bologna), molte delle quali indirizzate al suo interlocutore di riferimento a Roma, il cardinale Pacelli.

L’avvento del laicismo

«In fondo il movimento che rivoluziona tutta la tradizione turca, che soppianta di netto le basi dell’antico regime, che proclama la libertà di coscienza, che abolisce la poligamia, che sostituisce finalmente la domenica al venerdì come il giorno di riposo settimanale, che si studia di mettere il popolo turco nella circolazione della civilizzazione europea, come non vedere dei segni di accostamento alla civiltà cristiana?»

I nuovi intellettuali turchi

«Non bisogna chiudere gli occhi per non vedere. Questi turchi del nuovo regime compiono, secondo la mentalità loro che lentamente si svolge, sforzi ammirevoli verso tutto ciò che è progresso in ogni campo tranne che nella filosofia e nella religione. Uno dei mezzi migliori per accostarli è di mostrare per loro stima, apprezzamento e, finché è possibile, cooperazione»

Sulla chiusura dei periodici religiosi

«Ogni giorno un giro di vite, oggi è toccato ai bollettini cattolici. Naturalmente è stato soppresso insieme a tutti gli altri bollettini di qualunque confessione o religione, non volendosi qui propaganda in alcun modo».

Il rapporto con le autorità

«Due ore dopo ero già dal Vali o Governatore della Città. Mi vi recai in ferraiolo pavonazzo. Parlai per interprete, servendomi di un Canonico della Cattedrale. Il Vali, un po’ sordo ma molto gentile, come era stato con i due delegati Rotta e Margotti, tenne a mostrarsi sensibile all’atto di riguardo che gli avevo usato recandomi da lui appena giunto al suo posto. Gli dissi che seguivo l’esempio dei miei predecessori e mi informavo allo spirito della Chiesa e della Santa Sede, sempre rispettosa delle autorità civili per essere fedele al Vangelo che insegna a dare a ciascuno il suo; che pur tenendomi sempre aderente al mio ministero di rappresentante pontificio e curandomi degli affari religiosi, mi sarà sempre cosa cara intrattenere buoni rapporti personali con le autorità civili. Lo pregavo di trasmettere i miei sensi di ossequio alle più alte autorità del Governo della Repubblica che osavo sperare, non avranno che ragione di compiacersi del mio rispetto alla forte nazione che mi ospita, di cui sarà mia cura penetrare l’anima, studiandone la storia, la lingua, la vita, cosicché il mio contegno serva di incoraggiamento a tutti i cattolici di Turchia».

Il problema della lingua

«Ben umiliante per noi cattolici la constatazione che io evito di sottolineare in pubblico, ma che non debbo tacere davanti alla Santa Sede. Nonostante tutti gli inviti della Santa Sede a reclutare elementi di qui e di soggezione turca, ad apprendere la lingua del paese, qui siamo a “tabula rasa”. Non uno - e se qualcuno c’è lo è per caso o per eccezione - che parli il turco: elementi del paese pochissimi, turchi quasi nessuno. Se domani uscisse una legge che non permette il soggiorno in Turchia a chi non è di soggezione turca, qui per la Chiesa cattolica ci sarebbe il deserto. Eppure le vocazioni, a volerle cercare, si sarebbero trovate».

L’avvenire dei cattolici

«Innanzi tutto parmi debbansi nettamente distinguere due questioni: 1) la necessità di avere e conservare a qualunque costo un piccolo seminario interrituale a Istanbul; 2) i rapporti di detto seminario con i pp. Cappuccini. Quanto alla prima questione, l’affermazione è unanime. Un seminario a Istanbul per la prima formazione dei futuri sacerdoti dei vari riti, latino, greco, armeno è di necessità assoluta. Lasciare o far morire quello che ancora esiste - la sola istituzione che ormai resti ancora viva, qui nell’antico centro dell’ortodossia, del movimento suscitato da papa Leone XIII per la unione delle Chiese -, lasciarlo o farlo morire senza che qui sia pronto un altro seminario o istituto che ne prosegua i compiti, sarebbe errore imperdonabile. Solo la violenza della persecuzione può sopprimerlo: e la Chiesa cattolica pare non debba cedere che alla violenza. Qualche istituto scolastico cattolico che alle prime difficoltà ha levato le tende, ora se ne pente. Altri chiudono quest’anno mentre avrebbero potuto resistere ancora. Se ne pentiranno fra breve. Il cattolicismo potrà subire in Turchia nuove pressioni. Ma non sparirà interamente. Resteranno qui sempre assai più cattolici che non ne esistessero nei secoli passati, dal 1453 al 1837. Questa è terra riservata alla riconquista cristiana. Non bisogna chiudersi tra le angustie del momento attuale e prendere decisioni precipitate. Si attraversa una crisi: le prospettive dell’avvenire immediato non sono liete, ma neanche disperate».

I fedeli di Istanbul

«Dei fedeli cattolici di ogni rito e appartenenti ad ogni nazionalità che formano la ormai ridotta comunità cattolica di Istanbul non ho che parole di elogio. Si direbbe che la tribolazione del ceto sacerdotale e religioso ha accresciuto il fervore dei fedeli. Il loro contegno invita al lavoro e al sacrificio».

* La Stampa, 30.11.2006


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