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Europa, Europa....

EFFETTO-PEOPLE. «PIPOLISATION»: "BERLUSCONISATION"!!! Dopo l’Italia, è l’ora della Francia. LO "SPECCHIO MAGICO" E’ PRONTO !!! I francesi avevano l’impressione di traversare un deserto, e all’orizzonte non vedevano più il corpo del re. Adesso lo vedono, lo sentono incredibilmente vicino. Ségolène Royal: "Sum ... EGO’" !!! L’analisi di Barbara Spinelli.

domenica 26 novembre 2006 di Federico La Sala
[...] Il colmo l’ha raggiunto Ségolène Royal in un dibattito sulla politica estera alla vigilia delle primarie. Interrogata sull’ingresso della Turchia in Europa e anticipando un no francese al referendum ha detto: «La mia opinione è quella del popolo francese». È stata una vera bomba, ha commentato il direttore di Charlie Hebdo, Philippe Val: «È come se Mitterrand candidato avesse detto, a proposito della pena di morte: “La mia opinione è quella del popolo francese”. Oggi (...)

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> EFFETTO-PEOPLE: «PIPOLISATION». Dopo l’Italia, è l’ora della Francia. LO "SPECCHIO MAGICO" E’ PRONTO !!! I francesi avevano l’impressione di traversare un deserto, e all’orizzonte non vedevano più il corpo del re. Adesso lo vedono, lo sentono incredibilmente vicino: "Sum ... EGO’" !!! L’analisi di Barbara Spinelli.

lunedì 27 novembre 2006

Ségolène rivoluzione delle parole

Dal «pensare contro» al «pensare insieme» con naturalezza. Anche da noi prese piede il «gentese» più popolaresco, ma anche più rozzo e sbracato

di GIAN LUIGI BECCARIA *

Si è fatto un gran bel parlare, su La Stampa di ieri del nuovo corso anche linguistico di «Ségolène donna da corsa», come recita il titolo dell’intervento di Barbara Spinelli. Ségolène Royal - si dice - sembra possedere più di altri la tecnica del sedurre la gente, portarla dove vuole, e questo proprio nel momento in cui gli uomini politici sono guardati con una certa sfiducia. E lei invece si offre come una che dice «di me potete fidarvi», perché io non sono diversa da voi, sono voi, e parlo come voi. Anche in un vuoto di programmi un appello verbale-emozionale del genere funziona. Innanzitutto, uscire dal repertorio, ed entrare invece nel linguaggio-dialogo; e poi uscire dal pensare contro, da un’esclusiva pars destruens, e passare al pensare insieme, una «malizia» comunicativa che sta dando i suoi frutti.

E venne il teatrino blaterato

Nel comunicare coi francesi Ségolène non usa il vocabolario «ortodosso» della politica, ma preferisce la parola semplice, cruda. Anche da noi, con l’avvento della «seconda Repubblica», prese piede il cosiddetto «gentese», il discorso che si voleva chiaro, diretto, esplicito, non «difficile», che doveva parlare alla gente comune. Occorreva svecchiare il linguaggio politico nostrano, così prudente e oscuro. Ma è dilagato subito un linguaggio più popolaresco, più parlato, più disinvolto ma anche più rozzo e sbracato. Si è rapidamente diffusa l’oralità di tono medio-basso, più blaterata che parlata, hanno avuto corso parole a effetto, spesso dialettali e informali: remare contro, picconare, mettersi di traverso, tirare per la giacca, e inciucio, e ribaltone, qualcuna al limite dell’ermetico o del volgare, malpancisti, cerchiobottismo, sdoganare, buonista, celodurismo. E c’è stata la rincorsa alla battuta, quella che ti assicura il titolo in prima pagina, e le sequele di esternazioni, sopra il rigo. Il teatrino.

Pochi vocaboli, tanti discorsi

Quel che succede con Ségolène è però completamente diverso. Innanzitutto, non un dire «Io sono come voi, dunque mi metto a capo dell’armata», come successe in terra nostra. Il suo porgere un vocabolario «terra terra» non è il populismo spicciolo, ma per un verso «naturalezza», «stile naturale» e «senso del positivo», proprio nella scelta decisa di abbandonare 1) l’aggressivo 2) il lessico dell’apparato: tutto ciò insomma che ha stancato gli elettori. La vetusta terminologia non serve più, alla gente si parla con le parole che la gente consuma, soltanto così raggiungi disoccupati, commesse, casalinghe, li raggiungi con termini semplici, con locuzioni elementari, tratti dalla vita quotidiana. Meglio dire (lo fa notare Domenico Quirico) «la vita è sempre più cara» che non «assistiamo alla diminuzione del potere d’acquisto», basta con la «pausa di riflessione» quando invece vuol dire «adesso veniamo alla resa dei conti», basta con eufemismi e metafore già morte per tedio. Basta con l’edonismo esibito, il drammatizzato, la rissa, il sensazionalismo, la messa in scena. In questi campi noi siamo stati imbattibili. Il nostro lessico è diventato un vociare intorno a un piccolo e limitato numero di vocaboli che ha continuato a essere il materiale di tanti discorsi, oppure un eccesso di polemica e di conflitto, di animosità e aggressività, di ironia e pittoresco che sta allontanando gli elettori: i quali, in Francia, sceglieranno probabilmente il «lessico familiare» di Ségolène.

* La Stampa, 27.11.2006


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