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Europa, Europa....

EFFETTO-PEOPLE. «PIPOLISATION»: "BERLUSCONISATION"!!! Dopo l’Italia, è l’ora della Francia. LO "SPECCHIO MAGICO" E’ PRONTO !!! I francesi avevano l’impressione di traversare un deserto, e all’orizzonte non vedevano più il corpo del re. Adesso lo vedono, lo sentono incredibilmente vicino. Ségolène Royal: "Sum ... EGO’" !!! L’analisi di Barbara Spinelli.

domenica 26 novembre 2006 di Federico La Sala
[...] Il colmo l’ha raggiunto Ségolène Royal in un dibattito sulla politica estera alla vigilia delle primarie. Interrogata sull’ingresso della Turchia in Europa e anticipando un no francese al referendum ha detto: «La mia opinione è quella del popolo francese». È stata una vera bomba, ha commentato il direttore di Charlie Hebdo, Philippe Val: «È come se Mitterrand candidato avesse detto, a proposito della pena di morte: “La mia opinione è quella del popolo francese”. Oggi (...)

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> EFFETTO-PEOPLE: «PIPOLISATION». Dopo l’Italia, è l’ora della Francia. LO "SPECCHIO MAGICO" E’ PRONTO !!! I francesi avevano l’impressione di traversare un deserto, e all’orizzonte non vedevano più il corpo del re. Adesso lo vedono, lo sentono incredibilmente vicino. Ségolène Royal: "Sum ... EGO’" !!! L’analisi di Barbara Spinelli.

lunedì 12 febbraio 2007

Cento idee per la nuova Francia

di Gianni Marsilli *

La campagna elettorale di Ségolène Royal ha finalmente cambiato passo. È accaduto ieri verso il sessantesimo minuto del suo discorso programmatico. Ségolène si è imporporata, ha alzato la voce, ha gridato che il suo era «più di un programma», era «un patto d’onore, un contratto presidenziale» sul quale prestava giuramento solenne, lì, davanti a tutti: «Voglio per tutti quello che ho voluto per i miei figli!». Si è quasi commossa, sembrava trasfigurata, tesissima nello sforzo dell’autocontrollo. Le era uscito d’improvviso un grido del cuore, e per la prima volta - lei che non conosce i trucchi dell’oratoria tribunizia - comunicava affettivamente, e non solo concettualmente, con quei dieci, quindicimila militanti accorsi a Villepinte, alle porte di Parigi, e con un paio di milioni di telespettatori.

Per cinque lunghi minuti è stato un delirio di applausi e ovazioni. È rimasta ferma e muta a riceverli, come per immagazzinare il coraggio e la forza di cui avrà bisogno nelle prossime settimane. Le labbra hanno avuto come un tic, due, tre volte. Appariva< scossa dal suo stesso exploit, in un momento si era scoperta trascinatrice, capace di leadership. François Hollande, il suo compagno, la guardava dal basso non si capiva se più preoccupato per la sua salute o estasiato per la performance. Laurent Fabius, il rivale più aspro, l’oratore più brillante del Ps, la fissava stupefatto. Elisabeth Guigou, Martine Aubry, le grandi escluse dalla corsa, stralunavano gli occhi davanti al miracolo: dal bozzolo nasceva la farfalla, chi l’avrebbe mai detto. Il vecchio Pierre Mauroy, che l’aveva sostenuta fin dall’inizio, assentiva immobile, gli occhi umidi. L’ora successiva è stata in discesa: Ségolène è andata via sciolta e dritta, senza esitazioni, la voce lievemente arrocchita. Sapeva di tenere finalmente il timone della «gauche». Sapeva che tutta quella gente le aveva trasmesso il bastone del comando, per acclamazione di popolo.

Ma se questo è stato l’indispensabile valore aggiunto, il suo discorso di ieri è servito soprattutto a render nota all’universo mondo la sua idea della Francia. Finora, si sa, aveva ascoltato: seimila «dibattiti partecipativi», due milioni di persone alle quali «è stata resa la parola». Ieri la dettagliatissima (anche troppo, forse) sintesi, dei dibattiti e del programma che il Ps aveva già approvato lo scorso giugno, in un catalogo che conta un centinaio di proposte concrete. La nota sociale appare quella prevalente. Innalzamento del salario minimo a 1500 euro mensili. Rivalorizzazione dei salari più bassi. Aumento delle pensioni minime del 5 per cento. Sanità gratuita per i giovani fino ai 16 anni. Scolarizzazione generale fin dai tre anni di età. Scorporo in diverse scuole di tutti gli istituti che contino più di 600 allievi. Piani massicci di formazione professionale da affidare alle regioni. Formazione professionale immediata per i 180mila giovani che oggi escono dalla scuola anzitempo, privi di uno straccio di diploma. Incoraggiamento alla sindacalizzazione attraverso la detrazione fiscale dei costi di adesione. Detrazioni fiscali per le imprese costrette a delocalizzare, ma in cambio di posti di lavoro.

Esortazioni costanti al dialogo sociale, fin dalla Conferenza nazionale sulla questione salariale che, qualora eletta, Ségolène convocherebbe già nel prossimo giugno. Giusta valorizzazione del lavoro femminile, la cui retribuzione, a parità di qualifica, è oggi del 25 per cento inferiore a quella maschile. Garanzia di un alloggio per tutti: quote di edilizia popolare da rispettare per tutti i comuni, pena l’intervento diretto dello Stato a spese delle municipalità inadempienti, possibilità di requisizione di case vuote da almeno due anni, contributi agli inquilini che rischiano lo sfratto per cambiamento e aumento vertiginoso dell’affitto. Riforma dell’indice dei prezzi, che oggi non riflette la realtà del carovita. Quanto al finanziamento di tutto ciò, è un fronte che si è aperto ieri, e che gli avversari bombardavano già dalla prima serata.

L’altro punto forte ci è sembrato essere il capitolo delle riforme istituzionali, tale di configurare «una nuova Repubblica». Riforma del Senato (che oggi non è sottoposto al suffragio degli elettori, ma solo degli eletti), abolizione dell’articolo costituzionale (il celebre 49.3) che consente al governo di porre la fiducia saltando il dibattito parlamentare, la presidenza della Commissione finanze da affidare automaticamente ad un membro dell’opposizione, l’introduzione del referendum di iniziativa popolare. Ma soprattutto un massiccio trasferimento di competenze dallo Stato centrale «colbertista e giacobino, pesante e farraginoso», alle regioni, che in Francia contano più o meno come da noi le Province: elementi di federalismo, in un paese che l’ha sempre respinto come il diavolo fugge dall’acquasanta.

In molti avevano rimproverato a Ségolène Royal mancanza di visione internazionale, inesperienza, provincialismo. Ha voluto rassicurare gli europeisti. «Voglio che la Francia torni al tavolo europeo», e ha prefigurato un altro referendum costituzionale. Ha cantato «l’Europa potenza politica, che sarà oggetto da parte nostra di un ardore particolare». Al grande e trasversale partito del «no» ha offerto un nuovo articolo da inserire nello statuto della Banca centrale europea, dedicato «a crescita e occupazione».

Ha esaltato la Francia dei diritti dell’uomo, e ne ha fatto un parametro fisso della sua politica internazionale: verso la Cina, verso la Russia di Putin, verso le autocrazie e le dittature del mondo. Ha garantito «amicizia» per gli Stati Uniti, ma ha rivendicato il diritto di critica: «La taglia non ha nulla a che fare con i principi!». Ha posto in cima ai suoi pensieri presidenziali «l’eccellenza ambientale», le energie rinnovabili, occasione, oltretutto, «della creazione di almeno centomila posti di lavoro».

Ha prefigurato non un’uscita dal nucleare, ma la chiusura progressiva delle centrali più vecchie e obsolete. Il catalogo programmatico è stato lungo, due ore intere. È servito senz’altro a dare a Ségolène, che era rimasta troppo a lungo allo stato di icona, gambe per camminare, agganci solidi, risposte da fornire: nessuno potrà più irridere il «programma fantasma» della candidata socialista. Ségolène è di nuovo in piedi sul ring, ma la battaglia non fa che cominciare. Anche Nicolas Sarkozy era in campo ieri, alla Sala della Mutualité, luogo storico della sinistra in pieno Quartiere Latino. Ha ripetuto che la classica contrapposizione destra/sinistra non gl’interessa, nel momento in cui aspira a diventare il presidente di tutti i francesi: «Delle etichette me ne frego. Le convinzioni le rispetto». Vuole essere il presidente «dell’unione e della riconciliazione», e pesca a 360° nella storia e nel paesaggio politico nazionale. Il messaggio di Ségolène si vuole invece di rottura, di cambiamento radicale. Per ora hanno in comune una cosa sola: incarnano ambedue un netto salto generazionale.

* l’Unità, Pubblicato il: 12.02.07, Modificato il: 12.02.07 alle ore 11.02


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