Caro Gianni,
caro Vincenzo,
caro Saverio,
caro Federico,
cara Maria Costanza,
caro Domenico,
caro Mauro,
Caro Biagio,
caro Totti,
cari lettori,
ho deciso di lasciare la direzione della Voce di Fiore. Stavolta, non si tratta d’una trovata, d’una provocazione, d’una battuta, d’un motto, d’un refrain o qualcosa di artisticamente mediatico. La mia vita stava intrecciandosi troppo con questo giornale, da me fondato e da voi tutti tenuto, curato, migliorato, posizionato. La mia decisione è (...)

Caro direttore, quello che posso dirle è che mi spiace. Mi spiace per lei, per il Sud, per la mia, la nostra Calabria, per i politici che, ingegnosamente, si riciclano continuamente passando da una sponda all’altra, pur proveniendo tutti dalla "balena bianca". Ora guadagnano alle nostre spalle, fregandosene di tutto e di tutti. Quello che mi dispiace più di ogni cosa è che i calabresi, gli italiani, la stragrande maggioranza delle persone, ancora non ha capito che la democrazia in Italia non esiste. In fin dei conti, sarà retorica, ma è la realtà delle cose, i politici riescono a convincerci tutti di andare a votare, che noi rappresentiamo il potere, che noi siamo il popolo che regna sovrano, quando in realtà le cose stanno molto diversamente. Loro hanno bisogno di mimetizzarsi, di fare i parassiti alle nostre spalle. Il potere è loro: loro decidono per noi. Punto e basta. Così stanno le cose. Il resto non conta nulla: infatti il resto siamo noi.