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Al di là della trinità "edipica" - e "mammonica" ("Deus caritas est": Benedetto XVI, 2006)!!!!

LUCETTA SCARAFFIA E MARY ANN GLENDON: CONTRO IL FEMMINISMO, RILANCIANO LA VECCHIA "DIABOLICA ALLEANZA" CON LA CHIESA CATTOLICO-ROMANA. "NUOVA ALLEANZA"?!: A CONDIZIONE CHE ACCANTO A "MARIA" CI SIA "GIUSEPPE"!!! - a c. di Federico La Sala

Uscire dallo "stato di minorità" non significa mangiare un "piatto di lenticchie" ... né "sposare" il figlio!!!
venerdì 26 gennaio 2007
Un nuovo femminismo che tuteli la vita e non imiti soltanto i modelli maschili: un faccia a faccia ieri a Roma
Donne e Chiesa, nuova alleanza?
Nella storia del cristianesimo i primi casi di donne leader sul piano culturale e spirituale.
Per superare le incomprensioni è fondamentale proporre modelli di vera ed efficace complementarietà
Da Roma *
La Chiesa va d’accordo con le donne, ma non con il femminismo, se per femminismo intendiamo il movimento che si è sviluppato a partire dagli (...)

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> LUCETTA SCARAFFIA E MARY ANN GLENDON: CONTRO IL FEMMINISMO, RILANCIANO LA VECCHIA "DIABOLICA ALLEANZA" CON LA CHIESA CATTOLICO-ROMANA. --- Riconciliare eros e libertà. Il clima oggi è più favorevole (di Margherita Pelaja e Lucetta Scaraffia).

mercoledì 17 settembre 2008

anticipazione

L’accusa è di quelle che pesano e attribuisce alla Chiesa un pensiero «antimoderno» sulla sessualità. Due studiose, una laica e l’altra credente, smontano il luogo comune

Riconciliare eros e libertà

Non si tratta di emancipazione o di oscurantismo. Il clima oggi è più favorevole a un confronto tra etica laica e religiosa che veda nell’atto sessuale un nuovo incontro fra anima e corpo

DI MARGHERITA PELAJA E LUCETTA SCARAFFIA (Avvenire, 17.09.2008) *

Quasi tutte le culture hanno fatto ricorso alla religione per governare la sessualità e conferirle un senso sim­bolico. La sessualità si presenta a­gli esseri umani come contraddit­toria: da un lato potente origine della vita, dall’altro forza oscura che si impadronisce dell’uomo, gli fa perdere la padronanza di sé, e quindi deve essere domata. L’im­peto della passione infatti può mi­nacciare la debole coerenza dell’io: le religioni forniscono i mezzi più efficaci per salvaguardare la sua in­tegrità e controllare la violenza de­gli istinti. Le più antiche attitudini umane nei confronti della sessua­lità sono state la divinizzazione e la sacralizzazione, entrambe espres­sioni della percezione dell’amples­so come di una esperienza supe­riore, divina, per l’energia del desi­derio e l’estasi del piacere, per la partecipazione al potere feconda­tore.

Il monoteismo, stabilendo la tra­scendenza del sacro, implica la de­sacralizzazione delle potenze vitali e sessuali. Il cristianesimo si diffe­renzia tuttavia dagli altri monotei­smi a causa dell’Incarnazione, e i­naugura così un nuovo modo di dare senso spirituale, all’atto ses­suale. Dio che si è fatto carne, i corpi che resuscitano, i corpi visti come tempio dello Spirito Santo conducono infatti a una comples­sità nuova del rapporto con la car­ne, che diventa essa stessa parte e strumento del cammino spirituale che ogni cristiano deve compiere. Per la cultura cristiana, il desiderio dell’altro fa parte della dimensione corporea, ed è quindi positivo, per­ché in essa si rispecchia la volontà di Dio. Il comportamento sessuale diventa allora un altro percorso dell’evoluzione spirituale, sia nella via ascetica, sia in quella matrimo­niale: e in tale percorso si intrec­ciano naturalmente carne e spirito, sentimenti ed eros.

Ma la posizione attuale della Chiesa nei confronti della sessualità è veramente op­pressiva e «antimoderna»? Abbia­mo voluto consapevolmente sfug­gire all’atteggiamento che Odo Marquard individua come specifi­co dell’epoca moderna, cioè la tra­sformazione della storia in un tri­bunale al quale «l’uomo sfugge solo identificandosi con esso». Abbiamo preferito non diventare un tribuna­le, né due tribunali in confronto fra loro, ma invece ricostruire il pro­cesso storico che ha portato fino al­la situazione attuale sia la Chiesa sia i suoi critici. Nel ricorso alla sto­ria che giudica infatti, abbiamo col­to quello che si può considerare un luogo comune tipico della moder­nità: quello che fa sì che colui che accusa «assumendo monopolio dell’accusa biasima, quanto al male nel mondo, gli altri uomini in quanto riluttanti all’emancipazio- ne, in quanto cattivi uomini creato­ri, e li condanna immediatamente a diventare passato».

La concezione rivoluzionaria del­l’atto sessuale proposta dal cristia­nesimo delle origini e poi ap­profondita e articolata dalla Chiesa è stata considerata negli ultimi se­coli obsoleta e dannosa: le scienze moderne - medici, antropologi, poi sessuologi - hanno elaborato una categoria astratta, quella di sessualità,da studiare come feno­meno a parte, e da disciplinare se­condo criteri generali, che si sareb­bero voluti scientifici ma che spes­so sono diventati ideologici. A tali criteri si sarebbe dovuto confor­mare il comportamento dei singo­li, magari con il sostegno e il consi­glio degli «esperti».

Per lunghissimi secoli, la vi­sione cattolica ha inserito in­vece il comportamento ses­suale all’interno del cammino per­sonale di purificazione e di santifi­cazione che è compito di ogni cri­stiano, in quel fragile equilibrio tra corpo e anima che è costitutivo di una tradizione religiosa fondata sull’Incarnazione; ma anche all’in­terno di un sistema morale globa­le, costruito sugli enunciati gene­rali del peccato e della sua condan­na, e sulla distin­zione del lecito dal­l’illecito. Almeno fino alla metà del Novecen­to queste due im­postazioni non po­tevano comunicare fra di loro, perché erano per molti a­spetti incommensurabili.

Sarà solo quando la Chiesa - a par­tire dall’Humanae vitae, per prose­guire più decisamente con la nuo­va proposta teorica di Wojtyla - co­mincia ad affrontare in termini a­stratti il problema del comporta­mento sessuale, che lo scontro si trasferirà su un terreno comune. Solo allora cioè diventerà chiaro che non si tratta semplicemente di una dialettica fra libertà e oppres­sione, tra emancipazione e oscu­rantismo, ma del conflitto fra due diverse concezioni di sessualità: l’una, quella laica, che colloca an­che l’atto sessuale nella sfera della libertà individuale, l’altra, quella cattolica, che lo giudica e lo defini­sce come momento importante del percorso spirituale di ogni cre­dente, un incontro fra anima e cor­po che non si può sottrarre al ri­spetto delle regole religiose. L’una basata su un’analisi scientifica del­la sessualità e sull’autonomia del soggetto intesa come valore domi­nante, l’altra fondata sulla costitu­zione dell’individuo come soggetto morale in un sistema di norme de­finite. Per dirlo con le parole di Foucault, «il compito di mettersi alla prova, di analizzarsi, di con­trollarsi di una serie di esercizi ben definiti pone la questione della ve­rità - di ciò che si è, di ciò che si fa e di ciò che si è capaci di fare - nel cuore della costituzione del sog­getto morale».

Oggi - paradossalmente, vi­sta l’asprezza del dibattito politico-ideologico - è pos­sibile forse un approccio meno conflittuale al problema, almeno dal punto di vista teorico. La diffe­renza fra le due concezioni non co­stituisce più un momento brucian­te di scontro nelle società occiden­tali, come è stato almeno fino alla metà del Novecento: nei paesi «a­vanzati » sembra aver prevalso, nel­la mentalità comune, la proposta laica, ma questa nello stesso tem­po è stata sottoposta a critiche da diversi punti di vista - quello fem­minile, ma anche quello di intellet­tuali laici come Marcel Gauchet - senza che ciò abbia comportato l’adesione alla visione cattolica, come sarebbe accaduto quando i due schieramenti si fronteggiava­no polarizzati. Mentre sono caduti alcuni orpelli ideologici, e soprat­tutto l’illusione che la libertà ses­suale costituisca di per sé una con­dizione fondamentale per la feli­cità individuale, altre categorie hanno subito slittamenti di collo­cazione e di significato: la natura, ad esempio, invocata dai teorici della rivoluzione sessuale come garante di una sessualità finalmen­te libera da condizionamenti so­ciali e religiosi, è diventata richia­mo severo della Chiesa e un ordine immutabile nella procreazione; la sfera privata, difesa dai moderniz­zatori laici come ambito intoccabi­le di scelta individuale, appare pro­sciugata di senso e di valori, e sem­bra respingere soprattutto le don­ne in antiche solitudini, nel rap­porto con il proprio corpo e con il proprio desiderio, nella scelta di maternità. È tempo, forse, che il comportamento sessuale torni a essere problema collettivo.

*

IL LIBRO

Oltre il cattivo stereotipo della sessuofobia cattolica

Il luogo comune è solido: per il cattolicesimo il piacere è colpa, il sesso peccato. Da praticare con parsimonia e disagio esclusivamente nel matrimonio e principalmente per procreare. Alcuni enunciati si ripetono nel corso del tempo nella predicazione cattolica fino a rendere possibile una sintesi così brutale. Ma sensibilità più libere, analisi circostanziate dei testi e delle politiche possono di volta in volta articolare, smentire, fino a sgretolare il potenziale conoscitivo di un assunto così generico. È quel che intende mostrare il libro «Due in una carne. Chiesa e sessualità nella storia» scritto da due studiose - una laica e l’altra cattolica, Margherita Pelaja e Lucetta Scaraffia - che esce oggi da Laterza (pagine 322, euro 18) e dal quale anticipiamo un brano.

La loro indagine rivela come il tentativo di unire lo spirito alla carne, e quindi valorizzare spiritualmente la sessualità, segni potentemente periodi e figure della storia della Chiesa - basti pensare al «Cantico dei Cantici» - mentre una politica della sessualità che alterna repressione e clemenza scorre parallela e agisce da efficace sistema di governo delle anime dei fedeli. La soluzione è sofisticata e funziona per secoli, finché non viene erosa dal primato della scienza che sembra dominare la modernità.


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