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Al di là della trinità "edipica" - e "mammonica" ("Deus caritas est": Benedetto XVI, 2006)!!!!

LUCETTA SCARAFFIA E MARY ANN GLENDON: CONTRO IL FEMMINISMO, RILANCIANO LA VECCHIA "DIABOLICA ALLEANZA" CON LA CHIESA CATTOLICO-ROMANA. "NUOVA ALLEANZA"?!: A CONDIZIONE CHE ACCANTO A "MARIA" CI SIA "GIUSEPPE"!!! - a c. di Federico La Sala

Uscire dallo "stato di minorità" non significa mangiare un "piatto di lenticchie" ... né "sposare" il figlio!!!
venerdì 26 gennaio 2007
Un nuovo femminismo che tuteli la vita e non imiti soltanto i modelli maschili: un faccia a faccia ieri a Roma
Donne e Chiesa, nuova alleanza?
Nella storia del cristianesimo i primi casi di donne leader sul piano culturale e spirituale.
Per superare le incomprensioni è fondamentale proporre modelli di vera ed efficace complementarietà
Da Roma *
La Chiesa va d’accordo con le donne, ma non con il femminismo, se per femminismo intendiamo il movimento che si è sviluppato a partire dagli (...)

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> L’anno della fede secondo Ratzinger. Per i cristiani, la fede è raccolta e tramandata attraverso due strumenti indispensabili: il Credo e il Catechismo. Chi, come me, ha avuto ancora la fortuna di impararli a memoria, sa come essi diventino il cuore parlante che guida la vita di ogni cristiano.

martedì 18 ottobre 2011

L’anno della fede secondo Ratzinger

di Lucetta Scaraffia (Il Messaggero, 18 ottobre 2011)

BENEDETTO XVI ci ha abituati ormai a un pensiero che vola alto, al di sopra delle circostanze storiche che stiamo vivendo, un pensiero che segnala la meta più alta, quella vera, in momenti in cui tutti sembrano solo presi dai problemi del momento. Lo ha fatto anche adesso, nella lettera apostolica che introduce all’Anno della fede, da lui proclamato per il periodo che va dall’11 ottobre 2012 al 24 novembre 2013. Con questa proclamazione si riporta l’attenzione dei cristiani alla radice profonda del loro impegno, la fede, cioè ciò che giustifica tutta la loro vita Questo fa capire chiaramente come tante dispute a cui assistiamo oggi sul ruolo dei cattolici, ad esempio in politica, o davanti ai problemi posti dalle tecnoscienze, siano in realtà questioni secondarie, che si possono affrontare e risolvere solo ritornando al fondamento di tutto, la fede. E invece proprio della fede, spesso, i credenti sembrano dimenticarsi: «Capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, scrive il Papa continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune.

In effetti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato». Negato non solo come atto volontario del cuore e della mente, quando non accettano di credere, ma anche come presupposto culturale che informa le nostre vite: «Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone». All’origine di ogni crisi culturale e sociale che travaglia la post-modernità in cui viviamo, ricorda il Papa con queste parole, c’è solo la mancanza di fede. È una risposta che vale anche nei confronti della crisi economica perché, come ha detto Gesù, bisogna darsi «da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la via eterna». E tutto il resto seguirà.

La data scelta per iniziare questa riflessione sulla fede è l’anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, perché, dice Benedetto XVI, questo anno della fede deve essere considerato una «conseguenza ed esigenza postconciliare». In un momento in cui sembrano riaprirsi le grandi polemiche sull’interpretazione del Concilio, in cui gli opposti schieramenti rivendicano la correttezza della loro visione di ciò che è stato e delle conseguenze che ha avuto, il Papa, con questa coincidenza voluta, fa capire come l’unica interpretazione possibile sta proprio al cuore dell’essere cristiano, piuttosto che nelle tante possibili declinazioni che ne possono derivare.

In questo modo egli ci ricorda come il Concilio non sia solo opera degli uomini, ma momento in cui la rivelazione ha continuato a manifestarsi, a farsi ascoltare, come è avvenuto sempre nel corso della storia della Chiesa: «Sento più che mai il dovere di additare il Concilio come la grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel secolo XX: in esso ci è offerta una sicura bussola per orientarci nel cammino del secolo che si apre». Il Concilio letto alla luce della fede, che unifica i cristiani invece di dividerli.

Questo anno della fede, ovviamente rivolto ai credenti nella duplice via di attenzione rinnovata alla liturgia e alla testimonianza di ciascuna vita, testimonianza che deve essere intesa anche pubblica, si rivolge anche a coloro che, pur non credendo ancora, cercano un senso nella vita, perché «questa ricerca è un autentico preambolo», alla fede, perché muove le persone sulla strada che conduce al mistero di Dio. La stessa ragione dell’uomo, infatti, porta insita l’esigenza di «ciò che vale e permane sempre».

L’attenzione di Benedetto XVI è sempre rivolta come abbiamo visto anche recentemente nel viaggio in Germania, come si legge in tutte le sue opere oltre che ai credenti, anche alle persone che cercano, a coloro che vorrebbero incontrare la verità. Ogni suo atto e decisione viene sempre declinata e spiegata anche per loro. Per i cristiani, la fede è raccolta e tramandata attraverso due strumenti indispensabili: il Credo e il Catechismo. Chi, come me, ha avuto ancora la fortuna di impararli a memoria, sa come essi diventino il cuore parlante che guida la vita di ogni cristiano.

Nella lettera apostolica, il Papa cita spesso il suo amato Agostino, ma alla fine ci ricorda che l’esempio più perfetto di fede è Maria, che con la sua semplice ma forte adesione alla fede ha cambiato le sorti del genere umano.


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