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Esordio

PIERROT FUMISTA. La dichiarazione-poetica della "FUMISTERIA ERMENEUTICA" di Luca Salvatore

mercoledì 27 dicembre 2006 di Federico La Sala
PIERROT FUMISTA*
Per il compiersi della risolutezza suprema
serve una certa inclinazione all’ebbrezza
e soprattutto dei gran pasticci alla crema
L.S.
Notte di gala e gran chiasso al ballo degli Impiccati
fan piroette e balzi quei roridi monconi ritorti
- do, mi, sol - allegri festanti ubriachi e sfangati
girano in tondo, davvero non pare sian morti!
Vino e cervello guasto canto, del lor Fattore la morte,
l’ultimo ideale sospiro e singhiozzo nel (...)

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> PIERROT FUMISTA. La dichiarazione-poetica della "FUMISTERIA ERMENEUTICA" di Luca Salvatore

mercoledì 7 marzo 2007

La ’’fumisteria ermeneutica’’ di Luca Salvatore

Il neo-poèta Luca Salvatore si consegna al pubblico con la plaquette ‘’Fumisteria ermeneutica’’ che, già nel titolo, indica una linea di percorso tanto sul piano tematico, quanto linguistico. Intanto l’allusione ad una sorta di gusto di giocare con le parole, le immagini, i sentimenti, e in qualche modo di sbalordire, nel rimando a situazioni di tipo moralistico-satirico, non viene tradita anzi, fin dai primi versi, si coglie bene nella tensione, che viene mantenuta pressocché costante e intatta, così come permane il bisogno, da parte del lettore, di ricorrere alla interpretazione non semplice, talvolta addirittura complicata da un generale clima di ermetismo che domina e rende ambigua la comunicazione. Dunque si tratta di poèsia di non facile o immediato approccio nel suo ricorso ad un linguaggio assai articolato, nella robustezza della costruzione che cede poco all’orecchio e al compiacimento, nel suo innervarsi intorno ad un narrato ben costruito e talora dissolutore o tendente alla dissoluzione e allo scompaginamento dell’orizzonte di attesa. Poèsia fortemente pensata e da pensare e dunque da leggere e da rileggere con sempre la sensazione di non cogliere in toto la molteplicità delle inferenze suggerite ed alluse, di afferrare momenti con alto valore connotativi con il rischio di vederli sfuggire per ricostringersi a nuovi abbozzi di percorsi destinati, a loro volta, al franamento consapevole dell’insieme e alla frammentazione comprensiva. E torna ancora il miracolo della poèsia nel suo saper essere diversa da situazone a situazione e da momento a momento con la straordinaria modalità della personalizzazione e della originalità. L’autore fugge dalla consuetudine e dalla scontatezza, dall’usualità quotidiana, ed è sempre vigile ponendosi in chiave contrastiva o in opposizione e rifuggendo da ogni tentativo di insabbiamento, di irreggimentazione e di ‘’impaludamento contemporaneo’’ come annota, in prefazione, Cesare Oddera. Ne consegue che forma, stile linguistico, modulo espressivo, finiscono per formare una sorta di unicum con le indicazioni tematico-contenutistiche; non ci sono concessioni facili né tentativi di edulcorazioni, pure sempre possibili, ma dichiarazioni forti consegnate spesso alla durezza della lingua:

‘’Sono il penultimo di na razza umiliata, baldracca dedita allo smercio, alla lotta impari, allo scherno’’

E non inganni la scelta dell’autore di collocarsi al penultimo posto e non alla scontata ultima posizione (dopo l’ultimo può anche accadere che si ricomincia daccapo), né suoni come una possibilità, sia pure molto vaga o una speranza ( meglio penultimo che ultimo) che non sembra profilarsi nemmeno all’orizzonte lontano a meno che non la si voglia ritrovare nel ‘’trionfio dell’ opera postuma’’ o nei ‘’contraltari’’ o ancora ‘’nello splendore incomparabile dei morti’’. E così dalla collocazione emarginata, stabilita, acclarata, al Pierrot più in generale al pagliaccio, il passaggio non solo è breve ma inevitabile quasi nel rimando indiretto, ma non meno efficace, del saltimbanco palazzeschiano. Allo stesso modo il passaggio dall’’’Acqua sporca’’ all’’’Acqua santa’’ diviene quasi del tutto naturale così come appare ovvio che Pierrot possa sbronzarsi al bancone e infischiarsene, almeno sul piano della pura apparenza o della finzione o dell’’’ermeneutica’’ e della ‘’Fumisteria’’. E così il mondo poetico diventa pullulante di rimandi, appoggiati lievemente ad altri richiami, di leggerezze gravi, di figure lungo una linea di demarcazione che può essere superata solo a certe condizioni. E ci sono stamberghe e boudoir, boia mentitori del niente, corsari e predoni, relitti, lestofanti, riottosi e ancora Pierrots-paria. E tutti costoro, manco a dirlo, sono amici del poèta nella dichiarazione aperta dell’appartenenza con il senso ogoglioso della stessa in una condizione che, a tratti, si carica di sordidezza e di canagliume. E tuttavia tale situazione non impedisce, per qualche fugace momento, che affiori, sia pure nella forma interogativo-dubitativsa, troncata dal successivo diniego, una qualche vaghezza di speranza-illusione, magari in parte inconsapevole:

‘’Se credo all’amore? Spiacente quello è ancora proibito’’

Lo stesso può cogliersi in altre situazioni di tipo ottativo:

‘’Luna compari ed esca pure l’Amore, certo saprà liberarmi, o ridurmi in catene’’

Non è un caso che se il richiamo alla morte è pressante, non manca qualche spunto alla vita e che se la notte ritorna sovente, talora compare la luna e, se intorno ci sono sonagli d’impiccato, bari, sgualdrine e tanto ancora, il poèta è autorizzato a violare tutto. Forse è ancora troppo piccolo lo spiraglio che consente alla luce di baluginare ed è ancora tale da non addolcire la condizione pessimistica che domina, accentuata anche dagli esergo con la loro portata carica di voluta ambiguità e di indicazioni sinistre nella sinteticità espressive e della orientalizzazione del verso, pur con qualche eccezione e con orecchiamenti alla rima. Ma il cammino poetico di Luca salvatore è appena all’inizio e dunque molta è la strada da compiere ed altre prove lo attendono e siamo certi di rileggerlo e di ritrovare, nell’identico carico di tensione emotiva, qualche asperità ammorbidita sulla linea di aperture minime sempre nel gioco abile di incastro della parola.

Mario Santoro


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