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Mnemosyne

LE IMMAGINI, L’IMMAGINAZIONE, E LA STORIA: LE "NINFE". Sulle tracce di Benjamin e Warburg, un lavoro di Giorgio Agamben.

lunedì 8 gennaio 2007 di Maria Paola Falchinelli
ninfe *
In ogni immagine un anticipo e un ricordo
L’osservazione del cielo è la grazia e la maledizione dell’uomo.
«La storia dell’umanità è sempre storia di fantasmi e di immagini, perché è nell’immaginazione che ha luogo la frattura fra l’individuale e l’impersonale, il molteplice e l’unico, il sensibile e l’intellegibile...»
di Giorgio Agamben (il manifesto, 06.01.2007)
Nei primi mesi del 2003 si poteva vedere al Getty Museum di Los Angeles una mostra di video di Bill Viola intitolata (...)

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> LE IMMAGINI, L’IMMAGINAZIONE, E LA STORIA --- L’ARTE "NELL’EPOCA DELLA SUA COMUNICAZIONE". In memoria dell’aura (Lorenzo Taiuti).

giovedì 28 gennaio 2021

In memoria dell’aura. La questione del digitale nei musei

Con la diffusione della pandemia, i musei devono sempre più veicolare i propri contenuti attraverso le nuove tecnologie. Ma che fine fa la componente fisica dell’opera d’arte?

di Lorenzo Taiuti *

      • [Foto] Christopher Nolan, Inception (2011)

Nel film di Christopher Nolan Inception, travolgente riflessione sul rapporto fra spazio, memoria e sogno, fra architettura e mente, accade che le immagini inizino a tremare, le pareti crollino, la realtà sfugga alle leggi di gravità e si frantumi. La realtà è ricostruita digitalmente, una Realtà/Falso che vive nel sogno (artificiale, drogato) di uno dei personaggi. Quando qualcosa mette in dubbio la struttura narrativa e visiva creata, l’illusione si autodistrugge. Le forme dell’arte d’oggi sono basate su una serie di codici dove il rapporto fra visione e concetto ispiratore del lavoro crea un’architettura fragile, che si rinnova continuamente con elementi sempre nuovi e imprevedibili. Un effetto di “sfocatura” sulla realtà si accompagna sempre all’esperienza di visione di un lavoro creativo.

      • [Foto] I cioccolatini Raffaello prodotti da Ferrero

LA STRATEGIA DEL VIDEO NEI MUSEI

Cosa succede al rapporto opera-utente quando questa percezione avviene attraverso un medium di riproduzione? Sta succedendo in musei e gallerie nel periodo della pandemia. I musei hanno per anni tenuto al minimo la strategia del video, nella sacra paura dei diritti d’immagine, della desacralizzazione dell’opera, della perdita di richiamo del museo quando i suoi contenuti diventano “pubblici”, della perdita di aura e di mistero. Il che vorrebbe dire, però, che la riproduzione delle opere di Raffaello su segnalibri, scatole di cioccolatini, pubblicità di intimo e quant’altro ha stancato l’attenzione del pubblico. La mostra di Raffaello alle Scuderie del Quirinale a Roma è stato un successo fra i maggiori. L’oggetto reale resta il punto centrale dell’esperienza estetica.

LA MEDIAZIONE TECNOLOGICA

Il problema è, al contrario, arrivare a costruire un’esperienza mediata dalla riproduzione tecnologica. È un problema di sempre. Il regista francese Henri-Georges Clouzot, nel suo famoso documentario su Picasso, arriva a tradurre l’esperienza statica della pittura in un “time based language” filmando l’atto del dipingere attraverso un vetro. Con i continui cambiamenti e modifiche apportati da Picasso al quadro, quest’ultimo diventava cinema, video, animazione.

Il recente spostamento online di Ars Electronica Festival ha tradotto tutto in video-online con un effetto dominante di “televisione digitale”. Le soluzioni per una virtualità online sono all’inizio, e si ricordano le esperienze della videoarte degli Anni Sessanta e Settanta, che proponevano sia la documentazione (happening, performance) sia l’uso parallelo del video in funzione estetica (come il cinema d’artista), che è un percorso cinetico attraverso idee, immagini e percezioni.

VERSO UN LINGUAGGIO DIGITALE DIFFUSO

Questa ricerca sull’immagine “comunicata” dell’arte si trasforma da “nell’epoca della sua riproduzione” (Walter Benjamin) a “nell’epoca della sua comunicazione”. Nuovi linguaggi comunicativi trasformeranno la testimonianza documentaria in prodotto estetico. Un esempio è il video applicato alla danza contemporanea, la “videodanza” degli Anni Ottanta, che ha portato a significative modifiche linguistiche, facendo aderire il video agli spazi e ai movimenti della danza. Per ultimo, ma non ultimo: quando l’olografia, il 3D e tante altre promesse iniziali del digitale diventeranno linguaggi diffusi? Si apriranno nuove strade.

* Fonte: Artribune, 28.10.2020 (ripresa parziale, senza allegati).


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