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Eu-ropa!!!

FOIBE: GIORNO DEL RICORDO. MEMORIE E VERITA’!!! «Non dobbiamo tacere, assumendoci la responsabilità di aver negato o teso ad ignorare la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica» (Il Presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano) - a cura del prof. Federico La Sala

sabato 10 febbraio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] «La disumana ferocia delle foibe fu una delle barbarie del secolo scorso, in cui si intrecciarono in Europa cultura e barbarie. Non bisogna mai smarrire consapevolezza di ciò - ha sottolineato - nel valorizzare i tratti più nobili della nostra tradizione storica e nel consolidare i lineamenti di civiltà, di pace, di libertà, di tolleranza, di solidarietà della nuova Europa che stiamo costruendo da oltre 50 anni, e che è nata dal rifiuto dei nazionalismi aggressivi e oppressivi, da (...)

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ESULI E RIMASTI

domenica 30 dicembre 2012

Rimasti e rimanenza A proposito dei cittadini croati e sloveni di espressione italiana


Nelle occasioni ufficiali e nella stessa pubblicistica giuliana, istriana e dalmata si parla, ormai sistematicamente, dei cosiddetti “rimasti”, ovvero di coloro che non scelsero la via dell’esilio e preferirono stare a casa, nella presunzione che questa scelta fosse, a vario titolo, la più conveniente. E’ appena il caso di rilevare che oggi, nella classificazione dei “rimasti”, si comprendono anche i loro eredi di seconda e terza generazione, diversamente da quanto accade per gli esuli, nel cui caso si preferisce fare riferimento ai discendenti, che esprimono una realtà diversa, per non avere sperimentato, in specie nel caso dei più giovani, il dolore della partenza e della diaspora.

Sulla quantificazione degli esuli e dei “rimasti” si sono versati fiumi d’inchiostro, ma nessuno può sollevare il minimo dubbio sulla differenza abissale che separa gli uni dagli altri. Il solo fatto che l’esodo si sia protratto per tanto tempo, alla luce delle diverse vicende politiche occorse alle zone di provenienza (Zara e Fiume apparvero subito condannate, mentre a Pola, e soprattutto nella Zona “B” del mai costituito TLT si confidò a lungo nella salvezza, senza dire che molti attesero le elezioni italiane del 18 aprile 1948 nel timore di un successo comunista) ha reso impossibile una rilevazione precisa, ma le fonti più accreditate sono concordi nella stima di 350 mila unità.

La percentuale dei “rimasti”, alla fine, fu quasi marginale, tanto che la storiografia contemporanea ne quantifica la consistenza in meno di 30 mila. Si deve aggiungere che gran parte di costoro appartengono alle nuove generazioni, costituite dai figli e dai nipoti di quelli che scelsero di restare; e che laddove si effettuasse una trasposizione analoga per gli esuli, la cifra iniziale di 350 mila aumenterebbe a dismisura, dovendosi tenere conto di un’evoluzione demografica quanto meno proporzionale.

Prescindendo dalle cifre, da cui emergono grandezze comunque non comparabili, va detto che al giorno d’oggi parlare dei “rimasti” come di italiani che furono in grado di resistere alla prevaricazione ed all’usurpazione, o se non altro, di tenere alta la bandiera, è una palese forzatura, trattandosi nella realtà di cittadini croati e sloveni di espressione italiana, o meglio bilingue. In effetti, non si può parlare nemmeno di “rimasti”, se non per la quota ormai largamente minoritaria di quanti decisero di non esodare.

Rimanere, secondo il vocabolario, vuol dire restare, ma fra gli altri significati, concordare: cosa che si può condividere senz’altro anche nella fattispecie, perché la maggioranza dei “rimasti”, fatta eccezione per talune persone anziane e malate, fu certamente d’accordo, almeno in una prima fase, con il nuovo regime e con le sue promesse di palingenesi democratica ed egualitaria: un sogno utopistico, che avrebbe indotto bruschi e drammatici risvegli dei quali è rimasta traccia significativa in memorie e testimonianze dirette e nelle realizzazioni cinematografiche dell’epoca, come “La città dolente”.

Oggi, i veri “rimasti” altro non sono, a ben vedere, se non la rimanenza della rimanenza, ed in ogni caso, esprimono una componente etnica del tutto marginale nell’ambito dei rispettivi Paesi. In particolare, gli sloveni di espressione italiana sono poco più dell’uno per mille, mentre in Croazia la quota è di poco superiore, ma sono tredici le altre etnie quantitativamente prevalenti.

Con questo, non si vuol dire che i “rimasti” non abbiano diritto a specifiche attenzioni, ma dimensionare il fenomeno nella sua reale consistenza e sottolineare, cifre alla mano, che la grande scelta di giustizia e di civiltà fu fatta solo dagli esuli, a cui dovrebbero competere riconoscimenti che, al contrario, sono stati sempre negati, o nella migliore delle ipotesi elargiti con il contagocce (basti pensare alla tutela delle tombe oltre confine, alla surreale vicenda degli indennizzi o risarcimenti che dir si voglia, alle questioni anagrafiche e previdenziali, e per finire, al lungo silenzio ufficiale sulle vicende storiche di Venezia Giulia e Dalmazia, ed in particolare, sull’esodo e sulle foibe, eliso dal “Giorno del Ricordo” in misura spesso strumentale).

Non appare ragionevole sostenere che quello dei “rimasti” sia stato un merito, come capita di leggere in qualche dichiarazione ufficiale o nella stessa storiografia: al massimo, si potrà parlare di condizioni rese necessarie dalle circostanze, a meno che non si voglia dare un giudizio di valore positivo sul fatto di avere abbracciato l’invasore, in quanto vessillifero di una nuova ideologia che peraltro sarebbe stata impietosamente condannata dagli eventi.

Si potrebbe aggiungere che qualcuno di costoro è arrivato ad affermare, per dirne una, che la strage di Vergarolla del 18 agosto 1946 fu dovuta ad un mozzicone di sigaretta, quando tutti sanno quali ne furono le matrici, ed ora, anche nomi e cognomi dei responsabili, ma è preferibile sorvolare su interpretazioni surreali che non hanno alcun riscontro scientifico, né tanto meno, uno straccio di testimonianza.

Si può comprendere, ma non sempre giustificare - come nel caso di realizzazioni inutili per la mancanza di soggetti interessati a fruirne - che il Governo italiano intenda supportare la presenza “italiana” in Istria e Dalmazia, ma non si può fare a meno dal sottolineare che tali interventi, anziché maggioritari, avrebbero dovuto essere subordinati alle giuste e necessarie misure in favore degli esuli, già offesi dalle tante discriminazioni, fra cui i trattamenti pensionistici graziosamente elargiti a fior di infoibatori (senza dire che alcuni interventi, come quello in materia anagrafica, avrebbero avuto costo zero per la finanza statale).

La cooperazione è certamente commendevole, ma non deve essere a senso unico, se non al costo di perdere ogni fondamento etico.

carlo cesare montani


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