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Eu-ropa!!!

FOIBE: GIORNO DEL RICORDO. MEMORIE E VERITA’!!! «Non dobbiamo tacere, assumendoci la responsabilità di aver negato o teso ad ignorare la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica» (Il Presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano) - a cura del prof. Federico La Sala

sabato 10 febbraio 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] «La disumana ferocia delle foibe fu una delle barbarie del secolo scorso, in cui si intrecciarono in Europa cultura e barbarie. Non bisogna mai smarrire consapevolezza di ciò - ha sottolineato - nel valorizzare i tratti più nobili della nostra tradizione storica e nel consolidare i lineamenti di civiltà, di pace, di libertà, di tolleranza, di solidarietà della nuova Europa che stiamo costruendo da oltre 50 anni, e che è nata dal rifiuto dei nazionalismi aggressivi e oppressivi, da (...)

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> FOIBE: GIORNO DEL RICORDO. MEMORIE E VERITA’!!! «Non dobbiamo tacere, assumendoci la responsabilità di aver negato o teso ad ignorare la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica» (Il Presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano) --- TRIESTE. In occasione della giornata che domenica farà memoria delle vittime della violenza titina, apre il centro di documentazione (di Francesco Dal Mas).

giovedì 7 febbraio 2008


-  TRIESTE. In occasione della giornata che domenica farà memoria delle vittime della violenza titina, apre il centro di documentazione

-  Viene inaugurato a Basovizza, luogo delle fosse comuni e delle violenze comuniste, e vuole
-  essere un mezzo per la riappacificazione fra sloveni e italiani

Foibe, ricordo e riconciliazione

DA TRIESTE FRANCESCO DAL MAS (Avvenire, 07.02.2008)

Sotto il segno della ’memoria condivisa’. Di più: nella pro­spettiva della riconciliazione. Come, peraltro, sollecita il vescovo di Trieste Eugenio Ravignani, a o­gni ’Giorno del ricordo’. Quello del 10 febbraio, domenica prossi­ma, ha infatti in agenda l’inaugu­razione a Basovizza del Centro di documentazione, con la mostra storica permanente sulla stagione delle grandi violenze sul confine nordorientale. E ci sarà anche un testo didattico di accompagna­mento. Il tutto orientato ad una condivisione di questa tragica sto­ria: «o, almeno ci proviamo», si schermiscono i componenti della Commissione promossa dal Comu­ne di Trieste e composta dagli stori­ci Giuseppe Parlato (presidente), Raoul Pupo, Roberto Spazzali, Pao­lo Sardos Alberini (della Lega na­zionale, che ha in gestione il mu­seo) e Adriano Dugulin. Siamo ap­punto a Basovizza, sul Carso triesti­no, la foiba per antonomasia. Ma sulle foibe non ci si dilunga troppo in questo Centro, neppure nella Mostra; vengono descritte puntual­mente e si fa memoria degli infoi­bati, ma senza eccessi, senza ridon­danze. Si preferisce insistere sul concetto di stragi. Si fa netta distin­zione tra infoibati e deportati. Per l’inghiottitoio di Basovizza non ci si limita a rilanciare l’’ipotesi giorna­listica’ dei 2500 martiri che vi sa­rebbero stati sepolti. Gli storici hanno voluto una ricostruzione ’ri­spettosa della memoria’ ma anche ’rigorosa’ rispetto a quello che già si conosce.

Il ’Giorno del Ricordo’ coincide, si sa, con la data esatta del Trattato di pace di Parigi (che nel 1947 sancì la perdita dei territo­ri dell’Istria e di Pola) ed il dramma­tico esodo dei 350 mila italiani d’I­stria, Fiume e Dalmazia e le vittime delle Foibe. Si tratta di una delle pa­gine più drammatiche e dolorose della storia del Novecento sul con­fine Nordorientale.

Dopo decenni di letture opposte di quanto acca­duto; di separazioni e lacerazioni, si tenta, appunto, una ricucitura. Tan­to che domenica mattina il vescovo Ravignani officerà una messa sulla foiba, ritenendo, appunto, che, me­moria a parte, ci siano i presupposti almeno per una memoria riconci­liante. «Il Centro di documentazio­ne testimonia in primo luogo il pe­renne omaggio dell’Italia - sottoli­nea Raoul Pupo, uno degli storici più autorevoli su quest’area del Paese - alle vittime delle stragi. Allo stesso tempo consente di offrire migliore risposta alla domanda di storia che negli ultimi anni si è for­temente intensificata, soprattutto da parte del mondo della scuola».

La mostra permanente allestita nel Centro presenta infatti una spiega­zione, seppur sintetica, ma appun­to condivisa, dei fatti, delle logiche che li hanno prodotti e della loro collocazione «all’interno della sta­gione di conflitti e prevaricazioni che ha purtroppo distinto il Nove­cento al confine orientale d’Italia».

Per intenderci, se gli sloveni vo­gliono venire oggi a Basovizza - chiosa Pupo - possono farlo senza sentirsi sotto accusa. La Commis­sione come è riuscita a raggiunge­re un approdo che nessuno conte­sta? «Abbiamo scelto di evitare o­gni concessione alla retorica - ri­sponde Pupo -, convinti che l’evi­denza dei fatti possiede già una propria drammatica eloquenza.

Abbiamo inoltre cercato di evitare ogni ambiguità nel linguaggio, per­ché spesso in passato la confusione terminologica ha alimentato pole­miche irrispettose delle memorie dolenti che quegli episodi ancora e­vocano, ed ha spalancato spazi al negazionismo». Gli storici non han­no abdicato alla loro professione.

Qui, al Centro di Documentazione, tutte le cose vengono chiamate con il loro nome. Nulla si tace. Nulla si media, tanto meno si sottopone a compromesso. «Si è messo in luce come le foibe, cioè le cavità carsi­che - puntualizza Pupo - siano sta­te utilizzate per far scomparire par­te soltanto delle vittime delle stragi. E si è distinto fra gli infoibati e i più numerosi scomparsi nella deporta­zione ». Viene chiarito, per quanto possibile, ciò che accadde a Baso­vizza, tra la fine di aprile ed i primi di maggio del 1945, «ricordando - rileva ancora Pupo - i combatti­menti partigiani e tedeschi, l’inu­mazione nel pozzo dei caduti in battaglia da parte germanica, le te­stimonianze che ci parlano di pro­cessi sommari e della fucilazione di alcune centinaia di persone di na­zionalità italiana, i cui corpi venne­ro gettati nell’abisso assieme (non lo si dimentichi) a grandi quantità di materiali di ogni tipo. Abbiamo ricordato gli inutili tentativi di recu­pero delle salme e le polemiche che ne sono seguite, e particolare atten­zione è stata dedicata ai deportati».

Farà discutere- ma anche questa memoria è stata condivisa - il colle­gamento tra le stragi del 1945, che ebbero il loro epicentro nelle pro­vince di Trieste e Gorizia, «e la cui responsabilità pesa sul movimento di liberazione guidato da Tito e su­gli organi dello Stato comunista ju­goslavo », con gli episodi simili ac­caduti in Istria nel 1943, sempre a danno degli italiani, ed anche con le ’violenze di massa’ che segnaro­no la fine della guerra in Slovenia ed in Croazia, «sempre ad opera dei partigiani comunisti».

La mostra consente al visitatore di allargare lo sguardo «per poter meglio com­prendere come le stragi del 1945 abbiano costituito uno dei picchi delle violenze novecentesche nel­l’area dell’Adriatico orientale». Ec­co, quindi, una carrellata di imma­gini che iniziano con la devastazio­ne delle associazioni irredentiste i­taliane di Trieste nel 1915, che pro­seguono con l’incendio del Narod­ni Dom da parte dei fascisti nel 1920, la devastazione squadrista della sinagoga nel 1942, la creazio­ne del lager nazista della risiera di San Sabba. Una tragica carrellata che si conclude con il campo pro­fughi di Padriciano, vicino a Baso­vizza, che nel secondo dopoguerra ospitò alcuni gruppi di italiani esuli dall’Istria. «Si tratta di una sintesi delle tragedie del secolo scorso - osserva, concludendo, Pupo - con­centrata in quello che non a caso viene chiamato sempre più spesso il laboratorio giuliano».


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