LA BASE DAL MOLIN È CONTRO IL VANGELO. A VICENZA, I CRISTIANI PER LA PACE TORNANO IN PIAZZA *
36868. VICENZA-ADISTA. «Non è questo il tempo della festa, dell’inaugurazione, della benedizione, della retorica», ma è il tempo della «resistenza nel segno dell’amore». Migliaia di vicentini, convocati dalla “ala cattolica” del movimento No Dal Molin - il Coordinamento cristiani per la pace (promosso, oltre che da diverse parrocchie vicentine, da Famiglie per la pace, Agesci, Beati i costruttori di pace, Pax Christi, Acli, Giovani impegno missionario dei comboniani, Commissione giustizia e pace dei Servi di Maria di Lombardia e Veneto ed altre sigle) - si sono ritrovati nelle piazze della città berica e di fronte al “villaggio americano” dove alloggiano i militari Usa di stanza nella caserma Ederle, dal 28 al 30 settembre, per partecipare ad una serie di incontri, dibattiti, letture pubbliche, momenti di silenzio e ad un digiuno itinerante per ribadire il loro no alla nuova base militare statunitense, ormai prossima al “battesimo”, che sta sorgendo all’aeroporto Dal Molin (v. Adista nn. 9, 13, 15/07; 1, 25, 51, 61, 71/08; 4, 22, 86 e 93/09).
«Con molti altri cittadini non abbiamo condiviso la costruzione della nuova base militare Usa», spiegano i cristiani per la pace, già protagonisti, in passato, di diverse iniziative contro la base, come la distribuzione davanti alle parrocchie vicentine di oltre 60mila copie della lettera aperta “Una resistenza nel segno dell’amore” (v. Adista n. 9/08) e l’elaborazione del documento “La nuova base al Dal Molin: resistenza o resa?”, sulle ragioni etiche e teologiche per opporsi alla base (v. Adista n. 49/10). «Ci siamo impegnati per contrastarne la realizzazione, per smascherarne le reali finalità, per discernere secondo verità se è moralmente lecito investire tali e tante risorse nel nome della “pace armata”. E la risposta è sempre coerentemente la solita: Mai più la guerra!; Svuotate gli arsenali, riempite i granai!».
Una base militare che, ricordano, oltre alle questioni di natura “etica”, ha aggirato anche i passaggi amministrativi previsti dalla legge: niente valutazione di impatto ambientale, analisi dei volumi del traffico mai eseguita, rischi sulla falda acquifera ancora ignoti; senza contare che gli strombazzati nuovi posti di lavoro che la base statunitense avrebbe dovuto assicurare in grande abbondanza ai vicentini sono «quasi inesistenti». «La città avrebbe avuto il diritto di essere coinvolta nella scelta di questo nuovo insediamento», e questo non è avvenuto, protestano i cristiani per la pace che si chiedono: «Dopo aver messo alla porta i cittadini sarà ancora possibile recuperare un sano legame civico tra amministratori, organismi statali e regionali, militari e civili statunitensi e i vicentini stessi?».
«La divergenza fra chi sosteneva le ragioni pro base Usa e quelli che invece ritenevano che non si doveva costruire ha attraversato anche i credenti», ma «ci sembra che nelle nostre comunità abbia prevalso il timore sul coraggio», ribadisce il documento del Coordinamento cristiani per la pace, che conferma: la nostra fede ci fa dire senza incertezze che «nessuna guerra è giusta, nessuna guerra è umanitaria, nessuna guerra è intelligente e che la guerra preventiva è una perversione politica contemporanea. Bisogna schierarsi, senza paura di essere strumentalizzati. La buona notizia evangelica ci chiede infatti di fare scelte chiare a favore della vita», e le basi militari sono contro la vita. (luca kocci)
* Adista Notizie n. 35 del 06/10/2012