[...] La Chiesa risponde ad un’alterità, che non è di questo mondo.
Sotto questa luce evangelica sono pochi i momenti in una lunga serie di secoli in cui essa è stata fedele al suo Maestro: San Paolo dice "Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è nulla per ridurre a nulla le cose che sono (le cose che "credono di essere" più letterale).
Questo non significa una Chiesa degli estremismi e degli estremisti: ma nemmeno una Chiesa delle benedizioni dell’esistente, del perbenismo e dall’incapacità di profezia e di utopia, che è la stessa sua dimensione escatologica, usando un termine della teologia biblica, o per dirla col Cardinale Martini "sognare un mondo diverso", non come fuga dalla realtà ma tensione per cambiare una realtà segnata dalle ingiustizie e dal dolore [...]
Dopo il G8: Un teologo risponde ad Angelo Panebianco
Il Metro della Politica e quello di Cristo
di Giovanni Felice Mapelli*
L’editoriale di Angelo Panebianco sul Corriere della Sera del 30 luglio ha suscitato un’ondata di reazioni da parte di molti tra le associazioni del volontariato che si occupano in prima persona delle emergenze del mondo dei diseredati, ma anche da parte di molti teologi che hanno contribuito a scrivere quella che si chiama "dottrina sociale" della Chiesa, una teologia che si occupa di tradurre nella concretezza i principi evangelici e di realizzare quell’anticipazione del Regno di Dio, che in fondo è il Discorso della Montagna, altrimenti detto "Beatitudini".
Panebianco osserva dalla sua postazione di fìrma del più grande giornale italiano la Chiesa, come se fosse cosa tra cose, realtà immanente, e si precipita da uomo della stabilità delle cose terrene a dire che l’Istituzione doveva non fare questo e doveva invece fare quello.
L’errore che Egli imputa alla Chiesa, veramente ad una parte di essa, sarebbe quello di aver dato una "adesione massiccia e anche qualificata (benedetta da molti vescovi e cardinali)" alla protesta delG8.
Nel suo argomentare comincia da subito a descrivere missionari e missionarie, suore o religiosi come dei sognatori, che ascoltano il cuore anziché "ragionare delle cose dure e prosaiche, della politica".
Io gli rispondo meno male che c’è ancora gente, anche nella Chiesa che continua a ragionare "con il cuore", meno male: infatti non metto in dubbio che dentro la Chiesa, soprattutto ai piani alti delle stanze, ci sia stato spesso ed anche tuttora qualcuno che ha continuato a ragionare, nelle varie circostanze, con il metro della politica, diciamo cinica e machiavellica.
In fondo tra un sognatore illuso ed un burocrate dell’esistente ci sarà pure uno spazio: qualcuno che i principi evangelici vorrà cercare di tradurre nella realtà.
Ma Panebianco è ad un’altra Chiesa che forse guarda: una Chiesa che inserita nell’Occidente (ma questa collocazione non è certamente primaria oggi, basta guardare alle Chiese dei Paesi dell’ Africa e dell’America Latina oppure dell’Asia), tende ad essere potere tra i poteri: ma Cristo quando disse - la sera dell’ultima cena (in cui, secondo gli esegeti, fondò la Chiesa stessa attorno all’eucarestia) - ai suoi discepoli "I capi delle nazioni comandano su di esse, si fanno chiamare signori ma per voi non sia così..." non voleva una Chiesa di questo tipo.
Cioè dicendo per la Chiesa non sia così, Cristo non intendeva il suo compito nel mondo come un copiare le mire di potere e di dominio del mondo: non è suo compito questo.
La Chiesa risponde ad un’alterità, che non è di questo mondo.
Sotto questa luce evangelica sono pochi i momenti in una lunga serie di secoli in cui essa è stata fedele al suo Maestro: San Paolo dice "Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è nulla per ridurre a nulla le cose che sono (le cose che "credono di essere" più letterale).
Questo non significa una Chiesa degli estremismi e degli estremisti: ma nemmeno una Chiesa delle benedizioni dell’esistente, del perbenismo e dall’incapacità di profezia e di utopia, che è la stessa sua dimensione escatologica, usando un termine della teologia biblica, o per dirla col Cardinale Martini "sognare un mondo diverso", non come fuga dalla realtà ma tensione per cambiare una realtà segnata dalle ingiustizie e dal dolore.
Panebianco dice che a Genova non c’era nulla di compatibile col magistero della Chiesa: certamente la violenza no.
Ma Panebianco non sa cosa c’era veramente a Genova, né sa cosa non hanno costruito in settimane e settimane di incontri tutte quelle realtà associative laiche e cattoliche o di altre Chiese presenti ai meeting e ai dibattiti che facevano da corona al summit.
I documenti di lavoro presentati agli stessi Capi di Stato, gli Otto, dovevano essere poi sostenuti da una marcia di pace per le vie della città, come sia andata effettivamente e perché sia accaduto è tutto ancora da scoprire a fondo.
I cattolici e tutti i pacifisti, i non violenti che amano manifestare senza crear danno a nessuno, forse hanno soltanto sottovalutato l’invasività dei devastatori - evitiamo per favore di dar loro nomi che li esaltino ancora di più - e non immaginavano nemmeno una violenza diffusa tra i reparti delle forze dell’ordine.
Certo non c’erano tutti i buoni da una parte e tutti i cattivi dall’a1tra: ma pare che questa visione più che dei manifestanti con le mani levate e inermi sia stata quella della polizia e dei carabinieri che ha fatto di ogni erba un fascio, e di chi ha comandato loro di agire così.
Una cosa simile capitò a marzo a Napoli e noi fummo tra i primi a denunciarlo anche allora, quasi inascoltati.
In fondo neppure di fronte ai violenti la legge impone né permette di usare ritorsioni selvagge, figuriamoci sui cittadini civili e inermi. Ma questo, non riesce ancora ad entrare nella mente di chi si dichiara a difesa delle Istituzioni dello Stato e si ostina a negare inspiegabilmente la realtà.
Una cosa tanto semplice che fatica ad essere compresa: una coltre di coperture e giustificazionismi che non possono che peggiorare tutto e creare diffidenza e rancore tra i cittadini e le forze dell’ordine: cosa che pagherà poi il resto degli agenti, sicuramente maggioritario, che mai avrebbero agito a quella maniera.
Infine sul dialogo con l’Occidente e sugli antioccidentalismi: non è in gioco nella Chiesa un confronto costruttivo con l’Occidente, affatto, ma non si può pensare alla speranza evangelica contenuta tutta nello scandalo dell’ Occidente che vive a due passi da un mondo che muore: muore di malattie, di aids, di ignoranza, di sottosviluppo, di disprezzo totale dei diritti umani, di sfruttamento comunque condiviso dagli stessi potentati che vanno in giro a far conferenze e a magnificare ogni virtù di questa globalizzazione.
C’è poi un mondo povero qui tra i ricchi che non è invisibile e forse cresce, uno povero tra i poveri, dove i ricchi sono pochissimi, ed infine un rapporto tra i ricchi e i poveri, che oggi si incontrano, nelle nostre vie, approdati qui dai gommoni.
La Chiesa di Papa Wojtyla non ha smesso mai di dialogare con l’Occidente, non ha smesso mai di interpellarlo: ma attenzione, basta leggere alcune pagine tra le più importanti della dottrina sociale della Chiesa per capire che di sconti non ce ne sono, per nessuno: in particolar modo le encicliche "Centesimo Anno", e la "Sollecitudo rei socialis": dove il Papa dice che le risorse sono di tutti poiché Dio creatore le ha donate a tutta l’umanità, e chi ne è privato subisce un grave furto ma soprattutto viene violato nel suo diritto umano fondamentale.
Dove indica con chiarezza le strutture economiche, i sistemi politico-economici, che perversamente producono debiti su debiti per i paesi più poveri, dove lo scandalo del commercio delle armi imperversa e priva risorse per le spese alimentari e mediche o per le risorse tecnologiche, oltre a fomentare guerre e stragi come in Ruanda e Burundi, piuttosto che in Kosovo o in Medio Oriente, oppure il mercato chiuso all’accesso delle deboli offerte, dove a chi lavora vengono riservate le briciole nel passaggio globalizzato delle merci.
Ma gli Stati spesso sono andati per la loro strada, nell’assoluta sordità.
Il Papa in realtà, proprio per il suo prodigarsi per le strade del mondo,dove ha cercato di indicare una via più equa ai governanti di fronte alle enormi ingiustizie e tragedie, doveva essere lui il nono dei convitati al G8.
Un G9 o meglio G10 con l’ONU e poi di tutti gli altri non-grandi. Ma ci doveva essere non come vorrebbero gli osservatori che vedono la Chiesa o il Vaticano tra coloro che dovrebbero godere degli utili di una "globalizzazione reale" - Panebianco dice "Chiesa solidale con quel mondo di cui essa stessa è parte" - ma come profezia di "un’altra globalizzazione".
Il Papa seduto tra gli Otto poteva essere quella Chiesa che dice in nome di Cristo "Beati i poveri... beati gli assetati e affamati di giustizia... perché saranno saziati... Beati, perché di essi è il Regno dei Cieli
Che non solo indica, ma vive...
Una Chiesa che poteva far cadere senza violenza una zona rossa, che è divenuta oggi tragicamente la zona del sangue, mentre poteva essere la zona dell’incontro, dell’ascolto di chi ha soltanto la forza della voce, per chi non ha voce.
*Teologo Centro Studi Teologici - Milano
Fonte: IL DIALOGO - Da "l’Unità" di giovedì 9 agosto 2001
Sul tema, nel sito, si cfr. anche:
*** BUONA GIORNATA A VICENZA*** BUONA GIORNATA ALL’ITALIA ***
Vicenza. Comunicato dal presidio permanente: «Stia lontano chi vuole delegittimare o cavalcare la nostra lotta»
http://ww2.carta.org/notizieinmovimento/articles/art_10372.html
«Il futuro è nelle nostre mani», dossier dei comitati No Dal Molin
LA BASE DAL MOLIN È CONTRO IL VANGELO. A VICENZA, I CRISTIANI PER LA PACE TORNANO IN PIAZZA *
36868. VICENZA-ADISTA. «Non è questo il tempo della festa, dell’inaugurazione, della benedizione, della retorica», ma è il tempo della «resistenza nel segno dell’amore». Migliaia di vicentini, convocati dalla “ala cattolica” del movimento No Dal Molin - il Coordinamento cristiani per la pace (promosso, oltre che da diverse parrocchie vicentine, da Famiglie per la pace, Agesci, Beati i costruttori di pace, Pax Christi, Acli, Giovani impegno missionario dei comboniani, Commissione giustizia e pace dei Servi di Maria di Lombardia e Veneto ed altre sigle) - si sono ritrovati nelle piazze della città berica e di fronte al “villaggio americano” dove alloggiano i militari Usa di stanza nella caserma Ederle, dal 28 al 30 settembre, per partecipare ad una serie di incontri, dibattiti, letture pubbliche, momenti di silenzio e ad un digiuno itinerante per ribadire il loro no alla nuova base militare statunitense, ormai prossima al “battesimo”, che sta sorgendo all’aeroporto Dal Molin (v. Adista nn. 9, 13, 15/07; 1, 25, 51, 61, 71/08; 4, 22, 86 e 93/09).
«Con molti altri cittadini non abbiamo condiviso la costruzione della nuova base militare Usa», spiegano i cristiani per la pace, già protagonisti, in passato, di diverse iniziative contro la base, come la distribuzione davanti alle parrocchie vicentine di oltre 60mila copie della lettera aperta “Una resistenza nel segno dell’amore” (v. Adista n. 9/08) e l’elaborazione del documento “La nuova base al Dal Molin: resistenza o resa?”, sulle ragioni etiche e teologiche per opporsi alla base (v. Adista n. 49/10). «Ci siamo impegnati per contrastarne la realizzazione, per smascherarne le reali finalità, per discernere secondo verità se è moralmente lecito investire tali e tante risorse nel nome della “pace armata”. E la risposta è sempre coerentemente la solita: Mai più la guerra!; Svuotate gli arsenali, riempite i granai!».
Una base militare che, ricordano, oltre alle questioni di natura “etica”, ha aggirato anche i passaggi amministrativi previsti dalla legge: niente valutazione di impatto ambientale, analisi dei volumi del traffico mai eseguita, rischi sulla falda acquifera ancora ignoti; senza contare che gli strombazzati nuovi posti di lavoro che la base statunitense avrebbe dovuto assicurare in grande abbondanza ai vicentini sono «quasi inesistenti». «La città avrebbe avuto il diritto di essere coinvolta nella scelta di questo nuovo insediamento», e questo non è avvenuto, protestano i cristiani per la pace che si chiedono: «Dopo aver messo alla porta i cittadini sarà ancora possibile recuperare un sano legame civico tra amministratori, organismi statali e regionali, militari e civili statunitensi e i vicentini stessi?».
«La divergenza fra chi sosteneva le ragioni pro base Usa e quelli che invece ritenevano che non si doveva costruire ha attraversato anche i credenti», ma «ci sembra che nelle nostre comunità abbia prevalso il timore sul coraggio», ribadisce il documento del Coordinamento cristiani per la pace, che conferma: la nostra fede ci fa dire senza incertezze che «nessuna guerra è giusta, nessuna guerra è umanitaria, nessuna guerra è intelligente e che la guerra preventiva è una perversione politica contemporanea. Bisogna schierarsi, senza paura di essere strumentalizzati. La buona notizia evangelica ci chiede infatti di fare scelte chiare a favore della vita», e le basi militari sono contro la vita. (luca kocci)
* Adista Notizie n. 35 del 06/10/2012
BASE USA AL DAL MOLIN: IL PROGETTO AVANZA, LA MOBILITAZIONE CRESCE *
36842. VICENZA-ADISTA. I grandi mezzi di informazione non ne parlano più, ma la nuova base militare statunitense che sta sorgendo all’aeroporto Dal Molin di Vicenza è ancora tutta lì. I lavori vanno avanti e nei prossimi mesi si potrebbe arrivare all’inaugurazione ufficiale, con tanto di taglio del nastro alla presenza della autorità civili di destra-sinistra-centro, tutte compatte, nel corso degli anni, nel concedere autorizzazioni e sostegno al governo Usa che a Vicenza piazzerà la 173.ma Brigata aviotrasportata - attualmente di stanza tra Aviano (Pn) e la Germania -, realizzando la principale base logistica dell’esercito statunitense in Europa (v. Adista nn. 9, 13, 15/07; 1, 25, 51, 61, 71/08; 4, 22, 86 e 93/09).
Ma è ancora tutto lì anche il No Dal Molin, il movimento di base più agguerrito e longevo degli ultimi anni - insieme ai No Tav della Val di Susa -, che pochi giorni fa ha manifestato a Longare (Vi) contro l’allargamento del “Site Pluto”, una base sotterranea costruita nel 1954, in passato deposito di munizioni top secret, probabilmente anche nucleari, e che ora dovrebbe essere allargata e trasformata in un centro per l’addestramento delle Forze armate Usa. «Devastazione ambientale e inquinamento; cementificazione e disboscamento, insicurezza e rischi per la salute degli abitanti. È quel che rappresenta, per decine di migliaia di vicentini, il nuovo progetto nordamericano; nato, come sempre, nel mistero, lo stesso buio nel quale i militari vogliono immergere le attività che intendono farvi all’interno», hanno denunciato i No Dal Molin in una fiaccolata notturna, a Vicenza, lo scorso 13 settembre. «Quali proiettili verranno sparati? Che armamenti saranno custoditi? Che tipo di addestramenti verranno realizzati? Domande a cui gli statunitensi non risponderanno mai, come hanno sempre fatto, nascondendosi dietro a un segreto militare funzionale agli interessi di chi vuole la guerra come strumento di profitto e costruito sulle spalle di chi vive in queste terre e sulle vite di chi, la guerra, la subisce. Vicenza è la nostra terra; è lo spazio che viviamo e che vogliamo difendere, il luogo nel quale vogliamo costruire i nostri sogni e realizzare le nostre ambizioni. Ancora una volta, vogliono sottrarci il futuro, vincolandolo a strutture militari che nulla hanno a che fare con la nostra vita e la nostra quotidianità, sottraendoci terra e spazi, inquinando aria e acqua».
Riprende la mobilitazione anche “l’ala cattolica” del movimento No Dal Molin, il Coordinamento cristiani per la pace (promosso, oltre che da diverse parrocchie vicentine, da Famiglie per la pace, Agesci, Beati i costruttori di pace, Pax Christi, Acli, Giovani impegno missionario dei comboniani, Commissione giustizia e pace dei Servi di Maria di Lombardia e Veneto ed altre sigle), che ha programmato un digiuno collettivo pubblico per il 28-30 settembre, rilanciando anche la lettera aperta “Una resistenza nel segno dell’amore”, distribuita in oltre 60mila copie all’esterno delle parrocchie e delle chiese di Vicenza nel 2008 (v. Adista n. 9/08), e il documento “La nuova base al Dal Molin: resistenza o resa?”, che indagava le ragioni etiche e teologiche per opporsi alla base (v. Adista n. 49/10). La nostra fede ci fa dire che «nessuna guerra è giusta, nessuna guerra è umanitaria, nessuna guerra è intelligente e che la guerra preventiva è una perversione politica contemporanea», si legge nella lettera dei Cristiani per la pace. «Bisogna schierarsi, senza paura di essere strumentalizzati. La buona notizia evangelica ci chiede infatti di fare scelte chiare a favore della vita», e le basi militari sono contro la vita. «La nostra opposizione alla costruzione di una nuova base di guerra - conclude la lettera - è e sarà evangelica e nonviolenta, ma oltremodo categorica». (luca kocci)
* Adista Notizie n. 33 del 22/09/2012
UN DIGIUNO DI DON ALBINO BIZZOTTO A VICENZA [Dagli amici "Beati i costruttori di pace", e da molti altri amici ancora, riceviamo e diffondiamo] *
Da mercoledi’ 19 agosto all’incrocio tra Viale Del Verme e Viale Ferrarin a Vicenza don Albino Bizzotto digiuna a tempo indeterminato a sola acqua per fermare la costruzione della Base Dal Molin a Vicenza.
D’agosto puo’ succedere di tutto. Possono passare senza alcuna reazione le peggiori scelte dei governi. Possono continuare i lavori senza ferie per gli operai che stanno costruendo la nuova base al Dal Molin, mentre gli altri sono a casa, in ferie obbligatorie e prolungate a causa della crisi, se non licenziati. Ma d’agosto anche la pace puo’ non andare in ferie.
Abbiamo appena concluso "Pace in bici", l’impegno contro il nucleare collegando Ghedi e Aviano dentro la memoria di Hiroshima e Nagasaki, uscendone rinforzati nel rapporto con i movimenti per la pace e con le amministrazioni locali. La costruzione della base al Dal Molin non puo’ costituire problema soltanto per i vicentini che in questi anni con grande creativita’, continuita’ e determinazione stanno lottando, chiedendo la nostra partecipazione. Ci riguarda tutti.
Per questo motivo parte mercoledi’ 19 agosto un digiuno a sola acqua a tempo indeterminato di don Albino Bizzotto, proprio per condividere una responsabilita’ che e’ di tutti gli italiani.
I lavori alla base al Dal Molin fervono senza sosta. Il digiuno vuole porsi come presa di coscienza dell’impegno che dobbiamo sviluppare insieme, oltre Vicenza. Non vuole essere il protagonismo di una persona, ma l’invito a partecipare e a fare informazione. E’ un’azione che ha bisogno di solidarieta’. Le forme potranno essere le piu’ diverse e le piu’ impreviste, tutte capaci di esprimere la nostra determinazione a non rinunciare all’obiettivo di fermare la costruzione di questa base, nata nell’illegalita’, nella menzogna e in spregio della volonta’ e della partecipazione popolare. Il luogo scelto e’ una roulotte all’incrocio tra Viale Del Verme e Viale Ferrarin a partire da mercoledi’ 19 agosto.
*
Per informazioni: Ufficio stampa "Beati i costruttori di pace", Mariagrazia Bonollo, cell. 3482202662.
Fonte: NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 917 del 19 agosto 2009
Tornano in piazza gli attivisti contro la base Usa di Vicenza A Padova fermati alcuni manifestanti con biglie di ferro
Tafferugli al corteo "No Dal Molin"
La polizia blocca i manifestanti
VICENZA - Tafferugli tra polizia e manifestanti al corteo contro l’ampliamento della base militare di Vicenza. Sono volati sassi e lacrimogeni. I manifestanti si erano attestati su un ponte sul corso d’acqua che circonda la base. Il contatto tra i carabinieri si è verificato quando questi ultimi hanno attraversato il ponte. Per difendersi i manifestanti hanno utilizzato scudi di plexiglass e fumogeni. In breve tempo l’aria della zona è diventata irrespirabile per il lancio di lacrimogeni. Nel frattempo il corteo è ancora fermo.
La tensione è esplosa dopo la richiesta del corteo che voleva poter sfilare senza la presenza delle forze dell’ordine. Secondo gli organizzatori, la presenza non prevista degli uomini in divisa non permetterebbe un regolare svolgimento della manifestazione. "Non aspettiamo di essere a contatto diretto con le forze dell’ordine, non vogliamo rischiare. Loro devono rimanere all’interno dell’area del Dal Molin come era previsto. Le strade della città sono nostre e devono essere lasciate libere abbiamo diritto di percorrerle liberamente - dice il leader del comitato ’No Dal Molin’ Cinzia Bottene - "Non abbiamo mai nascosto le nostre intenzioni, oggi varcheremo la linea rossa ed entreremo nella base, per noi non e’ un’occupazione".
In testa al corteo ci sono le donne del presidio contro la base Usa con lo striscione "No Dal Molin, yes we can". Il percorso prevede il giro della zona recintata dove sorgerà la nuova base. Domani una delegazione dei No dal Molin sarà all’Aquila in segno di solidarietà con la delegazione di abruzzesi giunta oggi a Vicenza. Sul cartellone che indicava le prenotazioni al viaggio, sistemato all’interno del presidio, erano indicate 34 persone.
Alcuni manifestanti in partenza da Padova e diretti a Vicenza sono stati fermati dalla polizia. Da quanto si apprende sono state sequestrati alcuni sacchetti contenti biglie di ferro e bulloni. Un giovane è stato fermato e portato in questura.
"E’ in atto una vergognosa militarizzazione della città" con il chiaro obiettivo da parte del Governo "di creare tensione e non far partecipare i vicentini alla manifestazione" denuncia il leader dei Disobbedienti del nordest, Luca Casarini.
* la Repubblica, 4 luglio 2009
No Dal Molin: «No alla base Usa»
Alcune persone appartenenti al presidio No Dal Molin, che si oppone all’ampliamento della base americana a Vicenza, sono entrate all’interno del cantiere della nuova struttura statunitense, la Ederle 2. I manifestanti, come indica una nota del comitato e come è visibile nei video (GUARDA), sono penetrati tagliando parte della recinzione che delimita l’area e hanno issato un pennone su un cumulo di detriti sul quale sventola una bandiera ’No Dal Molin: il 4 luglio tutti a Vicenza’.
«Con questa azione - spiegano gli oppositori al progetto - vogliamo invitare la gente a Vicenza il prossimo 4 luglio; quel giorno - spiegano - vogliamo piantare migliaia di bandiere No Dal Molin nell’area in cui gli statunitensi vorrebbero realizzare la nuova base di guerra». La manifestazione si terrà nel giorno in cui gli statunitensi festeggiano la propria indipendenza e alla vigilia del G8 e dell’arrivo in Italia del presidente statunitense.
Vicenza, 24mila "no" contro la base americana
La consultazione autogestita a Vicenza è per il “si” all’acquisizione dell’area dell’aeroporto Dal Molin ad uso della città anziché a base Usa. L’esito del voto, secondo gli organizzatori, ha fatto emergere che il 95% degli oltre 24mila votanti è favorevole affinché l’area dell’aeroporto venga utilizzata dalla città e non sia trasformata ad uso militare. Ad esprimersi è stato il 28,5% dei 84.349 aventi diritto. La consultazione, del tutto priva di ufficialità, si è tenuta per protesta dopo che un referendum indetto dalla giunta guidata dal sindaco Achille Variati è stato bocciato dal Consiglio di Stato.
Le operazioni si sono tenute in 32 gazebo nei pressi di quelli che avrebbero dovuto essere i seggi ufficiali. I 24.094 votanti hanno trovato urne e schede del tutto uguali a quelle fatte stampare, inutilmente, dal comune. A controllare le operazioni di voto circa 500 volontari tra scrutatori e presidenti di seggio.
Già alle 12 ai gazebo si erano presentati in 8.812 pari al 10,45%, saliti a 17.411 (20,64%) alle 17.00 con grande soddisfazione degli organizzatori. Tra i primi ad essere contenti Cinzia Bottene, consigliere comunale e leader dei “No Dal Molin” che ha detto che il voto è stata «un’ottima risposta di partecipazione e democrazia a chi voleva imporre con l’autoritarismo scelte che riguardano il futuro della comunità locale vicentina».
Per Variati, che si è presentato al gazebo di prima mattina come un anziano da poco divenuto centenario, il voto è stato «uno straordinario esempio di democrazia». L’afflusso al voto, per il sindaco, ha dimostrato la volontà di esprimersi dei vicentini sui destini della propria città. È un messaggio, per Variati, che è andato oltre Vicenza e si è rivolto «all’intero Paese» facendo capire «quanto sia sbagliato non permettere alla gente di esprimersi su ciò che li riguarda». «Il quesito - ha sottolineato Variati - mette al centro non problemi di natura militare o legati a patti internazionali ma il destino di un’area verde che riguarda una città». «Uno spazio di pregio ambientale - conclude - a ridosso di Vicenza che è il più grande del genere in Italia». Il Governatore del Veneto Giancarlo Galan ha criticato invece, anche oggi, l’iniziativa ed ha parlato di «scorrettezze politiche sostenute dal sindaco Variati e del “No dal Molin”» sottolineando che «dalla trappola dell’imbroglio referendario si è tenuta lontana la stragrande maggioranza della cittadinanza vicentina».
Pressoché in silenzio i favorevoli alla base Usa. Ad intervenire è stato solo Silvano Giometto, del Comitato per il “Si” al Dal Molin che, bocciato il «referendino fatto in casa», ha chiesto ai cittadini di attivarsi per sfiduciare il sindaco anche alla luce dei «costi inutili» e degli «sprechi della consultazione» bocciata dal Consiglio di Stato.
* l’Unità, Pubblicato il: 06.10.08, Modificato il: 06.10.08 alle ore 9.15
DOMENICA 5 OTTOBRE A VICENZA SI SVOLGE LA CONSULTAZIONE POPOLARE AUTOGESTITA ***
Domenica 5 ottobre a Vicenza si svolge una consultazione popolare autogestita di grandissima rilevanza morale e civile.
Come e’ noto, il quesito e’ il seguente: "E’ Lei favorevole alla adozione da parte del consiglio comunale di Vicenza, nella sua funzione di organo di indirizzo politico-amministrativo, di una deliberazione per l’avvio del procedimento di acquisizione al patrimonio comunale, previa sdemanializzazione, dell’area aeroportuale ’Dal Molin’ - ove e’ prevista la realizzazione di una base militare statunitense - da destinare ad usi di interesse collettivo salvaguardando l’integrita’ ambientale del sito?".
Una improvvida e scandalosa sentenza del Consiglio di Stato, su sollecitazione della lobby bellicista, ha preteso di destituire di valore una consultazione che resta non solo legittima ma necessaria.
Cosicche’ la consultazione si fara’, in forma autogestita.
*
Tutti i vicentini - noi li preghiamo - votino, sapendo che il loro voto e’ un atto di responsabilita’ e di amore non solo verso la loro citta’ ma verso l’umanita’ intera stanca di guerre e di stragi, stanca di armi che sempre sono puntate contro esseri umani, stanca di una militarizzazione del mondo e della vita che la vita e il mondo devastano. Si’ alla pace, si’ alla democrazia.
E tutti i non vicentini che conoscono persone a Vicenza - noi li preghiamo - telefonino loro per chiedere il loro impegno per la pace, la democrazia, la legalita’, chiedano loro di votare, di votare per l’umanita’ intera contro la guerra, i suoi strumenti e i suoi apparati. Si’ alla pace, si’ alla democrazia.
*
Vi e’ una sola umanita’. Vi e’ un solo mondo.
La guerra e’ nemica dell’umanita’.
INIZIATIVE. FORUM PER LA PARTECIPAZIONE DI VICENZA: VICENZA NON SI ARRENDE
[Da Adriana Chemello (per contatti: achemello@alice.it) e da altre eprsone amiche riceviamo e diffondiamo]
Vicenza non si arrende. La consultazione popolare, bloccata dal Consiglio di Stato, sara’ autogestita dai cittadini.
*
Vicenza democratica, pacifista e nonviolenta non si arrende. Dopo il pronunciamento del Consiglio di Stato, che ha bocciato con una "motivazione giuridicamente misera e moralmente miserabile" (lo ha detto il sindaco) la Consultazione legalmente indetta per il 5 ottobre prossimo, la Vicenza democratica, pacifista e nonviolenta non si arrende alla prepotenza di chi vuole impedire a tutti i costi che la popolazione esprima il proprio diritto/dovere democratico di partecipare e di esprimersi su una questione di vitale importanza per il futuro della propria citta’.
Ci troviamo di fronte ad una espressione di potere e a un modo di gestire la politica che farebbero inorridire (se fossero ancora vivi) i Padri della nostra Costituzione, che avevano sintetizzato in norme chiare e cristalline e in strumenti di garanzia, la loro preoccupazione di non ricadere in sistemi di governo e in comportamenti politici deteriori (la gestione della cosa pubblica da parte di classi corrotte, egoistiche e ciniche, la corruzione delle coscienze attraverso una manipolazione propagandistica, la conseguente disaffezione alla democrazia, il fascismo, la guerra).
*
I vicentini democratici (ieri la fiaccolata improvvisata ha riempito Piazza dei Signori) hanno sentito la responsabilita’ che si ha nei momenti storici, dopo aver percepito chiaramente i rischi che si corrono. Non e’ piu’ solo una questione di base si’ e base no, e’ una questione di civilta’ (la civilta’ del diritto), del rispetto delle regole. E’ il momento delle responsabilita’ storiche. Si incomincia sempre cosi’ (con la strage di leggi e di diritti riconosciuti dalle leggi vigenti), l’affermazione di una "cultura politica" fatta di pregiudizi, l’ignoranza, l’arroganza e l’intolleranza nei confronti di chi e’ diverso e la pensa diversamente. Non c’e’ bisogno di dire quali forze politiche oggi sono portatrici di questi virus mai debellati del tutto.
Per questo diciamo che la nostra protesta e’ anche un paziente sforzo educativo. Questo sforzo ha dei costi sulla qualita’ della nostra vita e sui nostri interessi personali, ma e’ un prezzo che siamo disposti a pagare per non tornare a un passato di cui ci vergognamo. E non vogliamo pentirci troppo tardi per non aver fatto abbastanza.
Allora siamo grati ad un sindaco (che ama definirsi sindaco di tutti i vicentini) per aver preso con coraggio la bandiera di questa lotta per il rispetto dei nostri diritti civili fondamentali. Non ci fermiamo perche’ qualcuno ci ha bocciati sul piano formale. Andiamo avanti nel realizzare la sostanza e lo spirito di questa azione di democrazia che e’ chiamare tutti i cittadini ad esprimere il proprio dissenso o consenso, liberamente, il 5 ottobre.
Sappiamo che il risultato avra’ forse solo un peso morale, ma la dimensione morale per noi e’ il fondamento della politica, e la politica e’ educazione, educazione civica. E i nostri interlocutori, quelli onesti, non potranno fare a meno di ascoltare questa voce.
*
Informeremo tutti quelli che hanno ricevuto il questionario e la scheda, che possono domenica depositarla davanti ai 53 punti di raccolta previsti, nelle urne apposite, con le necessarie garanzie e il controllo dei documenti.
Chiederemo anche di depositare in una cassetta un contributo in denaro per le spese della Consultazione perche’ per affermare questo nostro diritto di partecipazione siamo disposti a pagarne le spese. Paghiamo, noi che partecipiamo, i costi della democrazia, per tacitare i soliti banditori dell’inutilita’ e dello spreco di denaro pubblico. Noi diciamo che l’esercizio della democrazia non e’ inutile e non e’ uno spreco.
Forum per la partecipazione
*
Per informazioni e contatti: Casa per la pace, Contra’ Porta Nova 2, 36100 Vicenza, tel. 0444327395, fax: 0444327527, e-mail: casaperlapace@gmail.com, sito: www.dalmolin5ottobre.it
***
COI PIEDI PER TERRA
===================
Supplemento de "La nonviolenza e’ in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini.
Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it Numero 128 del 3 ottobre 2008
EDITORIALE. VICENZA DUNQUE IL 5 OTTOBRE VOTA
Vicenza dunque il 5 ottobre vota
e se i potenti dicon che non vale
Vicenza ancora il 5 ottobre vota
che la democrazia non fa mai male
e il 5 ottobre si’ Vicenza vota
poiche’ questa e’ la regola legale
e il 5 ottobre ecco Vicenza vota
perche’ e’ logico, e’ giusto, ed e’ normale.
Per dire si’ alla pace e si’ al diritto
il 5 ottobre si vota a Vicenza
per impedire un sordido delitto
il 5 ottobre il popolo a Vicenza
dira’ la sua, e non restera’ zitto
il 5 ottobre ogni cuore a Vicenza.
Direttore responsabile: Peppe Sini.
Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
Vicenza, annullato il referendum sulla base Usa
Vicenza non andrà alle urne domenica prossima per votare sull’ampliamento della base Usa del Dal Molin. Il Consiglio di Stato ha accolto la richiesta di sospensione del referendum previsto per il 5 ottobre. A comunicare il no alla consultazione referendaria è stato per primo l’avvocato Alessandro Moscatelli, uno dei legali del Comitato per il sì al Dal Molin, favorevole all’ampliamento della base. Ma gli effetti della decisione si sono riversati soprattutto sui NoDal Molin, che ora si vedono nuovamente sottratta la possibilità di un pronunciamento popolare sulla faraonica base militare americana che accusano di stravolgere l’intero territorio vicentino. La consultazione popolare era stata promossa dal Comune di Vicenza, il cui sindaco Achille Variati, del Pd, aveva deciso di sondare l’opinione degli abitanti sulla possibilità di acquistare l’area demaniale destinata all’ampliamento della base. Ma secondo quanto si apprende dal fonte del sì, l’ordinanza del Consiglio di Stato ha giudica il referendum «illegittimo» perché avrebbe per oggetto un auspicio «irrealizzabile»: quello di acquisizione al Comune della zona aeroportuale, mentre non meglio precisate «autorità competenti» si sono già pronunciate in senso sfavorevole al passaggio dell’area in questione dal demanio al comune. Così la quarta sezione del Consiglio di Stato, riunita in camera di Consiglio, ha sospeso l’efficacia del provvedimento del Tar che aveva detto no alla richiesta di fermare la consultazione popolare deliberata dal consiglio comunale di Vicenza.
Dunque, sostengono ancora i magistrati del Consiglio di Stato: «Non occorrono infatti sondaggi per accertare il fatto che i cittadini sono favorevoli ad aumentare il patrimonio del comune in cui vivono.Sarebbe come chiedere loro se sono favorevoli ad aumentare il loro patrimonio personale».
Festeggiano al comitato del sì, dove il portavoce Roberto Cattaneo ritiene che «ora sia il momento per tutti di fare un passo indietro e discutere sulle compensazioni e sul ritorno economico che Vicenza si aspetta dalla nuova struttura».
Non si danno per vinti, invece, i vicentini del fronte del no, che anzi si danno appuntamento in serata per un cacerolazo, una protesta popolare con sbattimenti di pentole e coperchi alla maniera sudamericana. «Vogliamo mostrare l’indignazione contro un atto di autoritarismo» ha spiegato Marco Palma, del presidio permanente.
Sconcertati dalla decisione del Consiglio di Stato che annulla la consultazione di domenica prossima, gli eurodeputati della sinistra -Roberto Musacchio (Prc), Vittorio Agnoletto (Prc), Umberto Guidoni (Pdci) e Sepp Kusstatscher (Verdi) - hanno chiesto invece un incontro immediato al prefetto di Vicenza per «esporre al rappresentante del Governo le loro opposizioni» anche alla luce della sospensiva del referendum popolare sull’ampliamento della base decisa dal Consiglio di Stato.
Al di là della sospensiva rispetto al referendum del 5 ottobre, spiegano i quattro eurodeputati, bisognerà «operare in ogni modo affinchè sia consentito ai cittadini di pronunciarsi democraticamente».
* l’Unità, Pubblicato il: 01.10.08, Modificato il: 01.10.08 alle ore 16.44
Violenze alla base Dal Molin: prove tecniche di regime militare?
Marcello Pamio - 8 settembre 2008 - per leggere l’art., clicca sul rosso
Emergenza democratica
Sabato 13 settembre importante manifestazione a Vicenza
Ore 15:00 in piazza Matteotti
VENITE NUMEROSI!!!
Noi di Disinformazione abbiamo appoggiato fin dall’inizio questo "movimento di coscienze",
per cui saremo presenti al Presidio Permanente di Vicenza con il nostro gazebo informativo.
Vicenza, il Tar dice no alla base. A ottobre il referendum *
Niente ampliamento della base Usa a Vicenza. Motivo? I cittadini non sono stati consultati. Lo annuncia il Tar del Veneto in una sentenza destinata a fare giurisprudenza. Il verdetto del Tar arriva dopo l’esposto presentato dal Codacons, che aveva raccolto le proteste dei cittadini vicentini, in gran parte contrari all’ampliamento dell’aeroporto militare Dal Molin.
Nelle motivazioni depositate dal tribunale amministrativo, si spiega che la base americana non può essere ingrandita poiché è mancata la consultazione della popolazione interessata, nonostante fosse prevista dal memorandum Usa-Italia che aveva sancito l’ok italiano alle richieste americane.
Inoltre, secondo il Tar del Veneto non «è stata riscontrata» nessuna traccia di documenti che testimonino il consenso «presentato dal Governo Italiano a quello degli Stati Uniti d’America, espresso verbalmente nelle forme e nelle sedi istituzionali». Ma considerando «l’importanza della materia trattata», un sì a voce non basta, perché «ogni determinazione deve essere emanata con atto formale e comunque per iscritto».
Ma il Tar del Veneto evidenzia anche «altri profili di illegittimità, alla luce della normativa nazionale ed europea». Il bando di gara per la realizzazione delle opere, ad esempio, non rispetterebbe «le normative europee e italiane in materia di procedure ad evidenza pubblica per l’assegnazione di commesse pubbliche». Inoltre non si è rispettata la condizione prevista di elaborare un progetto alternativo, «relativo in particolare agli accessi alla base». Infine nella sentenza del Tar si esprimono «gravi dubbi» anche sulla Vinca (Valutazione di incidenza ambientale) rilasciata dalla Regione Veneto, che non avrebbe adeguatamente considerato l’impatto «sulla situazione ambientale, sul traffico, sull’incremento dell’inquinamento e sul rischio di danneggiamento e alterazione delle falde acquifere».
Alla luce di tutti questi rilievi, la sentenza del Tar inibisce «nei confronti di chicchessia l’inizio di ogni attività diretta a realizzare l’intervento».
Nel ricorso, il Codacons aveva presentato come elementi a sfavore del raddoppio del Dal Molin «la violazione dell’art.11 della Costituzione sul ripudio della guerra come strumento di offesa e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; la violazione degli art. 80 e 87 della Costituzione, sull’obbligo di ratifica con legge dei trattati internazionali di natura politica; la violazione dei trattati di Maastricht, Amsterdam e Nizza, laddove per i principi di politica estera e di sicurezza comune definiti Pesc c’è la necessità del parere favorevole del Consiglio Europeo.
Soddisfatto il comitato No Dal Molin, secondo il quale la sentenza dimostra «quanto fondate sono le tesi dei cittadini che da due anni si oppongono alla realizzazione dei progetti statunitensi. Vigileremo sull’osservanza di questa sentenza - aggiungono - per difendere la legalità che più volte hanno tentato di calpestare i promotori dell’opera».
La battaglia contro l’ampliamento, portata avanti in particolare dai No Dal Molin, va avanti ormai da anni: qualche spiraglio nella soluzione della questione si è aperto con l’elezione, nell’aprile scorso, del nuovo sindaco di Vicenza, Achille Variati, che da sempre ha sostenuto il referendum sulla base. Ora la sentenza del Tar conferma che il parere dei cittadini di Vicenza è indispensabile per decidere delle sorti geopolitiche e ambientali della città. E Variati ha annunciato che il referendum potrebbe tenersi già il prossimo ottobre.
* l’Unità, Pubblicato il: 20.06.08, Modificato il: 20.06.08 alle ore 14.42
Il Comitato di cittadini e lavoratori di Vicenza Est
che si oppongono al progetto Dal Molin e chiedono la conversione ad usi civili della Caserma Ederle è lieto di invitarvi alla conferenza stampa con il Prof. Philip Rushton, Università di Napoli, autore del libro "Riportiamoli a casa - il dissenso nelle forze armate staunitensi" e Chris Capp, disertore americano impegnato con i movimenti per la pace per la fine della guerra e il ritiro delle truppe dal fronte.
Durante la conferenza verranno brevemente illustrati i progetti del Comitato Vicenza Est per lasciare spazio ai prestigiosi ospiti. Seguirà l’iniziativa "La Pace urlata al Megafono" di fronte alla Caserma Edrle per invitare i soldati a non partecipare alla guerra e a dissociarsi dai progetti di militarizzazione.
La conferenza stampa si svolgerà il giorno 12 luglio alle ore 18 presso i locali della Cooperativa Insieme, in Via Dalla Scola 255 a Vicenza. L’iniziativa di fronte alla Caserma Ederle si svolgerà alla sera. Le iniziative sono realizzate in collaborazione con altri importanti gruppi e comitati del movimento No Dal Molin-No Vicenza città militare la cui lista verrà diffusa durante la conferenza stampa (le adesioni sono in corso).
Sono previste iniziative della "Pace urlata al megafono" di fronte ad altri siti militari in città il giorno 13 luglio.
Siamo già in grado di diffondere la lettera scritta da Chris Capps che verrà distribuita di fronte alla Caserma Ederle, che risulta essere centro di progettazione e preparazione delle guerre in corso.
Per contatti mailto:comitato.viest@libero.it>comitato.viest@libero.it
Italiani, e soldati di stanza in Italia, mi chiamo Chris Capps. Ero di stanza in Germania poco prima del mio dislocamento a Baghdad, Iraq. Dopo averci completato il mio turno di servizio sono stato riportato in Germania dove ho appreso che fra meno di 9 mesi sarei stato inviato in Afghanistan. Per me far parte di un’occupazione, anche quando non si è nel ruolo di combattente diretto significa partecipare nell’oppressione del popolo indigeno del paese che stavo occupando. Per me tale situazione era inaccettabile e ho capito come uscire dall’esercito allontanandomi senza permesso. Ormai sono fuori dall’esercito e faccio parte di un’organizzazione che si chiama Veterani dell’Iraq contro la guerra (Iraq Veterans Against the War).
Sono qui in Italia come parte di un’iniziativa per prendere contatti con soldati che si trovano di stanza qui e farli capire che non sono soli nei sentimenti di disagio che provano nei confronti del conflitto in Iraq. Come ho imparato in prima persona, esistono altre scelte oltre a quella di accettare di essere inviato in missione. Mi trovo qui come ospite dei gruppi di pace locali in Italia che non vogliono assistere passivi né alla continuazione dell’attuale conflitto né al vostro coinvolgimento nello stesso. Non vogliono assistere a un’occupazione che venga supportata dal proprio territorio, né vogliono accettare che voi, i loro attuali vicini di casa, vengano inviati a fare parte dello stesso conflitto. Spero che ascoltiate sia la maggioranza degli Americani sia la maggioranza degli italiani che vogliono porre fine ora a tutto ciò.
Chris Capps
Medio oriente
Quello che sta accadendo (e non vogliamo vedere)
di Giulietto Chiesa da E polis - 3-7-06
Postato il Tuesday, 03 July @ 09:16:16 CEST di jormi *
Il medio oriente sta entrando a vele spiegate in una nuova guerra su grande scala. Bisogna essere ciechi per non vedere i sintomi, che sono chiari: l’Autorità Palestinese non esiste più. Gaza è diventata un poligono di tiro dell’esercito israeliano. In Libano cominciano a saltare in aria le colonne UNIFIL delle forze dell’ONU (per ora agli italiani è andata bene), mentre strani gruppi terroristici attaccano l’esercito libanese. La puzza di bruciato cresce. La guerra si estende in Irak; la Turchia pensa a un prossimo intervento nel Kurdistan iracheno; gli Usa e Israele tengono i motori accesi per un prossimo intervento militare contro l’Iran.
Il governo israeliano decide di restituire, finalmente circa 600 milioni di dollari che teneva illegalmente sequestrati ai palestinesi dal gennaio 2006, data della straripante vittoria elettorale (regolare) di Hamas. Ma quei soldi non andranno ai palestinesi, bensì al signor Abbas, presidente del nuovo Bantustan della West Bank.
I palestinesi, non solo quelli che muoiono trincerati a Gaza, ma anche la maggioranza degli altri, lo considerano già un traditore della loro causa. L’Europa ha già deciso di schierarsi con Abbas, per cui condividerà con lui il disprezzo e l’odio dei disperati.
E sempre l’Europa, con notevole faccia di bronzo (quella di Javier Solana) invita alla concordia. Ma tra chi e chi? Siamo stati noi europei, insieme agli USA, a derubare i palestinesi del legittimo governo che si erano scelto, votando come gli avevamo chiesto.
Ieri International Herald Tribune scriveva: la politica israeliana, "insieme all’embargo occidentale dell’aiuto al governo di Hamas, fu messa in atto con l’obiettivo di indebolire il governo e farlo cadere".
Siamo davvero molto democratici, noi europei. Solo che i palestinesi hanno eletto i loro candidati e non i nostri, per cui li abbiamo puniti.
A Israele nessuno dice niente, nessuno rimprovera niente. Neanche l’occupazione delle terre palestinesi che continua dal 1967. Neanche gl’insediamenti dei coloni, che continuano. Neanche il muro.
Se non ci sono due stati in Palestina è perchè Israele non lo vuole e gli Stati Uniti nemmeno. L’Europa dice di volerlo, ma non ha il coraggio di essere coerente. Non ha neanche il coraggio di dire con franchezza a Israele che non potrà costruire il suo Bantustan con Abu Abbas, senza cessare l’occupazione. E se volessero ripetere le elezioni Fatah perderebbe di nuovo. Si annuncia la guerra, e una nuova Intifada.
Che tristezza, per loro e per noi. Che vergogna per noi!
http://www.giuliettochiesa.it/modules.php?name=News&file=article&sid=268
* Il Dialogo, Martedì, 03 luglio 2007
BASE USA, PRODI: "DECISIONE PRESA" *
TRENTO - Romano Prodi viene contestato da una trentina di militanti del comitato ’No-Dal Molin’ mentre parla di economia nella sala dell’Auditorium di Santa Chiara, a Trento.
Gli attivisti che si oppongono all’ampliamento della base militare di Vicenza espongono a sorpresa bandiere e urlano slogan contro l’Esecutivo ma non convincono il premier che, poco prima di lasciare la città, conferma le decisioni già prese. Il presidente del Consiglio risponde ai manifestanti al termine del Festival dell’economia al quale era stato chiamato a partecipare per illustrare le linee della politica economica del Governo.
E proprio mentre stava parlando all’Auditorium sono cominciate le contestazioni, interrotte solo dopo che la portavoce del comitato è stata invitata a salire sul palco, dal moderatore Ferruccio de Bortoli, per esporre le ragioni dei ’No-Dal Molin’. Cinzia Bottele, casalinga cinquantenne, non si è fatta pregare due volte ed è balzata vicino al presidente del Consiglio per raccontare, davanti ad un gremito parterre e ad un impassibile premier, la lotta che sta portando avanti da un anno per evitare che venga costruita una base vicina al centro storico, a pochi metri dalle case e a poco più di un chilometro dalla basilica Palladiana di Vicenza.
"Al presidente del Consiglio- ha spiegato successivamente la donna ai giornalisti- ho dato la mano e gli ho detto buongiorno, come si fa tra persone civili, ma lui era livido. Mi ha risposto a denti stretti. Poi mi è spiaciuto anche il suo successivo silenzio. Il presidente del Consiglio non può far finta che non sia successo nulla. La politica non è silenzio, la politica è risposta".
"Sono portavoce per caso", ha aggiunto Cinzia quasi imbarazzata mentre parla con i cronisti e ancora non si rende conto di cosa ha fatto. L’abbracciano altre donne del gruppo. La ’Giovanna D’Arco’ del ’No-Dal Molin’, come viene affettuosamente soprannominata dai suoi, rimane ferma sulle ragioni dell’iniziativa. "Abbiamo voluto portare un nuovo grido d’aiuto per Vicenza e mi dispiace sia stato lasciato cadere nuovamente nel vuoto - spiega -. E’ la negazione della politica. Dai nostri politici mi aspetto il coinvolgimento della gente non scelte cadute dall’alto, non silenzio e derisione". Poi parla della nascita del gruppo No Dal Molin.
"Ognuno di noi si è ritagliato uno spazio in quest’anno per protestare, sempre con civiltà. E’ un miracolo: abbiamo coinvolto gente diversa, giovani donne, pensionati, gente di mezza età, con i capelli bianchi, tutti uniti e solidali. Per questo è nato un senso di comunità che è splendido. Ci sono anche ragazzi dei centri sociali con i nostri ragazzi. Ma abbiamo sempre concordato tutto".
Cinzia conclude parlando delle proteste. "Manifestiamo in modo civile ma incisivo per difendere Vicenza. Chiediamo di essere rispettati. La vicenda Dal Molin non riguarda solo Vicenza, interessa tutta l’Italia e i suoi indirizzi di politica internazionale. Per questo le nostre istanze non possono essere accolte nel silenzio. E’ una questione di rispetto".
Esce quindi dal Foyer del Santa Chiara e si unisce agli altri attivisti a battere le pentole. Il Professore non le risponde subito ma al termine del suo intervento di politica economica. Poche parole per confermare gli impegni già presi: "La decisione politica è stata presa. Ora- sottolinea-il discorso riguarda solo l’aspetto urbanistico sul quale anche le autorità locali sono chiamate ad avere un ruolo. Ma dal punto di vista del paese, lo ripeto, la decisione é stata presa, ed è una decisione che noi manteniamo".
ANSA» 2007-06-03 22:44
Lezione politica
di Gabriele Polo (il manifesto, 18.02.2007)
I fantasmi gettati addosso alla manifestazione di Vicenza si sono dissolti in una giornata festosa e determinata. Era ampiamente prevedibile: il popolo della pace - che le guerre non sono riuscite a cancellare - insieme a migliaia di donne e uomini che in quella città si oppongono a una nuova base militare, hanno dato una lezione politica.
Gli unici che non lo avevano previsto sono proprio quelli - gran parte dei media e dei professionisti della politica - che per mestiere avrebbero dovuto saperlo meglio di chiunque altro. La loro è una miopia preoccupante. Ora dovrebbero riflettere, pensare almeno un secondo prima di rilasciare una dichiarazione televisiva o scrivere una riga di giornale.
L’evocata emergenza ha sortito l’effetto opposto a quello voluto: l’auspicata fuga da una manifestazione descritta come un pericolo si è rovesciata in un grande abbraccio collettivo a Vicenza e ai suoi abitanti. Un affetto che ha voluto premiare la resistenza di una comunità alla violenza commessa nei suoi confronti. Un abbraccio che lancia un messaggio chiaro: la contestata base è un paradigma politico attorno cui si gioca il futuro di questo governo.
In primo luogo perché mette in discussione il decisivo nodo delle relazioni internazionali: la giornata di ieri ha dimostrato una volta di più come l’elettorato che ha permesso lo sfratto di Berlusconi da palazzo Chigi chiede all’attuale governo di sfrattare dalla propria pratica ogni politica di guerra, in tutte le sue forme, dirette e indirette: se per far questo è necessario - come è necessario - mettere in discussione le attuali alleanze, non bisogna temere di farlo.
In secondo luogo, la giornata di ieri mette in discussione il rapporto tra l’Unione e la sua base elettorale. A partire da una «piccola» questione di metodo: l’incapacità di ascolto che l’esecutivo ha dimostrato - fin dalla sordità dimostrata da Prodi con il suo annuncio - se confermata nei prossimi giorni segnerebbe qualcosa di più di un distacco, porterebbe a una grave rottura.
«Solo gli imbecilli non cambiano idea», recitava uno dei tanti striscioni vicentini di ieri. A sentire le prime reazioni di Prodi («il governo non cambia programma») o di Parisi e Fassino («ridurre al massimo l’impatto ambientale») c’è da temere che la stupidità sia in progressiva crescita: pensare di «ridurre il danno» e «l’impatto sui vicentini» - una base più piccola? fatta un po’ più in là? qualche marine in meno? - palesa solo la difficoltà di un governo che controvoglia accenna un piccolo passo indietro, ampiamente insufficiente rispetto alla rilevanza del nodo-Vicenza. Un riformismo minore, un po’ ridicolo. Ma anche un’offesa per i tanti che ieri sono scesi in piazza.
Il coraggio di ascoltare
di Furio Colombo *
Eccola Vicenza, nelle due telecronache dirette di Sky e di La7, una normale città europea che ha una cosa da dire e la dice per le strade perché nessun’altra occasione di ascoltare le ragioni dei cittadini è stata creata. Questo, il presunto dovere di silenzio dei cittadini, è l’unico aspetto non europeo e "anti-americano" della manifestazione di Vicenza. In che senso anti-americano? Ma perché è stata rifiutata l’idea profondamente americana che la politica è sempre locale e che niente si può fare in una città senza il consenso dei cittadini.
Qui si rovesciano e si mordono la coda due luoghi comuni opposti. Il primo dice: la politica estera dell’Italia non può essere decisa dai cittadini di Vicenza. Ma Vicenza non vuole decidere la politica estera, vuole decidere i quattrocentocinquantamila metri quadrati del suo territorio a un chilometro dal suo centro storico palladiano. Qui il primo e il più ragionevole problema non è se dire no o sì alla richiesta americana.
Certo, quella è una competenza del governo. A Vicenza spetta però, proprio nella migliore tradizione americana, stabilita fin dai tempi dei "Federalist Papers" (gli scritti dei padri della Costituzione americana) di partecipare alla discussione e alla decisione su quei quattrocentocinquantamila metri quadrati da occupare con strutture che avranno a che fare, molto prima che con la politica del mondo, con le falde acquifere di Vicenza, con il centro storico di Vicenza, con il traffico di Vicenza, con la famosa "compatibilità" ambientale del nuovo richiesto con il "vecchio" che esiste già. Ovvero: da un lato la vita dei cittadini, dall’altro la qualità storica unica al mondo della città palladiana. Ad essa i padri fondatori degli Stati Uniti si sono ispirati costruendo la loro capitale. Come è noto Washington è tutta disegnata a immagine e somiglianza del Palladio.
Dunque non si tratta di gettare il problema nel mezzo della immensa discussione sulla pace e sulla guerra, benché in modo naturale e inevitabile la folla che ha partecipato sabato a Vicenza alla manifestazione sia stata una folla di pace. Si tratta di una questione in apparenza più piccola ma che in realtà è il cuore della vita democratica. La questione è: contano i cittadini nelle decisioni che li riguardano e li coinvolgono direttamente e che cambieranno la loro vita?
In questo senso non sono d’accordo con il dire che tutto ciò «non è una questione di piano regolatore». Perché quando non si ascoltano i cittadini neppure sul piano regolatore, che vuol dire la vita vicino a casa, è molto difficile che li si ascolti su grandi controversie lontane.
Nessuno può dire a un cittadino o a una cittadina di Vicenza: «Scusi ma lei non sa di che cosa stiamo parlando». Perché lui o lei lo sa meglio di chiunque altro ed è stato un grave errore non dare loro la parola. Infatti l’amicizia, l’alleanza, la continuità dei rapporti e le vicende internazionali non si esprimono dicendo: «O ci date quei quattrocentocinquantamila metri quadrati qui, al Del Molin o si rompe il nostro legame storico». Ci dicono che tra amici è naturale che si intavolino incontri e discorsi per decidere dove, come, con quali conseguenze, con quale impatto delle nuove costruzioni e persino con quali criteri urbanistici e con quali architetti.
* * *
Dunque, come si vede, Vicenza ha fatto da scudo e da pretesto per confondere insieme il rispetto di una città, il diritto dei cittadini, i doveri e le responsabilità del governo, il rapporto con gli Stati Uniti, la presenza italiana in Afghanistan e le tensioni nel mondo. Mentre guardi sfilare le decine di migliaia di persone pacifiche giunte da tutta Italia per dare una mano al diritto dei vicentini di essere ascoltati è inevitabile confrontarsi con alcune riflessioni.
La prima è: mai, forse, si è tanto lavorato, da parte dei volenterosi dipendenti di Berlusconi, travestiti da politici oppure da editorialisti e da politologi, un vero e proprio infaticabile impegno, affinché Vicenza fosse uno scontro.
Li vedevi in televisione aspettare i sassi, le grida brigatiste, magari la stella a cinque punte. Si sarebbero accontentati di un passamontagna o di un grido sguaiato e tenevano pronta l’arma letale: ah, ma ci sono autorevoli sostenitori del governo in quella sfilata e quindi la scena penosa è il governo che marcia contro il governo.
L’argomento è stato liquidato sia dalla pace della manifestazione sia dalla tradizione democratica europea e americana. Forse qualcuno ha dimenticato che Robert Kennedy, leader delle manifestazioni di pace contro la guerra in Vietnam, era l’esponente più autorevole dello stesso partito e dello stesso governo che avevano iniziato e stavano continuando quella guerra? Forse qualcuno gli ha dato dello stupido o del traditore? Forse qualcuno non sa dei soldati e ufficiali reduci dall’Iraq che partecipano alle manifestazioni di pace negli Usa e parteciperanno alla campagna elettorale democratica, che sarà una campagna contro la guerra?
Forse non è passata la notizia, che appare ogni giorno sui giornali americani, che ci avverte che l’intera maggioranza democratica alla Camera e al Senato si oppone all’allargamento della guerra (incluso l’allargamento delle spese e delle basi) voluto con una febbrile accelerazione dal presidente Bush e dai pochi neocom restati intorno a lui?
Insomma si è voluta descrivere Vicenza come una scheggia di rozzo, antico, violento, pericoloso anti-americanismo del passato, possibilmente collegato ad atti di grande violenza e di terrorismo, mentre ogni sguardo pulito rileva: tradizione democratica, dimostrazione civile, diritto di essere ascoltati, partecipazione alla vita politica. Insomma il meglio della tradizione politica italiana e americana.
* * *
La seconda inevitabile riflessione è: se esiste, e appare molto numeroso, un popolo del no (non all’America, non ai rapporti fra i due Paesi, ma alla cementificazione della città del Palladio senza ascoltare i suoi cittadini) non esiste un popolo del sì.
Avete mai sentito di manifestazioni, anche solo di dieci persone, che insieme vengano in strada per dire: noi siamo in favore, vogliamo il cemento, a Vicenza tutto qui subito (e col cemento tutta l’immensa struttura che, come si sa, non sarà ospedaliera)?
Questo argomento sarà molto importante per il Sindaco di F.I. e il consiglio comunale di Vicenza che, per amore di Berlusconi, ansioso di apparire il miglior amico dell’uomo, avevano detto «sì» prima che glielo avessero chiesto e avevano ordinato di dire «sì», qualunque cosa volessero i cittadini.
È evidente che quel sindaco non si ripresenterà più e che, se e quando Berlusconi avrà ancora voce in capitolo, ce lo ritroveremo come beneficiario di qualche posto pubblico conquistato con lo "spoil system" ma mai più alla testa della città che ha tranquillamente abbandonato. Però, se non c’è il popolo del sì (avrebbe dovuto essere il popolo di Berlusconi, ma c’è un limite a tutto) c’è da domandarsi da chi è composto il popolo del no.
Va bene, i nostri più astuti cronisti e i nostri più severi editorialisti si sono sbizzarriti a elencare tutti i possibili centri sociali, tutti i possibili gruppi no global, tutti i possibili Casarini e Caruso, tutti i possibili resti del comunismo con tutti i nomi. Però non bastano. E benché il povero e desolato Cicchitto abbia seriamente provato a gridare alla rivolta e alle barricate anti-americane durante la sua partecipazione alla "diretta" de La7; e benché si sia lavorato a screditare tutto ciò che ha a che fare con il pacifismo facendolo apparire molto più pericoloso delle strade di Baghdad, anche il pacifismo non basta per spiegare questo popolo. C’era anche la speranza di fare un bel cocktail tra l’arresto recente dei "nuovi" brigatisti e la presunta violenza anti-americana che, ci hanno giurato, covava sotto la cenere del finto pacifismo e della finta nonviolenza. È vero che la festa della destra per il ritorno del terrorismo è stata guastata dal fatto che le implacabili indagini sono state condotte dallo stesso giudice, Ilda Boccassini, che aveva implacabilmente indagato e avviato verso la condanna (impedita da gentile prescrizione per legge retroattiva della Casa delle Libertà) Silvio Berlusconi. Ma è anche vero che il cocktail tanto evocato e tanto atteso per poter gridare allo scandalo dell’anti-americanismo pericoloso e magari a qualche collegamento col terrorismo islamico, non ha avuto luogo. Ha lasciato posto a una grande manifestazione di pace nella più tipica e grande tradizione democratrica. Ma se questo è il popolo del no fermo, civile e democratico, se questo popolo rispetta le regole e non sventola le bandiere con la croce celtica della marcia su Roma di Berlusconi (quelle sì, per salda radice storica, antiamericane, perché bandiere dei discendenti di chi agli americani che venivano a liberarci dal fascismo aveva davvero sparato) chi è questo popolo?
La risposta è semplice: questo è il popolo che ha votato per Prodi. È venuto così numeroso e appassionato e festoso per la ragione alta e civile che abbiamo appena ripetuto. Dare più voce alla legittima e inascoltata voce della città di Vicenza. Ma chi è che non ha voluto ascoltare la città di Vicenza? È il governo Prodi. Anche ieri ha voluto ripetere: «La questione è chiusa».
Sappiamo tutti che in ogni democrazia a un certo punto bisogna decidere e che quella decisione (detta eufemisticamente dal ministro della Difesa Parisi «punto di sintesi») spetta al governo. Ma in ogni democrazia prima si discute, prima si ascolta, prima si soppesano le ragioni. Una ragione americana è certo più spazio per la sua base. Che cosa c’entra la dislocazione logistica e topografica con le grandi ragioni della strategia internazionale? Vi immaginate il Paese più potente del mondo che si intestardisce esclusivamente sul Dal Molin, prendere o lasciare? Come lo spiegherebbe agli americani, abituati a discutere tutto?
* * *
È naturale che anche in Italia, nella migliore tradizione americana, si ascoltino i cittadini e le loro ragioni. Ma quando è venuto quel "prima"? Qui c’è un problema che non è possibile ignorare. Quel "prima" non è mai venuto. C’è una via d’uscita a questa domanda che è francamente appare penosa. Si dice: il consiglio comunale ha detto "sì", sia pure con un solo voto. Possibile che quel sì basti a confronto con la rivolta di una città per dire che il processo democratico è stato esperito, che tutte le parti sono state ascoltate e che «siano arrivate al momento di sintesi» e che «non cambieremo idea»?
E’ un comportamento che forse regge davanti a un notaio, ma non di fronte al popolo di Prodi, che ha votato per Prodi e poi si è sentito chiuso fuori, abbandonato dai rispettivi partiti, lasciato a darsi aiuto e solidarietà spontanea. Ci hanno detto le televisioni che non solo la città ha aperto le porte alle decine di migliaia di sostenitori venuti da tutta Italia, ma ha offerto centinaia e centinaia di stanze in famiglia per far dormire i pericolosi manifestanti.
Noi che scriviamo queste righe e voi che le leggete siamo lo stesso popolo che non si è dato pace con la illegalità dei cinque anni di Berlusconi, persone che in modi, con voci e con strumenti diversi (ognuno quello che poteva) ce l’hanno messa tutta perché Prodi, nonostante i tentati imbrogli, risultasse vincente e dunque governante. Nessuno sta chiedendo gratitudine. Ma ascoltare una voce che ti dice e ti spiega, magari non attraverso i buoni uffici di Bruno Vespa, sarebbe una risposta meritata per chi, anche ieri, a Vicenza, ha detto sì a un Paese pulito, legale e democratico nel quale la voce dei cittadini conta e la voce di chi governa ci raggiunge e ci spiega.
Vicenza è stata l’occasione felice di manifestare in pace e nonviolenza e di deludere i fervidi commentatori in attesa della rivolta. Ma il silenzio del governo eletto da quel popolo («abbiamo già deciso e basta»), non è una buona compagnia.
Vorrei consigliare di dare un’occhiata al film La regina, sul comportamento della casa regnante inglese dopo la morte della principessa Diana. C’è la voce di Tony Blair che chiama il palazzo reale e intima alla regina: «Maestà, la gente è per le strade e lasciata da sola. Lei è un simbolo. Metta la bandiera sul palazzo reale e faccia sentire la sua voce. Altrimenti diranno che in quel palazzo non c’è nessuno». In quel film la regina, che aveva deciso di tacere, ha parlato. E adesso gli storici inglesi dicono che Tony Blair, con quella telefonata, ha salvato la monarchia.
* l’Unità, Pubblicato il: 18.02.07, Modificato il: 18.02.07 alle ore 15.47
Un percorso di 6,5 chilometri per il corteo contro l’ampliamento della base Usa. Città blindata: schierati 1300 agenti. Scontro governo-opposizione
Vicenza, una vigilia di tensione Attese decine di migliaia di manifestanti
Bertinotti: "Prive di senso le richieste delle mie dimissioni". Berlusconi: "Una maggioranza che manifesta contro se stessa è ridicola" *
ROMA - Vigilia tesa per la manifestazione contro l’ampliamento della base militare statunitense autorizzato dal governo. A Vicenza, allo scontro tra maggioranza e opposizione si aggiunge il timore, espresso da più parti, di infiltrazioni violente nel corteo. Anche il sindaco Enrico Hullwek ha detto di temere l’arrivo di black-bloc provenienti da altri paesi europei. La città sarà blindata, blindati persino i cassonetti, i negozi chiusi, e ci saranno 1300 uomini delle forze dell’ordine a vigilare sullo svolgimento del corteo. Sarà attiva anche una squadra speciale del Comune per la cancellazione immediata delle scritte offensive. Chiuso lo spazio aereo sulla città.
Il percorso del corteo. Sono attesi 70/80 mila manifestanti e pacifisti che giungeranno da tutta Italia con treni e pullman. Il corteo seguirà un itinerario di 6 chilometri e mezzo. Muoverà alle 14 dalla stazione ferroviaria della città verso viale Milano, viale Mazzini, viale D’Alviano, via Fratelli Bandiera, Borgo Santa Lucia, via Legione Gallieno, viale Margherita, viale Risorgimento, discesa di Santa Libera e viale Dalmazia. Tre i punti di aggregazione: oltre alla stazione ferroviaria, i manifestanti muoveranno dal presidio permanente di Caldogno (Vicenza) e dalla sede della Cgil di Vicenza, in corso San Felice. Una volta compattato, il lungo corteo non attraverserà (com’è avvenuto suscitando enormi polemiche il 2 dicembre) il centro di Vicenza. I manifestanti torneranno a riunirsi in Campo Marzo, il parco antistante la stazione dove sono previsti i comizi finali.
Il servizio d’ordine. La Cgil ha annunciato la presenza di un forte servizio d’ordine. "Non accetteremo atteggiamenti e pratiche violente, slogan compresi, nel nostro spezzone" spiega il coordinatore del dipartimento organizzazione della Cgil, Marco Di Luccio. Ma il leader dei no-global del veneto, Luca Casarini, risponde: "No ad atteggiamenti da gendarmi". Ma garantisce che la manifestazione sarà assolutamente pacifica. Da parte loro, i militanti di "No-base" ammoniscono: "Al primo slogan sbagliato o filo-brigatista, interverremo".
Centri sociali, donne in prima fila. Saranno le donne, che terranno un bandierone di 30 metri con la scritta "Ribellarsi è giusto", ad aprire il corteo dei Centri sociali. "Sarà un corteo pacifico, risponderemo con i fatti alle polemiche e a quanti ci additano come presunti violenti". In arrivo una folta rappresentanza dei centri sociali romani che fanno capo al "Corto Circuito". Annunciata la presenza di vecchi esponenti dell’estremismo di sinistra, come Oreste Scalzone e Daniele Pifano.
La polemica politica. Il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, definisce "prive di senso" le richieste di dimissioni giunte dalla Cdl dopo le sue parole di ieri (aveva detto "ci andrei anch’io ma non posso per rispetto verso la carica che rivesto"). Il presidente della Camera oggi è tornato sull’argomento in un’intervista al TG2 rivolgendosi ai giovani manifestanti: "Critiche sì, anche radicali, ma violenza mai".
A Vicenza non sfileranno esponenti di governo (alcuni si sono convinti dopo un deciso invito di Prodi), ma questo non ha placato le polemiche tra i due poli. Il ministro Ferrero ha detto: "Saremmo andati tutti a Vicenza se non avessimo avuto ruoli istituzionali".
Il segretario dei Ds, Piero Fassino ha difeso Bertinotti ed ha parlato di "strumentalità" riguardo alla richiesta dimissioni del presidente della Camera. Anche Pecoraro Scanio, leader dei Verdi, parla di "comportamento rigoroso" del presidente di Montecitorio e ha aggiunto che Bertinotti "può esprimere le proprie opinioni come qualsiasi cittadino italiano".
Oliviero Diliberto, segretario dei Comunisti Italiani, ha assicurato che sarà "una manifestazione grande e pacifica: ma sarà una manifestazione di popolo che non contro il governo".
Silvio Berlusconi si è augurato che a Vicenza prevalgano "dignità e coerenza" ma ha accusato buona parte della sinistra di essere "anti-americana e anti-occidentale" e ha confermato il suo giudizio: "Una maggioranza che manifesta contro se stessa è ridicola". In piazza ci sarà l’esponente della sinistra ds Cesare Salvi: "Gli esponenti locali del partito sono in piazza: perché io no?".
Beppe Grillo sicuro: incidenti. Lo showman, durante lo spettacolo a Pordenone, ha dichiarato: "Sono sicuro, ci saranno incidenti. Ne hanno parlato per settimane, hanno fatto un casino, e il casino ci sarà. Sono convinto: non faranno mai il raddoppio della base Usa, come non faranno la Tav".
* la Repubblica, 16 febbraio 2007
No guerra - No Dal Molin
Mi ricorda Genova 2001
di Alfonso Navarra
Questo allarmismo politico e mediatico che va montando mi ricorda Genova 2001. Alle dichiarazioni che, partendo da quella di Giuliano Amato, cita "Repubblica" aggiungerei, su un altro versante problematico, quella di Luciano Violante, che definisce "indecorosa" la annunciata - e poi rientrata - partecipazione alla manifestazione a Vicenza, il 17 febbraio, di alcuni sottosegretari del governo Prodi. Effettivamente e’ da teatro dell’assurdo pretendere di lisciare - con la mano destra - i manifestanti contro la base USA ed insieme - con la mano sinistra - schiacciare, con il voto elettronico, il si’ alla base ed alla guerra in Afghanistan. Altrettanto "ossimorica" e’ l’osservazione di Giovanni Russo Spena: mettere la propria firma sul si’ non significherebbe affatto rinunziare al proprio dissenso.
Ecco, dobbiamo adeguarci a questo bispensiero: votiamo si’ ed intendiamo no; i si’ che significano si’ ed i no che significano no lasciamoli agli utopici ed astratti seguaci del nazareno...
Già che ci siamo suggeriamo ai nostri soldati di fare le guerre appuntandosi al petto le spillette pacifiste: sparare ed uccidere non significa per nulla accettare l’evento bellico!
Dove vogliamo arrivare con il contorsionismo verbale negatore della verita’?
La forza della nonviolenza, che Rifondazione vorrebbe agire, non si basa forse sulla forza della verita’?
Intanto Luca Casarini pontifica e conciona a nome del movimento, assiso sul piu’ alto podio mediatico, che mani sapienti gli hanno accuratamente predisposto. Non a caso l’"Amerikana" Lucia Annunziata ha passato a lui il megafono, e non alla casalinga Cinzia Bottene, con cui la gente comune puo’ facilmente identificarsi. Arrestano dei presunti brigatisti e - giustamente - da qualche centro sociale "incazzato" arriva la "solidarieta’" verso costoro, dimenticando che i magistrati che hanno portato avanti le indagini hanno i nomi di Armando Spataro, Ilda Boccassini e Guido Salvini: gente seria, da sempre impegnati nella difficile lotta all’eversione soprattutto di colore "nero".
Agli "antagonisti" in servizio permanente effettivo, disobbedienti di nome ma di fatto obbedientissimi alle loro "cupole militarizzate", non a caso affascinati dalle "resistenze armate" tipo Moqtada Al Sadr in Iraq, consiglierei di stare attenti a confondersi con i "signorini della guerra", perche’ questa prossimita’ culturale e politica sicuramente aiuta le manovre di repressione e criminalizzazione dei movimenti che vanno denunciando.
La spirale repressione-violentismo di solito riesce ad affossare i movimenti, che si svuotano di partecipazione popolare. Mi auguro che questa volta la ciambella, preparata dai soliti cuochi, riesca senza buco.
Alfonso Navarra
dal sito wwww.repubblica.it
Corteo di sabato, il ministro teme "ostilità contro le forze dell’ordine"
"Chi siede in Parlamento deve esprimere solidarietà alle divise"
Base Vicenza, l’allarme di Amato
Prodi: "No a tensioni e aggressioni"
Il premier: "Spero sia una manifestazione serena, libera e democratica"
Il Prefetto: "Scuole chiuse, a rischio l’incolumità degli studenti"
ROMA - [Giuliano Amato] Lo dice mentre parla in Aula dei recenti arresti che hanno sgominato il nucleo delle nuove Br. Nel chiudere l’intervento alla Camera, il ministro dell’Interno Giuliano Amato fa anche un riferimento alla manifestazione di sabato prossimo, a Vicenza, contro la costruzione della base americana, ai rischi che si traduca in un’occasione per "saldare spezzoni di ostilità nei confronti delle forze dell’ordine". E lancia il suo invito: "Tutti coloro che siedono in Parlamento esprimano un sentimento opposto a quanti, invece, vorrebbero cogliere l’occasione di quella manifestazione per saldare spezzoni di ostilità verso la polizia". Da Nuova Delhi l’auspicio di Romano Prodi: "Che sia una manifestazione democratica e libera, senza aggressioni né tensioni".
Prodi: "Manifestare con consapevolezza". "Spero che sia una manifestazione serena e mi auguro che sia portata avanti con consapevolezza come ogni manifestazione democratica, libera, senza aggressioni e tensioni". Romano Prodi, dall’India, auspica che il corteo di sabato non produca conflitti, replica all’allarme-sicurezza lanciato dalle autorità Usa sottolineando che "la responsabilità dell’ordine pubblico è del governo italiano, non di quello americano", e insiste: "Sui sottosegretari, quel che ho detto lo ribadisco: non si manifesta contro il governo, da parte dei membri del governo in particolare. Da parte dei cittadini, invece, c’è la democrazia".
Cento: "Non andrò". "Prendo atto dell’appello di Prodi, non andrò alla manifestazione": così il sottosegretario all’Economia, Paolo Cento, chiude il "caso" della sua partecipazione al corteo, sabato. Ma ricorda che "il governo, al di là della presenza a Vicenza di esponenti di governo, deve fare i conti con un’opinione diffusa, contraria all’allargamento della base, che è una base di guerra".
Ulivo: "No all’eversione". Che l’attenzione delle forze politiche si stia concentrando su quell’appuntamento, si capisce anche dalle parole di Anna Finocchiaro, capogruppo diessino al Senato: "Stiamo attenti a non trasformare la manifestazione di Vicenza in un luogo potenziale di cultura eversiva". Mentre il vicepresidente del Consiglio Francesco Rutelli chiede che, in caso di disordini, questi siano repressi "con estrema severità".
Prc e Pdci: "Amato non confonda pace e violenza". "Mi sembra che Amato confonda le manifestazioni per la pace con certe manifestazioni violente negli stadi. Vicenza sarà una grande manifestazione di popolo e per questo pacifista" dice Alfonso Gianni di Rifondazione. Per Severino Galante, capogruppo Pdci in Commissione Difesa alla Camera, "è pericoloso evocare lo spettro di possibili incidenti. Evidentemente si vuole a tutti i costi coprire le giuste ragioni dei vicentini".
A Vicenza scuole chiuse. Sul fronte dell’ordine pubblico, il prefetto di Vicenza, Piero Mattei, ha annunciato che le scuole di Vicenza rimarranno chiuse sabato mattina.
Potrebbero crearsi, secondo la Prefettura, ’’momenti di altissima tensione’’, per cui e’ da tutelare ’’la sicurezza e l’incolumita’ dei giovani studenti’’.
(14 febbraio 2007)
* www.ildialogo.org, Giovedì, 15 febbraio 2007
22-7-2002 - Lettera aperta
Ai genitori di Carlo Giuliani - GENOVA
di don Vitaliano della Sala *
Carissimi Haidi e Giuliano,
è trascorso esattamente un anno dai fatti e dalle parole di Genova, dai forum, dalle manifestazioni, dall’uccisione di vostro figlio, dalle imprese “cilene” delle forze dell’ordine.
L’amarezza e lo sdegno sono ancora vivi dentro di noi per la violenza subita e per le giustificazioni e le coperture a tanta violenza. Una violenza che spesso si è espressa nella forma di una pericolosa generalizzazione: da una parte, nell’odio indiscriminato per tutti gli appartenenti alle forze dell’ordine, dimenticando che nelle loro file ci sono anche democratici autentici; dall’altra, nella criminalizzazione di tutto il movimento no global; senza riconoscere che spaccare le costole a un ragazzo o ammazzarlo non è la stessa cosa che frantumare una vetrina.
Non possiamo più permettere che venga gettato altro fango su centinaia di migliaia di persone - per parlare soltanto di quelli che erano presenti a Genova ma che certamente ne rappresentano molti di più - come ha fatto il Presidente Berlusconi e altri ministri con lui in questo anno.
Di fronte alla violazione dei diritti di un anno fa, che quotidianamente e senza clamore si ripete in Italia e nel mondo, nelle carceri e nelle strade, nei confronti dei migranti o dei deboli, abbiamo l’ineludibile dovere di fare verità e giustizia.
Nel ricordare i fatti di Genova ci vuole uno scossone di democrazia, di civiltà.
Sarei voluto essere a Genova in questi giorni, per ricordare Carlo e tutto quello che lì è accaduto un anno fa, perché dopo un anno i fatti di Genova non sono passati nel dimenticatoio e, nonostante le difficoltà del movimento dei movimenti, volevo essere a Genova come i tanti e con i tanti che non intendono farsi irretire dal potere globale e dalla violenza bruta che lo supporta, con i tanti che non vogliono farsi dividere e disperdere in mille rivoli, ma che si ostinano a tenere unite le loro risorse e a impegnare le loro diversità, in una “convivialità delle differenze”, perché un altro mondo sia veramente possibile.
Sarei voluto essere a Genova, ma il mio vescovo e la mia condizione canonica me lo impediscono; qualche giornalista, con ironia, mi ha definito “agli arresti domiciliari canonici”: potrei anche sorridere di questo, ma non posso transigere con me stesso di fronte alle molte omissioni a cui tale condizione mi costringe. Mi riempie di amaro sconforto riconoscere che quella che dovrebbe essere una sola e indivisa fedeltà a Cristo e al fratello, a Cristo nell’ultimo tra i fratelli, debba invece dividersi in due parti in conflitto fra loro.
Tuttavia solo fisicamente sarò assente da Genova. Troppe cose mi legano a questa città: le giornate vissute lo scorso anno, la memoria di Carlo e la vostra presenza, i genovesi del movimento, e poi don Andrea Gallo e la sua comunità. Sono sicuro che riempirete, voi e tutti gli altri, un’assenza che mi fa soffrire. Avete invitato noi tutti a deporre un fiore per Carlo in piazza Alimonda: una Messa in suo ricordo sarà il mio fiore per lui.
Ci avete proposto di ricordare Carlo brindando alla vita: anch’io lo farò insieme ai ragazzi della mia parrocchia.
Vi abbraccio.
Abbracciate per me tutti quelli che a Genova ci verranno.
don Vitaliano - Sant’Angelo a Scala, 19 luglio 2002
248° ora in silenzio per la pace
Appello per il 17 febbraio: tutti a Vicenza
di Rete controg8 per la globalizzazione dei diritti *
Domani 14 febbraio dalle 18 alle 19 sui gradini del palazzo ducale di Genova, 248° ora in silenzio per la pace. Saranno raccolte firme per chiedere ai parlamentari di votare contro il rifinanziamento della missione italiana in Afghanistan e prenotazioni per partecipare alla manifestazione nazionale del 17 febbraio a Vicenza (info 3473204042).
Incollato di seguito, l’appello per la manifestazione di Vicenza.
APPELLO ALLA MOBILITAZIONE SABATO 17 FEBBRAIO
MANIFESTAZIONE NAZIONALE A VICENZA
DICIAMO NO ALLA COSTRUZIONE DI UNA NUOVA BASE MILITARE ALL’AREOPORTO DAL MOLIN
IL FUTURO È NELLE NOSTRE MANI: DIFENDIAMO LA TERRA PER UN DOMANI SENZA BASI DI GUERRA
Presidio Permanente, Vicenza 23 gennaio 2007
Dopo che per mesi Governo e Comune si sono rimpallati la responsabilità della decisione, l’Esecutivo nazionale ha ceduto all’ultimatum statunitense: «il Governo non si oppone alla nuova base Usa», ha sentenziato Romano Prodi.
Dopo appena due ore, migliaia di vicentini sfilavano per le strade del centro cittadino. Chi pensava di aver chiuso la partita ha dovuto ricredersi, perché Vicenza si è mobilitata, ha Invaso le strade, ha costruito il presidio permanente. Otto mesi di mobilitazioni, culminate con la grandiosa manifestazione dello scorso due 2 dicembre - quando 30 mila persone sfilarono dalla Ederle al Dal Molin, hanno dimostrato la forte contrarietà della popolazione alla nuova installazione militare.
Ma il Governo, dopo aver più volte ribadito la centralità dell’opinione della comunità locale, ha ceduto agli interessi economici e militari. In tutto questo pesa come un macigno anche la posizione dell’Amministrazione Comunale che, forte dell’assenso dato dal Governo Berlusconi all’operazione, prima ha nascosto ai cittadini il progetto per tre anni e poi, snobbando la contrarietà della popolazione, lo ha approvato durante un Consiglio Comunale blindato e contestato; infine ha negato ai cittadini la possibilità di esprimersi attraverso il referendum.
Nonostante tutto questo a Vicenza è successo qualcosa di nuovo: Vicenza non si è arresa alle imposizioni. In questo percorso abbiamo trovato donne e uomini, studenti e anziani, lavoratori e professionisti; li abbiamo incrociati nelle mobilitazioni, abbiamo discusso con loro alle assemblee pubbliche ed ai convegni. Insieme abbiamo costruito il Presidio Permanente, un luogo attraversato da migliaia di persone in pochi giorni.
VICENZA non si è arresa alle imposizioni.
VICENZA non vuole una nuova base militare al Dal Molin.
VICENZA si è mobilitata.
Migliaia di persone hanno occupato i binari della stazione appena due ore dopo la conferenza stampa di Romano Prodi; e nei giorni successivi una serie di iniziative, dalla manifestazione degli studenti ai presidi in Municipio e in Prefettura, hanno confermato la determinazione dei cittadini. La nostra città ha riscoperto la dimensione comunitaria e popolare, ha riattivato le reti di solidarietà che in altri contesti - per esempio a Scanzano Ionico o in Val di Susa - hanno permesso di fermare dei progetti devastanti.
Da ogni parte d’Italia ci è arrivata un immensa solidarietà, un caloroso sostegno. Manifestazioni e presidi si sono svolti in questi giorni in ogni angolo del Paese. Contro una scelta contrastata dalla comunità locale ovunque si manifesta e si discute. Il nostro cammino è appena all’inizio. Nulla si è concluso con l’espressione del parere governativo.
Cittadini, associazioni e organizzazioni sindacali hanno deciso di opporsi; molti parlamentari si sono auto-sospesi. Vicenza vuole fermare questo scempio, se necessario anche seguendo l’invito di molti a mettere pacificamente in gioco i propri corpi. Vogliamo dare una voce unitaria, pacifica e determinata a questo sdegno.
VICENZA CHIAMA TUTTI A MOBILITARSI CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DI UNA CITTÀ
Contro la costruzione di una base che sorgerà a meno di due chilometri dalla basilica palladiana, consumerà tanta acqua quanta quella di cui hanno bisogno 30 mila cittadini, costerà ai contribuenti milioni di euro (il 41% delle spese di mantenimento delle basi militari Usa nel nostro territorio è coperto dallo Stato Italiano), sarà l’avamposto per le future guerre.
Vicenza vuole costruire una grande manifestazione nazionale per il 17 febbraio; vogliamo colorare le nostre strade con le bandiere arcobaleno e quelle contro il Dal Molin, ma anche con quelle per la difesa dei beni comuni e della terra, del lavoro e della dignità e qualità della vita.
Un corteo plurale e popolare, capace di aggregare le tante sensibilità che in questi mesi hanno deciso di contrastare il Dal Molin, perché siamo convinti che le diversità siano un tesoro da valorizzare così come l’unità sia uno strumento da ricercare per vincere questa sfida.
Ai politici e agli uomini di partito che condividono la responsabilità di Governo locale e nazionale rivolgiamo l’invito a partecipare SENZA le proprie bandiere; vi chiediamo un segno di rispetto verso le tante donne e i tanti uomini che in questi giorni si sono sentiti traditi dai partiti e dalle istituzioni; vi chiediamo, anche, di valorizzare la scelta di quanti, in questi giorni, hanno scelto di dimettersi o auto-sospendersi in segno di protesta. Una protesta che, auspichiamo, dovrà avere ulteriori riscontri se il Governo non recederà dalle sue decisioni.
Noi siamo contro il Dal Molin per ragioni urbanistiche, ambientali, sociali; ma, anche, perché ripudiamo la guerra. Proprio per questo non accettiamo alcun vergognoso baratto con il rifinanziamento della missione in Afghanistan.
La nostra lotta non si è esaurita. A Vicenza, il 17 febbraio - contro ogni nuova base militare
per la desecretazione degli accordi bilaterali che regolano la presenza delle basi,
per la difesa della terra e dei beni comuni
per un reale protagonismo delle comunità locali e dei cittadini.
Il futuro è nelle nostre mani: difendiamo la terra per un domani senza basi di guerra. Il 17 febbraio tutti a Vicenza!
Presidio Permanente contro il Dal Molin
Per info e adesioni: nodalmolin@libero.it
* www.ildialogo.org, Mercoledì, 14 febbraio 2007
MAO VALPIANA: VICENZA. ISTRUZIONI PER L’USO *
"Bisogna arrivare a moltitudini che rifiutino la guerra, che blocchino con le tecniche nonviolente il potere che voglia imporre la guerra". Diceva cosi’ Aldo Capitini, filosofo e fondatore del Movimento Nonviolento.
Sabato 17 febbraio saremo a Vicenza, per manifestare contrarieta’ alla nuova base militare, com’e’ naturale che sia e come facciamo da quarant’anni...
Forse non tutti sanno che nel 1967 la prima Marcia antimilitarista da Milano a Vicenza, promossa dal Movimento Nonviolento, si concludeva proprio davanti alla caserma Ederle. Oggi come allora noi pensiamo che le basi militari, le servitu’ militari, le armi anche nucleari presenti in quelle basi, le alleanze militari internazionali, non siano di aiuto alla pace ma al contrario favoriscano il pericolo di guerra.
Cio’ che storicamente e’ avvenuto prima e dopo il 1989 purtroppo ci ha dato ragione.
* La nonviolenza e’ rifiuto assoluto della guerra e della sua preparazione.
E le ragioni profonde dell’antimilitarismo si possono esprimere solo con la nonviolenza, perche’ qualsiasi cedimento alla violenza (persino quella verbale) favorisce la degenerazione militarista, che e’ la morte della democrazia.
*
In passato abbiamo manifestato contro la Nato e contro il Patto di Varsavia, contro l’esercito americano e contro quello sovietico, contro la guerra del Viet-Nam e contro l’invasione della Cecoslovacchia; siamo stati contro l’aumento delle spese militari, votate dai governi democristiani e approvate anche dai comunisti. Con lo stesso spirito oggi ci opponiamo alla base vicentina approvata dal governo Berlusconi e confermata dal governo Prodi. Il nostro obiettivo e’ la riduzione di ogni presenza militare, e non la caduta di questo o quel governo. Percio’ non accettiamo lezioni e non temiamo intimidazioni. La scelta nonviolenta e’ matura e consapevole, sia sul piano morale che politico. *
Quarant’anni fa gli amici della nonviolenza che manifestavano contro le basi militari a Vicenza erano 80; sabato a Vicenza ci saranno ottantamila persone che vogliono manifestare pacificamente: le idee camminano e non si possono fermare...
La manifestazione di Vicenza deve essere una grande manifestazione di popolo, partecipata e positiva come lo sono sempre state le marce per la pace Perugia-Assisi. Non ci sono ragioni per creare allarmi e preoccupazioni che vengono da chi si augura che cio’ non sia.
Certo, qualche vero imbecille o imbecille pagato ci puo’ sempre essere, ma la forza della nonviolenza e la tensione ideale annulleranno qualsiasi tentativo di rovinare la festa.
Le forze dell’ordine hanno il compito istituzionale di garantire che i cittadini possano manifestare liberamente e pacificamente il loro pensiero.
Come amici della nonviolenza abbiamo il massimo rispetto per le forze dell’ordine, e le aiuteremo a svolgere nel migliore dei modi il loro lavoro al servizio della democrazia. * Come Movimento Nonviolento andremo a Vicenza in treno, partendo dalla stazione di Verona alle 11,30. Ci raduneremo davanti alla stazione di Vicenza, in campo Marzo, dalle 12,15 alle 13, e poi raggiungeremo l’ampia area verde sotto le mura di viale Mazzini e ci uniremo in questo punto al corteo. Avremo le bandiere della nonviolenza (due mani che spezzano il fucile, sui colori dell’arcobaleno).
Ci incontreremo dunque alle ore 13 in viale Mazzini, insieme agli amici della Rete Lilliput, di Unicomondo, dei Beati i costruttori di pace e i gruppi scout. Arrivederci a Vicenza.
* Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it
[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: mao@sis.it, e anche presso la redazione di "Azione nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax 0458009212, e-mail: an@nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per questo intervento.
Mao (Massimo) Valpiana e’ una delle figure piu’ belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e’ nato nel 1955 a Verona dove vive ed opera come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e’ impegnato nel Movimento Nonviolento (si e’ diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e’ membro del comitato di coordinamento nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l’altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e’ stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un’azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e’ stato assolto); e’ inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell’Obiezione di Coscienza); e’ stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta’ con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita’ su nostra richiesta, e’ nel n. 435 del 4 dicembre 2002 di questo notiziario.
Aldo Capitini e’ nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E’ morto a Perugia nel 1968. E’ stato il piu’ grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia.
Opere di Aldo Capitini:
la miglior antologia degli scritti e’ (a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche’ integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell’epoca - bibliografia degli scritti di Capitini);
recentemente e’ stato ripubblicato il saggio Le tecniche della nonviolenza, Linea d’ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d’ombra, Milano 1991, nuova edizione presso L’ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; e gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996;
segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991; e la recentissima antologia degli scritti (a cura di Mario Martini, benemerito degli studi capitiniani) Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004.
Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta@sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu’ reperibili in libreria (tra cui i fondamentali Elementi di un’esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti, 1969).
Negli anni ’90 e’ iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998.
Opere su Aldo Capitini:
oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno:
Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988;
Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988;
Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989;
Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini.Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991;
Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell’esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991;
Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003;
AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998;
Antonio Vigilante, La realta’ liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999;
Pietro Polito, L’eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001;
Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004;
Massimo Pomi, Al servizio dell’impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005;
Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005;
cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d’Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001;
per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato;
numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell’Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it,
altri materiali nel sito www.cosinrete.it;
una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps@libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni:
l.mencaroni@libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803,
e-mail: azionenonviolenta@sis.it]
Ecco la dichiarazione di Haidi Giuliani, la mamma di Carlo, diventata senatrice grazie alle gesta del figlio, rilasciata a Liberazione, il quotidiano di Rifondazione; in un lungo commento sulla tragedia di Catania ha scritto quanto: «inutile e anzi dannoso sia rilasciare indiscriminati attestati di fiducia e solidarietà alle forze dell’ordine »
(Corriere della Sera, 5 Febbraio 2006)
Ogni commento è superfluo !!
Dichiarazione di HAIDI GIULIANI !!!
Caro Biasi
mi dispiace dirtelo - non comprendi nemmeno le parole che tu stesso citi!
Parlano contro di Te - non contro la madre di Carlo Giuliani!!! Le parole-chiavi sono "indiscriminati attestati di fiducia"!!! Una considerazione elementare di ogni normale cittadino e di ogni normale cittadina con la testa sulle spalle, la regola di comportamento di qualsiasi persona sveglia, di buon senso, e saggia (a riguardo - rileggi lo stesso messaggio evangelico: "dai loro frutti..."). Occhi aperti!!! Niente di più e niente di meno!!!
Non ascolti e - soprattutto - non ti ascolti, sia quando parli sia quando scrivi o leggi. Amichevolemnte - la cosa è grave, credimi. Vedi di provvedere.
Il pregiudizio (e non solo in questo caso!!!) ti devasta dalla testa ai piedi e viceversa. Non hai imparato nulla nemmeno dalla ultima recente discussione innescata dall’art. di Mauro Diana (Raciti e Giuliani: una stupida attinenza) e dagli sforzi di chiarimenti che si sono fatti. Credo che tutti gli altri si sono ascoltati e sono andati oltre loro stessi: Mauro Diana, Domenico D L, e lo stesso Direttore. Il nostro "ispirato" Morrone è un grande e paziente maestro nella "direzione spirituale": permettimelo - lode a Lui !!! E accogli il mio invito - ascoltalo di più: così ascolterai meglio e di più anche te stesso. Spero.
M. saluti,
Federico La Sala
Caro Federico,
ma cosa bisogna ascoltare ? Ma cosa dobbiamo leggere ? Su cosa dobbiamo riflettere, ancora ? È tutto così chiaro, limpido !!!
In questa nostra Italia del "cazzo" (permettimi di dirlo) esiste un governo del "cazzo" in balia di una sinistra radicale (alla quale probabilmente tu fai parte) che detta legge a un premier "rincoglionito", al quale interessa solamente la poltrana su cui siede e il governo di un Paese che, grazie a lui, sta sprofondando inesorabilmente nell’ingovernabilità.
Oramai questa sinistra non rappresenta più i lavoratori, non rappresenta più la massa di operai e operaie che pretende di difendere, governando con Padua Schioppa. Oggi la vera opposizione è Marco Ferrando, con il suo Partito Comunista dei Lavoratori. Il pericolo per la nostra democrazia è evidente: basta osservare gli ultimi arresti di brigatisti rossi.
È da tanto tempo che riempi queste pagine con la tua retorica, il tuo pseudo-pacifismo, il tuo buonismo, coinvolgendo i tuoi "Dan" e i tuoi "don", ma le prospettive per te e il tuo pensiero sono fallimentari, rendetene finalmente conto.
Continua pure a strumentalizzare poeti, santi, poveri morti e parroci sprovveduti per avvalorare le tue tesi, ma non venire a consigliarmi chi devo seguire, perchè ognuno ha avuto i suoi Maestri. I miei mi hanno insegnato, tra l’altro, a riconoscere il lupo travestito d’agnello, come io ti considero.
Saluti & abbracci. Biasi