Il leader della Cgil contro la riforma Gelmini: "Basta con le politiche dei tagli"
"Come si fa a dire che i bambini meno stanno a scuola e più imparano?"
Scuola, Epifani: "Se non si cambia
andremo allo sciopero generale"
ROMA - "Se le cose non cambiano, andremo allo sciopero generale di tutta la scuola". Lo ha annunciato nel corso del suo intervento alla manifestazioone della Cgil contro la politica economica del governo il segretario generale Guglielmo Epifani, auspicando che la mobilitazione sia unitaria, ma avvertendo che la Cgil andrà avanti anche "non unitariamente".
Lo sciopero, ha spiegato Epifani, avrebbe lo scopo di "contrastare le politiche dei tagli e la controriforma del Governo". "Così non va" ha detto Epifani parlando dei servizi pubblici per i quali "paghiamo di più per avere di meno e favorire la sanità e la scuola privata".
Il leader della Cgil ha criticato le recenti misure del ministro dell’istruzione Gelmini: "Come si fa a dire che i bambini meno stanno a scuola e più imparano? Capirei per i liceali e per gli universitari ma in quale testo di pedagogia è stato prelevato questo concetto? E’ questa - ha concluso Epifani - la funzione della scuola primaria? Perché distruggerla?".
* la Repubblica, 27 settembre 2008
Sul tema, in rete e nel sito, si cfr.:
Epifania (Wikipedia)
Tre cortei per contestare le scelte del ministro dell’Istruzione
Università, in piazza contro i tagli
Studenti, ricercatori e docenti arrivano da tutta Italia per manifestare a Roma contro i previsti tagli a fondi e personale. Alla protesta, voluta dai sindacati, partecipano solo Cgil e Uil. Epifani: "Chi non c’è sbaglia". Gli slogan non solo anti Gelmini. Tra i più gettonati: "Vogliamo lo tsunami che porti via i due nani"
Roma, 14 nov. (Adnkronos/Ign) - E’ il giorno dei cortei a Roma. Tra studenti, ricercatori e docenti dovrebbero essere almeno in 100 mila a manifestare nella capitale contro la riforma Gelmini, in particolare contro i previsti tagli a fondi e personale. Allo sciopero generale dell’Università e della ricerca voluto dai sindacati, partecipano solo Cgil e Uil. Cisl e Ugl si sono ritirate dalla protesta in seguito all’incontro con il ministro dell’istruzione Maria Stella Gelmini ritenuto positivo.
Bachelet (Pd) in corteo con gli studenti
’’Credo nel Parlamento e nel dialogo. Ma devo constatare che con questo governo il dialogo non c’è stato. Il dibattito parlamentare non ha permesso di modificare in alcun modo i tagli previsti per l’università e la ricerca, mentre invece di fronte alla piazza il ministro Gelmini ha iniziato a fare marcia indietro. Così oggi sono qui a manifestare, insieme agli studenti e ai professori dell’Università La Sapienza’’. Lo dichiara Giovanni Bachelet, deputato Pd, che partecipa alla manifestazione.
Epifani: "Chi non c’è sbaglia"
"Chi non c’è sbaglia". Così il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, che ha raggiunto il corteo dei sindacati. "E’ una manifestazione molto ampia, con tante anime. Chi non c’è sbaglia. Ogni volta che provano a isolarci -afferma Epifani rispondendo a chi gli chiede se vi sia un tentativo in tal senso- gli va male. Però persistono e perseverare è diabolico. Sto preparando -annuncia riferendosi agli incontri che ci sarebbero stati a Palazzo Grazioli- le lettere a Bonanni e Angeletti. Chi dice le bugie ha le gambe corte".
Gli slogan
Non solo il ministro Gelmini bersaglio degli slogan degli studenti in corteo ma anche il premier Silvio Berlusconi e il responsabile della Pubblica amministrazione Renato Brunetta. Oltre all’ormai consueto "Noi la crisi non la paghiamo", dal corteo si leva a gran voce "Siamo capitani di ventura e non ne possiamo più, fannullone sarai tu, Brunetta fannullone sarai tu", e ancora "Tagli alla ricerca e all’università, la riforma del governo è tutta qua". Poi, sulle note di un motivo degli anni ’60 un invito al ministro della Pubblica amministrazione a ritirare i provvedimenti "Renato, Renato, Renato, l’emendamento va ritirato". Non manca qualche slogan che va sul personale: "Vogliamo lo tsunami che porti via i due nani", e "Berlusconi stai calmino senza la ricerca avresti il parrucchino".
Dalle Marche in duemila
"Sono oltre 2.000 gli studenti e i precari del mondo della scuola e dell’università ad aver raggiunto dalle Marche con treni e autobus, la grande manifestazione di Roma partita dalla Sapienza proprio in questi minuti". A sostenerlo sono gli studenti dell’’Onda anomala marchigiana’.
Milano, presidio studenti in piazza Duomo
E’ iniziato alle 10 e terminerà alle 14 il presidio indetto in piazza Duomo a Milano, in concomitanza con la manfiestazione nazionale di Roma. Tra precari, studenti, dottorandi e ricercatori dei diversi atenei e delle accademie sono scesi in piazza in 1.500.
Proteste anche a Palermo, in corteo centinaia di studenti
Proteste contro la riforma della scuola anche a Palermo, dove ha preso il via il corteo degli studenti universitari e delle scuole medie superiori che stanno sfilando lungo la via Libertà. Il corteo a cui partecipano centinaia di giovani è stato aperto con un grande striscione con la scritta: "Difendiamo il nostro futuro. Abroghiamo la Gelmimi".
Ferrero: "A corteo assenza rumorosa del Pd"
Il corteo di questa mattina è "un corteo a due, che ha due mancanze, quella della Cisl che per ragioni politiche ha scelto un rapporto con il governo di subalternità e l’assenza rumorosa del Pd che disegna un’opposizione di sua maestà". E’ questo il giudizio espresso dal segretario del Prc Paolo Ferrero, uno dei pochi politici, e tutti di partiti non parlamentari, presenti al corteo partito da piazza Bocca della Verità.
Unione studenti: "Partecipazione altissima a corteo Roma"
L’Unione degli Studenti annuncia: "La partecipazione a questo corteo è altissima".
Corteo sindacati parte da piazza Bocca della Verità
E’ partito con quasi un’ora e mezza di ritardo il corteo dei sindacati da piazza Bocca della Verità. Ad aprire il corteo, preceduto da un camioncino che trasmette musica di Bob Marley lo striscione ’Insieme per il futuro del Paese’, firmato Flc-Cgil, Uil-Pa, Ur-Afam. Il ritardo nella partenza, è dovuto all’attesa delle decine di pullman e treni che stanno giungendo da tutta Italia. Sono infatti previsti 10 pullman da Firenze, 13 dall’Emilia Romagna, 10 dalla Calabria, 7 dalla Puglia mentre 200 delegati arriveranno dalla Sicilia e 1.500 dalle Marche. Da Napoli sono previsti 17 pullman e oltre 200 persone che arriveranno con i treni. Molto nutrita la rappresentanza degli Enti di ricerca che con striscioni e magliette ricordano la situazione drammatica in cui versano.
Roma, deviati bus per corteo studenti
Un corteo di studenti si sta muovendo a Roma da piazzale Aldo Moro in direzione di piazza della Repubblica, dove partirà una delle due manifestazioni in programma per la mattinata di oggi. I manifestanti raggiungeranno piazza della Repubblica passando per viale dell’Università, viale Castro Pretorio, poi via San Martino della Battaglia e piazza dei Cinquecento. Previste temporanee deviazioni per i bus in transito. Lo comunica l’Atac.
Pantaleo (Flc-Cgil): "Oggi in piazza per cambiare provvedimenti sbagliati"
"Ci aspettiamo una manifestazione pacifica, colorata e allegra, come quella del 30, che costringa il governo a cambiare dei provvedimenti sbagliati". così il segretario generale della Flc-Cgil Mimmo Pantaleo ’presenta’ la manifestazione di Roma.
Civica (Uil): "Gelmini convinca governo a cambiare"
Un invito affinché il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini "convinca il governo a cambiare" i provvedimenti che riguardano l’Università e la ricerca è stato espresso dal segretario generale della Uil Università Alberto Civica, che questa mattina è in piazza, insieme alla Flc-Cgil.
I percorsi dei tre cortei a Roma
Tre i cortei previsti per manifestare contro la politica del governo in materia di università. Quello dei sindacati parte da piazza Bocca della Verità e si concude a piazza Navona. Due sono invece i cortei degli universitari di ’Roma Tre’ e de ’La Sapienza’ cui partecipano anche gli studenti medi, che partono uno da piazzale dei Partigiani e l’altro da piazzale Aldo Moro per raggiungere poi piazza della Repubblica e di lì proseguire per Termini, via Cavour, piazza Venezia e infine arrivare a piazza Navona.
l’Unità 14.11.08 L’Onda diventa una marea Cortei per salvare l’università di Maristella Iervasi
Senza la Cisl che si è sfilata, oggi grande mobilitazione contro i tagli. Civita (Uil): dalla Gelmini nemmeno una telefonata. Nella Capitale 4 fiumi. Fino a domenica assemblea nazionale degli atenei.
È il giorno della «mareggiata» dell’Onda. La marea studentesca contro i tagli all’istruzione e per il ritiro della legge 133 oggi invaderà Roma. Allo sciopero generale indetto dai sindacati Cgil e Uil (la Cisl ha fatto dietrofront dopo la cena a casa di Berlusconi) saranno in centinaia di migliaia da tutta Italia. Oltre 100mila universitari, ricercatori e allievi dei conservatori da ieri sono in viaggio da tutti gli Ateni d’Italia, compresa una delegazione della cattolica del «Sacro Cuore». Collette e notte bianche per autofinanziarsi, a Padova anche il sindaco Flavio Zanonato avrebbe partecipato alla «baron tax» degli studenti. 30mila le persone che si muovono con la Cgil e tanti altri che arriveranno per pronto conto, per esserci. E chi non può partire bloccherà le città di residenza. Una giornata difficile, i primi segnali già ieri pomeriggio. All’improvviso la polizia ha sgomberato Giurisprudenza mentre Giuseppe Frigo, giudice costituzionale stava tenendo una relazione sul mandato di arresto europeo. «Ci hanno poi spiegato - ha detto Frigo - che lo sgombero era su ordine del questore, in tutte le facoltà della Sapienza, per il pericolo di un’occupazione studentesca imminente».
Quattro i cortei che terranno sotto scacco la capitale: i collettivi della Sapienza si muoveranno alle 9.30 da Piazzale Aldo Moro dopo aver «chiuso» i sacchi a pelo di chi già passato la prima delle 3 notti del week-end nelle facoltà occupate. Più o meno alla stessa ora si muoveranno da Piramide i ragazzi di Roma Tre e da Piazza Barberini i giovani delle superiori. Tutti confluiranno a Piazza della Repubblica, a due passi dalla stazione Termini. Non è ancora chiaro quanti e quali universitari manifesteranno in modo autonomo, di sicuro uno spezzone punta all’assedio di Montecitorio. Il concentramento dei sindacati è invece in via della Bocca della Verità, l’arrivo in piazza Navona. E anche la destra identitaria vuole la sua fetta di piazza: alle 14 dal quartiere Prati «marcerà» fin sotto al ministero in difesa della Gelmini. «Non accettiamo provocazioni dalle sigle della destra», è la risposta dei collettivi che per evitare infiltrazioni hanno organizzato un proprio servizio d’ordine.
Mimmo Pantaleo della Flc-Cgil parlerà dal palco di piazza Navona. Ci sarà anche il segretario della Confederazione dei lavoratori Guglielmo Epifani, che ieri dopo l’occupazione-lampo di Azione studentesca nella sede romana del sindacato di categoria e della Camera del Lavoro a Brescia, ha detto: «Basta con i metodi squadristi. Non tolleriamo il ritorno a provocazioni di questo segno. Non consentiremo che forme di violenze dirette o indirette possano vincere sulla forza delle idee della ragione e della giustizia». Per la Uil interverrà Michele Civita, che ieri ha detto: «Tempo scaduto. Dalla Gelmini neppure una telefonata. Confermiamo lo sciopero». Poi il microfono passerà a 2 studenti, un ricercatore, un universitario e un rappresentante dell’Afam. Intanto, la protesta italiana arriva anche all’estero. Con lo sciopero degli studenti che seguono l’Erasmus. Sit-in dei ricercatori davanti all’ambasciata italiana a Bruxelles. Stessa cosa a Parigi, dove studenti e prof protesteranno in contemporanea con Roma sotto le finestre del Consolato italiano della capitale francese.
Tutto è pronto alla Sapienza per ospitare chi arriva da fuori. Già ieri sera molti ragazzi hanno dormito nelle aule delle facoltà occupate: Chimica, Scienze Politiche, Lettere, Fisica. Da Napoli, Bologna, Milano i primi arrivi. «Occuperemo anche i dipartimenti di Geologia e Igiene per far posto ai ragazzi» assicura Giorgio Sestili del collettivo di Fisica. Dopo la manifestazione-mareggiata dell’Onda, infatti, i ragazzi si fermeranno fino a domenica per partecipare all’assemblea nazionale degli Atenei. La bozza del manifesto dell’autoriforma degli universitari è pronta e contiene un appello dove si chiede l’abrogazione delle leggi 133 e il decreto Gelmini sul maestro unico; l’abolizione del numero chiuso, il sistema di credito e della frequenza obbligatoria ma anche la possibilità di usufruire di servizi come la casa, l’accesso alla cultura e ai trasporti. I workshop si chiuderanno domenica mattina, poi dal pomeriggio assemblea aperta anche alle scuole superiori ed elementari.
UNIVERSITA’: FLC CGIL, CONFERMATI SCIOPERO E MANIFESTAZIONE DI DOMANI
NON ESISTONO ATTI CONCRETI IN BASE AI QUALI REVOCARLI
Roma, 13 nov. (Adnkronos) - A poche ore dallo sciopero e dalla manifestazione di Universita’, Ricerca ed Afam, indetto per domani, la Flc Cgil interviene sui contenuti dell’incontro dell’ 11 novembre con il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, ribadendo che "non esistono atti concreti sui diversi punti che stanno alla base della proclamazione dello sciopero e che, quindi, la Flc mantiene la proclamazione dello sciopero e della manifestazione nazionale a Roma per difendere Universita’, Ricerca, Conservatori e Accademie, per la difesa del loro ruolo pubblico, per il futuro del Paese".
Giovedì, 13 Novembre 2008 L’UNITÀ DI OGGI
Scuola, l’Onda arriva in Europa: gli Erasmus contro la 133
di Alessia Grossi
Era arrivata già alla ribalta delle cronache il 7 novembre con l’irruzione nel Consolato italiano a Londra. Ora, in occasione della manifestazione degli studenti universitari contro la 133 del 14 novembre a Roma, la «European Anomalous Wave», l’Onda anomala europea, si organizza e si unisce in un unica protesta per manifestare davanti ai consolati italiani delle maggiori città europee. È la rete Erasmus del “No alla 133” che da Parigi, Lione, Madrid, Valencia, Granada, Londra, Bruxelles, Monaco, Amburgo, Copenaghen e Leida, si riunisce in rete per manifestare il dissenso contro i tagli di Tremonti e la “riforma” della Gelmini.
A Valencia, già lunedì gli studenti italiani si sono riuniti in assemblea e hanno prodotto il testo che consegneranno al console italiano perché lo faccia avere al Ministro italiano. «Ci siamo anche noi», dice il testo del video che hanno postato anche su Youtube, che nessuno pensi che gli studenti Erasmus si sentano esclusi. Oltre al documento, per l’occasione gli Erasmus valenciani hanno stabilito un’Assemblea permanente. “Da Valencia contro la 133”, infatti, scrivono nel documento gli studenti, è un «contenitore e di idee e strumento di coordinamento della mobilitazione nata spontaneamente dall’incontro di numerosi erasmus italiani» tutti «uniti, indipendentemente dalle diverse provenienze geografiche e eterogeneità ideologica dal comune senso di disagio nei confronti di una legge che mina le basi, già traballanti dell’Università Italiana».
Insomma, l’Onda dilaga e si fa sentire anche fuori dai confini italiani, si raduna su Facebook, crea siti internet e blog per l’occasione e venerdì molte città europee l’avranno sotto gli occhi.
A Parigi, dove l’Onda «l’onda anomala raggiunge l’attuale sede del presidente di turno dell’UE» come si legge nel comunicato stampa degli Erasmus parigini, la voce studentesca inizialmente si è scoperta molteplice, come dire, prima ancora di coordinarsi, si erano già formati spontaneamente diversi gruppi di protesta.
Anche gli erasmus francesi, come il resto dell’Onda Anomala ha organizzato per venerdì un sit-in sotto al Consolato italiano per consegnare al console «Luca Maestripieri un documento che esprime rifiuto e indignazione verso le riforme della scuola e dell’università proposte dal governo italiano. In seguito, una rappresentanza di studenti si sposterà all’ambasciata italiana portando lo stesso all’ambasciatore Ludovico Ortona». Dopo il sit-in l’Onda sfilerà poi lungo la Senna, non senza sperare nella solidarietà dei Collettivi francesi che starebbero decidendo di manifestare in segno di solidarietà con gli studenti italiani. Questo, perché l’Onda, ha come obiettivo centrale quello di opporsi al fenomeno delle riforme dei Paesi della Comunità europea a discapito della cultura e della ricerca. È per questo motivo che, anche dopo il 14, l’Onda promette di non sciogliersi ma di continuare a lavorare per un sistema universitario e scolastico migliore.
Cgil boccia l’incontro di ieri con Gelmini, Cisl e Uil siglano un documento
che il ministro sottoporrà alla valutazione di Tremonti e Brunetta
Università, i sindacati si spaccano
la Cisl revoca lo sciopero di venerdì
Gli studenti intanto si organizzano: tre i cortei previsti a Roma*
ROMA - I sindacati si spaccano sulla riforma dell’università. Da una parte la Cgil che, dopo l’incontro di ieri con Maria Stella Gelmini, boccia come "del tutto insufficienti" le proposte del ministro, dall’altra la Cisl che revoca lo sciopero di venerdì dopo aver firmato, insieme alla Uil, un documento con le richieste per il settore, che la Gelmini si è impegnata a sottoporre al vaglio dei ministri dell’Economia e della Funzione pubblica, Giulio Tremonti e Renato Brunetta. Intanto gli studenti di tutta Italia si preparano a partire per Roma, dove il 14 novembre sono previsti tre cortei. La Rete degli studenti medi annuncia che aderirà alla manifestazione.
Sciopero revocato. Cisl-università e Cisl-ricerca hanno deciso di revocare lo sciopero dei due settori indetto per venerdì 14. Il sindacato, dunque, non sarà neanche alla manifestazione di Roma. "Vogliamo proseguire il confronto che si è aperto ieri con il ministro Gelmini per arrivare ad una riforma condivisa dell’università" spiega Antonio Marsilia, segretario generale del settore università del sindacato. Anche la Uil sta ragionando sulla revoca dello sciopero. Secondo il leader della Uil-università, Alberto Cirica, la Cgil "è dell’idea che lo sciopero vada fatto a tutti i costi e per questo non ha nemmeno firmato il documento. A noi interessa invece discutere del merito del problemi".
I punti del documento. I punti che più stanno a cuore ai sindacati, e che sono stati inseiti nel documento siglato durante l’incontro con la Gelmini, riguardano la stabilizzazione del precariato del personale tecnico-amministrativo, dei ricercatori e dei docenti dell’Afam (Alta formazione artistica e musicale), l’alleggerimento dei tagli al turn-over e alle risorse finanziarie, l’apertura di un tavolo di confronto per concordare le linee del ddl di riforma dell’università e migliorare il decreto pubblicato ieri sulla Gazzetta Ufficiale.
La Cgil conferma la mobilitazione. Il segretario della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo, dice che il suo sindacato, anche se non ha firmato il documento, è disponibile a partecipare all’incontro previsto per domani con Brunetta, ma aggiunge che per il momento da Palazzo Vidoni non è giunta alcuna convocazione ufficiale. Il ministro, riferisce Pantaleo, ha però in programma un incontro con i presidenti degli enti di ricerca ed è possibile che Cgil, Cisl e Uil siano ricevute subito dopo. "Abbiamo apprezzato alcune aperture del ministro Gelmini e vogliamo affrontare seriamente un percorso riformatore - osserva Pantaleo - ma bisogna sgomberare il campo da alcune scelte del governo e revocare i tagli previsti dalla 133. Il decreto non è una risposta - sottolinea - e anche il disegno di legge annunciato dal ministro, se rispetterà i tagli della 133, avrà un destino segnato". Pantaleo conferma lo sciopero di venerdì perché la Gelmini ha proposto un meccanismo "incerto e aleatorio", prendendo atto solo di alcuni punti di interesse dei sindacati, sui quali inoltre si rende necessaria una complicata verifica con altri ministeri per arrivare a soluzione.
I cortei di venerdì. L’appuntamento con gli universitari della Sapienza è alle 9.30 in piazzale Aldo Moro, mentre gli studenti di Roma Tre si concentreranno alla Piramide e gli studenti medi in piazza della Repubblica. I manifestanti proseguiranno per piazza Venezia per unirsi al corteo della Cgil che invece parte alle 9.30 da piazza della Bocca della Verità per dirigersi poi a piazza Navona.
* la Repubblica, 12 novembre 2008
Venerdì sciopero generale dei sindacati e corteo a Roma contro i tagli e la riforma
La Cgil: "Il provvedimento varato due giorni fa dal Cdm non incide"
Università, il decreto non basta
tutti in piazza il 14 novembre
La Rete degli studenti: "La maggioranza ammetta i propri errori"
E oggi alla Sapienza di Roma lezioni per i bimbi delle elementari *
ROMA - "Warning: pericolo onda anomala". C’è un omino stilizzato in fuga da un’onda blu che accoglie i visitatori del sito di Uniriot, il "network delle facoltà ribelli". L’onda è la protesta che non si ferma, ripetono gli studenti. Si apre una nuova settimana di passione per l’università, che scenderà in piazza a Roma venerdì 14 per lo sciopero generale proclamato dai sindacati di categoria contro i tagli e la riforma Gelmini. E mentre la Rete degli studenti insiste nel chiedere il ritiro dei decreti, proseguono le iniziative alternative: oggi, alla Sapienza di Roma, attività didattiche per i bambini delle elementari. Sul fronte politico si registra l’intervento di Antonio Di Pietro: "I soldi tolti alla scuola vanno restituiti - ha detto - non si può lasciare la riforma dell’istruzione al ministro dell’Economia. Il fatto che il governo abbia deciso di travasare in un ddl ciò che era in un decreto dimostra che è stato preso con le mani nella marmellata".
Cgil: "Il decreto non incide". Il decreto sull’università varato due giorni fa dal Cdm "non incide sui punti di sofferenza prodotti dai provvedimenti di governo", dunque "il 14 novembre l’università, la ricerca e l’Afam saranno in piazza a manifestare per cancellare la legge 133 e le sue devastanti conseguenze". Così Domenico Pantaleo, segretario generale Flc-Cgil, conferma la mobilitazione di venerdì prossimo.
Assemblea delle facoltà. "Il movimento non si arresterà fino al ritiro dei tagli". Così un comunicato degli studenti della Sapienza. "L’onda - si legge - vede mobilitarsi le maestre elementari contro la distruzione del tempo pieno e del modello pedagogico della primaria, gli insegnanti precari delle superiori che perderanno ogni speranza di stabilizzazione a causa dei tagli di Tremonti e Gelmini, i ricercatori precari dell’Università e degli enti di ricerca che rivendicano la stabilizzazione e il rilancio della ricerca pubblica". Appuntamento il 16 novembre alle 11.30 con un’assemblea nazionale con la partecipazione di studenti medi e universitari, maestre, insegnanti, ricercatori.
Rete studenti: "Maggioranza ammetta i propri errori". "Non accettiamo scaricabarile dagli esponenti del governo". La Rds chiede alla maggioranza di ammettere i "propri errori e di ritirare i decreti su scuola e università. Gelmini è esecutrice di un progetto condiviso dalla maggioranza, non sarà individuando in lei un capro espiatorio che la maggioranza di governo riacquisterà consenso".
Baby-alunni in facoltà. Una domenica particolare alla Sapienza di Roma con lezioni e attività didattiche per i bambini delle elementari. Gli studenti della facoltà di Chimica, Fisica, Geologia e Medicina, così come quelli delle altre facoltà, hanno mostrato ai piccoli "le meraviglie della scienza". "La nostra protesta oggi è quanto mai costruttiva - spiega Andrea, di Chimica - mostriamo ai piccoli esperimenti con oggetti e prodotti che usiamo ogni giorno in casa, come l’ammoniaca o i detersivi. Cose semplici, piccole dimostrazioni che servono a far capire quanto sia importante studiare e fare ricerca nelle università".
La riforma in Gazzetta ufficiale. Domani si concretizza il primo tassello della riforma Gelmini, quel decreto legge "tecnico" varato giovedì dal Consiglio dei ministri. Da viale Trastevere, dove il testo è stato aggiornato - per la parte relativa agli associati - per quanto riguarda gli imminenti concorsi (già banditi da tempo e le cui domande scadono proprio domani), assicurano che il dl arriverà al Quirinale per la firma del capo dello Stato, prima di essere pubblicato in serata sulla Gazzetta Ufficiale. Giusto in tempo, quindi, per mandare avanti la complessa macchina dei tanto attesi concorsi.
La norma sui fuori corso. A viale Trastevere si studiano gli incentivi per gli studenti che riescono a laurearsi nel tempo previsto o limitando al minimo il periodo fuori corso, con norme più rigide per chi passa troppo tempo in facoltà senza arrivare alla laurea. La Gelimini vuole aiutare gli studenti che lavorano, non i "parcheggiati". Per un’idea del fenomeno ci sono i dati Istat: nel 2006, il 66% dei 271 mila 115 laureati ha terminato fuori corso. Gli iscritti all’università fuori corso (dati Censis) sono passati dai 121 mila 508 del 2003-2004 ai 245 mila 604 del 2004-2005 (+102,1%) e nel 2005-2006 dovrebbero superare le 300 mila unità, con un incremento pari al 37,6%.
* la Repubblica, 9 novembre 2008.
Dal segretario del Pd lettera al governo per avviare un confronto sulla riforma
"Un tavolo con opposizione e parti sociali dalla durata ben definita"
Veltroni scrive a Gelmini e Tremonti
"Sospendete il decreto sulla scuola"
E chiede di modificare anche le scelte fatte con la Finanziaria
ROMA - "Scuola, ricerca e università: evitiamo le divisioni su temi così delicati: vi proponiamo di sospendere gli effetti del decreto Gelmini e di modificare con la legge Finanziaria le scelte di bilancio fatte con la manovra triennale". Lo scrive il segretario del Pd Walter Veltroni in una lettera aperta ai ministri dell’Istruzione Mariastella Gelmini e dell’Economia Giulio Tremonti.
Veltroni propone un tavolo con le parti sociali, il mondo della scuola e le forze dell’opposizione. "Si stabilisca per la ricerca di una soluzione condivisa - scrive il leader del Pd - un periodo di tempo di due mesi o più, un periodo chiaro e ben definito, al termine del quale il governo potrà far seguire all’indispensabile momento del confronto democratico, quello della decisione".
"Non c’è dubbio, è un settore - ammette il leader del Pd - che ha bisogno nel nostro paese di una radicale riforma. Partendo da un principio: quello di investire su di esso maggiori risorse, non minori; quello di riqualificare la spesa, e non semplicemente di tagliarla".
"Ciò che vi chiediamo - prosegue la lettera - è di esercitare una virtù che dovrebbe essere propria di ogni governo: quella dell’ascolto e dunque del confronto. Quel confronto che proprio riferendosi a questi temi il presidente della Repubblica ha saggiamente, da subito, auspicato e sollecitato".
"Tutto questo - conclude Veltroni - con un solo grande obiettivo: fare finalmente del nostro sistema formativo, come avviene in tutti gli altri grandi paesi europei, la pietra angolare su cui costruire un forte e coerente disegno di sviluppo e di crescita economica e sociale".
* la Repubblica, 10 novembre 2008
Lo sciopero generale ferma il 90% delle scuole. Manifestazioni in ogni città
Centinaia di migliaia in piazza oltre al milione che ha invaso Roma
Studenti, prof e genitori in corteo
Tutti in piazza da Bolzano a Lipari
di GIOVANNI GAGLIARDI *
ROMA - Una gigantesca protesta contro la riforma Gelmini ha invaso le strade di tutta Italia. Roma è stata epicentro della "più grande manifestazione mai fatta sulla scuola", ha detto il segretario della Cgil Epifani, con un corteo da un milione di persone troppo grande che ha finito per dividersi in tre e dilagare per tutto il centro della città.
Iniziative, manifestazioni, proteste e lezioni in piazza in tutta Italia, da Bolzano a Palermo. E persino nelle isole: centinaia a Ischia, Capri e Aosta. Genitori, studenti, professori e personale della scuola, hanno portato in processione la ’Beata ignoranza’, con tanto di foto del ministro in veste di santa che, ironizza qualcuno, è anche riuscita in un miracolo: "Ha unito qui, oggi, le cinque sigle sindacali della scuola".
Il giorno dopo l’approvazione definitiva del decreto Gelmini il mondo della scuola si è fermato. Lo sciopero generale indetto da Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals e Gilda ha portato in piazza a Roma un numero di docenti, insegnanti e studenti mai visto.
Secondo i sindacati, allo sciopero generale ha aderito l’80 per cento dei lavoratori, bloccando il 90 per cento delle scuole di tutta Italia: in alcune, come quella dove insegna la sorella del ministro Gelmini, assente per "motivi di famiglia", si è aperto solo per garantire "il servizio di custodia e sorveglianza".
"Il governo deve ascoltare questa protesta, non può restare sordo alla voce di chi nella scuola vive ogni giorno", ha detto il segretario del Pd Walter Veltroni, in piazza assieme ai big del partito e al leader dell’Idv Antonio Di Pietro, del Pdci Oliviero Diliberto e Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione. "Per me è naturale stare qui - ha detto Veltroni -. E’ importante che ci sia tanta gente, tante persone, anche di orientamenti politici così differenti, anche lo Snals", ha sottolineato. "Spero che le tante persone che si raccoglieranno per firmare il referendum - ha aggiunto - spingeranno il governo a ritirare queste misure".
Non si contano le proteste nel resto del Paese. A Bolzano sono scesi in piazza insieme ragazzi di lingua italiana e tedesca. Presìdi e cortei anche a Trento. A Venezia gli studenti hanno sfilato sul Ponte della Libertà, con i macchinisti dei treni che li salutavano azionando la sirena. Lezioni in stazione a Trieste. Molti ragazzi si sono detti "pronti a sottoscrivere un referendum abrogativo dei decreti". A Torino l’orchestra del Teatro Regio ha suonato arie di Verdi, dall’Aida, al Nabucco, con l’apprezzatissimo Va pensiero, e di Rossini, l’Ouverure, per le centomila persone in piazza. A Genova, Torino e Firenze sono state occupate le stazioni ferroviarie.
A Milano concentramento e corteo organizzato per lo sciopero generale della scuola. Al termine della manifestazione uno spezzone del corteo, dopo una sosta in Piazza Affari davanti alla sede della Borsa, si è ulteriormente frantumato e un gruppo dei centri sociali ha ripreso la marcia nella centralissima zona di via Torino. Nel frattempo gli studenti di Brera sono rientrati in accademia dove è programmata la ’Notte bianca’.
A Bologna alla protesta ha partecipato anche Beppe Grillo, che in un primo momento era stato fischiato e allontanato dalla manifestazione. Poi qualche tafferuglio tra la polizia che cercava di bloccare i manifestanti diretti verso la sede della Confindustria. Sei i feriti, tra i quali una giornalista colpita da una bottiglia alla testa.
Cortei di studenti a Napoli, dove nel pomeriggio si è tenuta una assemblea con i docenti nel cortile di Palazzo Giusso, sede dell’università Orientale di Napoli occupata. Poi, domani, veglia di preghiera nel Duomo, promossa dalla Confederazione degli studenti, "affinché il governo decida di ritornare sui suoi passi". Proteste e corteo di studenti anche a Ischia e a Capri.
Genitori e bambini hanno sfilato a Bari. Al termine gli studenti si sono radunati in piazza Libertà, davanti al palazzo della prefettura, dove hanno spiegato i motivi della loro protesta.
In Calabria sono stati segnalati cortei in tutte le città, con il blocco dell’accesso a Catanzaro. Cortei e manifestazioni anche in tutta la Sicilia dove i sindacati parlano di 200mila persone in piazza tra Palermo, Catania e le altre città: in corteo 350 persone anche nell’isola di Lipari
Ventimila persone anche a Cagliari. Sono giunti nel capoluogo sardo pullman di manifestanti da Oristano, Medio Campidano, Sulcis, dal nuorese e dal nord dell’isola. Il corteo è stato aperto dai genitori e dai bambini della scuola elementare ’Corte Piscedda’ di Capoterra che ha subito la disastrosa alluvione del 22 ottobre scorso.
A Matera, in mattinata, è stato organizzato un presidio in piazza Mulino, mentre le manifestazioni, a Potenza, ha raccolto circa cinquemila studenti. In piazza Mario Pagano, tra cori, striscioni ed esibizioni di balli hip-hop, hanno preso la parola anche il rettore dell’Università degli studi della Basilicata, Antonio Mario Tamburro, "uno che il 1968 l’ha vissuto", per una lezione all’aperto. Il rettore ha rivolto un appello agli studenti, pregandoli "di non perdere questa battaglia come invece hanno fatto quelli di allora", perché "il prezzo da pagare - ha ammonito - sarà quello di raccontare una sconfitta, fra 40 anni, ai vostri figli".
* la Repubblica, 30 ottobre 2008
La scuola in piazza contro i tagli
Sfilano sindaci, bimbi e maestre
Solo a Roma un milione in corteo
In una giornata che si è aperta con un tempo piovoso, è partito da piazza della Repubblica il corteo organizzato dai sindacati confederali in occasione dello sciopero della scuola. «Uniti per la scuola di tutti», questo è scritto sullo striscione che apre la manifestazionei manifestanti che sfileranno per le vie di Roma per contestare le politiche del Governo in materia di istruzione, in concomitanza con lo sciopero generale della scuola proclamato dai sindacati di categoria (Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Gilda e Snals). «Ci sono ancora pullman bloccati all’ingresso della capitale, tanta gente non è riuscita neanche ad arrivare. Secondo le nostre stime siamo, sono presenti, per adesso, un milione di manifestanti». Sono le cifre che gli organizzatori del corteo, giunti sul palco allestito a piazza del Popolo forniscono in merito alla partecipazione al grande corteo a Roma.
Piazza della Repubblica è ancora strapiena. In testa al corte c’erano i gonfaloni dei piccoli comuni in cui saranno chiuse le scuole elementari. Sfilano insegnanti, studenti e genitori. Tantissimi i bambini che sfilano, un gruppo di bambine solleva lo striscione: "Gelmini ti combatteremo con cuore di bambine".
Ecco il contenuto di alcuni striscioni: "Con i fantocci non si governa : referendum". "Le tre "i" : invecchiamento, impoverimento, ignoranza". "Ad un governo di arroganti servono sudditi ignoranti". "Il futuro dei bambini non fa rima con Gelmini".
Si contesta il decreto Gelmini, approvato in via definitiva al Senato, che ripristina il maestro unico alle elementari, con il rischio di mettere in discussione la «tenuta» del tempo pieno, ma non solo. Nel mirino ci sono i tagli dei posti di lavoro e degli orari di lezione, il dimensionamento della rete scolastica (con l’accorpamento di istituti con pochi alunni), la mancanza di investimenti nel settore.
«Le scuole del I/o municipio dicono no». A mostrare lo striscione di protesta sono i bambini di alcune scuole elementari e medie di Roma che oggi stanno partecipando con le loro maestre al corteo contro il dl Gelmini. Indossano magliette bianche con scritto «Il paese reale è qui». Durante una pausa della manifestazione ormai giunta nei pressi di piazza del Popolo le insegnanti hanno improvvisato un girotondo cantando: «Giro giro tondo casca il mondo casca la Gelmini e salviamo i bambini». A precedere e in coda a questa piccola parte del corteo si intonano slogan che invocano alla scuola pubblica e che spiegano che «Il futuro dei bambini non fa rima con Gelmini». Qualcuno canta persino l’inno di Mameli reggendo uno striscione con su scritto «Per Bertruffoni, se l’istruzione vi sembra un costo provare l’ignoranza». Un scuola di Viterbo espone un cartello che rimanda con la memoria alle polemiche politiche che hanno caratterizzato altri cortei: «Contro la scuola dei potenti 10, 100, 1000 manifestazioni».
Il corteo si snoda per le vie del centro e arriverà a piazza del Popolo, dove sono previsti i comizi finali.
Un corteo di studenti universitari, organizzato dai Colletivi de La Sapienza, è partito da piazzale Aldo Moro per unirsi alla manifestazione organizzata dai sindacati confederali in occasione dello sciopero generale della scuola. Il corteo degli universitari è composto da circa un migliaio di persone ed in questo momento sta per arrivare alla Stazione Termini.
* l’Unità, Pubblicato il: 30.10.08, Modificato il: 30.10.08 alle ore 13.05
Iscritta alla Cgil, Cinzia insegna alle elementari di Milzano, nella bassa bresciana
E la sorella della Gelmini resta a casa
Motivi familiari la tengono lontano da scuola da qualche giorno. Il bidello: «Si è messa in aspettativa»
MILZANO (BRESCIA) - In questa giornata di sciopero della scuola, Cinzia Gelmini, sorella del ministro dell’Istruzione, insegnante alle elementari «Canossi» di Milzano, nella bassa bresciana, iscritta alla Cgil e componente della Rsu, è assente da scuola ma per motivi familiari.
LA SCUOLA - Il periodo di assenza, a quanto si è appreso, è infatti iniziato nei giorni scorsi. Sui cancelli della scuola elementare del paese sono stati affissi degli avvisi in cui è scritto: «Il giorno 30/10/2008 la scuola funzionerà solo al mattino dalle 8.10 alle 12.10. È garantito solo il servizio di custodia e sorveglianza». Nei giorni scorsi il bidello della scuola confidava ai giornalisti che cercavano di intervistarla: «Si è messa in aspettativa quindi senza stipendio. Così non vi incontra».
Scuola, violenti scontri a Roma
Epifani: governo soffia sul fuoco
Veltroni: «È aggressione politica»
di Massimo Franchi *
Francesca ha perso la voce. Ha urlato nel megafono, si è sgolata per fermarli. Non c’è riuscita. E così di piazza Navona si dirà: gli studenti si picchiano fra di loro, quelli di destra contro quelli di sinistra e viceversa.
C’è però un’altra verità, molto più importante. Perchè dopo qualche minuto le grida di Francesca sortiscono effetto. Mentre i ragazzi dei centri sociali arrivavano per «riprendersi la piazza» e un nutrito gruppo di fascisti difende il furgoncino del Blocco studentesco di destra che si è spostato verso via Agonale alla fine della piazza, una folla avanza a braccia alzate. È la maggioranza, la stragrande maggioranza degli studenti universitari e medi che scendono in piazza da giorni per difendere scuola e università dalla Gelmini e dai tagli del governo. Avanzano urlando «Con le mani alzate, con le mani alzate» e poi intonano «La protesta è pacifista, la protesta è pacifista» e «Bella ciao». Nel giro di qualche minuto hanno il sopravvento, gli animi si calmano. Francesca e i suoi compagni di Roma Tre riescono a riprendere il megafono e a ricordare a tutti che «la violenza non ci serve, è contro la nostra protesta». Ritornano in piazza anche i ragazzi e le ragazze che sono fuggiti impauriti dagli scontri. Si riprendono la piazza e la loro protesta. Qualche minuto di consultazioni e si decide: il corteo riparte verso la Sapienza al grido "Siamo tutti antifascisti".
Purtroppo la cosa farà molto meno notizia degli scontri. Pochi minuti sono bastati ai violenti, di destra e di sinistra, per darsele pesantemente: volano tavolini, bastoni, qualche pietra e anche un enorme Pinocchio di legno preso da un negozio di giocattoli sulla piazza. A rovinare tutto sono stati i "rinforzi". Chiamati da una parte e dell’altra dopo un primo scontro, cioè dopo che i ragazzi del Blocco avevano cercato di entrare nella viuzza che arriva al Senato, presidiata dai ragazzi di sinistra. Un centinaio di "giovani" di destra che a colpi di cinture, caschi e bottiglie hanno costretto i manifestanti dell’Unione degli studenti (Uds) a scappare per i vicoli circostanti. Tre ragazzi di sinistra vengono feriti in questo primo scontro.
Dura un decina di minuti. Poi ritorna la calma. Una calma apparente. I telefonini lavorano, la notizia arriva da una parte e dall’altra. I rinforzi arrivano nel giro di una mezz’oretta. Caschi e spranghe di ferro avvolte nel tricolore per i fascisti che si schierano a difesa del camioncino, caschi e qualche bastone per quelli dei centri sociali che non ascoltano le proteste di Francesca e degli altri che non vogliono violenze.
Scoppia il caos, botte da orbi mentre i ragazzi dei licei scappano. La polizia arriva a quel punto pure lei e carica. Ci sono feriti e fermati su entrambi i fronti. Un ragazzo di sinistra ha la testa spaccata, lo portano via a braccia, poi arriva l’ambulanza. Avrà trent’anni, ha la felpa con il cappuccio e la faccia spaventata. «Gliel’hanno fatto col calcio della pistola», dice un suo amico. Un ragazzo di destra con la testa rasata e una maglietta col Duce è sdraiato sul marciapiede. Venti studenti di Blocco studentesco vengono fermati e identificati.
Sul camioncino del Blocco studentesco c’era anche Paola, 17enne all’ultima moda. Maglietta e occhiali da sole di marca, collana d’oro. Prima degli scontri teneva uno striscione: "Né di destra, né di sinistra, siamo tutti contro la ministra". Ora è sconvolta: «Mi è arrivata una bottiglia addosso, mi potevano ammazzare: a me non frega un cazzo della politica, eravamo qua perché siamo contro la Gelmini e invece è andata a finire che ci hanno picchiato», dice sconsolata.
I suoi amici fermano le televisioni e raccontano la loro versione. «Ci hanno picchiato, qualcuno dovrà dire la verità, siamo stati massacrati da quelli di sinistra e poi la polizia ha portato via anche delle ragazzine». Interviene una madre di sinistra: «Ragazzine portate via dalla polizia? Come a Bolzaneto». Il ragazzo la guarda male. Ma almeno si parlano e si chiariscono. La polizia, si scopre poi, si è portata via 23 persone fermate, tutte di Blocco studentesco, 21 delle quali vengono rilasciate poche ora dopo. Due arresti e quattro denunce a piede libero per porto abusivo di oggetti atti a offendere: uno di destra e uno di sinistra. «Dovete stare uniti contro la Gelmini», chiosa un’altra mamma, «ex sessantottina» che consiglia i suoi due figli.
La speranza è di rivedere Paola e Francesca in un’altra piazza a protestare assieme. Il movimento vincerebbe.
Ma dopo gli scontri di mercoledì sono in molti a pensare che la responsabilità della tensione sia solo di uno: il governo. Per il segretario della Cgil Guglielmo Epifani, che giovedì sarà sul palco di piazza del Popolo per la manifestazione nazionale della scuola, «Berlusconi sta soffiando sul fuoco in tutti i modi». «Il Governo - ha aggiunto Epifani - sta mettendo in campo tutti i meccanismi per depotenziare il valore straordinario della mobilitazione dei giovani. Ciò a cui assistiamo è una situazione che conosciamo». E secondo Epifani nemmeno la polizia ha fatto il suo dovere: «Fin quando lo scontro non è diventato tra fascisti e centri sociali - dice - c’è stata una sostanziale indifferenza delle forze di polizia».
Anche per il segretario del Pd Walter Veltroni gli incidenti sono il prodotto di «un’aggressione di una parte politica nei confronti di altri». «Il governo - prosegue Veltroni - non ha ascoltato nessuno degli appelli a ritirare il provvedimento e ad aprire la discussione con i soggetti interessati e ha poi ignorato un grande movimento civile di cui va rispettata l’autonomia e che non va strumentalizzato e composto anche da associazioni e organizzazioni che hanno votato per la destra. Il governo - sostiene - ha condotto politicamente e parlamentarmente con grande arroganza questa vicenda, nulla di quanto è stato votato è stato discusso con le persone interessate, un modo di governare radicalmente sbagliato che alimenta una crescente insoddisfazione e protesta».
E perfino il leader dell’Udc Pierferdinando Casini arriva ad avvertire gli studenti che manifestano: «Guardatevi dagli agitatori di professione, perchè sono i vostri principali nemici», ricordando che «in ogni manifestazione studentesca ci sono sempre stati degli infiltrati».
* l’Unità, Pubblicato il: 29.10.08, Modificato il: 29.10.08 alle ore 19.09
Maestro unico e tagli alla scuola: ecco la riforma *
La riforma Gelmini approvata dal Senato ha introdotto una serie di novità, parte delle quali già operative essendo state inserite in un decreto legge: a partire dalle più pubblicizzate, il grembiulino obbligatorio alle elementari, la reintroduzione del voto in condotta e quella dei voti in decimi. Ma il decreto legge 137/2008 si accompagna alle misure previste nel dl 112, collegato alla Finanziaria, che prevede forti tagli agli organici e alla didattica che nel prossimo triennio puntano a far risparmiare alle casse dello stato 7,8 miliardi di euro: tra il 2009 e il 2012 verranno soppressi oltre 87 mila posti di docente praticamente in tutti gli ordini di scuole.
Nel prossimo anno la ’sforbiciata’ sarà più consistente (- 42mila posti), poi nel 2010 se ne elimineranno circa 25.500 e l’anno successivo poco meno di 20mila. Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini e gli esponenti del governo hanno più volte precisato che non di licenziamenti si tratta, ma di una riorganizzazione che di fatto precluderà la possibilità della riconferma per migliaia di docenti con rapporto di lavoro precario. I tagli non risparmieranno nemmeno gli Ata vovero il personale non docente, il cui organico complessivo verrà abbattuto del 17 per cento: 44.500 tra direttori amministrativi (- 10mila), collaboratori scolastici (- 29mila), amministrativi e assistenti tecnici (- 4mila) tutti appartenenti al personale non docente. Prima dell’intervento del governo Berlusconi, i tagli previsti dal precedente governo assommavano a 20mila dipendenti. La scuola conta circa 1 milione e 100mila occupati, la riduzione complessiva quindi riguarda oltre il 10 per cento del personale del comparto istruzione.
L’obiettivo ultimo che si è posto il governo con il dl 112 è quello di avvicinare il rapporto alunni-docenti a quello della media Ue: attualmente in Italia è pari a 8,94, mentre con l’attuazione dei tagli nel 2012 verrebbe portato a 9,94. I calcoli fatti, tuttavia, si basano sul presupposto che il numero degli alunni resti invariato: se, invece, il numero aumenterà (confermando il trend degli ultimi anni) i tagli diminuiranno, al contrario se gli alunni dovessero diminuire il decremento di cattedre e posti potrebbe essere ancora più consistente.
Nel mese di ottobre il ministero ha anche presentato il piano programmatico del decreto: un piano che prevede, tra le altre cose, la riduzione dell’offerta formativa a 28-30 ore settimanali nei licei e a 32 negli istituti tecnici e professionali; ma anche la ridefinizione dei parametri per la formazione delle classi (dove in media verranno così collocati più alunni di ora). Nel progetto attuativo è inserito poi l’accorpamento delle classi di concorso di accesso all’insegnamento, in modo da poter utilizzare con più facilità i docenti in esubero spostandoli da una materia all’altra (comunque affini), e la soppressione o l’accorpamento degli istituti con meno di 50-100 alunni complessivi.
Nel dl 137, sono invece contenute principalmente disposizioni riguardanti lo svolgimento dell’attività didattica. Ad iniziare dalla riduzione a 24 ore del modello base d’insegnamento alla primaria: un ritorno al passato che permetterà l’attivazione del maestro unico e l’abbandono, dopo alcuni decenni di sperimentazione, del modulo basato su tre maestri per due classi. La soppressione di ’mezzo’ docente per classe permetterà così alle ex elementari di dare il proprio contributo ai tagli sottraendo a fine manovra, rispetto all’attuale organico, tra i 20 e i 30mila posti. Il governo ha sostenuto che con il suo sistema il tempo pieno verrà confermato e rafforzato: su richiesta delle famiglie, infatti, le scuole potranno predisporre classi a tempo prolungato (27-30 ore) o pieno (40 ore), ma i maestri disposti a svolgere ore in più dovranno essere retribuiti attraverso il cosiddetto fondo d’istituto scolastico.
Nella nuova legge ci sono altre novità: l’inserimento in graduatoria degli ultimi aspiranti docenti abilitati presso le scuole di perfezionamento, i cosiddetti corsisti Ssis ed un piano straordinario per accelerare gli investimenti nel campo dell’edilizia scolastica e della sicurezza. Il passaggio ai voti espressi in decimali nella secondaria di primo grado (la ’media inferiore’) e nella scuola primaria, dove però restano in vita anche i giudizi sintetici. Approvata anche, per «promuovere la conoscenza del pluralismo istituzionale definito dalla Carta Costituzionale», la nuova disciplina ’Cittadinanza e Costituzione’.
Confermata dal Senato la modifica al decreto introdotta in sede di approvazione alla Camera, secondo cui alle elementari la bocciatura degli alunni potrà essere decisa solo dopo l’espressione in tal senso di tutti i componenti del consiglio di classe; e comunque sempre laddove si stia trattando di casi eccezionali e adeguatamente motivati.
ORE ECCEDENTI MAESTRO UNICO - A partire dal prossimo anno scolastico, i docenti della scuola elementare impegnati oltre il proprio orario di servizio per assolvere alle esigenze di ’copertura’ del tempo pieno o comunque superiore alle 24 ore settimanali di base verranno retribuiti attraverso il fondo d’istituto integrato dai risparmi ricavati dall’applicazione della finanziaria approvata con la legge n. 133 del 6 agosto scorso.
In pratica le eventuali ore aggiuntive svolte dal ’maestro unico’ saranno, almeno per questa prima fase transitoria, retribuite con il fondo di istituto di ogni singola scuola che il Miur provvederà a finanziare anche in base alle specifiche necessità.
BOCCIARE ALLE ELEMENTARI SOLO IN CASI ECCEZIONALI - Dopo le polemiche sull’interpretazione dall’art.3 del decreto (`Sono ammessi alla classe successiva, ovvero all’esame di Stato a conclusione del ciclo, gli studenti che hanno ottenuto un voto non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline), che avrebbe potuto essere interpretato come un’indicazione a bocciare gli alunni di elementari e medie manche con un solo cinque in pagella, arriva un emendamento (proposto da alcuni deputati della Lega tra cui Paola Goisis) che fa chiarezza: nella scuola primaria e nella secondaria di primo grado la bocciatura degli alunni dovrà non solo essere decisa all’unanimità dal consiglio di classe, ma anche essere collocata nei casi di eccezionalità e «comprovati da specifica motivazione».
La singola valutazione, relativa ad ogni materia o (come alle elementari) gruppo di materie, non sarà inoltre assegnata dal singolo docente, ma sempre e comunque «assunta a maggioranza dal consiglio di classe».
SPECIALIZZANDI SSIS IN GRADUATORIA COME GLI ALTRI - La battaglia degli specializzandi Ssis (che la scorsa settimana è culminata con una manifestazione davanti al Miur, con due mila partecipanti, organizzata dall’Anief) ha avuto un esito positivo: gli oltre 12mila studenti che stanno terminando il IX ciclo formativo presso le università verranno inseriti nelle graduatorie ad esaurimento non più in coda, come previsto dalla prima bozza, ma «nella posizione spettante in base ai punteggi attribuiti ai titoli posseduti».
Lo stesso trattamento, di equiparazione dei nuovi iscritti agli oltre 300mila precari già inserite nelle graduatorie, verrà concesso anche i docenti che stanno conseguendo l’abilitazione all’insegnamento di materie musicali. E per coloro che si stanno formando per diventare maestro di scuola d’infanzia e primaria: questi ultimi prima verranno inseriti «con riserva» e, una volta acquisito il titolo, collocati nelle graduatorie sempre sulla base del punteggio derivante dal voto finale del corso, dei titoli di studio e dall’eventuale servizio già svolto.
EDILIZIA SCOLASTICA - Al fine di porre rimedio alle emergenze strutturali in cui versano migliaia di scuole, si «un finanziamento di interventi per l’edilizia scolastica e la messa in sicurezza degli istituti scolastici ovvero di impianti e strutture sportive dei medesimi» attraverso la proroga fino al prossimo 30 novembre di risorse che, dopo «l’individuazione degli interventi», verranno stabilite dal ministro dell’Economia assieme a quello del Miur. Approvati anche specifici ’Provvedimenti per la sicurezza delle scuole’ finalizzati a snellire le procedure per l’utilizzo dei fondi disponibili, ma anche a rendere più stabili nel tempo i finanziamenti statali: al piano straordinario per l’edilizia scolastica previsto dalla legge finanziaria del 2003 è destinato annualmente un importo non inferiore al 5% delle risorse assegnate al programma delle infrastrutture strategiche, fino al completo esaurimento degli interventi previsti.
Gli interventi verranno attuati sulla base delle priorità definite da un «soggetto attuatore» che assicurerà la «messa in sicurezza di almeno cento edifici scolastici presenti sul territorio nazionale che presentano aspetti di particolare criticità sotto il profilo della sicurezza sismica».
STOP ALLE RIEDIZIONI DEI LIBRI - Le nuove edizioni dei libri di testo scolastici si adotteranno differentemente a seconda del ciclo di studi: alla primaria la cadenza di rinnovamento dei testi sarà quinquennale, come già previsto nella bozza iniziale del dl, mentre nella scuola secondaria di primo e secondo grado la cadenza diventa di sei anni. Permane la possibilità, per i docenti e le case editrici, di adottare nuove edizioni di testi qualora siano subentrate, anche prima dei termini stabiliti, «eventuali appendici di aggiornamento».
* l’Unità, Pubblicato il: 29.10.08, Modificato il: 29.10.08 alle ore 11.09
Articolo per articolo, così la legge 133 avvia la spoliazione dell’università
di Piero Bevilacqua (il manifesto, 29.10.2008)
Com’è stato da più parti osservato, la legge 133 sull’Università non è un provvedimento di riforma. E’ un pesante intervento di sottrazione di risorse finanziarie, senza alcuna altra pretesa che di far cassa, come se l’Università fosse qualche vecchio ente del Parastato. Eppure, in quel provvedimento, apparentemente dimesso e puramente finanziario, è contenuto forse il principio più gravemente sovvertitore dell’ordinamento universitario che sia mai stato concepito sinora. La possibilità - formulata nell’art. 16 della legge - di trasformare le università pubbliche in fondazioni di diritto privato è infatti la corda che viene offerta ai vari atenei, senza più risorse, per impiccarsi definitivamente vendendosi al migliore offerente.
Occorre svolgere almeno due considerazioni in merito a questa straordinaria novità storica che non ha avuto neppure l’onore di un dibattito parlamentare e su cui poco sono intervenuti anche i commentatori abituali delle cose italiane. Come ha osservato un docente di diritto comparato, Alessandro Somma, nella legge ci sono elementi evidenti di incostituzionalità. Ad esempio l’articolo 16 si apre con un inciso tanto perentorio quanto falso: la trasformazione in fondazione attua l’art. 33 della Costituzione (art. 16 comma 1).
Ma in quell’articolo la Costituzione afferma il contrario: «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». E qui siamo di fronte, più che alla costituzione di un istituto di educazione privato, alla trasformazione di un ente pubblico in ente privato, con notevoli oneri per lo Stato. Infatti la legge 133 stabilisce che le università fondazione «subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi e nella titolarità del patrimonio dell’Università» e che «al fondo di dotazione delle fondazioni universitarie è trasferita, con decreto dell’Agenzia del demanio, la proprietà dei beni immobili già in uso alle Università trasformate» (art. 16 comma 2). E aggiunge: «Gli atti di trasformazione e di trasferimento degli immobili e tutte le operazioni ad essi connesse sono esenti da imposte e tasse» (art. 16 comma 3).
Perfetto! Il patrimonio storico dell’università, talora costituito da beni architettonici di pregio, mobilio antico, biblioteche uniche e preziose, eccetera può essere acquisito da privati e questi sono esentati dal pagare le tasse di trasmissione! Altro che oneri per lo Stato, questa è spoliazione! Se volevamo avere qualche altro segno dell’arroganza e della rozzezza del legislatore odierno siamo stati serviti.
Ma che cosa dobbiamo aspettarci dalle Fondazioni private che dovrebbero garantire la prosecuzione dell’insegnamento universitario? Se questa trasformazione si dovesse effettivamente verificare, quale imprenditore privato sarebbe disponibile, in Italia, a finanziare, poniamo, letteratura italiana, storia greca, lingua latina? Non parliamo di etruscologia o delle varie lingue e civiltà dell’Oriente antico in cui, peraltro, gli studiosi italiani vantano eccellenze universalmente riconosciute. Ma che cosa succederebbe, nel giro di qualche decennio, a tutti i nostri saperi umanistici ? E davvero l’Italia può liquidare l’intero suo patrimonio di civiltà per far cassa oggi, o per seguire gli ultimi cascami di una ideologia finita nella vergogna del tracollo finanziario e degli aiuti di Stato?
C’è un altro aspetto poco considerato in questa provinciale e pacchiana volontà modernizzatrice che crede di strizzare l’occhio alla grande America. Non ci divide da quel Paese - peraltro così incomparabilmente generoso con gli studi e la ricerca - soltanto una diversa storia del capitalismo industriale. Ma anche una diversa storia delle rispettive classi dirigenti. Da noi lo Stato ha fondato l’industria moderna, organizzato il credito, guidato e promosso la costruzione delle grandi infrastrutture (ferrovie, telefonia, autostrade), salvato l’industria quando la Grande Crisi l’ha travolto attraverso l’Iri, pensato al petrolio come risorsa strategica attraverso l’Eni. Si può avere una controprova storica del ruolo giocato dallo Stato considerando le perdite gravi subite dall’industria italiana in questi ultimi 25 anni di furore liberistico e di abbandono di una politica economica qualunque. E a imprenditori che hanno alle spalle una storia di cosi scarsa lungimiranza nell’intravedere i bisogni del sistema-Paese dovremmo affidare la gestione degli studi universitari?
Ricordo infine un aspetto poco noto dell’organizzazione degli studi italiani. E’ ancora lo Stato a sostenere - in forma indiretta - perfino alcuni dei più prestigiosi atenei privati, come la Bocconi e la Luiss. Qui, infatti, insegnano docenti il cui stipendio intero è pagato dalle Università pubbliche, mentre gli atenei privati pagano una modesta integrazione. Dunque è ancora lo Stato che - in questo liberismo maccheronico - finanzia la concorrenza. Credo che sia venuto il momento, nel nostro Paese, di rammentare con più coraggio quanta ideologica arroganza si manifesti, anche per ignoranza, nell’elogio della scuola e dell’Università privata.
Viaggio nelle scuole elementari emiliane,
che l’Ocse indica come le migliori in assoluto
Tra le maestre imitate in tutto il mondo
"Berlusconi ha fatto male i conti"
Bologna, la trincea delle maestre
"Una legge che tocca i figli, tutti la leggono bene, e la propaganda non funziona"
"Nelle nostre aule si mantengono vivi i valori della tolleranza, altrove minacciati"
di Curzio Maltese (la Repubblica, 28.10.2008)
A New York sono sorte negli ultimi dieci anni scuole materne ed elementari che copiano quelle emiliane perfino negli arredi. Via i banchi, le classi prendono l’aria delle fattorie reggiane che ispirarono Loris Malaguzzi, con i bambini impegnati a impastare dolci sui tavolacci di legno, le foglie appese alle finestre per imparare a conoscere i nomi delle piante.
Si chiama "Reggio approach", un metodo studiato in tutto il mondo, dall’Emilia al West, con associazioni dal Canada all’Australia alla Svezia. Se la scuola elementare italiana è, dati Ocse, la prima d’Europa, l’emiliana è la prima del mondo, celebrata in centinaia di grandi reportage, non soltanto la famosa copertina di Newsweek del ’91 o quello del New York Times un anno fa, e poi documentari, saggi, tesi di laurea, premi internazionali. Non stupisce che proprio dalle aule del "modello emiliano", quelle doc fra Reggio e Bologna, sia nata la rivolta della scuola italiana. La storia dell’Emilia rossa c’entra poco.
A Bologna di rosso sono rimaste le mura, tira forte vento di destra e sul voto di primavera incombono i litigi a sinistra e l’ombra del ritorno di Guazzaloca. «C’entra un calcolo sbagliato della destra, che poi fu lo stesso errore dell’articolo 18», mi spiega Sergio Cofferati, ancora per poco sindaco. «Il non capire che quando la gente conosce una materia, perché la vive sulla propria pelle tutti i giorni, allora non bastano le televisioni, le favole, gli slogan, il rovesciamento della realtà. Le madri, i padri, sanno come lavorano le maestre. E se gli racconti che sono lazzarone, mangiapane a tradimento, si sentono presi in giro e finisce che s’incazzano».
Che maestre e maestri emiliani siano in gamba non lo testimonia soltanto un malloppo alto così di classifiche d’eccellenza, o la decennale ripresa della natalità a Bologna, unica fra le grandi città italiane e nonostante le mamme bolognesi siano le più occupate d’Italia. Ma anche il modo straordinario in cui sono riusciti in poche settimane a organizzare un movimento di protesta di massa. Stasera in Piazza Maggiore, alla fiaccolata per bloccare l’approvazione dei decreti sulla scuola, sono attese decine di migliaia di persone. «È il frutto di un lavoro preparato con centinaia di assemblee e cominciato già a metà settembre, da soli, senza l’appoggio di partiti o sindacati che non si erano neppure accorti della gravità del decreto», dice Giovanni Cocchi, maestro.
Il 15 ottobre Bologna e provincia si sono illuminate per la notte bianca di protesta che ha coinvolto 15 mila persone, dai 37 genitori della frazione montana di Tolè, ai tremila di Casalecchio, ai quindicimila per le strade di Bologna. Genitori, insegnanti, bambini hanno invaso la notte bolognese, ormai desertificata dalle paure, con bande musicali, artisti di strada, clown, maghi, fiaccole, biscotti fatti a scuola e lenzuoli da fantasmini, il logo inventato dai bimbi per l’occasione. Ci sarebbe voluto un grande regista dell’infanzia, un Truffaut, un Cantet o Nicholas Philibert, per raccontarne la meraviglia e l’emozione. C’erano invece i giornalisti gendarmi di Rai e Mediaset, a gufare per l’incidente che non è arrivato.
Perché stavolta la caccia al capro espiatorio non ha funzionato? Me lo spiega la giovane madre di tre bambini, Valeria de Vincenzi: «Non hanno calcolato che quando un provvedimento tocca i tuoi figli, uno i decreti li legge con attenzione. Io ormai lo so a memoria. C’è scritto maestro "unico" e non "prevalente". C’è scritto "24 ore", che significa fine del tempo pieno. Non c’è nulla invece a proposito di grembiulini e bullismo». Il fatto sarà anche che le famiglie vogliono bene ai maestri, li stimano. Fossero stati altri dipendenti statali, non si sarebbe mosso quasi nessuno.
Marzia Mascagni, un’altra maestra dei comitati: «La scuola elementare è migliore della società che c’è intorno e le famiglie lo sanno. Con o senza grembiule, i bambini si sentono uguali, senza differenze di colore, nazionalità, ceto sociale. La scuola elementare è oggi uno dei luoghi dove si mantengono vivi valori di tolleranza che altrove sono minacciati di estinzione, travolti dalla paura del diverso». Come darle torto? Ci volevano i maestri elementari per far vergognare gli italiani davanti all’ennesimo provvedimento razzista, l’apartheid delle classi differenziate per i figli d’immigrati. Rifiutato da tutti, nei sondaggi, anche da chi era sfavorevole alla schedatura dei bimbi rom. «Certo che il problema esiste», mi dicono alla scuola "Mario Longhena", un vanto cittadino, dove è nato il tempo pieno «ma bastava non tagliare i maestri aggiuntivi d’italiano».
E se domani il decreto passa comunque, nel nome del decisionismo a tutti i costi? «Noi andiamo avanti lo stesso», risponde il maestro Mirko Pieralisi. «Andiamo avanti perché indietro non si può. Non vogliono le famiglie, più ancora di noi maestri. Ma a chi la vogliono raccontare che le elementari di una volta erano migliori? Era la scuola criticata da Don Milani, quella che perdeva per strada il quaranta per cento dei bambini, quella dell’Italia analfabeta, recuperata in tv dal "Non è mai troppo tardi" del maestro Manzi».
Ve lo ricordate il maestro Alberto Manzi? Un grande maestro, una grande persona. Negli anni Sessanta fu calcolato che un milione e mezzo d’italiani sia riuscito a prendere la licenza elementare grazie al suo programma. Poi tornò a fare il maestro, allora con la tv non si facevano i soldi. Nell’81 fu sospeso dal ministero per essersi rifiutato di ritornare al voto. Aveva sostituito i voti con un timbro: «Fa quel che può, quel che non può non fa». È morto dieci anni fa. Altrimenti, sarebbe stasera a Piazza Maggiore.
Anche i vescovi contro Berlusconi: «Non si governa a colpi di decreti legge» *
Anche la Cei interviene sulla scuola e contro il governo di destra di Beerlusconi. «È una scelta difficile procedere su questi problemi a colpi di decreti legge, ma dall’altra parte mi sembra inutile se non addirittura dannoso intervenire agitando le piazze», dice Diego Coletti, presidente della commissione Cei per la scuola, intervistato dalla Radio vaticana sul decreto Gelmini e i tagli scolastici. «Il problema dei risparmi è certamente sul tavolo ed è ineccepibile, - afferma Coletti - però bisogna anche dire che le riforme che si sono susseguite negli anni passati non hanno avuto la possibilità di una verifica e alcune questioni come il maestro prevalente o il controllo disciplina e del profitto sono state abbandonate a qualche intuizione. Bene ha fatto il ministro - rimarca il monsignore - a mettere i puntini sulle i su queste questioni, la risposta poteva essere anche un po’ più ragionata e pacata da parte di chi non fosse d’accordo».
A proposito della parità scolastica, infine, Coletti osserva che «non è possibile continuare a ragionare in termini di contrapposizione tra scuola pubblica statale e scuola pubblica non statale; la scuola pubblica non statale ha tutto il diritto di essere riconosciuta paritariamente come una istituzione di servizio pubblico rivolta a tutti».
Il responsabile della Cei per la scuola e l’educazione si era già detto, pochi giorni fa, «completamente d’accordo» con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e con il presidente della Cei Angelo Bagnasco: «Ci vuole un sussulto di dialogo e di ragionevolezza, lo scontro frontale non aiuta ad affrontare i problemi complessi». Il confronto, aveva precisato Coletti, può essere anche «vivace e dialettico». «Le cose non maturano solo con i sorrisi sulle labbra, ci si può anche guardare in cagnesco. L’importante è ascoltare le ragioni dell’altro senza pregiudizi».
* l’Unità, Pubblicato il: 27.10.08, Modificato il: 27.10.08 alle ore 18.48
FAMIGLIA CRISTIANA: SOSPENDERE O RITIRARE DECRETO GELMINI *
’’Il bene della scuola (ma anche del Paese) richiede la sospensione o il ritiro del decreto Gelmini’’, invoca Famiglia Cristiana nell’editoriale del prossimo numero intitolato ’’Non chiamiamo riforma un semplice taglio di spesa’’. ’’Non si garantisce cosi’ il diritto allo studio: prima si decide e poi, travolti dalle proteste, s’abbozza una farsa di dialogo’’, scrive il settimanale dei paolini.
Per la scuola solo tagli. Il Paese in crisi ’’trova i soldi per Alitalia e banche’’, ma per la scuola si richiedono ’’sacrifici alle famiglie, ma costi e privilegi di onorevoli e senatori restano intatti’’, scrive ancora il giornale. ’’Studenti e professori - osserva la rivista, diffusa in tutte le parrocchie italiane - hanno seri motivi per protestare. E non per il voto in condotta o il grembiulino (che possono anche andar bene), ma per i tagli indiscriminati che ’colpiscono il cuore pulsante di una nazione’, come dice il filosofo Dario Antiseri.
Nel mirino c’e’ una legge approvata di corsa, in piena estate. La dicitura e’ roboante: ’Riforma della scuola’; piu’ prosaicamente ’contenimento della spesa’, a colpi di decreti, senza dibattito e un progetto pedagogico condiviso da alunni e docenti’’. E di fronte alle proteste nelle scuole non ’’si potra’ pensare di ricorrere a vie autoritarie o a forze di polizia. Un Paese che guarda al futuro investe nella scuola e nella formazione, razionalizzando la spesa, eliminando sprechi, privilegi e ’baronie’, nonche’ le ’allegre e disinvolte gestioni’’’. ’’Un Paese in crisi - commenta ancora Famiglia cristiana - trova i soldi per Alitalia e banche: perche’ non per la scuola? Si richiedono sacrifici alle famiglie, ma costi e privilegi di onorevoli e senatori restano intatti’’.
* Ansa» 2008-10-27 20:54 (ripresa parziale).
Messaggio al Presidente della Repubblica: NON FIRMI IL DECRETO GELMINI!
Scriviamo tutti insieme al Presidente della Repubblica
Scriviamo al Presidente della Repubblica chiedendo di non firmare il decreto Gelmini; sul sito del Quirinale stanno arrivando migliaia di questi messaggi!
https://servizi.quirinale.it/webmail/
IO L’HO FATTO!
ECCO IL TESTO:
Esimio Presidente della Repubblica, come docente/genitore e soprattutto cittadino italiano le chiedo di fermare lo smantellamento della scuola pubblica ad opera del Decreto Legge 137.
In fede
Firma
SCUOLA: SCIOPERO GENERALE IL 30 OTTOBRE *
ROMA - Sciopero generale della scuola giovedì 30 ottobre. Lo hanno deciso i sindacati di categoria per protestare contro i provvedimenti varati dal ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini.
ANSA» 2008-10-09 11:44 (Per ulteriori aggiornamenti, cliccare su ANSA rosso).
Giovedì sciopero di quasi tutti i sindacati e maxi corteo a Roma
Anche oggi facoltà e scuole occupate. E mille forme di protesta dell’Onda
I quattro giorni di fuoco della scuola
Legge al voto e blocco totale
Il Senato vota alla vigilia della mobilitazione. I Cobas: lo bloccheremo con i sit-in
ROMA - Una domenica senza notizie clamorose, ma con molte scuole che restano occupate, molte aule universitarie teatro di assemblee e gruppi di studio fino al ’grande ricevimento’ offerto dagli studenti delle facoltà scientifiche della Sapienza di Roma per le loro famiglie, per spiegare i motivi della protesta. E anche mille piccole iniziative spuntate ovunque, secondo l’indicazione generale di questo movimento, di comunicare e fare notizia nei modi più imprevedibili fino ai lenzuoli con l’ormai famoso "Non pagheremo la vostra crisi" spuntati qua e là dai balconi di molti case della capitale.
La mobilitazione insomma "percorre il paese come una grande ’ola’ e passerà per Roma nella più grande manifestazione per la scuola che la nostra memoria ricordi". La sintesi di quel che accadrà nei prossimi giorni è nelle parole del leader della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo. Una sola voce fra le mille che animano la protesta. E che si sono date appuntamento a Roma il 30 ottobre, giorno dello sciopero generale, per una grande manifestazione. Giovedì incroceranno le braccia gli aderenti alla Flc Cgil, Cisl e Uil Scuola, Snals Confsal e Gilda degli insegnanti. E il mondo universitario e della ricerca, in aggiunta, ha già attivato le procedure per una giornata di sciopero il 14 novembre. Un raro sciopero di quasi tutte le organizzazioni sindacali, ancora più irritate dalla decisione di provare a dare il via libera alla legge proprio il giorno prima, senza risposte alle ripetute richieste di confronto (in particolare il segretario della Cisl Bonanni ha ripetuto più volte di essere pronto a fermare l’astensione dal lavoro in presenza di una convocazione al Ministero)
La protesta contro il decreto Gelmini continua a espandersi con forme, modalità e colori diversi. Il fallimento del dialogo con gli studenti, aperto dal ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini ma al grido di "il decreto resta" (e si vota al Senato il 29) non ha fatto che aplificare il dissenso. Inizia così una nuova settimana di mobilitazioni "per bloccare la distruzione della scuola e dell’università messa in atto dal governo".
La Rete degli Studenti Medi informa che nei primi tre giorni della settimana, in tutta Italia, ci saranno scioperi e notti bianche, che si concentreranno ancora una volta nei giorni di approvazione del decreto 137 al Senato. "Dopo lo slittamento ottenuto il 23 ottobre, cercheremo ancora una volta di bloccare i lavori parlamentari. La Gelmini ci ha detto che lei vuole andare avanti, che non si fermerà. Noi le rispondiamo che ’Avanziamo Diritti’, non ci fermiamo e continueremo a chiedere una scuola e un’università nuovi, in grado di darci un futuro". Lunedì, martedì e mercoledì, dunque, scioperi, autogestioni con pernotto, notti bianche e lezioni all’aperto a Torino, Perugia, Roma, Firenze e Palermo. Per giovedì 30, invece, oltre alla partecipazione alla manifestazione di Roma, la Rete degli Studenti Medi annuncia cortei a Torino, Padova, Palermo e Genova.
E dalle università continuano a giungere appuntamenti che appaiono propedeutici al blocco della didattica in molte altre facoltà (spesso con l’appoggio dei docenti) se non di possibili occupazioni. Un asettimana di fuoco, dunque. E la parola può passare solo alla cronaca, dal momento che le giornate appena concluse hanno mostrato che l’Onda spunta dove meno te l’aspetti, ma anche che si scontrerà con il primo grande scoglio: la probabile approvazione della legge Gelmini giovedì 29.
* la Repubblica, 26 ottobre 2008.
La protesta degli studenti condivisa da un italiano su due
Genitori, professori, studenti. Ma non solo: un italiano su due condivide la protesta anti-Gelmini.
Ecco l’indagine Demos & Pi Il malessere dei giovani nasce soprattutto dal furto di futuro, di cui sono vittime
Molti favorevoli al grembiule, al voto in condotta e agli esami di riparazione
Non attecchisce l’idea degli sprechi e degli insegnanti fannulloni
di Ilvo Diamanti (la Repubblica 27.10.08)
Ciò che sorprende maggiormente, nell’indagine condotta da Demos nei giorni scorsi, è il grado di consenso per la scuola pubblica: ampio e perfino in crescita rispetto a un anno fa. Nonostante l’ondata di discredito che - da anni e tanto più in questi tempi - sta sommergendo le istituzioni scolastiche. Ma soprattutto quei "maledetti professori"... Pretendono di insegnare in una società che non sopporta i "maestri" - figuriamoci i professori. Nonostante l’ondata di risentimento contro tutto ciò che è pubblico e statale. Scuola compresa.
Perché oggi lo Stato è rivalutato, ma come barelliere della finanza ammalata; come pronto soccorso del mercato ferito. Nonostante il conseguente calo dei fondi pubblici, che si ripete da anni, con ogni governo, di ogni colore. Perché, per risparmiare, si riducono le spese improduttive. Come vengono ritenute, evidentemente, quelle sostenute per la scuola, la formazione e la ricerca. Nonostante il contributo offerto dal sistema scolastico stesso al proprio discredito. Per le resistenze opposte dagli insegnanti ai progetti di riforma volti a valutarne il rendimento e a premiarne il merito.
Per le degenerazioni del reclutamento universitario, i concorsi pilotati, a favore di amici e parenti fino al terzo grado. Nonostante le interferenze dei genitori, pronti a chiedere rigore e autorità ai professori. Pronti a difendere i propri figli contro i professori (lo ammettono 7 italiani su 10).
Nonostante tutto questo, la scuola, i maestri, i professori "del sistema pubblico" godono ancora di stima e considerazione fra i cittadini. In particolare:
a) il 60% e oltre degli italiani si dice soddisfatto (molto o moltissimo) della scuola pubblica di ogni ordine e tipo. E, nel caso delle scuole elementari, il gradimento sfiora il 70% degli intervistati, senza grandi differenze di età, genere, ceto; ma neppure di orientamento politico.
b) Parallelamente, il 64% dei cittadini manifesta (molta o moltissima) fiducia negli insegnanti della scuola "pubblica". Penalizzati, secondo il 40% degli intervistati, da stipendi troppo bassi.
In entrambi i casi - scuola pubblica e insegnanti - il giudizio appare migliorato rispetto a un anno fa. In evidente contrasto con la rappresentazione dominante, al cui centro campeggiano l’insegnante fannullone e incapace, la scuola inefficiente e sprecona. Argomenti politici e mediatici di successo, che fra i cittadini non sembrano, tuttavia, attecchire. La scuola e gli insegnanti godono, al contrario, di buona reputazione. E non per "ideologia" o per pregiudizio politico. Fra gli intervistati, infatti, appare ampia la consapevolezza dei problemi che la affliggono. Il distacco nei confronti del mercato del lavoro, la violenza, l’incapacità di ridurre le diseguaglianze, la preparazione inadeguata degli insegnanti. Ancora: lo scarso rilievo attribuito al merito, sia per gli studenti che per i loro insegnanti. Infine, anzi, in testa a tutto: la penosa penuria di risorse.
I provvedimenti della ministra Mariastella Gelmini, peraltro, non sono catalogati attraverso pre-giudizi generalizzati. Vengono, invece, valutati in modo distinto, caso per caso. Una larghissima maggioranza degli intervistati si dice favorevole: al ritorno del voto in condotta, dei grembiulini, degli esami di riparazione. Novità antiche che piacciono perché propongono soluzioni semplici a problemi complessi. Evocano la tradizione e la nostalgia per curare i mali odierni. Si rivolgono, in particolare, alla domanda d’ordine e di autorità, che oggi appare diffusa.
Il giudizio, però, cambia sensibilmente quando entrano in gioco temi che richiamano l’organizzazione didattica e il modello educativo. In primo luogo: il ritorno del "maestro" unico alle elementari. Un provvedimento che divide gli italiani. Non piace, anzi, a una maggioranza, per quanto non larghissima. Mentre è nettissimo, plebiscitario il dissenso verso la chiusura degli istituti con meno di 50 studenti (in un Paese di piccoli paesi, come il nostro, si tratta di una diffusa reazione di autodifesa). Ma anche verso la scelta di differenziare (per quanto transitoriamente) le classi per gli studenti stranieri e italiani. Perché, al di là del merito, il provvedimento sembra dettato da preoccupazioni di consenso più che di inserimento. Mentre fra gli italiani, anche i più insicuri, è ampia la convinzione che famiglia e scuola siano i principali canali di integrazione (e di controllo sociale).
Semmai, appare più ideologica la base del consenso per le politiche del governo, che ottengono il massimo grado di sostegno fra le persone più lontane dalla scuola, per esperienza personale e familiare: gli anziani, le famiglie dove non vi sono né studenti né docenti. Al contrario, le resistenze crescono nelle famiglie dove vi sono insegnanti o studenti. Ma soprattutto nei confronti dei provvedimenti meno popolari: maestro unico e classi differenziate per stranieri. Ciò suggerisce che l’opposizione alle politiche della scuola, elaborate dalla ministra Gelmini, sia dettata, in buona misura, dall’esperienza delle famiglie e delle persone. Da ciò un giudizio complessivamente negativo nei confronti della riforma, ma anche verso l’azione della ministra. Rimandate entrambe, non bocciate senza appello. In altri termini: gran parte degli italiani è d’accordo sulla necessità di riformare la scuola.
Tuttavia, alla fine sul giudizio dei cittadini e degli utenti gli aspetti concreti pesano assai più di quelli simbolici. E il ritorno dei grembiulini e del voto in condotta non giustificano, agli occhi dei più, il taglio dei finanziamenti, il maestro unico, le classi "dedicate" per gli stranieri. C’è difficoltà a immaginare la possibilità di curare la scuola amputandone gli organi vitali. Riducendo ancora risorse ritenute oggi largamente inadeguate. Ciò spiega il consenso largamente maggioritario a sostegno delle proteste contro la riforma, che da qualche settimana agitano le scuole e affollano le piazze. Coinvolgendo, insieme, studenti, professori e genitori.
A differenza del mitico Sessantotto, evocato spesso, a sproposito, in questi giorni - per "colpa" dell’anniversario (40 anni) e per pigrizia analitica. In quel tempo gli studenti contestavano il passato che ingombrava, pesantemente, la società, la cultura, le istituzioni. Zavorrava le loro aspettative di vita e di lavoro. Per cui manifestavano e protestavano "contro" la società adulta. "Contro" i professori e i loro stessi genitori. Oggi, al contrario, il malessere degli studenti nasce dal furto del futuro, di cui sono vittime. La loro rivolta "generazionale" incrocia la protesta "professionale" dei professori e la solidarietà dei genitori, a cui li lega un rapporto di reciproca dipendenza, divenuto sempre più stretto, negli ultimi anni. Da ciò un problema rilevante per i giovani, i figli e gli studenti. Magari sconfiggeranno la Gelmini. Ma come riusciranno a "liberarsi" davvero con la complicità degli adulti, il permesso dei genitori, e il consenso dei professori?
Si apre una settimana cruciale per il movimento anti-Gelmini. Sindacati uniti
Ma gli scioperi non si fermano mercoledì il voto sul decreto
La facoltà di Fisica della Sapienza, occupata, ha aperto a bambini e famiglie
L’onda della protesta, dopo una domenica di quiete relativa, torna a spazzare
scuole, atenei, piazze e strade. Sarà una settimana cruciale,
anche se il movimento si attrezza per una lotta di lunga durata.
di Mario Reggio (la Repubblica, 27.10.2008)
L’obiettivo principale è quello di bloccare l’approvazione definitiva al Senato, prevista mercoledì 29 ottobre, del decreto Gelmini. E da oggi gli studenti di molte scuole romane faranno lezione al Colosseo. Contro l’approvazione del provvedimento Gelmini al Senato, i Cobas hanno organizzato una manifestazione a piazza Navona, a pochi passi da Palazzo Madama, a partire dalle 17 di domani. L’iniziativa proseguirà senza sosta fino al mattino dopo quando è prevista la votazione. La Rete degli studenti lancia lo slogan «Avanziamo dei diritti» ed annuncia che da domani, in tutta Italia, «ci saranno scioperi e notti bianche, che si concentreranno ancora una volta nei giorni di approvazione del decreto 137 al Senato. Dopo lo slittamento ottenuto il 23 ottobre, cercheremo ancora una volta di bloccare i lavori parlamentari». Ma l’appuntamento clou delle proteste è per giovedì 30 ottobre, giorno in cui, in tutta Italia, sciopererà il personale della scuola e si terrà a Roma la manifestazione di docenti, studenti medi ed universitari contro il progetto governativo.
Il fronte sindacale è unito come mai prima: lo sciopero nazionale, infatti, è stato indetto da Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda. Proteste senza sosta anche negli atenei. Gli studenti dell’Università romana Tor Vergata hanno provocatoriamente messo in vendita, per appena un euro e 50 centesimi, sul sito e-Bay la propria università. Sempre gli studenti di Tor Vergata ieri hanno raggiunto la centrale piazza dei Cinquecento, a Roma, in camice bianco e libri in mano. Una protesta creativa che ha l’obiettivo di «far conoscere alla popolazione il tragico futuro dell’università italiana». La facoltà di Fisica de La Sapienza, occupata da giorni, ha ieri aperto alle famiglie e ai bambini delle elementari per mostrare loro esercitazioni e sperimentazioni: il principio dei vasi comunicanti con l’acqua della fontana ai piedi della statua della Minerva, oppure il funzionamento del giroscopio alla base del principio di rotazione della Terra. Da oggi poi, a Roma, partirà una settimana di lezioni all’aria aperta, anche in luoghi simbolo della città come il Colosseo. A piazza Farnese lezioni in piazza degli studenti di Lettere e Filosofia di Roma3, docente il professor Giacomo Marramao. Mentre alla Normale di Pisa, ieri, sono apparsi i primi striscioni di protesta: «Un Paese vale quanto ciò che ricerca».
l’Unità 9.10.2008
Scuola, contro la Gelmini sarà sciopero generale
di Giuseppe Vittori
Approvato dall’aula, il decreto Gelmini «sul maestro unico» è invece bocciato dal mondo della scuola che si prepara a scendere in piazza rispondendo all’appello dei sindacati. Ieri sera Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda hanno deciso lo sciopero generale. Per conoscere la data della mobilitazione bisognerà però aspettare l’esito del tentativo di conciliazione previsto oggi al Miur. Un appuntamento, quello messo in cantiere dai sindacati di categoria, al quale si arriva dopo una marcia di avvicinamento cominciata già da settimane e costellata da sit-in davanti al ministero, iniziative spontanee di protesta, occupazioni, «notti bianche», dal Nord al Sud della penisola.
Domani un assaggio del malcontento arriverà ancora dagli studenti che manifesteranno in decine di città. «L’approvazione del voto di fiducia alla Camera sul decreto Gelmini - spiega l’Unione degli studenti - rappresenta un ulteriore atto antidemocratico di un governo che elude le tante manifestazioni di dissenso e con violenza prova ad affermare il proprio autoritarismo. Per questo domani porteremo in piazza tutta un’altra musica, alle 70 manifestazioni da noi organizzate». «Ci mobilitiamo - spiega un’altra associazione studentesca, la Rete degli studenti - contro i tagli di 8 miliardi di euro alla scuola pubblica, che è la vera riforma messa in campo dal governo Gelmini-Tremonti-Berlusconi. Contro un governo che conta balle, per rivelare la verità all’opinione pubblica».
Dai ragazzi la contestazione passerà quindi nelle mani del sindacalismo di base: i Cobas guidati da Piero Bernocchi, tra i primi, hanno proclamato uno sciopero, in calendario per il 17 ottobre. Insomma, il fronte della protesta è ampio e non si ferma certo alla scuola. Anche le università sono in subbuglio per i tagli previsti in Finanziaria.
L’ateneo di Firenze è in prima linea: dopo l’occupazione delle aule del polo scientifico di Sesto Fiorentino e della facoltà di agraria, ieri si è passati al volantinaggio e agli striscioni srotolati dai ponti Santa Trinità e Carraia contro tagli e privatizzazione; e domani si farà lezione per strada. Anche a Pisa ieri assemblea in piazza: circa 3.000 persone fra ricercatori, impiegati amministrativi e tecnici precari, più studenti e professori, si sono ritrovati in piazza dei Cavalieri per discutere dei provvedimenti presi dal governo, a partire dal precariato. Proteste anche nella Capitale, dove, dopo una settimana di agitazione, sono scesi di nuovo in piazza i precari degli enti pubblici di ricerca, per protestare, sotto il ministero dell’Istruzione, contro l’emendamento che sopprime di fatto le stabilizzazioni.
Intanto, ieri la Camera si è dedicata all’esame dei 242 ordini del giorno, per la maggior parte presentati dall’opposizione, al decreto legge Gelmini. Oggi pomeriggio è previsto il voto finale sul provvedimento che dovrà, poi, passare al Senato.
In piazza contro la riforma del maestro unico voluta dalla Gelmini
Decisione unitaria dei sindacati. La data si conoscerà domani, forse il 30
Scuola, i sindacati hanno deciso
Anche l’Università in lotta. Firenze in prima linea
Brunetta ai prof: guadagnate troppo
"Sarà sciopero generale"
di Mario Reggio
ROMA - La scuola scende in piazza. Ieri sera i segretari di Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda hanno raggiunto l’accordo. Sciopero nazionale e manifestazione a Roma. La data sarà ufficializzata oggi, dopo il tentativo di conciliazione al ministero della Pubblica Istruzione. Ma probabilmente sarà giovedì 30 ottobre. Oggi alla Camera il voto di fiducia sul decreto Gelmini. Poi il provvedimento passerà al Senato. Una vera corsa contro il tempo perché, per diventare legge, dovrà essere approvato entro e non oltre il 31 ottobre. Domani saranno gli studenti della "Rete" a scendere in piazza in settanta città, «contro i tagli di 8 milioni di euro, contro un governo che racconta balle, per rivelare la verità all’opinione pubblica».
In attesa delle manifestazioni e del voto di fiducia il ministro Renato Brunetta ha deciso di gettare benzina sul fuoco. «I nostri insegnanti lavorano poco, quasi mai sono aggiornati e in maggioranza non sono neppure entrati per concorso - afferma - ma grazie a sanatorie. E poi 1.300 euro sono comunque due milioni e mezzo di vecchie lire, oggi l’insegnamento è part-time e come tale è ben pagato». Piero Bernocchi, portavoce dei Cobas della scuola, risponde per le rime: «Senti chi parla, Brunetta da docente universitario prende quattro volte lo stipendio di un insegnante di scuola e ha un orario molto più ridotto. Parla delle ore di insegnamento ma si scorda quelle che il docente impegna per preparare le lezioni, aggiornarsi e valutare gli studenti. La sua uscita bizzarra contribuirà al successo del nostro sciopero e della manifestazione del 17 ottobre a Roma».
Maria Pia Garavaglia, ministro ombra dell’Istruzione del Pd, invita Brunetta «ad avere maggior rispetto per chi lavora nel mondo della scuola. Il governo la finisca con questa opera diffamatoria e metta a disposizione i fondi, invece di tagliarli». Secondo Giorgio Rembado, presidente dell’associazione nazionale presidi, «lavorano poco i docenti che lavorano male. Chi prepara le lezioni, si aggiorna e corregge i compiti facendolo con coscienza fa un lavoro a tempo pieno. Bisogna rivedere le modalità di reclutamento, legando l’assunzione a criteri meritocratici ed eliminando le graduatorie che prevedono che si faccia carriera per anzianità e non per le abilità conseguite». Ma il fronte di protesta non si ferma alla scuola. L’ateneo di Firenze è in prima linea: dopo l’occupazione delle aule del polo scientifico di Sesto Fiorentino e della facoltà di agraria, ieri si è passati al volantinaggio e agli striscioni srotolati dai ponti Santa Trinità e Carraia. Anche a Pisa oggi assemblea in piazza: circa 3.000 persone fra ricercatori, impiegati amministrativi e tecnici precari. Proteste anche nella capitale, dove, dopo una settimana di agitazione, sono scesi di nuovo in piazza i precari degli enti pubblici di ricerca, per protestare, sotto il ministero dell’Istruzione, contro l’emendamento che sopprime di fatto le stabilizzazioni.
Caro Bleck
condivido. Il passaggio è epocale e non solo è necessario un rinnovamento della classe dirigente ma anche un rinnovamento profondo di tutta la nostra cultura - laica e religiosa!!!
La nostra stella polare è la Costituzione
la Legge dei nostri Padri e delle nostre Madri Costituenti,
non la "legge di Arcore"!!!
VIVA L’ITALIA!!!
Per la Redazione
Federico La Sala
P. S. - Sul lungo e diffuso sonnambulismo e spirito d’inciucio,
vedi l’art.
"FORZA, ITALIA"!!! ANCORA UNO SFORZO!!! IL PARLAMENTO E’ SCOMPARSO!!!.
M. saluti e m. grazie per il tuo intervento, fls.
«Perché oggi la Cgil va in piazza»
di Guglielmo Epifani *
Nella giornata di oggi, in oltre 150 piazze, scenderanno in campo decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori, pensionati, giovani e studenti, cittadini per dire che le politiche economiche del Governo sono profondamente sbagliate, fanno male al Paese e alle persone e che devono essere cambiate.
Non rivendicheremo solo una generica necessità di cambiamento ma, come abbiamo indicato nelle centinaia di assemblee organizzate in preparazione delle manifestazioni, avanziamo precise richieste che sono poi quelle definite con Cisl e Uil nei mesi scorsi. Mi auguro che sugli stessi temi si possa arrivare rapidamente ad un percorso comune con le altre organizzazioni confederali, certo è che nelle centinaia di piazze che riempiremo il sentimento di tutti sarà profondamente unitario anche se non rinunciamo a marcare il punto di vista della Cgil.
Per noi le manifestazioni di oggi rappresentano l’inizio di una vasta campagna di mobilitazione perché la gravità della situazione non ammette sottovalutazioni. La manovra economica del Governo deprime il Paese e, rinunciando ad investire nello sviluppo, nella conoscenza e nella qualità, lascia ancora più esposta l’Italia di fronte ad una crisi mondiale che si annuncia di dimensioni drammatiche. Non a caso le retribuzioni e le pensioni stanno subendo un salasso molto consistente perché non c’è restituzione del fiscal drag, perché i rinnovi contrattuali battono il passo in troppi comparti, a partire da quelli pubblici, e perché la dinamica dei prezzi è assolutamente fuori controllo. Aumenta il numero delle persone che non arrivano a fine mese o che devono mettere mano ad una serie di espedienti. Colpisce che il Presidente del Consiglio non abbia mai ritenuto le condizioni di chi lavora anche un suo problema.
Ma le scelte economiche del Governo non lasciano inalterato alcun settore. È di poche ore fa la decisione di bloccare tutti i processi di stabilizzazione per decine di migliaia di giovani precari come previsto dalle precedenti leggi Finanziarie, per loro ora il futuro si tingerà di ulteriore incertezza e di “lavoro” sempre meno garantito. L’attacco al welfare conosce una pesantezza inedita. Il riferimento è alla sanità, con la conseguente riduzione delle prestazioni, e alle inaccettabili decisioni sulla scuola che non solo riscrivono il ruolo della scuola pubblica previsto dalla nostra Costituzione ma segmentano la scuola in base al reddito di chi la frequenta, colpendo dal tempo pieno, alla riforma della scuola elementare all’obbligo scolastico.
Si tagliano gli investimenti e le infrastrutture cancellando il mezzogiorno dall’elenco degli impegni del Governo rendendolo solo terra per l’invio di contingenti militari ma senza che ci sia traccia di una forte ed organizzata lotta a tutto ciò che favorisce la malavita organizzata, a partire dall’evasione fiscale.
Infine, noi denunciamo la scelta di semplificare la vita sociale cancellando il ruolo del sindacato e le regole della contrattazione per ritornare alla peggiore occupazione da parte della politica dei temi relativi alla contrattazione. Come leggere diversamente la recente decisione in base alla quale i ministri possono distribuire salario direttamente ai lavoratori in assenza di ogni contrattazione con il sindacato? Oggi alla nostra protesta si aggiunge un altro tema, la salvaguardia della libertà di informazione. Infatti, il blocco retroattivo dei finanziamenti pubblici a testate cooperative, sindacali e del movimento democratico se non verrà modificato è destinato a produrre la chiusura di decine di testate determinando un impoverimento per tutto il Paese. Nella giornata di oggi abbiamo però un motivo di grande soddisfazione che, nel contempo, indica anche la via giusta per risolvere i problemi. La vertenza Alitalia è chiusa e la nostra azione ha prodotto, con la previsione di almeno un partner straniero, le condizioni perchè Alitalia voli davvero. Inoltre sono state introdotte significative conquiste sui precari, sui diritti dei lavoratori e sulle loro retribuzioni. Insomma, il confronto di merito è risultato vincente. Esattamente ciò che il Governo ha evitato di fare su tutti i provvedimenti che contestiamo in centinaia di piazze.
* l’Unità, Pubblicato il: 27.09.08, Modificato il: 27.09.08 alle ore 10.32
L’Udu: "In corteo per difendere i diritti dei lavoratori, gli Atenei e il sistema formativo"
Scuola in piazza. Epifani: "Si cambi o sarà sciopero generale"
In 150 città italiane la manifestazione Cgil con gli studenti contro la politica finanziaria di governo. Dal palco di Roma l’attacco del leader sindacale ai ministri Gelmini e Brunetta: "Così non va". "Grande partecipazione" da Nord a Sud
Roma, 27 set. - (Adnkronos/Ign) - Oggi studenti in piazza a fianco della Cgil in oltre 150 piazze italiane contro la politica economica del governo. E a Roma dal palco del comizio di piazza Farnese, il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, lancia il suo aut aut. "Spero unitariamente, ma se anche non fosse unitariamente, se le cose non cambiano andremo allo sciopero generale di tutta la scuola".
Parlando della riforma messa a punto dal ministro della Pubblica istruzione Gelmini, Epifani si chiede "con tutta umiltà, in quale testo di pedagogia antica o moderna sono stati rintracciati i principi" alla base di cambiamenti annunciati per la scuola primaria. "Perché -si chiede Epifani- dobbiamo distruggere la scuola italiana che funziona meglio, cioè quella primaria?". E, ancora, il leader dalla Cgil, si chiede come fa il ministro Gelmini "a dire che meno sta a scuola un bambino più impara".
Ma ce n’è anche per Brunetta. Riferendosi agli annunci di anticipi in busta paga sul contratto degli statali fatti dal ministro della Funzione pubblica, Epifani sottolinea che "i lavoratori non chiedono mance". Secondo il leader di Cgil "così non funziona. Bisogna avere rispetto per i lavoratori e per le organizzazioni che li rappresentano. Non sono mance quelle che i lavoratori chiedono, ma diritti e un contratto".
L’Unione degli Universitari ha invitato gli studenti a manifestare insieme al sindacato contro le scelte del Governo e "difendere i diritti dei lavoratori e dei cittadini di questo Paese, sempre più sotto attacco’’. Per l’Unione degli Universitari, presente in molte piazze italiane con i lavoratori, questo ’’non è che il primo appuntamento in piazza" di un autunno ’caldo’. "L’attacco che il Governo ha rivolto all’Università - fa osservare l’Udu- con i pesanti tagli ai finanziamenti e soprattutto con la possibilità di privatizzare tutti gli Atenei, non è un caso isolato e si inserisce in un progetto complessivo di screditamento e distruzione di tutti i servizi pubblici".
E dopo i cortei di oggi insieme ai lavoratori, gli studenti si preparano alla mobilitazione del 10 ottobre. Tra gli slogan esposti dai ragazzi oggi in piazza ne spiccava uno: ’’Non è che l’inizio - Manifestazione nazionale Studentesca - 10 Ottobre’’.
Quella di oggi, ha spiegato infatti il coordinatore nazionale diell’Unione degli Studenti, Roberto Iovino, "è solo una tappa che ci porterà alla mobilitazione generale studentesca del 10 Ottobre dove saranno più di 100 le città che si mobiliteranno contro i tagli del governo sull’istruzione, la reintroduzione del voto di condotta e l’abbassamento dell’obbligo scolastico. E siamo disponibili, nel caso in cui la Cgil convochi lo sciopero generale della scuola, ad assicurare il più alto grado di mobilitazione di tutti gli studenti e le studentesse nel nostro paese".
Intanto, la Cgil nel fornire le cifre sulla partecipazione di lavoratori, giovani e pensionati alle iniziative di mobilitazione ’’Diritti in piazza’’ che si sono svolte in oltre 150 città italiane, ha riferito che solo in Emilia Romagna erano 50 mila le persone a sfilare (20 mila a Bologna). Per le vie di Napoli in corteo c’erano 30 mila persone. 20 mila al corteo di Palermo e sempre in Sicilia 6 mila alla manifestazione di Catania e 4 mila a quella di Messina. A Roma in 15 mila hanno seguito a Piazza Farnese il comizio di Epifani.
Editoriale Scuola, Università, Ricerca hanno bisogno di riforme. Non di tagli né di privatizzazioni
Notizie Le ragioni dello sciopero che Gelmini non capisce Scuola Università Afam Ricerca
Scuola, Università, Ricerca hanno bisogno di riforme. Non di tagli né di privatizzazioni
Il disastro di un mercato senza regole che si è abbattuto sulla finanza e sull’economia non ha insegnato niente. Eppure è evidente quanto questo disastro sia costato ai risparmiatori e sta costando al contribuente.
Affidare scuola e università al mercato - questa è la “riforma” Gelmini - significa distruggere il sistema pubblico di istruzione, negare ai più il diritto allo studio e l’accesso al sapere.
Il ministro dice che si è discusso anche troppo e che ora è il tempo di fare. Peccato che lei non abbia discusso con nessuno, neanche col Parlamento, e che la sua manovra interviene strutturalmente solo sulla parte che funziona: ha sbaraccato per decreto la migliore scuola elementare d’Europa e le esperienze pedagogico-didattiche migliori del mondo (il tempo pieno e l’inserimento dei diversamente abili). Per il resto solo tagli. Di riforme neanche a parlarne. Se scuola e università hanno bisogno di soldi si trasformino in fondazioni e si facciano finanziare da privati. Fine della pubblica istruzione, appunto.
Sulle cifre Gelmini continua a ripetere la sua litania di frasi a effetto e di bugie. Non è vero che la spesa per l’istruzione e per il personale in Italia è al di sopra della spesa Ocse, come non è vero che abbiamo il rapporto docenti-insegnanti più alto: è vero il contrario. E se è tanto preoccupata che gli insegnanti - ma non solo loro - sono malpagati, si disturbi a rinnovare i contratti.
La verità è che questo Governo non sopporta voci discordi. Berlusconi è da settimane in crisi isterica per una manifestazione del PD e Gelmini, nel suo piccolo, continua a negare che vi siano proteste di studenti, famiglie, lavoratori della formazione e della ricerca. E invece sono proprio una grande ola.
Sono tanto spaventati che qualcuno non la pensi come loro e che sia stufo di subire i loro soprusi che stanno mettendo mano persino al diritto di sciopero.
Ma cosa credono che noi italiani abbiamo l’anello al naso?
Beh, dimostriamogli che hanno capito male.
Scuola. Le ragioni dello sciopero che Gelmini non capisce
Con i decreti legge, la "fiducia" in Parlamento e il commissariamento delle Regioni il duo Gelmini/Tremonti" mette in atto lo smantellamento della scuola pubblica.
Il DL 112/08 (ora legge 133/08) prevede il taglio in tre anni di 8 miliardi di euro e di oltre 130.000 posti nella scuola statale nei prossimi tre anni.
Il DL 137/08 (in discussione al Senato) reintroduce il maestro unico facendo tornare indietro di decenni la scuola elementare.
Il DL 154/08 impone alle Regioni, pena il commissariamento, di procedere al dimensionamento e alla revisione della rete scolastica entro il 30 novembre 2008.
Il piano programmatico del Ministro Gelmini, in applicazione dei tagli previsti dal DL 112, prevede interventi sul numero di alunni per classe, sugli anticipi nella scuola dell’infanzia, sull’orario dei ragazzi, sui modelli di scuola, sui profili del personale ATA e sulla rete scolastica.
E chi ne pagherà maggiormente le conseguenze saranno i lavoratori precari licenziati in tronco (36.000 supplenze in meno - 27.000 docenti e 9.000 ATA solo nell’anno scolastico 2009-2010) per far quadrare i conti di Tremonti.
Il 30 ottobre lo sciopero e la manifestazione a Roma serviranno a far capire che sulla scuola non si procede con i diktat ma con la condivisione, non si procede con i tagli ma con gli investimenti, non si procede con la polizia ma con il dialogo.
A tutto questo si aggiunge la questione salariale e il rinnovo dei contratti.
Come fa il Ministro a non capire che con questi tagli non si riforma, ma si smantella?
Università. Le ragioni dello sciopero che Gelmini non capisce
Il Ministro Gelmini non capisce perché la contestano nelle Università, e in effetti lei non ha ancora emanato nessun provvedimento. Ci ha pensato però il Ministro Tremonti che, forse, nei 9 minuti a disposizione per far approvare la legge finanziaria dal Consiglio dei Ministri non ha fatto in tempo a spiegarglieli.
Fra l’altro il Ministro non conosce neanche i dati OCSE sulla ricerca pubblica e sull’università e cita dati falsi.
Lo sciopero indetto da FLC Cgil, Cisl Università e Uil PA-UR è contro i provvedimenti del Governo contenuti nella Legge 133/08 che distruggono l’Università pubblica:
il Fondo di Finanziamento Ordinario, già abbondantemente ridotto dai precedenti governi, è ulteriormente decurtato, e in realtà si riduce di un terzo; inoltre è ridotto il finanziamento del PRIN (Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale);
la drastica riduzione delle assunzioni del personale docente e tecnico-amministrativo, dopo due anni di blocco dei concorsi e a fronte dell’elevato numero di precari che lavorano nelle università;
la possibilità di trasformazione degli Atenei in Fondazioni private, con la privatizzazione dei rapporti di lavoro, il conferimento dei beni dell’Università al nuovo soggetto privato e l’indeterminatezza degli organi di gestione degli Atenei, nessuna garanzia per la libertà di ricerca e di insegnamento;
l’inadeguatezza delle risorse per il rinnovo contrattuale del biennio 2008-2009 e gli attacchi al diritto alla salute da parte del Ministro Brunetta;
i Fondi del finanziamento del diritto allo studio sono stati ulteriormente ridotti con l’inevitabile un forte aumento delle tasse universitarie se gli Atenei diventassero fondazioni.
Tali provvedimenti vanno ben una pura manovra di risparmio e determinano uno scenario in cui sparisce l’università italiana come sistema nazionale tutelato dalla Costituzione, in cui il ruolo pubblico è elemento decisivo di garanzia per la libertà di ricerca e d’insegnamento e degli interessi generali del Paese.
La mancanza di risorse economiche e l’impossibilità di assumere impediranno il ricambio generazionale, aggravando il problema già insopportabile del precariato, e chiudendo le porte dell’università ad intere generazioni.
Il progetto del governo è molto chiaro: smantellare l’università pubblica che garantisce uguali opportunità a favore di poche università di eccellenza, determinando una situazione di divaricazione tra chi ha la possibilità economica di studiare nelle sedi più prestigiose e chi, anche se più meritevole, non ha questa possibilità.
Tutto questo non è riforma.
Afam. Le ragioni dello sciopero che Gelmini non capisce
Il Ministro dell’Università e della Ricerca si occupa dell’AFAM solo per chiudere i 70 conservatori distribuiti sul territorio nazionale e lasciarne 5 o 6 attivi. Quelli che saranno chiusi potranno passare agli enti locali, enti a cui sono già state abbondantemente tagliate le risorse.
I finanziamenti dei conservatori e delle accademie hanno compensato l’eliminazione dell’ICI e saranno ulteriormente decurtati dai fondi per salvare le banche.
La riforma prevista dalla legge 508/99 è ulteriormente rinviata per mancanza di risorse. Il Contratto è scaduto da 34 mesi e non ci sono le risorse, anzi sono stati ridotti i fondi per la contrattazione integrativa.
Ancora una volta la scelta di questo Governo è contro la conoscenza, contro il patrimonio culturale di una nazione, contro tutto quello che è pubblico e può favorire i meritevoli e non solo i ricchi.
Ricerca. Le ragioni dello sciopero che Gelmini non capisce
In tutti gli enti di ricerca il Ministro Gelmini, insieme ai suoi colleghi ministri, viene contestato, perché non considera la ricerca come un investimento per il futuro del Paese e le persone che operano in questo settore come una ricchezza da valorizzare.
Questo Governo, invece, sta realizzando un progressivo impoverimento della ricerca pubblica: le tabelle della finanziaria 2009 indicano, nei casi migliori, finanziamenti costanti in valore assoluto e, quindi, decrescenti in valore reale, ma spesso tagli, come è il caso dell’ENEA e del CRA.
Ancora più grave è la riduzione del personale attuata con la combinazione di diversi provvedimenti:
riduzione delle piante organiche del 10% con conseguente impossibilità di nuovi ingressi, in alcuni casi immediata, in altri tra uno o due anni;
il calcolo del turnover su base numerica (un’uscita = un nuovo ingresso) senza tenere conto che chi esce è in genere ai livelli di stipendio più elevati e potrebbe essere sostituito con più di una persona senza aggravi;
blocco delle stabilizzazioni al 30 giugno 2009, ma gli effetti potrebbero aversi subito, attraverso l’emendamento “ammazza precari”.
L’effetto principale di queste azioni è la cancellazione del futuro per quanti, giovani o meno giovani, operano da anni negli enti con ruoli importanti e con risultati che in altri paesi sarebbero considerati di eccellenza. Sono tempi determinati, assegnisti, borsisti, co.co.co., sempre tutti precari.
Il Ministro Gelmini, che si vanta di apprezzare i giovani, li sta cacciando dal mondo della ricerca e costringendo a cambiare mestiere o ad emigrare.
A tutto questo si aggiungono soppressioni, commissariamenti, ristrutturazioni degli enti di ricerca, in una logica di riduzione delle spese e in assenza di un progetto organico che riconosca la specificità del settore e nell’assoluto disprezzo dell’autonomia delle istituzioni di ricerca, garantita dalla Costituzione, e di chi opera nella ricerca, sancita dalla Commissione Europea.
Il 14 novembre la ricerca sciopera anche perché il contratto di lavoro è scaduto da 34 mesi.