[...] LUTTO PER IL PAESE
UMILIATO da un premier immondo, affarista e licenzioso
SEQUESTRATO da un’economia corsara e forcaiola
IMBAVAGLIATO da una TV servile e cortigiana
***
LUTTO PER UNA CHIESA CONNIVENTE E CONCUBINA
MUTA E IMBAVAGLIATA
SENSALE E MERCENARIA [...]
IL LETAMAIO
di don Aldo Antonelli
In questo letamaio in cui siamo affossati, non ci sono prudenze che tengano, né pazienze che si ammantino di virtù, né attese di dignità.
Lo scondalo è talmente acclarato e invasivo ed eversivo che solo dei gesti eclatanti e clamorosi possono destare il risveglio e riscattare la chiesa dal suo silenzio ibernale e, a questo punto anche, mafioso.
Sto maturando la decisione di non celebrare messa domenica prossima. Tenere le porte chiuse delle chiese con un comunicato in cui si denuncia il degrado della politica e la dittatura dell’economia il sonno della ragione e il letargo della religione.
Non mi dite che esagero.
di don Aldo Antonelli
"Quello che i cittadini di una libera democrazia fanno nelle mura domestiche riguarda solo loro. Questo è un principio valido per tutti, e deve valere per tutti. Anche per me"! Così ha sentenziato domenica scorsa, a telecamere accese e a coscienza spenta.
Cosicché, per questa analfabeta del diritto, per questo fattucchiero della morale casereccia, in casa si può anche stuprare la moglie e violentare i figli. In casa si possono ordire attentati e architettare colpi di stato. In casa si possono perpetrare assassini e qualsiasi ingerenza lederebbe l’unico sacro diritto del cittadino egotico: la "privacy"! Mi si accappona la pelle al pensare che lo stesso è colui che da sempre ha istituzionalizzato i suoi privati interessi, ha reso pubblici, promuovendoli onorevoli, i suoi personali e privati contabili, commercialisti, avvocati, estetisti, entreneuses, prosseneti e puttane.
Il popolo di lui ostaggio, galvanizzato dalle sue imprese, fa suo questo vangelo delle volgarità per cui l’uguaglianza dei cittadini equivale alla libertà di fare in casa quel che si vuole! Riducendo la casa, da luogo di convivenza affettiva, a vandea di scorribande per le proprie bulimie inesauste. Lui, il difensore della famiglia! Mi sembra che sia stato Piero Calamandrei a denunciare già da tempo questa inclinazione del popolo italiano alla "putrefazione morale, all’indifferenza, alla sistematica vigliaccheria".
Nel suo libretto "Pio XII Il Vicario di Hochhuth Luigi Villa cita queste parole di Indro Montanelli: "In Italia, la "Verità" si può dire solo se si è in tanti. Perché in Italia aver torto non è pericoloso. Basta averlo in coro, cioè insieme a tutti gli altri. I pericoli grossi li corre solo chi nel coro fa stecca, anche se la fa per dire una verità, che poi i fatti convalidano. La legge di questo Paese è quella del gregge. Tutto si può fare, sia l’errore che il riconoscimento dell’errore, purché tutti insieme. Per l’isolato non c’è scampo. In ogni epoca e sotto qualunque regime egli è e rimarrà sempre il nemico (delle pecore) numero uno"!
Aldo
LUTTO PER IL PAESE
UMILIATO da un premier immondo, affarista e licenzioso
SEQUESTRATO da un’economia corsara e forcaiola
IMBAVAGLIATO da una TV servile e cortigiana
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LUTTO PER UNA CHIESA CONNIVENTE E CONCUBINA
MUTA E IMBAVAGLIATA
SENSALE E MERCENARIA
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LUTTO
Sul tema, nel sito, si cfr.:
RATZINGER ’A SCUOLA’ DEL VISIONARIO SWEDENBORG. Una nota di Leonard Boff e una di Immanuel Kant
Partito ad personam
di don Aldo Antonelli
Oggi sulla pagina locale del Messaggero è apparso questo articolo:
AVEZZANO - «Passino le ormai abituali invettive del "compagno" don Aldo Antonelli nei confronti di Silvio Berlusconi», ma quello «che però appare davvero intollerabile è l’uso personalistico di un pulpito a fini di propaganda politica». Lo afferma il Coordinatore provinciale del Pdl dell’Aquila, Massimo Verrecchia, replicando a don Aldo Antonelli, parroco di Antrosano, frazione di Avezzano, che criticando Berlusconi per al vicenda Ruby ha affisso dei manifesti a lutto nella sua parrocchia. -«Ancor più gravi e diremmo blasfeme - aggiunge Verrecchia - le parole che l’esponente del Clero rivolge alla Chiesa definita in termini sprezzanti connivente e concubina, muta e imbavagliata, sensale e mercenaria minacciando peraltro di non officiare messa. Se non altro, per il rispetto che si deve ai parrocchiani ci aspettiamo, dopo le numerosissime richieste a noi giunte di persone indignate in quella parrocchia, che tale condotta venga censurata e che lo stesso Antonelli, che ha preso i voti per vestire l’abito talare, indossi ora, dimostrando coerenza, quello più consono di "protestante"».
Fin qui Verrecchia. E invece Mario Casale ex assessore Ds (potenza di una stampa obbiettiva che dà spazio a tutte le opinioni) scrive tutto il contrario: «Insomma, alla fine ha vinto don Aldo se la Chiesa, attraverso il cardinal Bertone, ha dovuto esprimere "turbamento" per la carenza di legalità e moralità nel comportamento del Presidente del Consiglio. Con buona pace di qualche amministratore locale, tanto solerte e inopportuno nel richiamare don Aldo, quanto ossequioso e ipocrita nel difendere l’indifendibile. In fondo si deve anche all’iniziativa di don Aldo, che a suo modo ha dato voce all’indignazione di tanti cattolici e non, se la Chiesa ha finalmente rotto gli indugi, censurando comportamenti di rappresentanti istituzionali ormai non più tollerabili»
P.V
HO preso carta penna e calamaio ed ho risposto in questi termini:
dalle cronache locali dei giornali leggo le parole di condanna di Massimo Verrecchia, coordinatore provinciale del PDL dell’Aquila. e mi chiedo: perché mai questo depistare per altri lidi un discorso, anzi, una protesta che è indirizzata esclusivamente al comportamento del capo del Governo Silvio Berlusconi?
Cosa c’entrano il PDL e il PD , la destra e la sinistra? Qui è sotto accusa soltanto il comportamento personale e individuale di un singolo. A meno che non si voglia sottintendere che il PDL sia anch’esso, come molte delle leggi approvate in questi ultimi tempi, un partito ad personam!...! Ma questo sarebbe proprio lui a dirlo, non io.
Quando fu il caso di Marazzo, io, uomo di sinistra, stetti male per una settimana e di fronte alle sue dimissioni brindai allegramente. Quando si trattò di Del Turco, cui avevo dato il mio voto, mi morsicai la mano con la quale avevo votato e, anche in quel caso, brindai alle sue dimissioni. Questa mattina mi ha telefonato un amico di destra dicendomi testualmente: "Aldo tu sai come la penso io. E tuttavia devo esprimerti tutta la mia solidarietà"! Questa è onestà.
La monnezza è sempre monnezza, sia che stia in casa propria che nelle altrui dimore! Se vogliamo una politica all’altezza degli ideali che si sbandierano, la pulizia va sempre fatta in casa propria, a destra e a sinistra; e pretesa anche dagli altri, da sinistra e da destra.
Non si preoccupi il signor Verrecchia, grazie a Dio, oltre la chiesa muta e imbavagliata c’è anche un’altra chiesa, che vede, sente e parla. Di fronte allo scandalo dei preti pedofili Benedetto XVI, che non mi sembra sia un protestante, chiese perdono, confessando la sua vergogna. Questa è la chiesa che mi piace e per la quale continuo a lottare. Quanto alla strumentalizzazione della Messa da lui denunciata, stia pur tranquillo. Ci tengo troppo per poterla degradare. Se domenica avrà la bontà di venire ad Antrosano, da fedele e non da curioso, sarà il ben venuto, come tutti, di destra e di sinistra, e come sempre.
Distinti saluti.
Aldo Antonelli
Risposta che uscirà domani.
Buona domenica
Aldo
PARRHESIA EVANGELICA: IL FARISEISMO CATTOLICO-ROMANO E LA NOVITA’ RADICALE DELL’ANTROPOLOGIA CRISTIANA. PARLARE IN PRIMA PERSONA, E IN SPIRITO DI CARITA’.
I cattolici escano dal silenzio: solo così volteremo pagina
di Massimo Toschi (l’Unità, 22 gennaio 2011)
In attesa del Consiglio permanente della Cei, che si aprirà lunedì prossimo, anche i vescovi hanno cominciato a parlare. Monsignor Forte e monsignor Bregantini hanno detto parole coraggiose e lungimiranti. Avvenire domanda buoni esempi. Il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone ha parlato di moralità giustizia e legalità, dicendo di condividere il turbamento del presidente Napolitano.
Toni e sfumature diverse, ma certo lo scandalo è grande. Siamo giunti al capolinea del berlusconismo, che non solo ha governato la politica italiana, ma ha lasciato segni profondi nella società italiana. E anche la Chiesa e i credenti non possono sottrarsi a un bilancio delle loro scelte rispetto a questa lunga e drammatica stagione. Non basta più un giudizio solo sull’oggi, perché c’è un filo nero che unisce questo tempo, in cui il Paese si è sfinito moralmente, a fronte di una politica che ha perso autorità, autorevolezza e credibilità, sedotta anch’essa dal grande seduttore.
Nel 1994, all’inizio di questa stagione, Giuseppe Dossetti, in un discorso sulla notte delle persone e delle comunità indicava le cause profonde della notte del Paese: «Anzitutto una porzione troppo scarsa di battezzati consapevoli del loro battesimo rispetto alla maggioranza inconsapevole. Ancora l’insufficienza delle comunità che dovrebbero formarli; lo sviamento e la perdita di senso dei cattolici impegnati in politica, che non possono adempiere il loro compito di riordinare le realtà temporali in modo conforme all’evangelo per la mancanza di vero spirito di disinteresse e soprattutto di una cultura modernamente adeguata; e quindi una attribuzione di plusvalore a una presenza per se stessa, anziché ad una vera ed efficace opera di mediazione; e infine l’immaturità del rapporto laici/clero, il quale clero non tanto deve guidare dall’esterno il laicato, ma proporsi il compito di formazione delle coscienze (...) a un cristianesimo profondo e autentico e quindi a una alta eticità privata e pubblica. Ebbene, se queste erano e sono tuttora le cause profonde della nostra notte, non si può sperare che si possa uscirne solo con rimedi politici, o peggio rinunziando a un giudizio severo nei confronti dell’attuale governo in cambio di un atteggiamento rispettoso verso la chiesa o di una qualche concessione accattivante in questo o quel campo (per esempio la politica familiare o la politica scolastica. Evidentemente i cattolici sono oggi posti di fronte a una scelta, che non può che essere che globale e innegoziabile, perché scelta non di azione di governo, ma di un aut/aut istituzionale».
Dopo diciassette anni, i credenti e la Chiesa devono prendere atto che nessuna di queste cause è stata rimossa attraverso una rigorosa azione di formazione evangelica e di meditazione della Costituzione. Al contrario si è rafforzata la linea di una presenza per se stessa disponibile all’accordo con il Cesare amico. Nel 2007 il cardinale Ruini, sulla questione dei Dico, non solo non discusse la legge ma innalzò un muro nei confronti del governo Prodi, nella convinzione che il centrodestra sarebbe stato assolutamente generoso, divenendo così l’interlocutore privilegiato della politica ecclesiastica per il Paese. In questo quadro, i principi non negoziabili avrebbero trovato perfetta applicazione. Finalmente un governo sodale a cui chiedere aiuto per la cristianizzazione della società italiana. E questo connubio non casto venne celebrato in piazza San Giovanni al Family Day.
In questo modo si negava la coerenza del Vangelo, perché diventavano difensori della unità delle famiglia leader politici che esibivano più famiglie. Abbiamo ascoltato vescovi, che per non dispiacere il principe, contestualizzavano le bestemmie o davano pubblicamente i sacramenti, in modo da distruggere la conversione evangelica. E si ha l’impressione che tutto questo non sia avvenuto gratis. Oggi non può bastare un aggettivo o una parola forte.
La Chiesa italiana davanti al Paese deve chiedere perdono per non aver ascoltato l’appello del 1994 di don Dossetti, e per non aver intrapreso la via stretta del Vangelo e della Costituzione, diventando corresponsabile del degrado morale, che rischia di travolgere tutto e tutti. Questa è la condizione perché dalla penitenzasi generi la conversione.
Questo è il passaggio, perché la Chiesa italiana possa testimoniare di nuovo il magistero di amore e di verità che il Paese cerca. Non ci sono astute scorciatoie politiciste.
Se la Chiesa italiana fa penitenza, si converte, e apre ogni giorno il libro santo del Vangelo, avrà anche il dono della parresia, il dire tutto il Vangelo, anche nel tempo della vergogna e della menzogna, generando credenti capaci di donare la vita in primo luogo ai più piccoli e deboli di questo Paese.
Se la Chiesa difenderà il libro laico della Costituzione, l’unico vero progetto culturale elaborato dai cattolici italiani nel tempo della Repubblica, il Paese diventerà più forte e migliore, con una cittadinanza esemplare e non adultera.
Il Vaticano chiede più moralità
di Carlo Marroni (Il Sole 24.Ore, 21 gennaio 2011)
CITTÀ DEL VATICANO La Santa Sede rompe il silenzio sull’escalation del caso Ruby. E lo fa al massimo livello. È infatti il segretario di stato, cardinale Tarcisio Bertone, a intervenire, sollecitando senza mezzi termini «moralità e legalità». I giornalisti gli chiedono se condivide il turbamento di Napolitano: «Avete visto la nota del Quirinale pubblicata dall’Osservatore romano», risponde Bertone, confermando la linea istituzionale di piena sintonia con il Colle, emersa già due giorni fa quando il giornale vaticano diretto da Gian Maria Vian aveva riportato integralmente e senza commenti la dura nota del presidente della Repubblica. «La Santa Sede segue con attenzione e in particolare con preoccupazione queste vicende italiane, alimentando la consapevolezza di una grande responsabilità soprattutto di fronte alle famiglie, alle nuove generazioni, di fronte alla domanda di esemplarità e ai problemi che pesano sulla società italiana», ha detto Bertone ai giornalisti che lo attendevano all’inaugurazione della casa di accoglienza Bellosguardo dell’Ospedale Bambino Gesù.
Una presa di posizione assunta con modalità a un livello intermedio di "ufficialità" ma che di certo non attenua la portata critica, già espressa qualche giorno fa in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario vaticano. «La Chiesa spinge e invita tutti, soprattutto coloro che hanno una responsabilità pubblica in qualunque settore amministrativo, politico e giudiziario, ad avere e ad assumere l’impegno di una più robusta moralità, di un senso di giustizia e di legalità» ha detto Bertone. Che ha aggiunto: «Credo che moralità, giustizia e legalità siano i cardini di una società che vuole crescere e che vuole dare delle risposte positive a tutti i problemi del nostro tempo».
Bertone ha voluto sottolineare che «la Santa Sede ha i suoi canali, le sue modalità di intervento e non fa dichiarazioni pubbliche». Umberto Bossi commenta così le parole di Bertone: «Il Vaticano non si commenta ma penso che per loro sia più facile parlare. Berlusconi si è trovato con la casa circondata, controllavano tutti quelli che entravano e che uscivano. Perché non hanno controllato anche là?». Poi l senatur chiarisce: «Mai criticato il Vaticano né tantomeno il cardinale Bertone che conosco da tempo e che considero amico e stimo molto». Per un altro ministro, Maurizio Sacconi, invece il messaggio del Vaticano «come al solito si rivolge alle coscienze in termini "alti" che vanno oltre la quotidianità»: «Come al solito - dice - sono proprio le persone più lontane dalla Chiesa e più ostili ai suoi valori a strumentalizzarne» le parole.
L’intervento del segretario di Stato rappresenta uno spartiacque della posizione della Chiesa verso il Cavaliere in questa fase particolarmente difficile e complessa della politica. Le prese di posizione erano arrivate da vescovi e organi di stampa della Cei (oltre che da «Famiglia cristiana») in attesa della prolusione del cardinale Angelo Bagnasco di lunedì al consiglio permanente: con le dichiarazioni di ieri Bertone, considerato l’interlocutore principale di Berlusconi di là dal Tevere, risponde alle sollecitazioni per un intervento e allo stesso tempo rivendica il suo primato dentro la Chiesa nei rapporti con la politica. Quando sottolinea che la Santa sede «ha i suoi canali» fa sapere che ci sono stati o ci saranno segnali attraversi i canali della diplomazia, ufficiale o parallela. Se non ci saranno incontri riservati prima l’appuntamento tra i due premier (presente anche il capo dello Stato) è fissato per il 18 febbraio a palazzo Borromeo, anniversario dei Patti lateranensi.
Ieri intanto è nuovamente intervenuto Avvenire. «È di questo che abbiamo bisogno tutti noi, in particolare i più giovani, e soprattutto oggi: buoni esempi». E questo perché «i risultati dei cattivi esempi, dei cattivi maestri, della cattiva politica e della cattiva informazione sono sotto gli occhi di tutti», ha scritto il direttore del quotidiano Cei, Marco Tarquinio, rispondendo alla lettera di un lettore. Domenico Delle Foglie, ex portavoce del Family day e vicino al cardinale Camillo Ruini, sul sito del laicato cattolico Piuvoce.net, ha scritto che «anche noi, con i media cattolici e con lo stesso presidente della Repubblica, ci associamo all’urgente necessità di restituire serenità, attraverso la chiarezza, ai cittadini italiani tutti. Credenti e non credenti».
COMUNICATO STAMPA
La “chiarezza” richiesta dai vertici della CEI c’è già. Quella che serve è una radicale presa di distanza dal governo presieduto da Sivio Berlusconi
di “Noi Siamo Chiesa” *
Le notizie relative al nuovo scandalo che coinvolge il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi hanno sconcertato, per la loro gravità, anche tutto il mondo cattolico, compresi quei settori abitualmente poco attenti alle vicende della politica. Si stanno diffondendo un enorme disagio e un forte disgusto che vanno ben al di là degli aspetti strettamente giuridici della vicenda, relativi cioè al fatto se egli sia o non sia responsabile dal punto di vista penale. Il disordine morale, che è emerso, testimonia di un costume, fondato su una cultura ed una pratica, che esaltano il culto dell’immagine, del denaro, del sesso nelle sue dimensioni più utilitaristiche. Vengono irretite giovani ragazze, viene oltraggiata la donna, il corpo della donna ed ogni nobile normale sentimento nel rapporto tra uomo e donna.
Di fronte alla gravità dei fatti e al diffuso profondo malessere che essi hanno determinato, le informazioni ufficiose (l’ “Avvenire” e l’agenzia SIR) di ieri e di oggi sostengono che bisogna fare “chiarezza”. A nostro giudizio è già del tutto chiara questa specifica vicenda. Ma è ancora più chiaro da molto, troppo tempo (e oggi ancora più di prima) il rapporto di ripetuto, pubblico, sostanziale appoggio che la Segreteria di Stato e la Presidenza della CEI hanno offerto, anche molto recentemente, a chi guida l’attuale governo.
Ciò premesso, dopo aver più volte denunciata questa deplorevole situazione, “Noi Siamo Chiesa, facendo sua un’opinione crescente anche in ambito ecclesiale, domanda alle gerarchie della Chiesa cattolica di affermare con tempestività ed assoluta chiarezza il dovere, politico e morale, del Presidente del Consiglio di presentarsi, senza accampare scuse, di fronte ai magistrati: per difendersi, se lo potrà, o per accettare la pena, se condannato per aver corrotto minorenni.
“Noi Siamo Chiesa” inoltre chiede alle gerarchie ecclesiastiche, da subito, l’atto di coraggio evangelico di interrompere il rapporto di sostanziale alleanza con questo governo. Questa decisione deve essere fondata su una nuova consapevolezza, quella di aver sempre taciuto di fronte al malgoverno e ad una serie ininterrotta di scandali, paghe del “piatto di lenticchie” offerto loro, in questi anni, dal governo di questo Presidente del Consiglio autoproclamatosi, senza mai essere autorevolmente smentito, interprete e messaggero dei “valori cristiani”. Oggi sono necessarie, da parte della Santa Sede e della CEI, parole inequivoche e scelte conseguenti, lasciando da parte, finalmente i sussurri diplomatici o i contorcimenti verbali per occultare la cruda realtà.
Comunque, senza aspettare prese di posizione ufficiali, noi speriamo vivamente che tanti soggetti ecclesiali (parrocchie, associazioni, ordini religiosi, stampa, teologi e teologhe, singoli vescovi) esprimano, nelle forme più diverse, un’indignata reazione di fronte al degrado morale che è sotto gli occhi di tutti, e che umilia l’Italia. Che ne è dei tanti sponsor del Family Day ? L’indignazione morale non ha bisogno del via libera da Bertone o da Bagnasco. Lo esige la dignità; lo esige l’Evangelo.
NOI SIAMO CHIESA, 19.01.2011:
http://www.noisiamochiesa.org/documenti_nsc/noi_siamo_chiesa_serve_una_esplicita_e_radicale_presa_di_distanza_della_cei_dal_presid
Dov’è finita la vergogna
Ogni fase della vita di una nazione contiene in sé una rivelazione, nel bene come nel male, e i giorni che stiamo vivendo sembrano farci cogliere la progressiva "scomparsa della vergogna".
di Guido Crainz (la Repubblica, 20.01.2011)
Dopo aver progressivamente smarrito la capacità di indignarci - che implica codici di riferimento e vincoli collettivi - stiamo forse per compiere un altro passo. "Stiamo sprofondando in una nuova era", diceva negli anni Ottanta un personaggio di Altan, ed è forte la sensazione che stia accadendo anche oggi: ce lo suggeriscono non solo le intercettazioni pubblicate ma anche alcuni commenti ad esse. Quasi a giustificazione del premier e delle sue amiche, è stato scritto ad esempio (e non su un blog del Partito della Libertà) che in fondo "il mondo è pieno di ragazze che si concedono al professore per goderne l’indulgenza all’esame o al capo ufficio per fare carriera". è lecito chiedersi, mi sembra, che Paese siamo diventati.
Si pensi poi alla privacy che viene strenuamente invocata a difesa del Cavaliere: dimenticando costantemente che essa è stata messa immediatamente fuori causa dalla telefonata del Premier alla questura di Milano, dal suo contenuto e dalle sue modalità (oltre che dalla immediata comparsa sulla scena di una eletta alla Regione Lombardia, che era stata inserita d’autorità nella lista blindata del cattolicissimo governatore Formigoni).
Si avverte davvero l’urgenza che la classe dirigente nel suo insieme pronunci quel "sermone della decenza", quel pronunciamento solenne sui limiti invalicabili che Barbara Spinelli ha invocato ieri benissimo su queste pagine. Purtroppo quel pronunciamento non sembra imminente e in questi giorni hanno tenuto campo invece non pochi "sermoni dell’indecenza".
È inevitabile ripensare ai primi anni Novanta e al crollo della "prima repubblica". Quel crollo fu accelerato e non frenato dal tentativo parlamentare di salvare Bettino Craxi e dal vasto sussulto di indignazione collettiva che esso suscitò: in caso di "assoluzione parlamentare" del Cavaliere - con una ulteriore dichiarazione di guerra alla giustizia e alla magistratura - sembra difficile prevedere oggi qualcosa di simile a quella mobilitazione. Anche su essa però occorre riflettere molto criticamente, perché anche gli abbagli e le semplificazioni di allora possono aiutarci a capire. Fu un grave errore considerare quel sussulto nel suo insieme solo un segno di diffusa sensibilità civile e non cogliervi anche alcuni degli umori peggiori dell’antipolitica: senza l’agire di essi non comprenderemmo perché quella fase si sia conclusa con il trionfo di Silvio Berlusconi e di Umberto Bossi.
Fu un devastante autoinganno attribuire ogni colpa al ceto politico, contrapponendogli una virtuosa società civile: come se non fosse stata attraversata anch’essa da quella profonda mutazione antropologica che Pier Paolo Pasolini aveva colto. E non è possibile rimuovere che corpose espressioni della "società civile" che si era modellata negli anni Ottanta furono immesse realmente nelle istituzioni dalla Lega e da Forza Italia, con gli effetti che abbiamo sotto gli occhi. C’è naturalmente da chiedersi perché altre, ben diverse e positive parti di "società civile" siano state largamente ignorate dalle forze politiche che si contrapponevano a Berlusconi e a Bossi, ma giova restare al cuore del problema.
Si ripetè in realtà vent’anni fa l’errore che Massimo D’Azeglio coglieva alle origini del nostro Stato: "Hanno voluto fare un’Italia nuova e loro rimanere gli italiani vecchi di prima (...) pensano a poter riformare l’Italia e nessuno si accorge che per riuscirci bisogna che gli italiani riformino se stessi" (la frase, come si vede, è molto più illuminante di quella che gli viene abitualmente attribuita).
Non va dunque mitizzata la reazione della società italiana dei primi anni Novanta alla crisi della politica, ma all’interno di essa vi fu anche sussulto civico, vi fu anche l’idea di una diversa etica pubblica, vi furono anche umori e passioni civili. Essi riemersero poi ancora negli anni successivi, diedero spesso vigore e anima a un centrosinistra che dimostrò presto la propria inadeguatezza sia al governo che all’opposizione. Indubbiamente l’assenza di una reale prospettiva di cambiamento ha contribuito poi potentemente al diffondersi di disincanto e di rassegnazione, di sensi diffusi di impotenza, di ripiegamenti nel silenzio (e talora di nuovi, sconsolati conformismi). Ha reso progressivamente più deboli quelle diverse e disperse parti della società che non volevano rinunciare a un futuro differente. Più ancora, non volevano rinunciare al futuro. Sarebbe però di nuovo un errore cercare le colpe solo nella politica senza interrogarsi più a fondo sui processi profondi che hanno attraversato in questi anni la società italiana.
Nel vivo delle più ampie mobilitazioni civili vi erano stati spesso, ad esempio, quei "ceti medi riflessivi" su cui ha richiamato l’attenzione Paul Ginsborg: la storia di questi anni è però anche la storia del loro progressivo isolamento culturale e sociale, non solo politico. è anche la storia dell’affermarsi di forme moderne di incultura se non di "plebeismo" - per dirla con Carlo Donolo - nello stesso "cuore ansioso dei ceti medi", sempre più incapaci di svolgere ruoli di "incivilimento". Ma ancor più a fondo dovremmo spingere lo sguardo per cogliere lo spessore del baratro che abbiamo scavato, a partire dalla dissipazione quasi irreversibile dei beni pubblici o dalla distruzione delle risorse e - più ancora - delle speranze delle generazioni più giovani.
A sconsolanti riflessioni rimanda del resto anche il clima in cui sono stentatamente iniziate le celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell’Unità, ed è impietoso il raffronto con l’Italia del primo centenario. In quel 1961 non vi era solo l’entusiasmo per il "miracolo economico": assieme alle condizioni materiali quell’Italia stava migliorando sensibilmente anche il proprio orizzonte di libertà. Stava mettendo mano all’attuazione reale di una Costituzione che era stata "congelata" negli anni della guerra fredda, stava rimuovendo pesanti residui del fascismo e dando voce a sensibilità sin lì inedite.
Più in generale, si stava presentando anche sullo scenario internazionale come una realtà nuova, e si leggono oggi con emozione le parole che John Fitzgerald Kennedy pronunciò al Dipartimento di Stato proprio in occasione del nostro centenario. In quel discorso il Presidente degli Stati Uniti giudicava l’Italia "l’esperienza più incoraggiante del dopoguerra" e vedeva al tempo stesso "nella tradizione di Mazzini, Cavour e Garibaldi, come di Lincoln e di Washington" il riferimento possibile per un "nuovo Risorgimento" internazionale (le parole sono sempre di Kennedy). Non saranno molti i capi di Stato che si rivolgeranno a noi con accenti simili nelle celebrazioni in corso, ma quelle lontane parole di Kennedy smentiscono drasticamente chi ci dice con desolante rassegnazione che "siamo sempre stati così". E ci dicono che potremmo ricostruire anche oggi un futuro diverso: difficilissimo, quasi impensabile, ma disperatamente necessario.