Accaddeinsicilia non riapre. Era stampa clandestina
di Alessia Grossi *
A quattro anni dall’oscuramento del blog Accaddeinsicilia curato dallo storico Carlo Ruta, arriva la sentenza shock. Il blog resta chiuso perché trattasi di «stampa clandestina». Insomma secondo il giudice di Catania Patricia di Marco - chiamato a decidere circa la chiusura del sito ordinata nel 2004 dal suo collega Vincenzo Saito - quello di Ruta non era un semplice blog o semmai un periodico ma addirittura «un giornale quotidiano, condotto in clandestinità».
Lo storico, ritenuto colpevole di violazione dell’articolo 16 della legge n 47 del 1948, è stato condannato a pagare una multa di 150 euro e le spese legali per 5mila euro. A niente sono servite le polemiche allarmate che hanno circolato in Rete negli ultimi quattro anni, né la lettera di solidarietà firmata da 60 storici italiani che richiamava «i metodi censori propri di regimi non compatibili con la libertà democratica». Per la giustizia «di frontiera» Accaddeinsicilia deve chiudere. Come se non bastasse ad aggravare la situazione d’allarme si aggiungono i particolari della sentenza shock. Nelle motivazioni del pm, infatti, si legge che il fatto che il blog fosse in realtà un quotidiano sarebbe stato accertato dai traffici internet. Al contrario, sostengono invece i blogger di Accaddeinsicilia, dalle «note informative della Polizia postale di Catania» la peridiocità del blog non sarebbe stata nemmeno provata.
E allora perché oscurare il sito di Carlo Ruta? La spiegazione, denunciano nel comunicato stampa i blogger è che quella sentenza fosse «necessaria». Necessaria a «far quadrare il circolo». A quanto pare, infatti, lo stesso Carlo Ruta, curatore del blog e storico sarebbe stato in questi ultimi mesi bersaglio di «alcuni poteri forti» da lui «sottoposti a critica nei suoi interventi su internet». Il risultato sono state «quattro condanne a pene pecuniarie e risarcimenti ingentissimi per complessivi 97mila euro presso dei tribunali della regione».
Caso singolo a parte, la condanna del tribunale di Modica desta allarme nella Rete più perché costituirebbe un precedente eventuali censure mirate alla libertà di Internet. I blogger infatti denunciano che la sentenza «lontana dai motivi di una vera democrazia, ma prossima alle logiche che vigono a Teheran e a Pechino, apre di fatto un varco pericolosissimo, offrendo ai potentati italiani, sempre più timorosi della libertà sul web, un precedente per poter colpire i blogger scomodi i siti che fanno informazione libera, documentazione, inchiesta».
In attesa che la protesta, come si augurano i sostenitori del bolg Accaddeinsicilia, si faccia sentire e si estenda per difendere la libertà di Internet, le inchieste dello storico Carlo Ruta si possono leggere sul suo sito cui si viene rimandati quasi automaticamente se si cerca di entrare nell’ormai definitivamente chiuso Accaddeinsicilia.
* l’Unità, Pubblicato il: 03.09.08, Modificato il: 03.09.08 alle ore 16.29
Solidarietà a Tommaso Fonte
Alle redazioni
Alle sedi associative della società civile
Si prega vivamente di diffondere e di pubblicare il seguente documento di solidarietà, nei riguardi di Tommaso Fonte,
dirigente della CGIL siciliana, che fra l’altro è stato uno dei protagonisti del movimento
contro la privatizzazione dell’acqua in Sicilia, vittima di intimidazioni a tutti i livelli.
Per le adesioni al documento: accadeinsicilia@tiscali.it;
per informazioni e comunicazioni: 339.8473018.
Per testimonianze di solidarietà: sosteniamo.fonte@gmail.com.
Si ringrazia
Per il Comitato di solidarietà a Tommaso Fonte
Gianluca Floridia
Solidarietà a Tommaso Fonte
Dopo 27 anni di attività sindacale la CGIL di Ragusa ha interrotto qualsiasi rapporto di collaborazione con Tommaso Fonte, segretario generale uscente, ritenendo di non volersi più avvalere del medesimo dopo il previsto periodo di sospensione dagli incarichi esecutivi in relazione alla sua candidatura per le elezioni regionali siciliane dell’aprile 2008.
Fonte è un dirigente della CGIL che nel corso degli ultimi anni si è battuto ed esposto in prima persona nelle vertenze territoriali più rischiose e delicate come la lotta per l’acqua pubblica, la lotta contro lo sfruttamento del lavoro, per la trasparenza degli appalti nella sanità e nella pubblica amministrazione.
Esprimiamo profondo stupore, amarezza e grande preoccupazione per tale decisione della CGIL, che allarma chi nella società civile e democratica ha avuto in Tommaso Fonte un punto di riferimento sulle questioni della legalità, dello sviluppo e dei diritti fondamentali.
A seguito di tale suo impegno Fonte ha subito minacce di ogni tipo, anche di morte, di cui non si conoscono ancora gli autori. Crea inquietudine e sconcerto il fatto che dopo la denuncia di un episodio di intimidazione, il dirigente sindacale sia stato paradossalmente processato per simulazione di reato, e infine pienamente assolto. Non risulta peraltro che dopo tale sentenza, emessa dal giudice dott. Andrea Reale il 21 gennaio 2008, siano state fatte indagini per far luce sui fatti denunciati. Esprimiamo pertanto a Tommaso Fonte la nostra piena e totale solidarietà, sicuri che il suo impegno e la sua passione civile continueranno ad essere patrimonio importante per il territorio ibleo e la Sicilia tutta.
I primi firmatari:
Gianluca Floridia - Libera Associazioni Nomi e Numeri contro le mafie, Ragusa
Libero Mancuso - Già presidente Corte d’Assise Bologna - Avviso Pubblico nazionale
Nando Dalla Chiesa - Docente Università di Milano. Presidente Onorario di Libera
Emilio Molinari - Presidente Comitato Italiano per un Contratto Mondiale dell’Acqua
[...]
* Fonte: Il dialogo - ripresa parziale.
Ringraziamo di cuore tutti coloro che stanno testimoniando la loro solidarietà e che stanno aderendo al documento di sostegno a Tommaso Fonte!
Facciamo presente che è stato allestito un blog dedicato alla vicenda: -www.sosteniamofonte.blogspot.com
Nuove adesioni alla campagna di solidarietà:
Alex Zanotelli, missoniaro Comboniano
Leoluca Orlando, Senatore della Repubblica - Portavoce Nazionale IdV
Giuseppe Piccioni , regista Roma
Rosario Mangiameli, università di Catania
Paolo Barnard, giornalista Rai Roma
Alessandra Siragusa, parlamentare della Repubblica
Emilio Santoro, docente universitario Dipartimento di Teoria e Storia del Diritto, Firenze
Giuliano Pontara, filosofo, professore emerito dell’Università di Stoccolma, Svezia
Antonino Drago, docente Università di Pisa e di Firenze
Carmelo Floridia, avvocato circolo Idea di Centro Pozzallo
Gabriella Grasso, giornalista Milano
Gianni Stornello, giornalista Ispica
Giovanna Floridoro
Farid Adly, giornalista Direttore ANBAMED, notizie dal Mediterraneo e presidente ACMediterraneo
Daniela Pellegrini uff. Amm.ne del Personale A2A spa
Sergio Serges, referente LIBERA Valsarno
Laura Incantalupo, impiegata Sesto San Giovanni
Matteo Boscarelli, studente
Raffaele Simonetti, Milano
Gaetano Ventimiglia, Cub Trasporti-Settore aereo Sigonella
Paola Baiocchi, giornalista mensile “Valori”
Andrea Montella, giornalista mensile “Valori”
Kalisa Jean Bosco
Luciano Comini , La Piccola Editrice
Achille Canzi
A. Emilio Guarisco , docente
Nicolò D’alessandro, artista Palermo
Antonio Valassina, associazione Liblab
Giuseppe Primavera, giornalista direttore VivaEnna.it
Salvatore Gioncardi, attore e delegato sindacale SAI cgil SLC
Roberto Nobile, attore Roma
Gemma Marino
Maria Teresa Falbo, Editore e direttore “Babilonia Swing” il mensile di Genova
Giulietta Civiletti
Roberta Trovato, giornalista Modica
Gianni Scala, vicepresidente coordinamento provinciale PD, Ragusa
Tato Grasso, medico Palermo
Laura Battaglia, giornalista
Vito La Terra, referente provinciale giovani Italia Dei Valori RG
Giuseppe Sanarico, delegato FIOM-CGIL Torino
Pino Miceli, medico AUSL 7 Ragusa
Franco Castaldo - giornalista-consigliere regionale Assostampa e componente Giunta esecutiva Assostampa Sicilia Agrigento
Spinelli Francesco, Falerna CZ
Giovanni Corazzi- Segretario Circolo della piana (Lucca)- Rifondazione comunista-Sinistra Europea
Michele Citoni, giornalista e video maker, Roma
Nicola Lo Bianco, docente Palermo
Pietro Paiano, TAGES scrl Pisa
Giuseppina Ficarra
Luca Maria Nicolussi, Consigliere di quartiere2 Verdi per la pace, Padova
Anna Maria Zagara
Manlio Milani, presidente Associazioni familiari caduti strage di piazza Loggia, Brescia
Mario Civelli, medico ospedaliero Mogliano Veneto TV
Elena Gatti
Mauro Salvi
“La voce Ribelle”, Pozzallo
Raffaele Simonetti
Tebaldi Marianna, presidente dell’Assoc. Culturale VIVAGAIA Modica (Rg)
Pascal Nshombo, Roma
Salvatore Gambuzza, Partito Democratico Pozzallo
Simone Galanti, studente Siracusa
Sandra Cangemi, giornalista Milano
Antonello Sartori da Schiavon Laboratorio Natura di Nove (VI)
VERDI, coordinamento vittoria
Seguiranno altri comunicati sulla situazione in atto
Per il comitato di solidarietà a Tommaso Fonte
Daniela Modica
Comunicato stampa
Emergenza web. L’informazione anglosassone interviene sulla sentenza di Modica, con un coro di critiche e proteste.
Ci siamo. La sentenza del giudice siciliano Patricia Di Marco fa discutere ben oltre i confini italiani. Dopo gli interventi dell’ organizzazione European Digital Rights e di alcune autorevoli fonti informative europee, a partire da Register del Regno Unito, la vicenda sta facendo infatti il giro del mondo. Ne danno riscontro parecchie decine di blog e di siti, soprattutto anglosassoni, nei quali il caso viene rappresentato come sintomo e sintesi di gravi deficit giuridici e civili. Da tanti viene associato alla mafia e ai potentati affaristici che allignano soprattutto nelle regioni del sud, oggetto peraltro delle inchieste di Ruta, e alle vocazioni illiberali dell’attuale ceto dirigente nazionale. Da tutti viene colto il significato regressivo della sentenza siciliana, ravvisando in essa un attacco gravissimo ai diritti di espressione e d’informazione, sanciti da tutte le costituzioni liberaldemocratiche.
Per la redazione di Voci Libere
Giovanna Corradini
www.giornalismi.info/vocilibere
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Fra i numerosissimi siti esteri che in questi giorni si stanno occupando del caso, segnaliamo i seguenti:
www.theregister.co.uk/2008/09/26/italian_law_kills_blog/
http://obotheclown.blogspot.com/2008/09/who-needs-eu-to-make-blogging- illegal.html
http://heresycorner.blogspot.com/2008/09/blogging-without-licence. html
http://www.edri.org/edrigram/number6.18/stupid-law-italy
http://taxingtennessee.blogspot.com/
http://www.britishblogs.co.uk/similar-to/blogging-without-a-licence/
http://boardreader.com/tp/sicilian+mafia.html
http://shadowfirebird.tumblr.com/post/51861146/how-an-italian-judge- made-the-internet-illegal-the
http://cjbulow.blogspot.com/
http://livepaola.wordpress.com/
http://www.metamorphosis.org.mk/content/view/1162/4/lang,en/
http://episteme.arstechnica. com/eve/forums/a/tpc/f/174096756/m/685002754931/inc/1
http://jesrad.wordpress.com/
http://luisramirez.cl/blog/?tag=carlo-ruta
Emergenza libertà sul web. Presa di posizione della European Digital Rights contro la sentenza di Modica.
La sentenza di condanna emessa dal giudice Patricia Di Marco nei riguardi di Carlo Ruta, per stampa clandestina, desta sempre più allarme e preoccupazione, non solo in Italia. E’ del 24 settembre la presa di posizione dell’European Digital Rights, la maggiore organizzazione europea per la difesa dei diritti digitali, con un intervento su Edrigram, che pone in rilievo tanto l’anacronismo della legge italiana sulla stampa clandestina quanto l’intepretazione incongrua e oscurantista che di essa è stata data dal giudice siciliano. Si tratta di un atto importante, che, con altri del medesimo rilievo, provenienti da autorevoli sedi associative e istituzionali europee, dà la misura della grave situazione che interessa l’Italia, a seguito dei continui attacchi che, a tutti i livelli, vengono lanciati contro le libertà costituzionali e la democrazia. La European Digital Rights, con sede centrale a Bruxelles e rappresentanze in 17 paesi europei, è stata costituita nel 2002 da 28 organizzazioni nazionali impegnate sui temi dei diritti civili.
- Per la redazione di Voci Libere Giovanna Corradini
-www.giornalismi.info/vocilibere -accadeinsicilia@tiscali.it -www.leinchieste.com
In difesa della libertà di espressione, della Costituzione, della democrazia. Intervista a Carlo Ruta.
A cura di Enrico Natoli *
Ci può raccontare la nascita di "accadeinsicilia"? Che tipo di informazione poteva trovare un lettore nelle pagine del sito?
Faccio una premessa. A partire dalla metà degli anni novanta, dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio ho deciso di integrare il mio impegno, prevalentemente di tipo storiografico, con una serie di inchieste sul terreno, su talune realtà della Sicilia, volgendo in particolare l’attenzione sulle aree orientali, da Catania a Gela, da Siracusa a Vittoria. In tali luoghi infuriavano in quel periodo guerre di mafia che sconfessavano il mito di una Sicilia “differente”. Sono stati quindi anni difficili, in cui mi trovavo a fare i conti con avvertimenti di ogni tipo. Raccoglievo gli esiti delle inchieste su libretti che mi venivano pubblicati da “La Zisa”, una casa editrice palermitana, condotta da Maurizio Rizza dell’Istituto Gramsci. E in quel contesto ho scoperto, a fine decennio, il web. Ho valutato le possibilità di comunicazione inedite che mi avrebbe potuto offrire tale strumento, quindi ho creato “Accadeinsicilia”, nel 2001. Sin dall’inizio la mia idea è stata di congiungere le due prospettive: quella storiografica e quella dell’informazione. Dalla prima è nata la sezione “Giuliano e lo Stato”, con altre che documentano l’immagine della Sicilia nei secoli della modernità. Dalla seconda sono scaturite le inchieste sul presente, a partire da quella sull’uccisione del giornalista Giovanni Spampinato.
Come è avvenuta la chiusura di "accadeinsicilia" e la successiva apertura di "leinchieste"?
Dopo il 2000 ho deciso di portare l’investigazione sul terreno dei poteri forti. Mi sono occupato, con resoconti cartacei e on-line, di alcune potenti banche, dall’Antonveneta del nord-est alla BAPR, del caso appunto di Giovanni Spampinato, dei nessi fra Danilo Coppola e i salotti della finanza nazionale, di tangenti miliardarie nell’est della Sicilia. Le reazioni al lavoro d’inchiesta si sono fatte allora differenti. I boss avevano dimostrato di possedere una sorta di codice, che in qualche modo me li aveva reso prevedibili. Ne sentivo il fiato addosso, e tuttavia riuscivo ad avvertire in loro una specie di rispetto, seppur malinteso, nei riguardi del mio lavoro. I poteri forti dell’isola, quando si sono sentiti posti in discussione, hanno messo in opera una strategia di attacco che fino ad oggi non ha conosciuto soste. E in tale cornice nel dicembre 2004 è arrivato l’oscuramento di “accadeinsicilia”. Si è trattato di un atto gravissimo, fortemente lesivo di un diritto costituzionale. Ho provveduto quindi, dopo una breve interruzione, a ripristinare Il lavoro di documentazione e d’inchiesta on-line attraverso l’apertura di un altro blog, “Leinchieste” appunto, presso un server degli Stati Uniti.
Come sono nati i processi? Di cosa è imputato? Come si sono conclusi?
Quando mi sono occupato delle mafie militari, delle bande che imperversavano nel Gelese, nell’Ippari, nel Siracusano e in altre aree, ho ricevuto circa quindici querele, soprattutto da parte di amministratori pubblici, a vario titolo chiamati in causa. E da tutti i processi che ne sono scaturiti sono uscito vincente. Ma negli anni successivi, quando si sono mossi i potentati finanziari e alcuni ambiti istituzionali, le cose sono cambiate: a partire appunto dall’oscuramento di “Accadeinsicilia”. Solo per aver denunciato gli insoluti del caso di Giovanni Spampinato, oggi riconosciuti pure dalla Commissione Antimafia, sono stato investito, perlopiù su sollecitazione di un magistrato, da otto procedimenti giudiziari per diffamazione, fino a oggi in corso. Nel 2006, fatto che ha suscitato indignazione in Italia, sono stato condannato da un giudice non togato a otto mesi di carcere solo per aver accolto nel blog la testimonianza di un cittadino su un affare di tangenti. Nel luglio 2008 sono stato condannato in Appello, ancora per diffamazione, a un risarcimento inaudito, solo per aver espresso delle critiche, che il giudice di primo grado aveva riconosciuto come legittime, nei riguardi di tre magistrati catanesi, due dei quali fatti oggetto peraltro di diverse interrogazioni parlamentari. Rappresentativa della situazione rimane comunque la condanna, unica in Italia e in Europa, che mi è stata inflitta nel maggio scorso per stampa clandestina, solo per aver curato Accadeincilia, un normalissimo blog appunto, che tuttavia è stato reputato dal giudice Patricia Di Marco né più né meno che un giornale quotidiano.
Negli ultimi anni ci sono stati altri casi di richieste di risarcimento e di condanne nei confronti di storici e studiosi. In genere le richieste provengono dal mondo politico. Ci può dare il suo punto di vista su questi episodi? Hanno dei punti di contatto con la sua vicenda? Infine, come funziona il rapporto tra informazione e politica? Bossi nel’ 98 diceva che Berlusconi era l’uomo di Cosa Nostra al Nord e oggi governano insieme. Può essere sufficiente la spiegazione che Bossi usa un linguaggio colorito, mentre per gli storici fioccano i processi?
La querela per diffamazione, come di recente ha bene argomentato Giovanna Corrias Lucente su Micromega, rappresenta oggi un esteso business. Per tradizione costituisce in ogni caso una importante arma che i potentati del paese, centrali e territoriali, possono usare, senza rischi e con guadagno facile, per impedire l’esercizio dell’informazione libera. La censura legale serve in effetti a intimidire il giornalista, detta norme di condotta all’intera categoria, lancia suggerimenti di cautela alle comunità di riferimento, all’opinione pubblica. Mi pare emblematico al riguardo il caso di Paolo Barnard: portato in tribunale da una multinazionale farmaceutica con pretese di risarcimento inaudite, isolato per tale motivo dal team di Report per cui lavorava, privato infine di ogni difesa legale da parte della RAI. Va d’altra parte considerato che il giornalista d’inchiesta, una volta rinviato a giudizio, non sempre può difendersi in modo pieno. Il vincolo della riservatezza della fonte, cui non può sottrarsi, può impedirgli infatti di esibire per intero gli elementi in suo possesso. E non per questo smette di essere, come ci viene ricordato dal mondo anglosassone, il cane di guardia della democrazia. Si può disattivare allora l’arma della querela temeraria, intimidatoria appunto, senza che si debba correre il rischio opposto; quello cioè di una sorta di impunità, in tutto e per tutto, per chi esercita il mestiere di cronista? Delle soluzioni, degne di una democrazia matura, esistono. Dovrebbero essere fissati dei limiti al risarcimento civile, per liberare il giornalista dalla minaccia di una condanna a vita, tale da condizionarne per intero l’iter professionale. Dovrebbe scomparire lo spauracchio delle pene carcerarie perché anacronistiche, incivili, a misura dei regimi autoritari. Dovrebbe essere impedito per legge il “primo colpo” della querela, attraverso la riformulazione dell’istituto della rettifica.
Perché si avverte l’esigenza di muoversi al di fuori dei canali informativi tradizionali? Quanta parte della storia siciliana e nazionale deve essere ancora raccontata?
A ragione viene detto che il giornalista d’inchiesta deve possedere l’indole del “lupo solitario”, che lo porta nei luoghi più impervi, i meno accessibili, i più pericolosi, per ciò stesso i più prossimi alle verità taciute. Per quanto mi riguarda, mi trovo spesso a percorrere vie divergenti, che richiedono il massimo di scioltezza operativa. Di certo, tale modo di essere può sollecitare l’approccio a canali informativi differenti. Ed è il mio caso, essendomi espresso maggiormente attraverso i libri e, più di recente, la rete. Ma non esiste una regola precisa, perché, come testimoniano innumerevoli storie personali, da Tommaso Besozzi ai nostri giorni, anche nei media tradizionali, perfino in quelli ostentatamente d’ordine, possono aprirsi varchi d’inchiesta di tipo divergente: cosa che accade quando il cronista riesce a imporre alla proprietà della testata la propria competenza. Per quanto riguarda l’altra parte della domanda, sulla storia non ancora raccontata, la situazione può essere resa come una scena teatrale, al buio, solcata da fasci di luce, che raffigurano lo stato delle conoscenze effettive, liberate cioè, oltre che dalla dimenticanza, dallo stereotipo e dal mito. In tale buio dominante, si perdono gli affari di Stato, lo stragismo, le trame dell’alta finanza, i delitti siciliani degli anni ottanta-novanta. E non solo: si cela tutto quel che non conosciamo, dalle mafie che non sono state mai classificate come tali alle ingiustizie senza voce e senza nome che percorrono il presente. Per il “lupo solitario”, evidentemente, il lavoro non manca. Ma non mancano pure i rischi.
E in tale scena, come si collocano gli affari dei poteri forti: stanno al buio o alla luce?
I poteri forti di oggi, quelli che tirano in particolare le fila della finanza, non fanno la democrazia. Costituiscono bensì un punto di collasso della medesima. Tanto più in Italia sono da tenere quindi sotto stretta osservazione. Quelli di un tempo, pensiamo agli Agnelli del primissimo Novecento, potevano permettersi di rispettare le regole di un regime liberale, potendone trarre anche guadagno. E quando tali regole andavano strette esistevano delle vie praticabili: la dittatura, come si ebbe con i fascismi europei degli anni venti e trenta, l’avventura bellica, l’assalto neocoloniale, lo stato d’assedio, e così via. Gli scenari adesso sono cambiati, nell’Occidente tutto, quindi pure in Italia. E negli ultimi tempi, quelli dell’economia senza confini e del web, in modo determinante. Non sono praticabili o consigliabili le svolte reazionarie vecchio stampo. Le guerre sono divenute un affare di pertinenza americana. Trovandosi allora a dover operare su un terreno stabilmente definito, senza poter uscirne con atti di forza dentro o fuori, i potentati finanziari si trovano nella “necessità” di violare in modo strategico le leggi, di corrodere la sostanza democratica, travisandone il senso, con l’adozione di metodi che, avallati da ceti politici ad hoc, non differiscono tanto da quelli delle società “onorate”. E’ un po’ la genesi del berlusconismo, del regime delle impunità dei nostri giorni. Compito essenziale del giornalista d’inchiesta, guardiano appunto delle libertà civili, è allora quello di alzare i sipari delle trame, di togliere la maschera ai poteri che vilipendono lo Stato di diritto, al centro come in periferia, ovunque. E’ utile sottolineare che i potentati finanziari sono forti proprio perché stanno al buio. Quando vengono illuminati diventano vulnerabili e talora, sotto il peso delle loro responsabilità rese pubbliche, si afflosciano. E’ stato il caso del governatore di Bankitalia Antonio Fazio, referente dei concertisti di Antonveneta. Assume perciò significato strategico la repressione in atto nei riguardi della libera comunicazione, quella che colpisce Paolo Barnard e tanti altri. Rivelano una logica mirata le nuove normative sulle intercettazioni telefoniche. E con tutto questo va coordinandosi l’attacco, destinato probabilmente a fare testo oltre i confini italiani, alla libertà sul web.
Perché i potentati della Sicilia hanno deciso di spegnere la sua voce? Quale pericolo hanno ravvisato nelle sue inchieste? E lei come reagisce a tali atti repressivi?
Il giornalista d’inchiesta, se fa il proprio mestiere con correttezza e dedizione, costituisce, come dicevo prima, un pericolo in sé, a prescindere da tutto. Per quanto mi riguarda ho sempre fatto il possibile per essere sufficientemente razionale, distaccato dalle situazioni che mi sono trovato ad esaminare. Ho sempre cercato di tenermi distante dalle paludi, che pure in Sicilia sono insidiose e pervadenti. Probabilmente, si vuole colpire questo mio modo di essere, che peraltro mi ha permesso di comunicare con tanta gente. Credo che non venga sopportato inoltre il mio scrupolo di documentazione, che mi viene un po’ dall’interesse per i fatti storici. E poi, naturalmente, tutto il resto. Come reagisco a tali atti repressivi? Continuando a studiare il passato e il presente, a documentare, a informare. Gli ultimi eventi, comunque, hanno fatto maturare in me una decisione. In quasi venti anni di lavoro ho raccolto un archivio personale che si compone di circa ventimila documenti, in massima parte originali. Con tali documenti ho potuto operare con profitto su una varietà di casi, a partire appunto dalle trame dell’immediato dopoguerra. Ecco, ho deciso di rendere pubblico e fruibile a chiunque questo archivio, spero entro l’anno corrente. E ne sto studiando i modi. Sento infine di dover intensificare il mio impegno sulla linea della libertà di espressione, perché la situazione nel paese, davvero preoccupante, ci sollecita tutti, operatori della comunicazione e cittadini, a una mobilitazione responsabile.
Fonte: www.cuntrastamu.org