Philip Dick, la mistica e la fantascienza raccontate da Carrère
di Goffredo Fofi (Avvenire, 24.03.2007)
Hobby & Work ripropone una biografia del grande scrittore di fantascienza Philip K. Dick, la migliore di cui si disponga, pubblicata da Seuil in Francia nel 1993 e tradotta in italiano poco tempo dopo da Theoria: Io sono vivo, voi siete morti. Philip K. Dick 1928-1982. Una biografia (traduzione di Eva Raguzzoni, pagine 336, euro 17,00). Questo autore è uno dei più intriganti e originali della seconda metà del Novecento, di influenza grandissima sulla cultura post-moderna e con Vonnegut e Ballard, più saggi e longevi di lui, il più grande tra quanti siano venuti da un «genere» popolare per eccellenza e precorritore per definizione. Non si tratta qui di richiamare l’attenzione soltanto sull’opera di Dick, nevrotica e paranoide come il suo autore e però straordinariamente acuta nel raccontare in modo visionario i problemi e i tormenti della nostra epoca, le grandi mutazioni della società e dell’uomo, e tutte le angosce portate da queste mutazioni, ma anche su quella del suo biografo. Un gran numero di film è stato tratto dalle «visioni» di Dick, dichiarando la sua origine come Blade Runner o nascondendola come Truman Show, l’Esercito delle dodici scimmie, Matrix, eccetera.
Quest’opera è disponibile in italiano presso l’editore Fanucci, che se ne è fatto una specialità, e di essa consiglio in particolare gli inquietanti e dirompenti Ubik, La svastica sul sole, I simulacri, Le tre stimmate di Palmer Eldritch, Il cacciatore di androidi, Scorrete lacrime disse il poliziotto, e la Trilogia di Valis, riproposta da poco. E soprattutto il romanzo di Dick che preferisco, Un oscuro scrutare, il cui titolo è né più né meno, nell’originale, che la citazione del fondamentale «come in uno specchio, oscuramente» di San Paolo. Non è uno scrittore realista, Dick, ma ha saputo, come è stato detto, «inventare il nostro futuro». La biografia che gli ha dedicato Carrère è appassionante, e ha l’epicentro nella ricostruzione della sua crisi o «visione» che cambiò negli ultimi tempi la sua vita, una percezione improvvisa ed estrema di una realtà oltre le apparenze, religiosa e mistica. La Trilogia di Valis nacque da questa esperienza.
Romanzi di Carrère, il biografo, come La settimana bianca (Einaudi, sulla pedofilia!), o L’avversario (su una strage di familiari compiuta, nella realtà, da un uomo rimasto senza lavoro, e sul suo recupero dal carcere tramite il morboso incontro con una sorta di «madrina» cattolica che fa riflettere su altri recuperi, per esempio quelli dei terroristi) sono tra quelli in cui la realtà sa diventare romanzo. Come l’ultimo, appena uscito in Francia e che sta provocando molte discussioni. Carrère è figlio di un’accademica di Francia, quella Hélène Carrère d’Encausse che seppe prevedere con i suoi studi la caduta dell’impero sovietico. Il romanzo (edito da Gallimard, titolo: Un roman russe) narra del padre di lei, nonno dell’autore, giustiziato durante la guerra per collaborazionismo: una storia che la madre ha cercato di nascondere e che Emmanuel Carrère ha scritto contro il suo volere, per liberarla, ha detto, dalle ossessioni di questo opprimente segreto.