Dopo più di un millennio e passa, l’incrollabile prova ontologica dell’esistenza di Dio di S.Anselmo o tantomeno la seducente prova di Renee Descartes giacciono esangui e prive di vita.Ovvio e fisiologico, l’uomo da allora è "uscito di sagrestia", ha sperimentato i funghi atomici, una globalizzazione alienante, mistificazione di informazioni, regimi politici sempre meno convincenti(dal congreso di Vienna ad Aldo Orlando). Ecco che dunque il dinamismo, l’evoluzione continua della nostra realtà ha eroso tutti monoliti delle età precedenti,fra cui la religione;è quindi rilevabile una linea trasversale che percorre la nostra storia e che vede il cambiamento imporsi sempre più fortemente,determinando una forza di rigetto sempre più preponderante verso le istituzioni, le tradizioni e tutto ciò che imbriglia l’uomo in una condizione di inequivocabile staticità:quale miglior esempio di Dio?Essere per definizione immutabile, perfetto, eterno, onnipotente.Ergo insottoponibile a mutazione.In lui il tempo, per restare in ambito agostiniano, il tempo non ha significato.Ma per noi fugge(Tempus breve est;1 Corinzi 7,29).
Secondo la mia modestissima opinione quindi l’esigenza ermeneutica di Vattimo è tutta figlia di un sentirsi incompatibile con un sistema così rigido e cristallizato. Ma non credo sia la reale soluzione;il nucleo fondamentale delle verità e delle regole che per comunità chiamamo Dio è effettivamente fermo ma come un polo di irresistibile forza attrattiva costringe tutto il resto a mutare , ad evolversi.L’interpretazionedi questo nucleo pulsante varia di epoca,regione e quant’altro.E ognuno conserva il suo quantitativo di ragione.Ci aveva azzeccato Eraclito:Dagli opposti (viene)concordia e bellissima armonia.Per questo la base della parola divina è dialettica, fatta di provocazioni, sconvolgimenti e innovazioni(quale innovazione maggiore di un Dio che sta colle prostitute?).E con ciò si prendono anche le dovute distanze da un eccessivo relativismo che libera l’uomo da ogni vincolo metafisico e morale.Forse aveva ragione il buon vecchio Kant parlando di uso regolativo della metafisica.Ermeneutica o no ogni uomo sente sulle sue spalle il peso del fardello di due millenni di Cristianesimo e reagisce in vari modi.Ma sta ad ognuno di noi non limitarsi solo ad avvertire il peso dell’impegno ma sapere carpire la forza dell’interrogativo per antonomasia,quello che ci distingue dalle bestie, quello che non può essere dribblato con ritrovati filosofici o artifici eccessivamente rezionali.Concludo congratulandomi per l’eccellente qualità della testata,per i sagacissimi interventi dell’inestimabile Vattimo e segnalo che la situazione disastrosa di S.Giovanni in Fiore non è affatto diversa da quella della maggior parte della sicilia occidentale da cui provengo.Grazie dell’attenzione.