Recensione di Umberto Galimberti (La Repubblica/Almanacco dei libri, 29.01.2005, p. 47) *
Capisco perché il cardinale Carlo Caffarra di Bologna lo scorso anno se la sia presa con Umberto Eco e Gianni Vattimo, segnalandoli come pericolosi nichilisti, più pericolosi degli atei che dicono in cuor loro: “Dio non c’è”. Se Richard Rorty, da più di vent’anni in dialogo con Vattimo, avesse una sua incidenza sul pubblico italiano, il cardinale avrebbe incluso anche il filosofo americano tra i pericolosi maestri del pensiero. La ragione è molto semplice e la si può cogliere leggendo il dialogo tra Rorty e Vattimo, Il futuro della religione, promosso da Santiago Cabala, dottorando in filosofia alla Pontificia Università Lateranense in Roma..
Vattimo dice che “La religione non è morta. Dio è ancora in circolazione”, ma quale religione, quale Dio? La religione cristiana e il Dio cristiano naturalmente, ma depurati l’una e l’altro da quello spessore metafisico che non il Cristianesimo, ma l’ontologia greca ha attribuito a Dio, conferendogli una sostanza e una realtà, al di là di tutte le possibili interpretazioni, da cui discende una verità assoluta che nessuna opinione umana può mettere in discussione. Questo Dio, dicono Vattimo e Rorty, è morto.
Ma è proprio questo il Dio cristiano, o cristiano non è forse il Dio che dice: «Quando due o più persone sono riunite nel mio nome sarò con loro»? Quindi un Dio che, come dice il Vangelo di Giovanni, è Logos, solo perché - aggiungono Rorty e Vattimo - è dia-logo, incontro di discorsi, di interpretazioni che scaturiscono dall’interiorità dei dialoganti, se è vero quel che diceva Agostino che la verità abita nell’interiorità dell’uomo («in interiore hominis habitat veritas» e altrove “Deus” e altrove “Christus”).
Oggi (ma io direi almeno da quattro secoli) che nessuno crede più alla verità assoluta: non la scienza che formula le sue conoscenze come ipotesi, non la politica che ha abolito l’arbitrio della tirannide per fondare la sua autorità sulla democrazia che è la risultante delle diverse interpretazioni del reale, oggi la religione cristiana può avere un futuro solo se recupera l’autenticità del suo messaggio, che non è nella fondazione metafisica di Dio, da cui discende una verità assoluta a cui tutti devono adeguarsi nel misconoscimento della loro interiorità, ma nel “dialogo” tra gli uomini, da cui scende quel rispetto dell’altro e quella “carità” che nessun’altra religione, se non il cristianesimo, ha diffuso, facendo dell’Occidente, come diceva Croce, una cultura cristiana.
Il cardinale di Bologna ha capito che se dovesse affermarsi questo cristianesimo, che potremmo definire “ermeneutica”, a spese del Cristianesimo “metafisico”, che afferma l’esistenza di una realtà in sé che noi possiamo conoscere attraverso la rivelazione interpretata dal magistero ecclesiastico, unico depositario della lettura autentica dei libri vetero e neo-testamentari, a non avere più futuro non sarebbe Dio che continuerebbe a vivere nell’interiorità dell’uomo ma la chiesa come unica interprete della parola di Dio, e come tale legittimata a dire se la fecondazione eterologa possa o non possa essere praticata, se il profilattico possa o non possa essere impiegato, se gli omosessuali possono o non possono unirsi in coppia d’amore.
Opponendosi all’ipostatizzazione metafisica di Dio e raccogliendo il messaggio cristiano del dialogo e della carità, l’ermeneutica di Vattimo e il neopragmatismo di Rorty sono la più terribile insidia non al futuro della religione, ma al futuro della chiesa che su null’altro fonda il suo potere se non sull’essere l’unica depositaria dell’interpretazione della parola di Dio.
L’ateo che dice in cuor suo: “Dio non c’è” può essere convertito, perché si muove sullo stesso piano metafisico del credente che dice: “Dio esiste”, ma non può essere convertito l’ermeneuta o il neo-pragmatista che dice che Dio c’è nella storia come evento del dialogo degli uomini che parlano di Dio e si dispongono l’uno verso l’altro con quel rispetto e quella carità che il Vangelo ha insegnato agli occidentali, rendendoli capaci di produrre una conoscenza ipotetica che si chiama “scienza” e un vivere civile che si chiama “democrazia”.
La religione, come evento radicato nell’interiorità dell’uomo e che ha come suoi parametri di riferimento il dialogo e la carità, per Vattimo e Rorty ha ancora un futuro. Quanto alla Chiesa: o accoglie l’invito dell’ermeneutica e allora si dissolve in qualcosa che a mio parere assomiglia al protestantesimo, oppure, per evitare questo dissolvimento, mantiene l’attuale posizione metafisica. In questo caso non ha altra alternativa che risolversi in fondamentalismo e, in questa veste, opponendosi agli altri fondamentalismi, in contrasto con il messaggio evangelico, non può che alimentare la guerra.
* Richard Rorty e Gianni Vattimo, Il futuro della religione, Garzanti, pp. 93, e. 12
postato dall’encomiabile filosofo Federico La Sala
RAGIONE E FEDE. Costituzione e Sovranità ...
E si continua a dormire - il sonno della ragione e della fede: una lettera del 2002 !!!
La pragmatica di un liberale ironico
La scomparsa di Richard Rorty. Protagonista della scena intellettuale statunitense, ha considerato la filosofia una conversazione poco impegnativa e d’intrattenimento
di Stefano Petrucciani (il manifesto, 12.06.2007)
Se si volesse caratterizzare in poche battute la posizione di Richard Rorty nella filosofia del Novecento, si potrebbe dire che Rorty è stato il pensatore con il quale si è pienamente dispiegata la crisi interna della filosofia analitica e la transizione al postmodernismo. Rorty infatti, che era nato a New York nel 1931 ed è scomparso l’8 giugno, si era formato proprio all’interno della filosofia analitica nordamericana, ma aveva cominciato molto presto a metterne in luce le difficoltà e le aporie.
Il grande risultato di questo lavoro autocritico, con il quale Rorty si afferma come un protagonista sulla scena intellettuale, è il libro del 1979 La filosofia e lo specchio della natura. In quest’opera ambiziosa il pensatore americano demolisce tutta la concezione tradizionale della filosofia, dalla quale anche la corrente analitica, con le sue pretese di rigore, non si era affrancata. Mette sotto accusa le pretese della filosofia di costruire un sapere argomentativo e fondazionale; esorta il filosofo ad abbandonare il ruolo di «giudice» della validità dei saperi e delle scienze (Kant aveva parlato del «tribunale» della ragion pura di fronte al quale le pretese di validità dovevano essere difese); e soprattutto rifiuta quella concezione speculare o rappresentativa della conoscenza secondo la quale questa deve sforzarsi di rappresentare nel modo più adeguato possibile il mondo reale che sta «là fuori», come se non avesse altro modello che quello dello «specchio», che restituisce pura e netta la verità di ciò che gli si para davanti. Per Rorty non c’è niente di più falso. Dopo la «svolta linguistica» (di cui egli era stato sostenitore) è per lui acquisito che non ci sono oggetti reali, ma tutt’al più interpretazioni e sistemi simbolici: il terreno del filosofo sono le nostre contingenti pratiche discorsive, nelle quali egli deve calarsi senza pretese di superiorità e, soprattutto, liberandosi dall’ansia nevrotica di ricercare solide certezze e argomenti ben fondati.
Nel volume Conseguenze del pragmatismo (un libro dell’82 che in Italia è tradotto nell’86), Rorty sviluppa in positivo la sua prospettiva neopragmatista, storicista ed ermeneutica, e ne traccia anche la genealogia nel pensiero dell’Otto e Novecento. I suoi punti di riferimento sono nell’Ottocento Hegel, ma poi soprattutto Dewey, Wittgenstein e Heidegger, che ciascuno a suo modo hanno dissolto i quadri tradizionali del sapere. Egli li usa (stravolgendoli completamente, a mio modo di vedere) per portare acqua al suo mulino, e cioè per metter capo ad una visione della filosofia «post-filosofica» e «post-argomentativa»: la pratica filosofica diventa una specie di conversazione tutta interna allo spirito del tempo, dove, come scrive lo stesso Rorty, si «passa rapidamente da Hemingway a Proust a Hitler a Marx a Foucault», intrattenendosi su «vantaggi e svantaggi dei diversi modi di parlare inventati dagli uomini». Un filosofia, insomma, poco impegnativa e di intrattenimento, che Rorty svilupperà ed espliciterà ancora nel libro dell’89 Contingenza, ironia e solidarietà.
Coerentemente con queste premesse filosofiche, Rorty si viene caratterizzando sul piano politico come un «liberale ironico», che sposa i principi tradizionali della democrazia americana, quelli di libertà e di eguaglianza, ma insiste al tempo stesso sulla loro contingenza. La sua tesi è che bisogna battersi a favore di essi, pur restando consapevoli che si tratta di principi elaborati da una tribù particolare (quella appunto dei maschi, bianchi, liberali, occidentali) e che perciò non hanno nessuna pretesa di verità e non possono essere in alcun modo fondati. Contro la filosofia politica di eccessive ambizioni, Rorty difende quello che chiama il «primato della democrazia sulla filosofia» e, accentuando sempre più i suoi interessi politici, non manca di proporre i suoi buoni consigli alla sinistra nel libro Una sinistra per il prossimo secolo (pubblicato da Garzanti nel 1999), e di muovere critiche severe alla presidenza Bush e alla guerra in Iraq.
In fondo, Rorty è stato certamente un filosofo rappresentativo della vicenda intellettuale che si è consumata tra la fine degli anni Settanta e oggi: la sua critica della filosofia fondativa, delle sue pretese di rigore e di scientificità, che negli anni Settanta poteva ancora fare scalpore, è diventata un luogo comune; per non parlare dei grandi progetti della sinistra, che sono morti e sepolti molto più di quanto non si sarebbero augurati i loro critici postmoderni. Ma anche se i filosofi del tipo di Rorty hanno avuto ragione su tutta la linea, ciò non vuol dire che i conti, alla fine, tornino. Non tornano dal punto di vista politico, perché un pensiero liberal, peraltro molto estenuato, non sembra davvero in grado di offrire prospettive a una sinistra le cui malattie sono troppo gravi per poter essere curate con questi rimedi. Ma ancora di meno i conti tornano da un punto di vista filosofico. Adduco solo due ragioni molto semplici, che però a me sembrano inoppugnabili. Primo: da Platone se non da prima, lo sforzo e il fascino della filosofia è consistito nel tentativo di produrre buone argomentazioni: argomentazioni contro la sfida scettica, ragionamenti sulla giustizia, sul buon ordine della polis, su come vivere bene... ma pur sempre argomentazioni. Se l’argomentazione non piace, ci sono altri linguaggi, molto più suggestivi: la poesia, l’arte, la religione. Ma una filosofia senza argomentazioni è una filosofia privata di se stessa, inutile. Allora, molto meglio lasciar perdere.
In secondo luogo, però, la rinuncia all’argomentazione implica un’altra e inquietante conseguenza. Chi argomenta, chi cerca di formulare un ragionamento rigoroso, si espone alla critica: lo si potrà sempre inchiodare alla sua incoerenza o alle sue fallacie. In questo senso, l’argomentazione è democratica: se il tuo argomento sia buono o no, ognuno lo può giudicare. La filosofia come la intende Rorty, come conversazione, invece, è incriticabile: dice lei stessa che non ha pretesa di verità; dunque, con chi te la vuoi prendere? Ecco perché i conti della filosofia post-moderna, che Rorty ci ha raccontato così bene, sono, alla fine, truccati: sembra che ci sia il massimo di apertura, che tutto possa andar bene, che si rinunci ad ogni pensiero fondativo e autoritario. Ma in realtà si costruisce un castello intellettuale dove non resta neanche il più piccolo spazio per la critica.
Dopo più di un millennio e passa, l’incrollabile prova ontologica dell’esistenza di Dio di S.Anselmo o tantomeno la seducente prova di Renee Descartes giacciono esangui e prive di vita.Ovvio e fisiologico, l’uomo da allora è "uscito di sagrestia", ha sperimentato i funghi atomici, una globalizzazione alienante, mistificazione di informazioni, regimi politici sempre meno convincenti(dal congreso di Vienna ad Aldo Orlando). Ecco che dunque il dinamismo, l’evoluzione continua della nostra realtà ha eroso tutti monoliti delle età precedenti,fra cui la religione;è quindi rilevabile una linea trasversale che percorre la nostra storia e che vede il cambiamento imporsi sempre più fortemente,determinando una forza di rigetto sempre più preponderante verso le istituzioni, le tradizioni e tutto ciò che imbriglia l’uomo in una condizione di inequivocabile staticità:quale miglior esempio di Dio?Essere per definizione immutabile, perfetto, eterno, onnipotente.Ergo insottoponibile a mutazione.In lui il tempo, per restare in ambito agostiniano, il tempo non ha significato.Ma per noi fugge(Tempus breve est;1 Corinzi 7,29).
Secondo la mia modestissima opinione quindi l’esigenza ermeneutica di Vattimo è tutta figlia di un sentirsi incompatibile con un sistema così rigido e cristallizato. Ma non credo sia la reale soluzione;il nucleo fondamentale delle verità e delle regole che per comunità chiamamo Dio è effettivamente fermo ma come un polo di irresistibile forza attrattiva costringe tutto il resto a mutare , ad evolversi.L’interpretazionedi questo nucleo pulsante varia di epoca,regione e quant’altro.E ognuno conserva il suo quantitativo di ragione.Ci aveva azzeccato Eraclito:Dagli opposti (viene)concordia e bellissima armonia.Per questo la base della parola divina è dialettica, fatta di provocazioni, sconvolgimenti e innovazioni(quale innovazione maggiore di un Dio che sta colle prostitute?).E con ciò si prendono anche le dovute distanze da un eccessivo relativismo che libera l’uomo da ogni vincolo metafisico e morale.Forse aveva ragione il buon vecchio Kant parlando di uso regolativo della metafisica.Ermeneutica o no ogni uomo sente sulle sue spalle il peso del fardello di due millenni di Cristianesimo e reagisce in vari modi.Ma sta ad ognuno di noi non limitarsi solo ad avvertire il peso dell’impegno ma sapere carpire la forza dell’interrogativo per antonomasia,quello che ci distingue dalle bestie, quello che non può essere dribblato con ritrovati filosofici o artifici eccessivamente rezionali.Concludo congratulandomi per l’eccellente qualità della testata,per i sagacissimi interventi dell’inestimabile Vattimo e segnalo che la situazione disastrosa di S.Giovanni in Fiore non è affatto diversa da quella della maggior parte della sicilia occidentale da cui provengo.Grazie dell’attenzione.
È divertente leggere che, "l’ermeneutica di Vattimo e il neopragmatismo di Rorty sono la più terribile insidia nel futuro della Chiesa....", dimenticando, che il popolo cristiano, riconosce la PRESENZA PARTICOLARISSIMA di Dio in mezzo a lui.
Tra le tempeste della storia, la Chiesa, è stato detto, è una barca che avanza a colpi di "gaffes". Ma questi suoi errori non la fanno affondare.
Un giorno, infuriato contro il segretario di Stato di papa Pio VII, Napoleone gli disse, battendo rabbiosamente il piede a terra: "Io distruggerò la vostra Chiesa!" - "Sire, gli rispose il cardinale Consalvi, sono venti secoli che noi facciamo il possibile per distruggerla e non ci siamo riusciti!"
Io penso, come Pascal, che nella nostra Chiesa "c’è abbastanza lume per illuminare gli eletti e abbastanza oscurità per umiliarli. C’è abbastanza oscurità per accecare i reprobi e abbastanza lume per condannarli e renderli inescusabili"
IL MIO "DIO" NON E’ MENO RISPETTABILE DEL TUO....
Caro Biasi Il Suo commento all rec. del lavoro di Vattimo e Rorty - se me lo consente (e rispondo solo a mio titolo assolutamente personale) - non coglie (a mio parere) il nodo della questione: dire che il popolo cristiano (che poi a quanto pare è solo quello cattolico-romano) “riconosce la presenza particolarissima di Dio in mezzo a lui” significa poco e nulla (per quanto molto nella situazione locale italiana). E che diciamo del popolo dei “fratelli maggiori” e del popolo di tutti gli altri fratelli? Che non hanno Dio in mezzo a loro? O, ancora - per scendere nel concreto della nostra società - che il Dio dei cittadini non-cattolici e delle cittadine non-cattoliche sia meno rispettabile del "Dio" della Chiesa cattolica? Per ricordare:tenga presente che recentemente c’è stata una Sentenza della Cassazione (Corte Costituzionale) che ha riaffermato i principi dell’eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge senza distinzione di religione e dell’eguale libertà di tutte le religioni davanti alla legge (artt. 3 e 8 della nostra Costituzione) e illegittimo l’articolo 403 del codice penale che sanzionava più pesantemente le ingiurie al cattolicesimo. Allora, come può capire, la questione è un po’ più complessa e ... non è affatto divertente o ridicolo sia quanto scrive Galimberti sia quanto dicono Vattimo e Rorty. E, al contrario, ritengo sia - soprattutto per i cattoli e soprattutto per i cittadini italiani cattolici riflettere di più (con o senza il contributo di Vattimo e Rorty - se si vuole) sul problema. Credo che Galimberti abbia ben riassunto i termini: “La religione, come evento radicato nell’interiorità dell’uomo e che ha come suoi parametri di riferimento il dialogo e la carità, per Vattimo e Rorty ha ancora un futuro. Quanto alla Chiesa: o accoglie l’invito dell’ermeneutica e allora si dissolve in qualcosa che a mio parere assomiglia al protestantesimo, oppure, per evitare questo dissolvimento, mantiene l’attuale posizione metafisica. In questo caso non ha altra alternativa che risolversi in fondamentalismo e, in questa veste, opponendosi agli altri fondamentalismi, in contrasto con il messaggio evangelico, non può che alimentare la guerra”. Quale la via di uscita? Credo che stia a noi avere idee chiare e decidere (se vuole, nello spirito di Pascal): cosa vogliamo? Dialogo, carità ... e Verità? O Guerra? Ad ogni modo (se me lo consente - ancora) tenga presente, che c’è la sua verità, la mia verità, e la Verità (come la Lingua - il Logos) che sta in mezzo a noi, sopra di noi ... Se apriamo gli occhi e la mente, possiamo accedervi e dialogare e riconoscerci .... Altrimenti non ci si vede proprio. O no? Federico La Sala
Caro Federico, leggendo alcune Sue affermazioni, rimango allibito.
I cristiani (cattolici e non) che hanno ricevuto la grazia di una fede autentica, credono fermamente di essere nati venti secoli dopo dopo quel momento privilegiato della storia in cui il Verbo di Dio venne a vivere personalmente tra gli uomini per trasmettere loro UNA VERITÀ DEFINITIVA. Questo non impedisce però loro di essere aperti a tutte le ricchezze culturali e religiose di altre correnti spirituali dell’umanità.
Come cristiani consideriamo le diverse religioni come tentativi più o meno riusciti con i quali, nel corso dei secoli, gli uomini hanno cercato di spiegare il mistero delle loro origini, del loro destino e i rapporti che potevano intrattenere con il loro Dio. Per il cristiano, è Dio stesso che ha permesso (e che apprezza) questi diversi balbettii, anche se spesso comportano molti errori.
Illuminati dalla dottrina dell’apostolo Paolo, i cristiani hanno sempre pensato che Dio giudicherà gli uomini (cristiani e non cristiani, credenti e non credenti) in base a come avranno obbedito sinceramente alla loro coscienza.
Il credente non afferma la superiorità del suo credo confrontando la sua esperienza spirituale con quella di altri credenti. Egli non pretende di incontrare Dio più "profondamente" di un ebreo o di un musulmano. Come potremmo fare, d’altro canto, una gerarchia nell’infinita varietà di esperienze spirituali fatte dagli uomini nel corso della storia ? E chi oserebbe mettere in dubbio la pace, la serenità e la bontà che irradiano dal volto delle persone che escono da una sinagoga, da una moschea o da una pagoda?
Ti ricordo poi, che nella sua dichiarazione "Dignitatis personae" sulla libertà religiosa, il concilio Vaticano II ha solennemente affermato i diritti irrinunciabili della coscienza umana nell’accesso alla verità. "Nessuna autorità di questo mondo può sostituirsi alla coscienza individuale.. Questo diritto della persona umana alla libertà religiosa deve essere riconosciuto e sancito come diritto civile nell’ordinamento giuridico della società"
Questa dichiarazione ricorda quindi a buon diritto che, secondo la stessa Scrittura, "gli esseri umani sono tenuti a rispondere a Dio volontariamente; NESSUNO quindi può essere costretto ad abbracciare la fede contro la sua volontà".
Ricordiamo che già nel 1953 papa Pio XII rifiutava l’idea secondo la quale era auspicabile la repressione di ogni errore religioso da parte di uno stato cristiano, ogni volta che questo fosse stato possibile..
Scorge forse in tutto ciò delle tracce di fondamentalismo ? Oppure assenza di dialogo e carità ? Oppure, addirittura, incitamento alla violenza, alla guerra?
Potrà solamente scoprire una Chiesa in dialogo con tutti gli uomini (sarà questo il compito principale, secondo il mio modestissimo parere, dell’attuale Papa Benedetto XVI), perchè " La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini" (Vaticano II, dichiarazione sui rapporti della Chiesa con le religioni non cristiane).
Ricordiamo a proposito l’incontro di Assisi del 27 ottobre 1986, voluto da Papa Giovanni Paolo II. Nessuno obbligò nessuno a pregare con la preghiera degli altri. Si trattò di rispettare la preghiera di tutti, di consentire a ciascuno di esprimersi secondo la propria fede.
In conclusione, mi sembra che Lei, come Vattimo e Company, siate rimasti alla Chiesa del XIX secolo, una Chiesa che non aveva ancora istituzionalizzato un dialogo con le altre religioni. Vi invito quindi a rileggere e approfondire la storia della Chiesa contemporanea e vi renderete conto che con il concilio, soprattutto con Paolo VI e Giovanni Paolo II, vi è un dialogo permanente del Cristo e di quanti, in modo visibile, si ricollegano a lui, con tutti gli uomini che lo desiderano.
Cordiali Saluti Biasi
Caro Biasi ho apprezzato vivamente la Sua risposta e - mi creda - in spirito di edificazione (non di distruzione) non per porre fine al dialogo (avviato) Le propongo innanzitutto) di rileggere la "Dominus Jesus" di Papa Ratzinger sia di riflettere ancora sulla Buona Notizia, sullo spirito della nostra Costituzione e, infine, volendo, su questa mia personale (allegata) dichiarazione di voto per il prossimo Referendum - La ringrazio ancora della Sua cortesissima attenzione e La saluto - in piena e totale stima. Federico La Sala
P. S. - Per curiosità, se vuole, legga, tra le pagine della VOCE DI FIORE, la mia nota sul "Codice da Vinci".
REFERENDUM LEGGE 40/2004. DICHIARAZIONE : IO, figlio dell’ Amore di ‘Maria’ e ‘Giuseppe’, CITTADINO ITALIANO, vado a votare!!!
LA SFINGE ABITA ANCORA IN VATICANO ... E BENEDETTO XVI NON LO SA !!!
Sono passati duemila e cinque anni dalla bella notizia e fa ancora paura! Maria e Giuseppe, liberamente e responsabilmente, accolsero felicemente la procreazione divinamente assistita e diedero al mondo un bimbo di nome Gesù. Gli umili pastori e gli esseri umani di buona volontà gioirono e i loro canti si udirono fino al cielo, ma nei palazzi del potere no - lì i potenti tremarono e tremano ancora. Anche in Vaticano! I figli di “Mammasantissima”, quelli della vecchia stirpe di Giocasta e di Edipo, si organizzarono e preferirono piuttosto la peste, le corna, la cecità e la morte, che la vista e la vita, la liberazione, e la salute.... In Vaticano, la Sfinge c’è ancora! L’enigma non lo hanno ancora sciolto e tremano, tremano di paura. Sanno che il tempo del “gioco” è finito! Avendo fatto finta di essere tutti dei “Gesù” - Papa, Re e Padreterno, aspettano da un momento all’altro l’arrivo del loro papà, Giuseppe, che viene a prenderli e a riportarli a Casa, da Maria, nella loro semplice casa - piena di Amore, lo Spirito Santo, il Padre di tutti gli esseri umani di tutto l’Universo.. e di Gesù, Giuseppe, e Maria!!!
P.S.:
Ratzinger ha per sua stessa ammissione militato volontario nelle Hitler Jugend, la gioventù hitleriana, contro il parere dei suoi genitori .... e, a quanto pare, non ha ancora chiesto né scusa né perdono a tutti e due - non solo a ‘Maria’ ma anche e soprattutto a ‘Giuseppe’ !!!
Federico La Sala
Caro Federico, ho letto con molta umiltà e attenzione le tue parole, le tue affermazioni. Penso che siano il frutto di una profonda delusione personale, dovuta forse all’atteggiamento di alcuni uomini di Chiesa che con le loro omissioni o compromessi ti avranno scandalizzato. Sei forse così giunto alla conclusione che la Chiesa è davvero troppo umana per essere, come afferma, la sposa prediletta del Salvatore, il corpo di Cristo, il popolo di Dio, l’inaugurazione in terra del regno dei cieli.
Ma la Chiesa non la si riforma infamando il Papa di turno, non la si riforma attraverso un libro (vedi es. Codice da Vinci), attraverso gli atteggiamenti apertamente anticlericali, attraverso il "pensiero debole" di Vattimo, la filosofia, la politica, etc. La si riforma solo soffrendo per lei. Si riforma la Chiesa visibile solo soffrendo per la Chiesa invisibile.
Si riformano i vizi della Chiesa offrendo l’esempio delle sue virtù più eroiche.
Probabilmente San Francesco d’Assisi non era meno indignato di Lutero per il rilassamento e la simonia dei prelati. Certamente ne soffriva anche più crudelmente, perchè il suo temperamento era ben diverso da quello del monaco di Weimar. Ma non sfidò l’iniquità, non tentò di affrontarla, si buttò nella povertà, vi si spinse più a fondo che potè con i suoi, come nella sorgente di ogni perdono, di ogni purezza.
Invece di tentare di strappare alla Chiesa i beni mal acquistati, la colmò di tesori invisibili e, sotto la mano dolce di quel mendicante, il mucchio d’oro e di lussuria prese a fiorire come un prato d’aprile.
La Chiesa non ha bisogno di riformatori, Federico, ma di santi.
Saluti e grande stima anche da parte mia.
Caro Federico, come libero cittadino italiano dovresti accettare, senza deriderlo, il credo di chi vede nella Chiesa di Roma, fondata da Pietro e Paolo, e irrorata dal loro sangue, la Chiesa con la quale deve essere d’accordo ogni Chiesa, cioè tutti i fedeli sparsi nel mondo.
Con la consapevolezza e la certezza che questa Istituzione è nata da una volontà esplicita di Gesù Cristo, noi cattolici, questa Istituzione la amiamo e l’ascoltiamo ( memori della Parola di Cristo ai suoi Apostoli :" Chi ascolta voi, ascolta me"), accogliendo con docilità gli insegnamenti e le direttive che ci vengono dati.
I tuoi discorsi antropologici, politici e teologici, davanti a una fede così profonda, svaniscono, perdono di interesse.
Quindi, massimo rispetto per l’astensionismo e massimo rispetto per tutti quelli che vanno a votare, obbedendo (speriamo!) alla propria coscienza, come te.
Cosa dire poi delle citazioni di alcuni preti che contraddicono la loro missione, avvalorando così le tue tesi anticlericali basate sulle solite leggende nere della Chiesa ? Per me rappresentano solo strumentalizzazioni, con lo scopo di portare un po’ d’acqua al tuo mulino..
Per quanto riguarda il voto, essendo un emigrato, ho già provveduto a mettere fra la carta straccia la mia cartolina referendaria.
Cari saluti. Biasi
PS: Ti vorrei ricordare che Gesù non è il frutto di Giuseppe e Maria, per quanto grande e santificato fosse quell’amore, il frutto sarebbe stato unicamente umano..
..e come scrisse Georges Bernanos : "Lo scandalo dell’universo non è la sofferenza, ma la libertà. Dio ha fatto libera la sua creazione:questo lo scandalo degli scandali, perchè tutti gli scandali derivano da esso."
Saluti e sereno voto (o astensione) a tutti.
Radici al sole
Caro La Sala, la parola "radici" suggerisce un affondamento nel suolo, un imprigionamento nel fango e uno sviluppo nell’oscurità. "Portare velocemente alla luce del sole - al di là delle religioni e dei localismi tribali - le nostre radici (semplicemente) umane e terrestri ... e solari!!!", come scrivi, le farebbe seccare, non credi ?
Alberi e piante si devono rassegnare umilmente al suolo natale, hanno un bisogno vitale delle radici: le creature umane, no, sono in movimento...
La gente direbbe subito: “Beh, noi camminiamo, siamo animali”, usando quindi metafore animali, ma penso che la nozione animale non sia un buon simbolo per l’esilio direi categorico che connota l’umana condizione e per la libertà d’azione a cui aspiriamo. Noi nel movimento respiriamo la luce, aspiriamo al cielo e alla libertà spirituale. E quando veniamo ficcati sotto terra con una croce sulla gobba, non crediamo che sia per marcire, ma per risorgere a vera vita: una vita che abbia più forza, durata e splendore di ciò che banalmente accade e presto si consuma, con o senza radici al sole.
Quanto a ri-crocifiggere Gesù, mi sembra un po’ datato e semplicistico prendersela, ancora una volta, con la gerarchia della chiesa romano-’cattolica’ perché avrebbe “trasformato il messaggio eu-angelico in strumento per "van-gelizzare"!!!”.
Messaggio eu-angelico? Ecco che anche tu, come tanti della nostra generazione, dopo aver magari creduto, generosamente, di aver rinunciato ai dèmoni e ai campi di sterminio del Novecento, ricominci ad affligere con il mondo con i tuoi angeli!
Insomma, mi pare che su questo negare alla Chiesa ogni sapere sul bene, ci piovano troppi angeli, arcobaleni e punti esclamativi, oltre che una sfilata tesa e magnetica di Gioacchino da Fiore, Francesco d’Assisi e Dante... Tutti in accordo piuttosto dissonante (senza partire da molto lontano e non limitandosi a Russell) con Marx, ma anche con Nietzsche , come anche con Kierkegaard ( "tutta la cristianità è un travestimento: ma il cristianesimo non esiste affatto")? . E con Freud, ovviamente ( con riferimento a "L’uomo Mosé e la religione monoteistica" )? Si tratta di un libro scritto alle soglie dell’avvento del nazismo, in cui l’inventore della psicoanalisi certo considera la religione una forma di nevrosi collettiva, però osserva anche la tendenza a sostituire la fede decostruita e perduta con la fede in un “misto d’illusioni”.
Credo che sia utile, per uscire dal quadro, partire da un punto estraneo alla memoria delle tracce, utilizzandolo come una leva per impegnare il proprio avvenire. Si tratta di non restare soltanto prigioniero di un debito verso il passato del cristianesimo ( senza il quale non ci sarebbero stati neanche tutti i contestatori da te citati, e forse neanche la psicoanalisi), ma di aprire un credito al futuro.
Un tale spostamento sarebbe però erranza vana, un mero spostamento del diavolo, senza Memoria. E non c’è Memoria senza luogo. Questo luogo per noi cristiani non può che essere la Chiesa, e per un cattolico non può che essere quella cattolica, apostolica e romana. Perchè ? Anzitutto perché non è la Chiesa ad aver inventato angoscia creaturale e sensi di colpa per instillarli nell’uomo. Questi ha già dentro di sé i suddetti contenuti ( vale a dire ciò che Freud definisce pulsioni aggressive e autodistruttrici in sempierna lotta con Eros ) e la Chiesa non solo può riattivarli e in certi casi canalixxarli a favore della propria ideologia, ma anche dare loro un significato trasmettendo il pensiero di Gesù contenuto nei Vangeli, come per esempio nelle Beatitudini che c’invitano ad essere più buoni. Insomma, non è la Chiesa a turbare l’uomo suggerendogli il dovere di piegarsi al volere della Provvidenza, anzi direi che questa, suggerendo all’uomo di ricordarsi di essere modesto, di ricordarsi del padre, della madre e dei fratelli, e di essere creatura che non si è fatta da sé, ma che deve quasi tutto all’amore di Dio, che è padre, e alla Provvidenza, proponga una soluzione ai suddetti turbamenti.
Il nostro luogo della memoria non può essere che la Chiesa anche per un secondo motivo: non dimentichiamo che la Chiesa è quella che ha salvato la cultura occidentale dal disfacimento susseguente al crollo del mondo antico. Non a caso Mc Luhan, il teorico de “il medium è il messaggio”, convertitosi al cattolicesimo, della Chiesa diceva di ammirare “ il modo in cui ha saputo trasmettere attraverso il tempo lo splendore estetico, il vigore intellettuale e la saggezza della civiltà greco-romana e di quella giudeo-cristiana”.
Continuo a non comprendere quei battezzati che vivono la Chiesa come un oppio o un oppressore, e anzi sono dell’opinione che voler negare alla Chiesa ogni sapere sul bene sia una forma di odio viscerale, se non una tipica forma di sterile “rivolta di schiavi nella morale” ( l’espressione è di Nietzsche, che non è un mio maestro).
Francamente ritengo più produttivo leggere i lavori di Ratzinger, il nostro santo padre Benedetto XVI, anziché infervorati e allarmistici discorsi di contestazione antropologica, politica e teologica, spesso tenuti da contestatori con il sombrero o con la kefiha, privi di concretezza, new age, e quasi islamici.
Insomma, l’alternativa all’uscita da un angusto quadro di violenza e di menzogna non potrebbe essere il dissiparsi nell’illimitato, nell’eu-angeologia o nella gnosi con le sue fumisterie. Pertanto credo che occorra restare al fedeli al luogo, al corpo e al linguaggio in cui si è nati, e fissare liberamente ( ancorché con il paterno aiuto del proprio confessore e parroco ) i limiti della fedeltà e del disinteresse.
E assumere non tanto un’identità cattolica acritica, nostalgica e tribale quanto uno stile di vita aperto alla libertà d’azione e al divenire in Cristo - vale a dire legato al pensiero dell’Uomo con un futuro, così com’è stato e come viene trasmesso dalla Chiesa cattolica. Il cui cristianesimo rinnovato da papa Benedetto XVI, che non ha mancato anche recentemente di indicarne numerosi esempi, non è tanto una religione ( re-ligio) o un “din-islam” ( letteralmente un debito e una sottomissione letterale alla Volontà onnipotente dell’Uno che, come ripete il Corano, non è del padre ) quanto un invito ad aprire le porte a Cristo crocifisso-risorto, all’Uomo con un futuro, e a non aver paura.
Caro De Martino c’è modo e modo di restare fedele alla Terra ... di essere cristiano (non romano-’cattolico’) e anche, se me lo permetti, modo e modo di leggere... RADICI AL SOLE: cosa significa? Non significa ciò che pensi: significa propriamente che il messaggio eu-angelico (non ... van-gelizzato!!!) ha realizzato una vera e propria trasmutazione di tutti i valori (dell’epoca sua ...e nostra), che Gesù - il Cristo crocifisso-risorto, come dici - ha preso le RADICI, nascoste sin dalle origini del mondo, e le ha capovolte al sole e all’aria, dicendo così in modo chiaro e definitivo, che esse erano assolutamente INUTILI. Per questo, io vedo molta più consonanza, di quanto tu non pensi tra i vari Gioacchino, Francesco, Dante, Marx, Freud, Nietzsche, Russell, Kierkegaard, e anzi - oso anche pensare - che essi sono più amati da Gesù, che non tutte le cento (e più) obbedienti pecorelle ben al sicuro nell’ovile dell’aurea catena dei vari pastori e santi padri ... del "sacro romano impero".
Federico La Sala
GLI EU-ANGELICI, OVVERO I COCCHI DI GESU’
Caro La Sala, potrei anche concordare con te che Gesù abbia capovolto le radici: sarebbe forse un altro modo per dire che l’ingresso dell’Altro mondo in questo e nella storia ( “ Vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo signore” Lc 2, 10-11) ha capovolto al sole e all’aria i vecchi miti tribali, e, secondo l’antropologo René Girard, mostrato l’inutilità dell’arcaico e sanguinario sacrificio umano alla base del gruppo dei civilizzati, in quanto la vittima - contrariamente a quanto racconta il mito - è innocente. Tuttavia debbo riconoscere che tutto ciò l’ho appreso - senza per questo sentirmi pecorella ben al sicuro “ nell’ovile dell’aurea catena dei vari pastori e santi padri ... del ’sacro romano impero’ ”, dal papà, dalla mamma e dai sacerdoti della Chiesa cattolica del mio paese che annunciavano il Vangelo, ovvero il messaggio di Gesù crocifisso-risorto. Chissà a cosa ti riferisci quando parli di un messaggio eu-angelico ( “ non...van-gelizzato!!!”). Se la Chiesa non annunciasse il “Vangelo della vita” ( espressione questa che non si trova come tale nella Scrittura, ma che secondo il sommo pontefice Giovanni Paolo II “ben corrisponde ad un aspetto essenziale del messaggio biblico”) ognuno si farebbe la propria religione su misura e sarebbero la gnosi e l’anarchia ad affliggere la Terra. E’ quello che oggi accade nell’Islam in pieno marasma paranoico-sacrificale, anche perché non ha mai avuto un Vaticano a far da guida, da ponte, e a moderare gli eccessi di quell’ “animale delirante” che, secondo la definizione del tuo caro Nietzsche è l’uomo. L’uomo che non è solo questo, ovvero un terrestre tra culla e bara, ovvero tra le due famose pulsioni, e spesso terragno, ma anche “chiamato a una pienezza di vita che va ben oltre le dimensioni della sua esistenza terrena, poiché consiste nella partecipazione alla vita stessa di Dio” ( dall’Evangelium vitae). Insomma, continuo a pensare che sia assurdo irridere “ tutte le cento ( e più) obbedienti pecorelle ben al sicuro” per modo di dire, perché la Chiesa nel divenire ciò che essa è, lotta e soffre non poco per sottrarsi alla “ tentazione di rifiutare la propria vocazione per cadere nell’infedeltà di un’arbitraria autonomia”. Come osserva papa Benedetto XVI, “diviene evidente il carattere relazionale e pneumatologico dell’idea di corpo di Cristo e della concezione sponsale, e la ragione per cui la Chiesa non è mai giunta a perfezione ma ha sempre bisogno di rinnovamento. Essa è sempre in cammino verso l’unione con Cristo: ciò che comporta anche la sua propria, interiore unità che diviene, viceversa, tanto più fragile, quanto più si allontana da questo rapporto fondamentale” ( cfr.”La dottrina paolina della Chiesa come corpo di Cristo”, in J. Ratzinger, “La Chiesa”, Edizioni Paoline 1991, pp.23-28) .
Cristiano, dici, ma non romano-’cattolico”! Ebbene non posso che dissentire. Dal momento, infatti, che il cattolicesimo appare come la più equilibrata e la più psicosessualmente progressiva tra le religioni, prodotto finale del lungo cammino dell’Occidente sulla strada della civilizzazione, esso è anche esposto a quello strano odio di sé che nutre l’occidente, sempre lì a giudicare, a puntare il dito su ciò che è deprecabile e a non vedere ciò che vi è di grande e di puro nella storia della Chiesa. E’ come se la Chiesa fosse ritenuta nemica di ciò che noi crediamo debba essere la libertà, e responsabile di sensi di colpa che non è stata certo la Chiesa a instillare nell’uomo, in quanto l’uomo ha già dentro di sé i suddetti contenuti ( vale a dire ciò che Freud definisce pulsioni aggressive e autodistruttrici in sempierna lotta con Eros ). Della Chiesa ammiro il modo in cui ha saputo trasmettere attraverso il tempo lo splendore estetico, il vigore intellettuale e la saggezza della civiltà greco-romana e di quella giudeo-cristiana. E continuo a dissentire da quelli che vivono la Chiesa come un oppio o un oppressore, e anzi sono dell’opinione che voler negare alla Chiesa ogni sapere sul bene sia una forma di odio viscerale, se non una tipica forma di sterile “rivolta di schiavi nella morale” ( l’espressione è di Nietzsche, che non è un mio maestro).
“ Il problema - come ha scritto nel blog ( www.giannidemartino.splinder.it) il professor Iakov Levi ( cfr. Psicostoria RIUSCIRA’ LA CHIESA DI PIETRO A SALVARE ANCORA UNA VOLTA l’OCCIDENTE?) - consiste nel fatto che ogni equilibrio può essere mantenuto solo a spese di un investimento energetico continuo. Le correnti pulsionali destabilizzanti sono sempre all’opera, e rischiano continuamente di erompere, come un vulcano che periodicamente scaglia verso il cielo aperto il proprio contenuto viscerale. Da qui l’impellente necessità del dogma, la fede come strumento apotropaico contro la verità pulsionale”. Vi sono numerosi motivi per partire in quarta o in crociata contro la Chiesa, ma non capisco questo l’accanimento e la patente di INUTILITA’ data alla Chiesa in nome di un Gesù che sdradica, vale a dire proprio di Colui che l’ha fondata. Forse qualcuno scambia i pastori per degli ayatollah e teme di ripiombare nell’oscurantismo, ma il’Umanesimo, il Rinascimento, due secoli di Illuminismo, le e i tanti ponti culturali esistenti in occidente per passare dal cosmo contadino alla Rivoluzione Industriaci ci hanno immunizzati da questo pericolo. E’ vero che forse numerosi Italiani sono tornati ad avere un forte attaccamento alla Chiesa e alle sue leggi morali non solo perché amamano la vita, fin dal suo concepimento, ma anche per paura della globalizzazione e del progresso scientifico, come sembra dimostrato dagli esiti dell’ultimo referendum. La Chiesa, tuttavia, non è solo pietra tombale sull’orifizio del vulcano, ma anche trasmissione del pensiero di Gesù, ovvero dell’Uomo con un futuro, ed è l’annuncio evangelico della tomba vuota. Quanto ai messaggi eu-angelici ( ma siamo sicuri che fossero angeli ?), non saprei cosa pensare, caro La Sala: infatti non ero lì, e non se li ho sentiti allora non potrei sentirli nemmeno adesso che me ne parli ( ma perché tutti quei punti esclamativi ?). Beati gli eu-angelici che “vedono” , per sinestesia suppongo, “più consonanza”, di quanto io non pensi “tra i vari Gioacchino, Francesco, Dante, Marx, Freud, Nietzsche, Russell, Kierkegaard”; e anzi, come affermi , osi anche pensare “che essi sono più amati da Gesù, che non tutte le cento (e più) obbedienti pecorelle ben al sicuro.” A parte il fatto che tra Dante e Nietzsche, per esempio, non è così evidente che poi vi sia tutta questa consononza, c’è da osservare che gli eu-angelici si sentono gnosticamente e moralmente superiori ai cristiani e ai cattolici evangelizzati; e anzi penserei che siano portati a credere di essere i cocchi di Gesù - insomma i soliti figli della gallina bianca, più che della colomba e del serpente fedeli alla Terra e al Cielo. In ogni caso, caro la Sala, non c’impantaniamo. Andiamo, ma senza troppa fretta, alla casa del padre, e amiamoci come se fossimo fratelli e sorelle. Insomma cerchiamo di diventare più buoni e auguriamoci che soffi il vento.
GLI EU-ANGELICI, OVVERO I COCCHI DI GESU’
Caro La Sala, potrei anche concordare con te che Gesù abbia capovolto le radici: sarebbe forse un altro modo per dire che l’ingresso dell’Altro mondo in questo e nella storia ( “ Vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo signore” Lc 2, 10-11) ha capovolto al sole e all’aria i vecchi miti tribali, e, secondo l’antropologo René Girard, mostrato l’inutilità dell’arcaico e sanguinario sacrificio umano alla base del gruppo dei civilizzati, in quanto la vittima - contrariamente a quanto racconta il mito - è innocente. Tuttavia debbo riconoscere che tutto ciò l’ho appreso - senza per questo sentirmi pecorella ben al sicuro “ nell’ovile dell’aurea catena dei vari pastori e santi padri ... del ’sacro romano impero’ ”, dal papà, dalla mamma e dai sacerdoti della Chiesa cattolica del mio paese che annunciavano il Vangelo, ovvero il messaggio di Gesù crocifisso-risorto. Chissà a cosa ti riferisci quando parli di un messaggio eu-angelico ( “ non...van-gelizzato!!!”). Se la Chiesa non annunciasse il “Vangelo della vita” ( espressione questa che non si trova come tale nella Scrittura, ma che secondo il sommo pontefice Giovanni Paolo II “ben corrisponde ad un aspetto essenziale del messaggio biblico”) ognuno si farebbe la propria religione su misura e sarebbero la gnosi e l’anarchia ad affliggere la Terra. E’ quello che oggi accade nell’Islam in pieno marasma paranoico-sacrificale, anche perché non ha mai avuto un Vaticano a far da guida, da ponte, e a moderare gli eccessi di quell’ “animale delirante” che, secondo la definizione del tuo caro Nietzsche è l’uomo. L’uomo che non è solo questo, ovvero un terrestre tra culla e bara, ovvero tra le due famose pulsioni, e spesso terragno, ma anche “chiamato a una pienezza di vita che va ben oltre le dimensioni della sua esistenza terrena, poiché consiste nella partecipazione alla vita stessa di Dio” ( dall’Evangelium vitae). Insomma, continuo a pensare che sia assurdo irridere “ tutte le cento ( e più) obbedienti pecorelle ben al sicuro” per modo di dire, perché la Chiesa nel divenire ciò che essa è, lotta e soffre non poco per sottrarsi alla “ tentazione di rifiutare la propria vocazione per cadere nell’infedeltà di un’arbitraria autonomia”. Come osserva papa Benedetto XVI, “diviene evidente il carattere relazionale e pneumatologico dell’idea di corpo di Cristo e della concezione sponsale, e la ragione per cui la Chiesa non è mai giunta a perfezione ma ha sempre bisogno di rinnovamento. Essa è sempre in cammino verso l’unione con Cristo: ciò che comporta anche la sua propria, interiore unità che diviene, viceversa, tanto più fragile, quanto più si allontana da questo rapporto fondamentale” ( cfr.”La dottrina paolina della Chiesa come corpo di Cristo”, in J. Ratzinger, “La Chiesa”, Edizioni Paoline 1991, pp.23-28) .
Cristiano, dici, ma non romano-’cattolico”! Ebbene non posso che dissentire. Dal momento, infatti, che il cattolicesimo appare come la più equilibrata e la più psicosessualmente progressiva tra le religioni, prodotto finale del lungo cammino dell’Occidente sulla strada della civilizzazione, esso è anche esposto a quello strano odio di sé che nutre l’occidente, sempre lì a giudicare, a puntare il dito su ciò che è deprecabile e a non vedere ciò che vi è di grande e di puro nella storia della Chiesa. E’ come se la Chiesa fosse ritenuta nemica di ciò che noi crediamo debba essere la libertà, e responsabile di sensi di colpa che non è stata certo la Chiesa a instillare nell’uomo, in quanto l’uomo ha già dentro di sé i suddetti contenuti ( vale a dire ciò che Freud definisce pulsioni aggressive e autodistruttrici in sempierna lotta con Eros ). Della Chiesa ammiro il modo in cui ha saputo trasmettere attraverso il tempo lo splendore estetico, il vigore intellettuale e la saggezza della civiltà greco-romana e di quella giudeo-cristiana. E continuo a dissentire da quelli che vivono la Chiesa come un oppio o un oppressore, e anzi sono dell’opinione che voler negare alla Chiesa ogni sapere sul bene sia una forma di odio viscerale, se non una tipica forma di sterile “rivolta di schiavi nella morale” ( l’espressione è di Nietzsche, che non è un mio maestro).
“ Il problema - come ha scritto nel blog ( www.giannidemartino.splinder.it) il professor Iakov Levi ( cfr. Psicostoria RIUSCIRA’ LA CHIESA DI PIETRO A SALVARE ANCORA UNA VOLTA l’OCCIDENTE?) - consiste nel fatto che ogni equilibrio può essere mantenuto solo a spese di un investimento energetico continuo. Le correnti pulsionali destabilizzanti sono sempre all’opera, e rischiano continuamente di erompere, come un vulcano che periodicamente scaglia verso il cielo aperto il proprio contenuto viscerale. Da qui l’impellente necessità del dogma, la fede come strumento apotropaico contro la verità pulsionale”. Vi sono numerosi motivi per partire in quarta o in crociata contro la Chiesa, ma non capisco questo l’accanimento e la patente di INUTILITA’ data alla Chiesa in nome di un Gesù che sdradica, vale a dire proprio di Colui che l’ha fondata. Forse qualcuno scambia i pastori per degli ayatollah e teme di ripiombare nell’oscurantismo, ma il’Umanesimo, il Rinascimento, due secoli di Illuminismo, le e i tanti ponti culturali esistenti in occidente per passare dal cosmo contadino alla Rivoluzione Industriaci ci hanno immunizzati da questo pericolo. E’ vero che forse numerosi Italiani sono tornati ad avere un forte attaccamento alla Chiesa e alle sue leggi morali non solo perché amamano la vita, fin dal suo concepimento, ma anche per paura della globalizzazione e del progresso scientifico, come sembra dimostrato dagli esiti dell’ultimo referendum. La Chiesa, tuttavia, non è solo pietra tombale sull’orifizio del vulcano, ma anche trasmissione del pensiero di Gesù, ovvero dell’Uomo con un futuro, ed è l’annuncio evangelico della tomba vuota. Quanto ai messaggi eu-angelici ( ma siamo sicuri che fossero angeli ?), non saprei cosa pensare, caro La Sala: infatti non ero lì, e non se li ho sentiti allora non potrei sentirli nemmeno adesso che me ne parli ( ma perché tutti quei punti esclamativi ?). Beati gli eu-angelici che “vedono” , per sinestesia suppongo, “più consonanza”, di quanto io non pensi “tra i vari Gioacchino, Francesco, Dante, Marx, Freud, Nietzsche, Russell, Kierkegaard”; e anzi, come affermi , osi anche pensare “che essi sono più amati da Gesù, che non tutte le cento (e più) obbedienti pecorelle ben al sicuro.” A parte il fatto che tra Dante e Nietzsche, per esempio, non è così evidente che poi vi sia tutta questa consononza, c’è da osservare che gli eu-angelici si sentono gnosticamente e moralmente superiori ai cristiani e ai cattolici evangelizzati; e anzi penserei che siano portati a credere di essere i cocchi di Gesù - insomma i soliti figli della gallina bianca, più che della colomba e del serpente fedeli alla Terra e al Cielo. In ogni caso, caro la Sala, non c’impantaniamo. Andiamo, ma senza troppa fretta, alla casa del padre, e amiamoci come se fossimo fratelli e sorelle. Insomma cerchiamo di diventare più buoni e auguriamoci che soffi il vento.
Caro De Martino ... che il vento soffi, e sempre più forte!!! E se hai voglia ascolta la Parola del Cardinale emerito della Chiesa romano-’cattolica’ ... e il Suo consiglio dato all’Abbé Pierre!!!
PREGA IL VERO “DIO DEI PASTORI”, IL GRANDE PAN !!!
Siamo seri! Ma quale messaggio eu-angelico! Questa è la vera preghiera del terzo millennio che viene!!!: “O caro Pan, e voi altri dèi che siete in questo luogo! Concedetemi di diventare bello di dentro, e che tutte le cose che ho di fuori siano in accordo con quelle che ho dentro! Che possa considerare ricco il sapiente, e che possa avere una quantità d’oro quanta nessun altro potrebbe prendersi e portarsi via, se non il temperante!”. Già, e ancora, nel 1800, Johann Gottfried Herder così scriveva: “La preghiera di Socrate a conclusione del Fedro [di Platone] deve restare sempre la nostra preghiera”. E, oggi, il cardinale di Ravenna se ne è ricordato e consiglia all’Abbé Pierre (cfr. Ignazio Ingrao, “Abbé Pierre, perché l’hai fatto?”, www.panorama.it, 04.11.2005) di rileggerla.... Nietzsche, a sua volta, a rileggere l’intervista del cardinale Tonini sulle rivelazioni dell’Abbé Pierre si è svegliato ed è scoppiato in una risata che l’ha riportato ancora e di nuovo a trentamila e più metri sopra il cielo. La ‘commedia’ della chiesa romano-‘cattolica’ è finita: Edipo è in Vaticano, e il grande Pan .... è risorto - incipit tragedia!
Federico La Sala
IL GRANDE PAN E’ MORTO
Caro La Sala... augurando che soffiasse il vento pensavo a un venticello gentile, non a quelle raffiche paniche capaci di portare l’Abbé Pierre a sbattere ( in compagnia di Roger Garaudy e di Ahmed Rami, entrambi passati dal marxismo al revisionismo ) dalle parti di Radio Islam, Nietzsche “ ancora e di nuovo a trentamila e più metri sopra il cielo”, e il grande Pan a risorgere tutto occhi e muffa che pare uno zombi...
E’ stato il vecchio Plutarca, mi pare, a darci notizia, ai tempi di Tiberio, della morte del povero e meraviglioso Pan. “ Al tramonto ci colse l’annuncio che la via dell’estasi era interrotta. Per ben tre volte una voce ingiunse a un pilota di un veliero greco di gridare ad ogni approdo: IL GRANDE PAN E’ MORTO. Non aveva finito di dirlo - continua drammaticamente Plutarco - che subito si levò un grande gemito, non di una persona sola, ma di tante, piene di stupore.”
Ecco il perché di tutti quei punti esclamativi e voli “ a trentamila e più metri sopra il cielo” : perché forse non ti sei ancora ripreso dalla dipartita del caro Pane ( il cardinal Tonini, suggerendo all’abbé Pierre di fare una preghiera a Pane non è incorso in un lapsus, come potrebbe apparire, perché Pane era anche il dio della masturbazione e dei coiti o delle grattatine con le caprette). Forse ameresti ancora vivere e sognare ai tempi di Tiberio, se non dei pastorelli con lo zufolo o la siringa di canna.
D’altra parte, cosa fatta capo ha, e Pan - nato dall’amore di Ermes e di una ninfa, mamma Penelope - non poteva che morire, perché era un demone naturale; e tutto in natura, con il passare del tempo, muore. Eccetto il Padre che è al di là del tempo e non ci vuole schiavi dei miti e dei vecchi dèmoni bensì liberi per la vita, certamente liberi anche per la morte ( che non è una tragedia) e liberi in Cristo Gesù, il primo dei risorti, per l’aldilà della morte.
Insomma, pare proprio che quello che tu credi risorto in Pan forse sono i resti dellastoria e della tragedia che fu... Dei poveri resti di ideologie brune, rosse o verdi-islam capaci tuttavia di fare ancora molto male, ma - poiché dotate di metodi crudeli e di obiettivi fallaci - anche portate, quasi naturalmente - a rompersi i dentini e le corna nel vano tentativo, assai ventoso, certo, di prevalere sulla roccia di Pietro.
Senza dimenticare, in camera charitatis, che all’occorrenza ci sarebbe, anzi c’è, anche la spada di Paolo. In ogni caso, poiché siamo tra quelli che non perderanno mai la speranza, e che verranno dopo, auguriamoci nuovamente che soffi un venticello gentile tra le maglie delle “rivelazioni” paniche e dei voli pindarici. In attesa, non inerte e senza aspettare, sull’orlo della tomba vuota.
Sesso e sacerdozio. Parla Esilio Tonini ABBE’ PIERRE, PERCHE’ L’HAI FATTO? di Ignazio Ingrao (www.panorama.it, 04.11.2005)
«Sono stato male a leggere quelle parole». Così il cardinale di Ravenna commenta le rivelazioni del frate francese. E su di sé confessa: «Ho cercato di custodirmi».
Il cardinale Ersilio Tonini non si dà pace. Ha appena letto le rivelazioni intime dell’Abbé Pierre, il San Francesco dei nostri tempi, il frate cappuccino che ha lasciato tutto per stare dalla parte degli ultimi. A 93 anni l’Abbé Pierre confessa di essere caduto, più volte: ha avuto rapporti sessuali occasionali, ammette in un libro-intervista con Frédéric Lenoir, uscito in questi giorni in Francia (Mon Dieu... pourquoi?, edizioni Plon).
Per l’arcivescovo emerito di Ravenna (91 anni compiuti) è il crollo di un mito: «Sono stato male a leggere quelle parole. L’Abbé Pierre è uno dei simboli della Francia migliore: testimone di un impegno che non si è fermato alle rivendicazioni sociali ma si è tradotto in gesti concreti di solidarietà capaci di mobilitare migliaia di persone, in tutto il mondo. Ora questo simbolo è finito nella polvere e per molti di noi è un giorno di grande tristezza».
A ben vedere i colpi di scena non mancano nella biografia dell’Abbé Pierre, al secolo Henri-Antoine Groués. Di famiglia benestante, a 19 anni dona la sua eredità ai poveri per entrare nel convento di clausura dei cappuccini a Lione. Ne uscirà qualche anno più tardi per diventare sacerdote diocesano.
Aiuta le vittime del nazismo, combatte con i partigiani, viene eletto deputato. Per protesta si dimette dal parlamento e con un ex ergastolano fonda il «movimento degli stracciaioli-costruttori di Emmaus», comunità di poveri, ex tossicodipendenti ed ex prostitute che cercano di rifarsi una vita, presenti ormai in 50 paesi. Due anni fa hanno fatto scalpore alcune sue affermazioni antisemite.
Una «vita contro» quella del fondatore di Emmaus. Eminenza, cosa ha significato l’Abbé Pierre per la vostra generazione?
È stato un modello di altruismo e di generosità non solo per la mia generazione ma per tantissimi, credenti e non credenti. Penso ad Annalena Tonelli che, ancora adolescente, vede arrivare l’Abbé Pierre a Forlì e comincia a raccogliere oggetti e offerte per l’Africa fino a maturare la decisione di lasciare tutto per andare in Somalia. Mi chiedo cosa direbbe oggi a leggere queste rivelazioni.
Forse l’Abbé Pierre sentiva solo il bisogno di togliersi un peso dalla coscienza.
Ma perché lo ha fatto pubblicamente, addirittura in un libro, mi chiedo. Bastava dirlo al suo confessore. Mi sembra di essere tornato agli anni 70, quando c’erano sacerdoti che annunciavano ai fedeli dall’altare: domani mi sposo! Non è così che si fa del bene alla Chiesa.
A lei non è mai capitato di desiderare una donna?
Sono entrato in seminario a 11 anni. A 20 ho sognato di avere una famiglia con due o tre figli. Ma poi ho capito che mi sarei sentito ancora più realizzato con una famiglia più vasta, grande come la Chiesa.
Così non mi ha risposto.
Ho cercato di custodirmi. Non ho mai letto un libro che potesse farmi arrossire. Ho evitato di farmi trascinare dalla curiosità. Mi sono dedicato molto allo studio della filosofia, della storia, delle lingue straniere. Sono stato fedele alla preghiera. E anche ai giovani preti consiglio di fare altrettanto per difendere la castità.
Pesa di più la mancanza di una donna o della paternità?
Il celibato non è il prezzo da pagare per diventare prete. Al contrario è la straordinaria opportunità di avere una paternità ancora più grande. Ho avuto tanti figli e continuo ad averne ancora alla mia età: sono stati i giovani preti quando ero educatore in seminario; gli universitari quando ero assistente della Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana, ndr); i fedeli della diocesi di Ravenna e tutti quelli che ancora oggi vengono a trovarmi cercando una parola di conforto o, più semplicemente, qualcuno che li sappia ascoltare.
Abolire il celibato sacerdotale, come suggerisce l’Abbé Pierre, risolverebbe il problema delle vocazioni?
Non credo. La crisi delle vocazioni investe infatti anche le Chiese protestanti e quelle orientali che ammettono i preti sposati. La ragione sta piuttosto nella difficoltà ad accettare una scelta definitiva come quella del sacerdozio.
L’Abbé Pierre propone anche il sacerdozio femminile e il matrimonio tra omosessuali.
Mi chiedo a quale titolo si mette a fare il maestro e a trattare temi per i quali non ha competenza. Su argomenti così delicati lasciamo parlare i teologi e gli esperti.
Dopo tanto clamore cosa suggerirebbe all’Abbé Pierre?
Gli consiglierei di rileggere la preghiera di Socrate: «O caro Pan, e voi tutti che di questo luogo siete Iddii, concedetemi che sia bello io di dentro, e che tutto quello che ho di fuori si concordi con quel di dentro».
Caro De Martino ... ma il problema non è l’Abbé Pierre, è il cardinal Tonini e tutta la Gerarchia e la dottrina della Chiesa ’cattolico’-romana!!! Forse non è male ’ascoltare’ qualche voce dall’interno della stessa Chiesa. Ad es., per non parlare di tanti altri nodi ’millenari’ non sciolti, leggere il testo qui (di seguito) allegato . M. saluti, Federico La Sala
Manca il confronto, bisogna solo “credere e obbedire” e non discutere.
di don XXX, Milano (www.ildialogo.org/pretisposati, Giovedì, 17 novembre 2005)
"Io sono favorevole ad abolire il celibato obbligatorio per tutti"
Ho letto sulla rivista Jesus di novembre una lettera riguardante il tema dei celibato. Ho apprezzato Io scritto e la proposta di aprire un dibattito. Anch’io sono un prete e da parecchio tempo sto leggendo articoli, libri, interviste a riguardo di questo tema. So che la posta in gioco per la chiesa è alta, ma penso che sono ormai maturi i tempi per fermarci un attimo e dialogare insieme come preti. In questo periodo si susseguono parecchi interventi da parte di chi ritiene sia giunta l’ora di abolire il celibato per i preti della chiesa latina e di chi ribadisce la scelta secolare da parte della chiesa. Tutti gli interventi presentano valide ragioni, anche se sembra che le due correnti di pensiero, non riescono mai a trovarsi insieme e a dialogare tra loro. Penso che questo sia il segno di una grande povertà da parte della chiesa. Onestamente io sono favorevole ad abolire il celibato obbligatorio per tutti. Mi colpiscono anche gli interventi da parte della Chiesa per affermare il valore del celibato. Spesso questi interventi, sono stati del Papa e dei vescovi. Si usano principi, norme, e anche statistiche, tutto per ribadire che quello che si è scelto è giusto e che non ci sono alternative. E stato fatto un sinodo dove tutto è rimasto come prima, non solo a riguardo dei preti, ma anche dei separati e divorziati. Forse l’unica preoccupazione è stata quella di salvaguardare i pochi che ormai frequentano le chiese, che obbediscono alla gerarchia ecclesiastica. Purtroppo la realtà non è così. Molti sentono la fatica di vivere in questa chiesa, molti in questi anni stanno conoscendo una chiesa che parla di accoglienza, di amore e di misericordia ma, che poi è incapace di tradurre questi principi evangelici in comportamenti umani. Si ha quasi l’impressione che la preoccupazione della chiesa gerarchica sia quella di salvaguardare quello che possiede. Ma questa è la chiesa dello Spirito o della legge? Stupisce che ancora oggi si crede in una chiesa che crede di avere in mano solo lei la verità e non è capace di dialogare con gli uomini. Sembra proprio che la preoccupazione dell’uomo contemporaneo sia lontana dalle gerarchie ecclesiastiche. Non capisco poi come mai i nostri vescovi in questi anni, continuano a dettare legge alla stato italiano, e non hanno il coraggio di parlare dei problemi della Chiesa. Si perde tempo a discutere sull’otto per mille, sul concordato, sulle tasse da pagare e si evitano i veri problemi che ci sono all’interno della chiesa. Non c’è dialogo all’interno della chiesa, le assemblee dei preti o dei laici impegnati, servono solo per richiamare le norme. Manca il confronto, bisogna solo “credere e obbedire” e non discutere. Si usa la Bibbia, la tradizione per imporre i propri privilegi. Se invece di preoccuparsi di benedire scuole, monumenti, strade, i nostri vescovi dedicassero più tempo ai loro preti, forse avremmo una chiesa più attenta Vorrei riprendere velocemente la questione sul tema del celibato. Sappiamo che storicamente è stato inserito nella chiesa in tarda età. La preoccupazione era forse quella di eliminare una vocazione che si tramandava di padre e in figlio, c’era forse il rischio di avere preti non innamorati di Dio e della gente. Penso che una seria pastorale vocazionale, possa insegnare oggi ad essere preti capaci di amare una famiglia e di amare anche Dio e gli altri. Chi è sposato crede, prega, si impegna, riesce a conciliare tutto, perché non possono riuscirci i preti? Sicuramente esiste anche la questione economica. La chiesa sappiamo ha parecchi beni e tante gente si fida di lei. Sicuramente c’è da ripensare ad una retribuzione dei preti con famiglia. Dove deve vivere la famiglia del prete, quando deve pagare di affitto alla parrocchia per l’uso della casa parrocchiale, chi deve gestire il bilancio della parrocchia per evitare che la famiglia del prete si arricchisca. Sono tutti problemi leciti ma, come per ogni problema è pensabile una soluzione. E sufficiente creare degli organismi parrocchiali che gestiscono il bilancio della parrocchia. Questo eviterebbe anche ai preti di perdere tempo con i soldi e sarebbe una buona educazione alla legalità. C’è anche la grande questione della solitudine. Molti preti oggi vivono soli, non hanno nessuno in casa. I vescovi sanno cosa è la solitudine? Loro sono sempre circondati da segretari, suore, preti, loro non devono ogni giorno arrangiarsi per gestire la casa, il cibo, le spese. Loro non sanno che cosa vuol dire mangiare sempre da soli, per anni interi, stare sempre in casa soli. Quando noi di notte stiamo male, non sappiamo chi chiamare e di giorno dobbiamo far finta di niente, perché a qualche “bravo cristiano” interessa solo la sua messa. Questi sono problemi seri che la sola preghiera non può risolvere. Non penso che la solitudine sia una virtù evangelica. Sarebbe bello che ogni tanto i nostri vescovi si ricordassero di essere stati anche loro preti. Come si può parlare alla gente di Buona Novella, quando la tristezza è nel cuore di qualche prete. Qualcuno ha scritto che facendo sposare i preti, avremo una nuova categoria di persone: i preti separati. E da ammirare la fiducia e la stima che questa persona ha nei suoi preti, nei suoi confratelli. Si fa troppo silenzio oggi sul fatto che alcuni sacerdoti dopo un po’ di tempo lasciano il loro ministero, si fa presto a giudicarli e anche a condannarli, ma i preti non sono eroi, angeli, sono uomini che provano tutte le gioie e le fatiche degli altri uomini. Forse una libertà nel sposarsi eviterebbe a qualcuno di andare a uomini o a donne, eviterebbe a qualcuno di avere relazioni clandestine, eviterebbe di avere preti che bevono, eviterebbe a certe donne e uomini sofferenza e disagio. Speriamo almeno che i genitori, i parenti, gli amici di quei preti che lasciano e di quelle donne che vanno a vivere con loro, siano almeno comprensivi e non perdano mai la fiducia in loro. Questo non vuol dire che tutti i preti sentono la difficoltà e il peso del celibato. Ci sono tanti preti che sono fedeli al celibato, che sentono il celibato come un dono. Questo non esclude che anche nella chiesa latina, come in quella orientale, possono convivere le due anime. Penso che lo Spirito santo continuerà a suscitare pensieri, progetti, idee capaci di rinnovare e far amare la chiesa. So che questo scritto susciterà diverse reazioni nella chiesa, so che forse cadrò nell’inquisizione ma, proprio perché voglio bene a questa chiesa, voglio bene alla gente che mi è vicina e credo che i veri amici mi capiranno, penso che è giusto affrontare alcuni temi. Speriamo che il tempo non spenga mai la discussione e il confronto sereno.
Caro Fede-ricco, volevo ricordarti che nella Chiesa, Maria, è considerata la "vergine per eccellenza", il modello di tutte le persone che scelgono di consacrare la loro verginità al Signore. In 1Cor 7,37, possiamo notare che la verginità e la castità fiorivano già come un fatto normale nelle comunità cristiane. È l’esempio di Maria che suscita in mezzo al popolo cristiano la stima e la pratica del celibato consacrato.
Maria à anche il segno di una fecondità nuova. Meditando il suo esempio, i cattolici si accorgono che Dio ricompensa sempre al centuplo le persone che, per amor suo, rinunciano a una paternità o maternità fisica.
La materinità di Maria è veramente la rivelazione della fecondità spirituale che Dio concede alle persone che scelgono liberamente la continenza in vista del regno di Dio.
Ma Maria non serve da modello solo alle persone celibi consacrate, ma anche agli sposi credenti che vedono nell’amore verginale, con cui si amarono Maria e Giuseppe fin dall’inizio del loro matrimonio, il modello della loro castità coniugale.
In questo contesto, le affermazioni di quel prete appaiono semplicemente fuori luogo...
Saluti cordiali. Biasi
Caro Biasi, Caro De Martino,
il modello della castità coniugale (spirituale, non biologica!!!) di Maria e Giuseppe sta scritta nel cuore della Buona-Novella (Eu-angélo) ma non nel cuore della Chiesa ’cattolico’-romana!!! Su questo ne sa più Freud, che non tutti i teologi delle varie Università Pontificie!!! La Chiesa è ancora accecata da un biologismo che sempre di più la ri-porta nelle bracce ... del razzismo e del nazismo (cfr., ad es., le ultime dichiarazioni di Francesco Cossiga, su Pio XI e PIO XII e del loro rapporto con il fascismo e il nazismo, sul Riformista del 19.11.2005). La terra e il cielo tremano e stanno per crollare .... e voi vi attardate a stendere veli e veli sulla vostra testa e sulle pratica e sulla teoria dell’ ’Impero’ ’cattolico’-romano!!! A mio pare, il "collasso" è vicino, da tutti i punti di vista... e voi (nobilissimi interlocutori) continuate ad atteggiarvi a realisti più realisti del re, come si suol dire!!! Boh!, e Bah! Considerate ......
COSTITUZIONE DOGMATICA DELLA CHIESA DI OCCIDENTE... E
COSTITUZIONE DELL’IMPERO DEL SOL LEVANTE.
Un nota sul “disagio della civiltà”
di Federico La Sala
Il ‘delirio’ della Gerarchia della Chiesa ‘cattolico’-romana è ormai galoppante!!! E se vogliamo aiutarla a guarire o, che è lo stesso, se vogliamo aiutarci a guarire (il ‘delirio’ è generale, e non solo suo!!!) non possiamo non riprendere a pensare - a partire da noi stessi, e da noi stesse!!! Il problema è pensare proprio a partire da noi, dagli esseri umani in carne ed ossa - dalle persone, quale siamo e quale vogliamo essere, da quell’individuo che non sia un (o una) “Robinson”, come voleva il ‘vecchio’ Marx non marxista e non hegeliano!!! Basta con le robinsonate! La questione è la Relazione (Dio è Amore), e una relazione non edipica!!! Una relazione edipica (sia dal lato della donna sia dell’uomo) porta a postulare l’esistenza di un “dio” (un dio-uomo o un dio-donna) e, di qui, la concezione di un ‘mondo’ dove il diritto di comandare in cielo e in terra sia del “dio” (del dio-uomo o del dio-donna)!!! Da questo punto di vista, la Chiesa ‘cattolico’-romana è solo l’ultimo baluardo di quel “dio” che garantisce la proprietà privata dei mezzi di produzione e l’educazione edipico-capitalistica. Perché i sacerdoti (se vogliono) non si possono sposare?!, o perché le donne non possono diventare sacerdot-esse?!, ma perché il “dio” è concepito come dio-uomo e, come tale, solo il dio-figlio può essere come il dio-padre... e la donna solo come la madre-dea. Sulla terra (e per tutti e per tutte) il Dio-Figlio è il figlio-dio e il fratello di tutti e di tutte, ma in cielo solo Lui può essere il Padre... e lo Sposo della Madre - e, siccome è solo lui che può avere rapporti con il cielo (ma il messaggio di Gesù proprio perché è un buon-messaggio dice che tutti e tutte siamo tutti e tutte figli e figlie di Dio-Amore... e tutti e tutte possiamo avere rapporti con “Lui”!!!), deve essere anche ‘donna’ (perciò si traveste così come si traveste) per ‘generare’ e ‘riprodurre’ se stesso, in circolo...e comandare su tutti, su tutte, e su tutto! Che follia, senza alcuna saggezza - sconsolatamente!!!
Vedere il caso del Giappone - nella cultura giapponese c’è la Dea in cielo, e l’imperatore sulla terra; ora-oggi!!!, dal momento che alla coppia imperiale è nata una bambina, si parla di cambiare la Costituzione per far sì che Lei possa accedere al trono ... ma il problema è più complesso - come si può ben immaginare - perché ... deve essere cambiata anche la Costituzione celeste dell’Impero del Sol Levante!!! Se no, l’Imperatrice con Chi si ‘sposerà’?! Con la Dea?!!
Non è questa forse la ragione nascosta del “disagio della civiltà” dell’Oriente e dell’Occidente ..... e anche della sua fine, se non ci portiamo velocemente fuori da questo orizzonte edipico-capitalistico di peste, di guerra e di morte? Non è ora di andare al di là della tragedia, e riprendere il filo dall’ “Inizio” (filosoficamente, parlando)?! Cosa significa essere EU- ROPEUO*?!! In principio cosa c’era, il Logos buono o il Logos cattivo?! Sta a noi, tutti e tutte, deciderlo - qui ed ora (come sempre, del resto)!!!
Federico La Sala
*Sul significato del termine “eu-ropeuo”, mi sia consentito, cfr. Federico La Sala, “Terra!, Terra!: il Brasile dà una ‘lezione’ all’Europa e alle sue radici” (www.ildialogo.org/filosofia, 31.10.2005).
P.S. Se avete voglia, leggete e dcocumentatevi, cfr. l’art. di Renata Pisu, La rivoluzione del Sol Levante, una donna sarà imperatrice, La Repubblica del 22.11.2005, p. 19.
M. saluti, Federico La Sala
Caro Federico, il tuo mi sembra un atteggiamento sincretista. Insomma, perchè nelle altre religioni vi sono delle sacerdotesse oppure dei "preti" che si sposano, allora la religione cattolica deve apparire per forza come tu la descrivi.
Dal canto loro i giapponesi sono shintoisti il 1° gennaio, quando portano la loro offerta nei templi per venerare la forza divina impersonale di cui tutta la natura è impregnata, e buddisti il 15 agosto, quando, dopo una settimana trascorsa nel ricordo dei defunti, accendono una candela, la pongono su una piattaforma di paglia di riso e la fanno scivolare sul pelo dell’acqua come segno della partenza dei loro morti per un’altra vita.
Fin dalle origini del cristianesimo, ricordiamolo, alcuni fedeli tentarono, come te, di conciliare i dati del vangelo con le dottrine religiose allora in voga ( il movimento detto "gnosi cristiana"). Gli gnostici di quel tempo ritenevano infatti che la fede dei cristiani "comuni" fosse troppo semplice, insufficientemente elaborata, che non tenesse conto dell’insegnamento "segreto" che Gesù aveva dato ai suoi apostoli lontano dalla folla. Occorreva rimediare con una "scienza" vera (il termine gnosi indica per i greci il vero sapere). Questa scienza rendeva così il cristiano spirituale, "pneumatico", gli procurava cioè una conoscenza superiore che lo salvava.
Quando mai poi il nostro Dio è concepito come Dio-uomo ?? La Bibbia dei cristiani dice che Dio è un Padre e che ci ama con viscere di Madre. Nel suo "biglietto da visita", Dio si presenta come "Dio di tenerezza" ("rahum", parola che deriva dalla radice "rehem" che indica l’utero). Il primo verbo della Genesi:"In principio Dio "creò" il cielo e la terra" è il verbo "barà" che significa letteralmente "dare alla luce".
Saluti cordiali. Biasi
DI PADRI, PRETI E UOMINI Il mio amico tocquevilliano Berlicche ha partecipato alla conferenza di Claudio Risé su Il dono del PADRE nella Famiglia, tenuta al Centro Culturale Pier Giorgio Frassati di Torino, il 24 novembre u.s. Il suo resonconto in questo articolo.
"Come avevo già detto in passato, per un bambino è importante avere entrambe i genitori. Una madre, che ti tenga stretto e ti protegga, che ti insegni l’affetto e la vicinanza; ed un padre, che ti stacchi dalla madre e ti mandi forte e certo di chi sei per il mondo insegnandoti il sacrificio, la ferita, la perdita. Due ruoli, quello femminile e quello maschile, non intercambiabili nè sostituibili. Ieri, ad una conferenza di Risè sul tema del padre perduto (appunto) mi è venuta l’illuminazione: è per questo che i preti sono maschi. I preti sono maschi perchè devono essere padri, figura del Padre. Cioè dovrebbero essere quelli che ti tirano fuori dal tuo bozzolo di facile conformismo, dalla bambagia delle tue convinzioni e ti portano davanti ad una croce con appeso un uomo sanguinante, dicendoti: "E’ morto per te. Adesso, che cosa vuoi fare?" Come riporta anche Messori nel suo ultimo libro Ipotesi su Maria la Chiesa, negli ultimi secoli si è lentamente femminilizzata. Un tempo il cristianesimo era cosa di donne vere e uomini veri, i cavalieri si inginocchiavano nel fango davanti alla Vergine; da un certo punto in poi è stato fatto credere agli uomini che fosse roba di vecchine con lo scialle in testa. E solo le vecchine sono rimaste, mentre i loro mariti stavano fuori a commentare i risultati sportivi. Quindi la Chiesa, sbilanciata verso il femminile, ha cominciato quella deriva verso la melensaggine, il romanticismo pseudoreligioso vuoto e patinato che i laicisti sbeffeggiano. La Chiesa si è adagiata nello status quo, nella illusione che fosse tutto fatto, tutto conquistato: si è seduta comoda, ha perso il rapporto con il Padre, e quindi la sua identità. Di conseguenza i suoi figli sono venuti su male. E’ per questo che ci servono sacerdoti uomini. E’ per questo che non servono sacerdotesse o sacerdoti omosessuali, che è lo stesso. Perchè ci serve un padre che ci faccia crescere, che ci dica: "è ora di tirare fuori le palle e darsi da fare, figli miei. Sarà sangue e sudore, ma ne varrà la pena".
da http://berlicche.splinder.com/post/6399409
Thomas E. Woods jr. non è nuovo alle provocazioni. E il bello è che le sue asserzioni controcorrente sono fondatissime
di Guglielmo Piombini
"Dopo avere scalato nel 2004 la classifica dei libri più venduti negli Stati Uniti con una guida politicamente scorretta alla storia americana, lo storico Thomas E. Woods jr. offre una nuova prova di coraggio intellettuale pubblicando un studio, How the Catholic Church Built Western Civilization (Regnery, Washington 2005), che capovolge molte delle idee correnti sulla storia del cattolicesimo. Nel libro, aggiornato con gli ultimi risultati della ricerca accademica, Woods dimostra in maniera convincente, elencando una impressionante serie di esempi, come la Chiesa cattolica non si sia limitata a dare un contribuito alla formazione della civiltà occidentale, ma l’abbia interamente costruita dalle fondamenta.
Uno dei miti più consolidati che Woods si propone di smontare è quello della presunta ostilità della Chiesa nei confronti della scienza, complice soprattutto il caso Galileo Galilei. Una vicenda, peraltro, che andrebbe decisamente ridimensionata, non solo perché lo scienziato pisano non subì in pratica alcuna punizione, ma anche perché si tratta dell’unico contrasto tra le gerarchie ecclesiastiche e uno scienziato che i detrattori del cattolicesimo sono in grado di citare.
La scienza, per esempio Uno sguardo d’insieme all’intera storia della Chiesa rivela infatti una realtà ben diversa. Negli ultimi cinquant’anni, quasi tutti gli storici della scienza, compresi A.C. Crombie, David Lindberg, Edward Grant, Stanley L. Jaki, Thomas Goldstein e J.L. Heilbron, sono giunti alla conclusione che, senza l’apporto spirituale e materiale del cattolicesimo, l’Occidente non avrebbe conosciuto alcuna rivoluzione scientifica. L’idea di un universo creato da Dio e ordinato secondo leggi razionali si è infatti rivelata fondamentale per lo sviluppo della scienza. Nelle civiltà fondate su tradizioni religiose diverse in cui la divinità si confonde con la natura (come per esempio nell’animismo o nel panteismo orientale), l’idea che il mondo fisico sia assoggettato a leggi fisse e prevedibili è inconcepibile; per questo motivo il metodo scientifico ha dunque incontrato grosse difficoltà ad affermarsi. Lo stesso è accaduto nella tradizione islamica, la quale condanna i tentativi di scoprire le regolarità naturali come bestemmie che limitano la volontà libera e arbitraria di Allah.
Anche sul piano concreto è difficile trovare un’istituzione che abbia dato più incoraggiamento alla scienza della Chiesa cattolica. La grande maggioranza degli scienziati europei furono uomini di Chiesa: per esempio, padre Nicola Steno è riconosciuto come il padre della geologia; padre Atanasio Kircher è il fondatore dell’egittologia; padre Giambattista Riccioli è stato il primo a misurare il grado di accelerazione di un corpo in caduta libera; il geniale padre Ruggero Boscovich viene considerato il padre della teoria atomica; i gesuiti hanno dominato a tal punto lo studio dei terremoti che la sismologia venne chiamata “la scienza gesuitica”; per non parlare del contributo incalcolabile dato all’astronomia, tanto che 35 crateri sulla luna prendono il nome da scienziati o matematici gesuiti.
I monaci, benedetti praticoni Basterebbe inoltre addentrarsi nei sistemi d’insegnamento dell’università medioevale, un’altra gloriosa invenzione del mondo cattolico, per escludere l’idea che la vita intellettuale dell’epoca fosse soffocata dalla superstizione o dall’autoritarismo ecclesiastico. Nelle università medioevali, la cui autonomia venne spesso difesa dai papi, fiorì invece la più ampia libertà di ricerca intellettuale. Era pratica comune che il maestro proponesse una questione da risolvere agli studenti, i quali dovevano confrontarsi tra loro dibattendone razionalmente tutte le possibili sfaccettature. Per ricevere la laurea uno studente doveva inoltre dimostrare di saper “determinare” (cioè risolvere) da solo una questione. Questa enfasi che le università medioevali davano allo studio della logica, osserva Woods, è rivelatrice di una civiltà che mirava a comprendere, dimostrare e persuadere, non certo a imporre o a censurare. Solo da questo metodo di studio poteva svilupparsi una filosofia razionale, rigorosa e sistematica come la cosiddetta scolastica.
Gli uomini di Chiesa eccelsero del resto non solo a livello teorico, ma anche nelle applicazioni pratiche. I monasteri medioevali, particolarmente quelli benedettini, furono dei centri di avanguardia tecnologica, e il loro contributo alla civiltà occidentale è a dir poco immenso. Tra i tanti loro meriti, i monaci eccelsero nel tramandare la cultura antica copiando i testi classici; preservarono l’alfabetizzazione nell’Europa invasa dai barbari; da pionieri aprirono all’agricoltura vaste lande e foreste; introdussero nuove colture, nuovi alimenti e nuove bevande; costruirono i mulini ad acqua, perfezionarono la metallurgia e introdussero in Europa un livello di meccanizzazione sconosciuto a tutte le civiltà antiche. Si presero poi cura del paesaggio, riparando gli argini dei fiumi, i ponti e le strade; s’impegnarono nel soccorso ai viandanti e ai naufraghi, e alleviarono la condizione dei bisognosi con numerose iniziative di carità. Non va dimenticata, infatti, l’origine cattolica di tutte le opere assistenziali che esistono ancora oggi, a partire dagli ospedali. Nell’antichità, i poveri e i malati venivano generalmente trattati con disprezzo, ed era assente l’idea di fare del bene al prossimo senza ricevere qualcosa in cambio. I gesti di liberalità verso i poveri erano in genere compiuti da personaggi eminenti in cerca di fama e di benevolenza, e venivano praticati in maniera indiscriminata senza guardare alle effettive necessità dei destinatari. L’impegno della Chiesa verso i bisognosi fu invece un fenomeno completamente nuovo, nello spirito e nelle dimensioni: nessun re o imperatore sarebbe mai stato in grado di mantenere, sfamare e curare tante persone come invece avveniva quotidianamente nelle istituzioni caritatevoli della Chiesa.
Questi atteggiamenti nascevano infatti da una nuova morale che, grazie alla predicazione della Chiesa, aveva gradualmente soppiantato le brutalità dei costumi barbarici. I principi etici fondamentali che ancora oggi prevalgono in Occidente derivano proprio dall’idea cristiana della sacralità della vita umana, che discende a propria volta dalla concezione teologica dell’unicità e del valore di ogni persona in virtù della sua anima immortale. Fu dunque merito delle energiche prese di posizione della Chiesa se vennero abolite quelle pratiche antiche che mostravano disprezzo sommo per la vita umana, quali l’infanticidio e i giochi gladiatori. La Chiesa condannò inoltre la schiavitù, i duelli, il suicidio, l’aborto, la promiscuità, le perversioni sessuali e l’infedeltà coniugale. Se il cristianesimo delle origini attrasse tantissime donne, ricorda Woods, si deve anche al fatto che la Chiesa aveva santificato il matrimonio e proibito il divorzio, che nelle società antiche era generalmente permesso solo agli uomini. La donna trovò quindi negl’insegnamenti della Chiesa una protezione della propria autonomia e questo spiega l’alto numero di donne che hanno raggiunto la santità. In quali altre parti del mondo, fuori dal cattolicesimo, le donne avrebbero potuto liberamente fondare e gestire comunità religiose autorganizzate, scuole, conventi, collegi, ospedali e orfanotrofi?
E liberismo a go-go Queste elevate idee morali diffuse dal cattolicesimo si riverberarono nel campo giuridico, influenzando in maniera decisiva. La concezione tipicamente occidentale, secondo cui gli uomini possiedono alcuni diritti naturali per il solo fatto di esistere, non nasce affatto nel Seicento con John Locke o nel Settecento con gl’illuministi. Riprendendo gli importanti studi recenti di Brian Tierney, Woods ricorda che l’idea dei diritti naturali nasce fra i giuristi della Chiesa dei secoli XII e XIII, i canonisti medioevali. Partendo da questa elaborazione giusnaturalista, i pensatori cattolici hanno posto anche le fondamenta del diritto che regola i rapporti tra le diverse nazioni, compresa la teoria della guerra giusta. In particolare, il diritto internazionale nasce nel Cinquecento con il domenicano spagnolo Francisco de Vitoria, che prese le difese dei diritti naturali degli indios contro le usurpazioni dei conquistadores.
E non è tutto, perché gli uomini di Chiesa hanno dato grandi contributi anche al pensiero economico moderno. Avvalendosi degli studi di Joseph Schumpeter, Murray N. Rothbard e Alejandro A. Chafuen, Woods ricorda che già nel Medioevo i francescani Giovanni Olivi e san Bernardino da Siena, e poi i tardoscolastici cinquecenteschi della scuola di Salamanca, anticiparono la rivoluzione marginalista di fine Ottocento concependo una compiuta teoria del valore soggettivo, di gran lunga più sofisticata della erronea teoria del valore-lavoro diffusa diversi secoli dopo da Adam Smith e dagli economisti britannici, influenzati probabilmente dalla teologia calvinista. Come sarebbe oggi l’Europa se nella letteratura, nell’arte, nell’architettura, nella scienza, nella morale, nel diritto e nell’economia dell’Occidente fosse mancata l’impronta della Chiesa cattolica? Si tratta di un interrogativo imbarazzante, che gli uomini occidentali di oggi, secolarizzati e desiderosi di sbarazzarsi delle proprie radici cristiane, preferiscono rimuovere" . da : http://www.ildomenicale.it/articolo.asp?id_articolo=459
Un saluto cordiale Gianni
solo due parole: siamo in pieno oscurantismo !!!
per problemi di impopolarità (e non di altro) mi firmo solo m.i.