Cultura

VATTIMO-RORTY E IL DIO CRISTIANO. Il futuro della religione, due filosofi dialogano sul destino della fede - di Umberto Galimberti.

lunedì 30 maggio 2005.
 


Recensione di Umberto Galimberti (La Repubblica/Almanacco dei libri, 29.01.2005, p. 47) *

Capisco perché il cardinale Carlo Caffarra di Bologna lo scorso anno se la sia presa con Umberto Eco e Gianni Vattimo, segnalandoli come pericolosi nichilisti, più pericolosi degli atei che dicono in cuor loro: “Dio non c’è”. Se Richard Rorty, da più di vent’anni in dialogo con Vattimo, avesse una sua incidenza sul pubblico italiano, il cardinale avrebbe incluso anche il filosofo americano tra i pericolosi maestri del pensiero. La ragione è molto semplice e la si può cogliere leggendo il dialogo tra Rorty e Vattimo, Il futuro della religione, promosso da Santiago Cabala, dottorando in filosofia alla Pontificia Università Lateranense in Roma..

Vattimo dice che “La religione non è morta. Dio è ancora in circolazione”, ma quale religione, quale Dio? La religione cristiana e il Dio cristiano naturalmente, ma depurati l’una e l’altro da quello spessore metafisico che non il Cristianesimo, ma l’ontologia greca ha attribuito a Dio, conferendogli una sostanza e una realtà, al di là di tutte le possibili interpretazioni, da cui discende una verità assoluta che nessuna opinione umana può mettere in discussione. Questo Dio, di­cono Vattimo e Rorty, è morto.

Ma è proprio questo il Dio cristiano, o cristiano non è forse il Dio che dice: «Quando due o più persone sono riunite nel mio nome sarò con lo­ro»? Quindi un Dio che, come dice il Vangelo di Giovanni, è Logos, solo perché - aggiungono Rorty e Vattimo - è dia-logo, incontro di discorsi, di interpretazioni che scaturiscono dall’interiorità dei dialoganti, se è vero quel che diceva Agostino che la verità abita nell’interiorità dell’uomo («in interiore hominis habitat veritas» e altrove “Deus” e altrove “Christus”).

Oggi (ma io direi almeno da quattro secoli) che nessuno crede più alla verità assoluta: non la scienza che formula le sue conoscenze come ipotesi, non la politica che ha abolito l’arbitrio della tirannide per fondare la sua autorità sulla democrazia che è la risultante delle diverse in­terpretazioni del reale, oggi la religione cristiana può avere un futuro solo se recupera l’autenticità del suo messaggio, che non è nella fon­dazione metafisica di Dio, da cui discende una verità assoluta a cui tutti devono adeguarsi nel misconoscimento della loro interiorità, ma nel “dialogo” tra gli uomini, da cui scende quel rispetto dell’altro e quella “carità” che nessun’altra religione, se non il cristianesimo, ha diffuso, facendo dell’Occidente, come diceva Croce, una cultura cristiana.

Il cardinale di Bologna ha capito che se dovesse affermarsi questo cristianesimo, che potremmo definire “ermeneutica”, a spese del Cristianesimo “metafisico”, che afferma l’esistenza di una realtà in sé che noi possiamo conoscere attraverso la rive­lazione interpretata dal magistero ecclesiastico, unico depositario della lettura au­tentica dei libri vetero e neo-testamentari, a non avere più futuro non sarebbe Dio che continuerebbe a vivere nell’interiorità dell’uomo ma la chiesa come unica interpre­te della parola di Dio, e come tale legittimata a dire se la fecondazione eterologa possa o non possa essere praticata, se il profilattico possa o non possa essere impiegato, se gli omosessuali possono o non possono unirsi in coppia d’amore.

Opponendosi all’ipostatizzazione metafisica di Dio e raccogliendo il messaggio cristiano del dialogo e della carità, l’ermeneutica di Vattimo e il neopragmatismo di Rorty sono la più terribile insidia non al futuro della religione, ma al futuro della chiesa che su null’altro fonda il suo potere se non sull’essere l’unica depositaria dell’interpretazione della parola di Dio.

L’ateo che dice in cuor suo: “Dio non c’è” può essere convertito, perché si muove sullo stesso piano metafisico del credente che dice: “Dio esiste”, ma non può essere convertito l’ermeneuta o il neo-pragmatista che dice che Dio c’è nella storia come evento del dialogo degli uomini che parlano di Dio e si dispongono l’uno verso l’altro con quel rispetto e quella carità che il Vangelo ha insegnato agli occidentali, rendendoli capaci di produrre una conoscenza ipotetica che si chiama “scienza” e un vivere civile che si chiama “democrazia”.

La religione, come evento radicato nell’interiorità dell’uomo e che ha come suoi parametri di riferimento il dialogo e la carità, per Vattimo e Rorty ha ancora un futuro. Quanto alla Chiesa: o accoglie l’invito dell’ermeneutica e allora si dissolve in qualcosa che a mio parere assomiglia al protestantesimo, oppure, per evitare questo dissolvimento, mantiene l’attuale posizione metafisica. In questo caso non ha altra alternativa che risolversi in fondamentalismo e, in questa veste, opponendosi agli altri fondamentalismi, in contrasto con il messaggio evangelico, non può che alimentare la guerra.

* Richard Rorty e Gianni Vattimo, Il futuro della religione, Garzanti, pp. 93, e. 12

postato dall’encomiabile filosofo Federico La Sala


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