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Cultura

VATTIMO-RORTY E IL DIO CRISTIANO. Il futuro della religione, due filosofi dialogano sul destino della fede - di Umberto Galimberti.

lunedì 30 maggio 2005 di Emiliano Morrone
[...] Vattimo dice che “La religione non è morta. Dio è ancora in circolazione”, ma quale religione, quale Dio? La religione cristiana e il Dio cristiano naturalmente, ma depurati l’una e l’altro da quello spessore metafisico che non il Cristianesimo, ma l’ontologia greca ha attribuito a Dio, conferendogli una sostanza e una realtà, al di là di tutte le possibili interpretazioni, da cui discende una verità assoluta che nessuna opinione umana può mettere in discussione. Questo (...)

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> Il futuro della religione*, due filosofi dialogano sul destino della fede

venerdì 18 novembre 2005

Caro De Martino ... ma il problema non è l’Abbé Pierre, è il cardinal Tonini e tutta la Gerarchia e la dottrina della Chiesa ’cattolico’-romana!!! Forse non è male ’ascoltare’ qualche voce dall’interno della stessa Chiesa. Ad es., per non parlare di tanti altri nodi ’millenari’ non sciolti, leggere il testo qui (di seguito) allegato . M. saluti, Federico La Sala


Lettere

Manca il confronto, bisogna solo “credere e obbedire” e non discutere.

di don XXX, Milano (www.ildialogo.org/pretisposati, Giovedì, 17 novembre 2005)

"Io sono favorevole ad abolire il celibato obbligatorio per tutti"

Ho letto sulla rivista Jesus di novembre una lettera riguardante il tema dei celibato. Ho apprezzato Io scritto e la proposta di aprire un dibattito. Anch’io sono un prete e da parecchio tempo sto leggendo articoli, libri, interviste a riguardo di questo tema. So che la posta in gioco per la chiesa è alta, ma penso che sono ormai maturi i tempi per fermarci un attimo e dialogare insieme come preti. In questo periodo si susseguono parecchi interventi da parte di chi ritiene sia giunta l’ora di abolire il celibato per i preti della chiesa latina e di chi ribadisce la scelta secolare da parte della chiesa. Tutti gli interventi presentano valide ragioni, anche se sembra che le due correnti di pensiero, non riescono mai a trovarsi insieme e a dialogare tra loro. Penso che questo sia il segno di una grande povertà da parte della chiesa. Onestamente io sono favorevole ad abolire il celibato obbligatorio per tutti. Mi colpiscono anche gli interventi da parte della Chiesa per affermare il valore del celibato. Spesso questi interventi, sono stati del Papa e dei vescovi. Si usano principi, norme, e anche statistiche, tutto per ribadire che quello che si è scelto è giusto e che non ci sono alternative. E stato fatto un sinodo dove tutto è rimasto come prima, non solo a riguardo dei preti, ma anche dei separati e divorziati. Forse l’unica preoccupazione è stata quella di salvaguardare i pochi che ormai frequentano le chiese, che obbediscono alla gerarchia ecclesiastica. Purtroppo la realtà non è così. Molti sentono la fatica di vivere in questa chiesa, molti in questi anni stanno conoscendo una chiesa che parla di accoglienza, di amore e di misericordia ma, che poi è incapace di tradurre questi principi evangelici in comportamenti umani. Si ha quasi l’impressione che la preoccupazione della chiesa gerarchica sia quella di salvaguardare quello che possiede. Ma questa è la chiesa dello Spirito o della legge? Stupisce che ancora oggi si crede in una chiesa che crede di avere in mano solo lei la verità e non è capace di dialogare con gli uomini. Sembra proprio che la preoccupazione dell’uomo contemporaneo sia lontana dalle gerarchie ecclesiastiche. Non capisco poi come mai i nostri vescovi in questi anni, continuano a dettare legge alla stato italiano, e non hanno il coraggio di parlare dei problemi della Chiesa. Si perde tempo a discutere sull’otto per mille, sul concordato, sulle tasse da pagare e si evitano i veri problemi che ci sono all’interno della chiesa. Non c’è dialogo all’interno della chiesa, le assemblee dei preti o dei laici impegnati, servono solo per richiamare le norme. Manca il confronto, bisogna solo “credere e obbedire” e non discutere. Si usa la Bibbia, la tradizione per imporre i propri privilegi. Se invece di preoccuparsi di benedire scuole, monumenti, strade, i nostri vescovi dedicassero più tempo ai loro preti, forse avremmo una chiesa più attenta Vorrei riprendere velocemente la questione sul tema del celibato. Sappiamo che storicamente è stato inserito nella chiesa in tarda età. La preoccupazione era forse quella di eliminare una vocazione che si tramandava di padre e in figlio, c’era forse il rischio di avere preti non innamorati di Dio e della gente. Penso che una seria pastorale vocazionale, possa insegnare oggi ad essere preti capaci di amare una famiglia e di amare anche Dio e gli altri. Chi è sposato crede, prega, si impegna, riesce a conciliare tutto, perché non possono riuscirci i preti? Sicuramente esiste anche la questione economica. La chiesa sappiamo ha parecchi beni e tante gente si fida di lei. Sicuramente c’è da ripensare ad una retribuzione dei preti con famiglia. Dove deve vivere la famiglia del prete, quando deve pagare di affitto alla parrocchia per l’uso della casa parrocchiale, chi deve gestire il bilancio della parrocchia per evitare che la famiglia del prete si arricchisca. Sono tutti problemi leciti ma, come per ogni problema è pensabile una soluzione. E sufficiente creare degli organismi parrocchiali che gestiscono il bilancio della parrocchia. Questo eviterebbe anche ai preti di perdere tempo con i soldi e sarebbe una buona educazione alla legalità. C’è anche la grande questione della solitudine. Molti preti oggi vivono soli, non hanno nessuno in casa. I vescovi sanno cosa è la solitudine? Loro sono sempre circondati da segretari, suore, preti, loro non devono ogni giorno arrangiarsi per gestire la casa, il cibo, le spese. Loro non sanno che cosa vuol dire mangiare sempre da soli, per anni interi, stare sempre in casa soli. Quando noi di notte stiamo male, non sappiamo chi chiamare e di giorno dobbiamo far finta di niente, perché a qualche “bravo cristiano” interessa solo la sua messa. Questi sono problemi seri che la sola preghiera non può risolvere. Non penso che la solitudine sia una virtù evangelica. Sarebbe bello che ogni tanto i nostri vescovi si ricordassero di essere stati anche loro preti. Come si può parlare alla gente di Buona Novella, quando la tristezza è nel cuore di qualche prete. Qualcuno ha scritto che facendo sposare i preti, avremo una nuova categoria di persone: i preti separati. E da ammirare la fiducia e la stima che questa persona ha nei suoi preti, nei suoi confratelli. Si fa troppo silenzio oggi sul fatto che alcuni sacerdoti dopo un po’ di tempo lasciano il loro ministero, si fa presto a giudicarli e anche a condannarli, ma i preti non sono eroi, angeli, sono uomini che provano tutte le gioie e le fatiche degli altri uomini. Forse una libertà nel sposarsi eviterebbe a qualcuno di andare a uomini o a donne, eviterebbe a qualcuno di avere relazioni clandestine, eviterebbe di avere preti che bevono, eviterebbe a certe donne e uomini sofferenza e disagio. Speriamo almeno che i genitori, i parenti, gli amici di quei preti che lasciano e di quelle donne che vanno a vivere con loro, siano almeno comprensivi e non perdano mai la fiducia in loro. Questo non vuol dire che tutti i preti sentono la difficoltà e il peso del celibato. Ci sono tanti preti che sono fedeli al celibato, che sentono il celibato come un dono. Questo non esclude che anche nella chiesa latina, come in quella orientale, possono convivere le due anime. Penso che lo Spirito santo continuerà a suscitare pensieri, progetti, idee capaci di rinnovare e far amare la chiesa. So che questo scritto susciterà diverse reazioni nella chiesa, so che forse cadrò nell’inquisizione ma, proprio perché voglio bene a questa chiesa, voglio bene alla gente che mi è vicina e credo che i veri amici mi capiranno, penso che è giusto affrontare alcuni temi. Speriamo che il tempo non spenga mai la discussione e il confronto sereno.



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