Inviare un messaggio

In risposta a:
Giovanni Verga (1880). Veris-si-mo!!!

ROSSO MALPELO. UN’AZIONE E UN PROGETTO CONTRO L’INVISIBILITA’ DELLO SFRUTTAMENTO DEI MINORI. In collaborazione con Arci, Cgil e Cisl, Libera, AgiScuola e Mlal-Progetto Mondo, Pasquale Scimeca ha realizzato un film che dalla Sicilia arriverà fino in Bolivia - a cura di pfls -

mercoledì 14 marzo 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] il progetto Rosso Malpelo, non è solo un film. È un viaggio andata e ritorno: tutti i proventi ricavati dalle sale cinematografiche in cui verrà proiettato saranno destinati a due paesini della Bolivia, Atocha e Cotagaita. Due piccoli centri della regione del Potosì, una delle più povere della nazione sudamericana, dove molti bambini sono costretti a lavorare in miniera, e dove il tasso di scolarizzazione dei giovani tra i 5 e i 24 anni arriva solo al 40%. L’obiettivo è quello di (...)

In risposta a:

> BOLIVIA: LA COSTITUZIONE DEL VIVERE BENE (di Alvaro Garcia Linera, Vicepresidente dello Stato Plurinazionale della Bolivia)

lunedì 3 ottobre 2011

Bolivia: la costituzione politica del vivere bene

Álvaro García Linera

Vicepresidente dello Stato Plurinazionale della Bolivia, La Paz

(traduzione dallo spagnolo di José F. Padova)

La Bolivia è un Paese che sta imparando ad accettare sé stesso, dopo secoli di negazione da parte del colonialismo, che ci educò a provare vergogna per la nostra diversità. Per troppo tempo il potere ci fece credere che essere indio è la più grande disgrazia che possa capitare sulla terra. I primi colonizzatori, quando ci sfruttavano, dubitavano che avessimo un’anima; durante la Repubblica ci definivano come popoli cui era necessario un padrone per poter vivere e intanto ci imponevano vincoli di servitù; durante gli anni ’70 a qualche dittatore venne in mente l’idea di importare africani bianchi per «migliorare la razza», mettendo chiaramente in luce come il colonialismo sia stato la forma storica di dominazione costante presso la maggioranza dei popoli boliviani.

Il nostro Paese, a differenza di quelli latino-americani nostri vicini, si costituì nell’incertezza e nella paura per un’identità india tanto vasta che attorniava i colonizzatori, dapprima creoli e poi repubblicani, che dopo la rivolta di Túpac Katari nel 1780 vissero con il trauma storico dell’accerchiamento delle città e dopo la Guerra Federale nel 1889 scelsero come nemico permanente il popolo indio, rendendone generale l’emarginazione per evitare qualsiasi tentazione di democratizzazione.

Per questo motivo nelle grandi guerre nazionali contro i Paesi vicini - tutte perdute - furono le popolazioni indigene, autoctone e contadine che come «carne da cannone» furono in prima linea nelle battaglie, difendendo un Paese del quale non si sentivano parte e nel quale non erano stati chiamati alla partecipazione politica; senza dubbio fu in questi spazi, nei quali si percepiva la diversità di un Paese dalle molte nazioni nelle quali come tale si riconosceva, che iniziò la gestazione dei movimenti sociali che cambiarono la Bolivia.

Guerre esterne e guerre interne, queste ultime le più comuni in questa società baronale che difendeva sé stessa dall’accerchiamento indio il quale, col passare degli anni, tesseva reti sociali sempre più estese e definiva con sempre maggior precisione la richiesta di costruire un nuovo Paese.

La storia della Bolivia è costellata da dittature militari e da democrazia estromettenti, che esprimono unicamente la struttura di potere di una società che mai volle vedersi nello specchio e visse con lo sguardo rivolto al Primo Mondo, copiando, imitando e di quei Paesi servendo gli interessi intrecciati alla complicità del potere locale.

Le popolazioni indigene, autoctone e contadine, ampia maggioranza nel Paese, assistettero semplicemente al succedersi delle diverse facce dei padroni nei susseguenti momenti della storia; anche i settori progressisti, prima di riconoscerle come protagoniste, le fecero oggetto di paternalismo e assistenzialismo, altrettante espressioni del colonialismo.

Malgrado ciò e contemporaneamente all’azione del potere, i popoli ammisero che la resistenza faceva parte della loro proposta storica e quanto più venivano repressi, tanto più riconoscevano sé stessi nella propria identità, si affermavano nei rapporti armonici fra loro come comunità e con la natura e tanto più si distinguevano differenziandosi da coloro che come politica avevano l’odio, l’avidità e il disprezzo razzista.

Per questo diciamo che la repressione e l’emarginazione come violenta azione civilizzatrice ottennero quale risposta la proposta di apprendere a «vivere bene», a non cessare di lottare contro l’oppressione e il servaggio, ma senza pensare alla maniera degli oppressori, senza odiare, discriminare, invidiare e soprattutto senza sfruttare il lavoro dell’altro. Si trattava di formulare una proposta di civilizzazione totalmente diversa, che facesse dell’essere umano «comunità» e allo stesso tempo «integrazione» con la natura.

Per questo le grandi battaglie che i movimenti sociali fecero contro il neoliberalismo si tramutarono in riferimenti storici, per il Paese e per il Continente [sudamericano], per la difesa delle risorse naturali e di vita. La guerra dell’acqua a Cochabamba, la guerra del gas a El Alto e gli innumerevoli assedi degli indigeni, autoctoni e contadini crearono il contesto per lo smottamento neoliberale e la possibilità storica di una nuova epoca.

L’elezione di Evo Morales come Presidente significa una cesura storica nella storia boliviana e latino-americana. Per prima cosa, le maggioranze votano per uno di loro, si svincolano da tirannie e dominazioni per osar costruire un mondo diverso. Per questo uno dei primi provvedimenti fatti propri dal nuovo governo fu proprio quello di convocare un’Assemblea Costituente, che definissse fisionomia e spessore del nuovo Paese. Un’Assemblea che per la prima volta riunisse i rappresentanti delle molteplici nazioni boliviane, ma nello stesso tempo anche quelle minoranze che per decenni avevano governato questo paese.

La maggioranza delle molteplici nazioni [boliviane] fece proprio tutto un procedimento di scontro, quando si trovarono davanti alla sfida di conciliare i mandati locali ricevuti da ogni membro dell’Assemblea con la prospettiva di costruire una visione di Paese per la Bolivia. Questo è stato il momento fondatore, quando la diversità cominciò a tessere i pezzi della storia per costruirne una nuova.

Il Patto di Unità, che conglobava le principali organizzazioni indigene, autoctone e contadine, (CSU-TCB, Bartolinas, CONAMAQ, CIDOB y APG), fondamentali nella lotta anti-neoliberale, portò anch’esso la sue proposte e riflessioni sul processo di cambiamento e si fece sentire nell’Assemblea Costituente, non soltanto con circa la metà dei membri di maggioranza del MAS-IPSP, ma anche con un documento di proposta, col quale si esponeva chiaramente che il suma qamaña (vivere bene), ñandereko (vita armoniosa), teko kavi (vita buona), ivi Maraei (terra senza malvagità) e qhapaj ñan (cammino o vita nobile)...esprimono le utopie andino-amazzoniche e sono state una vita comunitaria di resistenza al colonialismo, che oggi si vogliono riscattare come proposte di fronte al mondo capitalista. Per centinaia d’anni i nostri popoli sono sopravvissuti in armonia con la pachamama [Madre terra] e con la comunità, le utopie sono state parte della loro vita e adesso, convertendosi nel progetto politico dei popoli indigeni, autoctoni e contadini si convertono nel cammino per muoversi nella nuova storia.

La politica del consenso è parte della vita comunitaria, come lo è la rotazione delle responsabilità. In questo modo, nonostante le trame dell’opposizione, il razzismo che fece vittime nelle file degli stessi membri dell’assemblea, lo scempio dei beni dello Stato, l’umiliazione dei contadini nelle strade, in definitiva, nonostante la risposta dei detentori del potere alla proposta comunitaria e di accettazione per il bene del Paese, si approvò la Costituzione dello Stato plurinazionale, ammettendo che siamo parte di una storia repubblicana e liberale, ma assimilando l’orizzonte comunitario del Vivere bene come realtà e come compito.

Lungo il testo costituzionale si propone la convivenze fra questi due modi d’intendere il Paese. Insieme ai diritti individuali che furono una realizzazione liberale dell’Europa al tempo della Rivoluzione Francese e che sono stati il parametro del Costituzionalismo col quale si inaugurarono le nostre repubbliche, si includono i diritti collettivi dei popoli indigeni, autoctoni e contadini, che sono loro costati tante lotte e tanto sangue dappertutto sul Continente (sudamericano) per essere alla fine riconosciuti dalle Nazioni Unite. La Bolivia fu il primo Paese a rendere costituzionale questo raggiungimento storico, per paradosso un Paese che visse a rovescio la propria realtà e le cui classi dominanti guardavano al Primo Mondo solamente per copiare la struttura legislativa con la quale abbiamo vissuto l’era repubblicana [ndt.: allude qui al Partito Repubblicano - v. anche http://historia.ibolivia.net/node/159 ].

Per quanto riguarda la giustizia, quella dei potenti sopra gli oppressi nell’interpretazione della giustizia ordinaria, si incorpora nell’ambito istituzionale quella che sempre è stata disprezzata, ma anche è servita ai colonialisti quando permettevano che i soggetti interni dei popoli potessero avere la loro propria giustizia. Oggi la giustizia «degli indios» ha cessato di essere un folclorismo per essere parte del riconoscimento che esistono forme diverse e plurinazionali per migliorare la convivenza e risolvere i conflitti.

Si è pure inserita nella Costituzione la rappresentanza politica dei popoli indigeni, autoctoni e contadini negli Organi dello Stato e, benché molti di questi spazi siano stati possibili grazie a meriti propri nella struttura dell’equità e dell’inserimento, si sono altresì creati legalmente spazi di rappresentanza perché questo Paese non li lasci mai più da parte. La questione delle autonomie è un altro grande tema che ha reso costituzionale il diritto all’autodeterminazione dei popoli indigeni, perché in definitiva essi, che vissero per secoli come subordinati e opponendo resistenza, oggi hanno la possibilità di ricostituirsi anche sul territorio, nell’ambito della struttura dello Stato Plurinazionale.

Un altro spazio fondamentale di partecipazione è quello dell’ economia comunitaria che, nell’ambito strutturale dell’Economia Plurale riconosciuta dallo Stato Plurinazionale, è il pieno riconoscimento di un’economia vitale sopravvissuta quasi nella clandestinità che permette ai popoli di poter vivere condividendo la povertà nella quale li aveva precipitati questo genere di permanente colonizzazione da parte delle oligarchie. La sfida maggiore è che questa economia, che parte dalla comunità, sia una risposta al capitalismo il quale, oltre a sfruttare intensivamente il lavoro, sta annientando le risorse del pianeta.

L’aspetto forse più importante dello spirito costituzionale è che i popoli indigeni, autoctoni e contadini sono elementi del Paese e parti costituenti dello Stato Plurinazionale. «Evo presidente» è l’espressione storica di questo grande risultato della lotta dei popoli e la possibilità storica che tutti i boliviani e le boliviane abbiano il diritto legittimo di sognare una vita migliore. I popoli indigeni, autoctoni e contadini sono l’avanguardia della Rivoluzione democratica e culturale, che oggi costruisce un Paese per tutte e tutti, ma che mantiene come orizzonte politico di vita il Socialismo Comunitario, per rendere possibile il vivere bene... Un atto storico di creazione che soltanto le rivoluzioni dei nostri popoli sono in grado di liberare.


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: