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Chiesa di Mammona - del "Deus caritas" e chiesa di Amore - del "Deus charitas"

Guerra!!! Mobilitazione dei "papa razzi"!!! "Deus caritas est": il Vaticano pretende di sapere tutto e non capisce più nemmeno il valore di un’ "acca"!!! Deciso!!! Un "generale", Mons. Bagnasco, nuovo presidente della Cei. Una nota di don Vitaliano Della Sala - a cura di pfls

giovedì 8 marzo 2007 di Maria Paola Falchinelli
[...] Sono fermamente convinto che i cambiamenti veri, anche nella Chiesa, possano venire solo dalla base; nonostante ciò, prego perchè il nuovo presidente della Cei si dimostri più saggio del suo predecessore e colmi la distanza che esiste sempre più tra i due volti della stessa Chiesa, così che questa possa finalmente presentarsi alla società italiana e all’umanità nella sua pienezza, “gloriosa, senza macchia, né ruga o alcunché di simile, ma santa e irreprensibile”(Efesini 5, (...)

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> Guerra!!! Mobilitazione dei "papa razzi"!!! "Deus caritas est": il Vaticano pretende di sapere tutto e non capisce più nemmeno il valore di un’ "acca"!!! Deciso!!! Un "generale", Mons. Bagnasco, nuovo presidente della Cei. Una nota di don Vitaliano Della Sala - a cura di pfls

venerdì 23 marzo 2007

«No ai Dico, feriscono la famiglia Ma non userò la Nota come clava»

L’INTERVISTA

Bagnasco e il documento della Cei: sarà contro l’omologazione dei conviventi

di Luigi Accattoli (Corriere della Sera, 23 marzo 2003)

ROMA - «La prolusione con cui aprirò lunedì il Consiglio permanente della Cei sarà un testo molto semplice, non estremamente articolato, rispondente ai miei criteri. Cercherò di essere me stesso e non mi proporrò l’obiettivo di imitare nessuno dei predecessori. Ma ovviamente la storia non comincia con noi e si va avanti con tutta la bellezza e l’ammaestramento di quanti ci hanno preceduti»: così parla Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e nuovo presidente della Cei, alla vigilia del suo debutto pubblico come successore del cardinale Ruini. Bagnasco dice che il Family Day non ha intenzioni «antigovernative» e la nota dei vescovi sui Dico non calerà come una «clava» sui parlamentari cattolici, ma chiarisce le ragioni della «ferma» contrarietà della Chiesa a quella legge per timore che ne venga «ferita e indebolita» la famiglia.

Eccellenza, al Consiglio permanente verrà presentata la «nota» sui Dico preannunciata dal cardinale Ruini...

«Non verrà solo presentata ma discussa e integrata con l’apporto di tutti perché si tratterà di un atto collegiale».

Ci si attende che contenga degli imperativi rivolti ai politici cattolici...

«Sarà una riproposta in chiave pastorale, pacata ma chiara, di alcune indicazioni contenute in istruzioni della Congregazione per la dottrina della fede pubblicate nel 2002 e nel 2003. Se qualcuno si attende che la nota cali come una clava è fuori strada». Tratterà anche temi di bioetica, come il testamento biologico? «Parlerà solo di famiglia e di unioni civili».

Che cos’è che la preoccupa di più su questo fronte?

«Che la famiglia venga ferita e quindi indebolita dall’attribuzione ad altre convivenze di diritti che il nostro ordinamento riserva a essa. Con quell’attribuzione il disegno di legge sui Dico di fatto opera un’omologazione almeno parziale tra la famiglia e le nuove formazioni a essa alternative».

E i diritti che il governo afferma di voler riconoscere, compresi quelli delle coppie omosessuali?

«Le esigenze e le richieste particolari delle persone che convivono possono essere soddisfatte attraverso il diritto privato. Quanto alle coppie omosessuali, la loro omologazione alla famiglia è ovviamente ancora più grave e inaccettabile, con ricadute allarmanti sulla mentalità e sul costume».

Se abbiamo capito bene lei non sarà presente al «Family Day» del 12 maggio e sconsiglia ai confratelli vescovi di esserci: perché?

«E’ un’iniziativa che viene dalle organizzazioni laicali che si occupano di famiglia e che ovviamente ha tutto il sostegno dei vescovi e questo è sufficiente. Ritengo importante che anche visivamente appaia questa caratterizzazione laicale».

Molti reputano eccessiva l’esposizione politica del vertice dell’episcopato quale si è profilata dal referendum sulla fecondazione assistita a oggi. Lei lavorerà per ridurla?

«La Chiesa vive nella storia e nel vivo di essa risponde alle interpellanze del momento secondo la vocazione di servizio che gli viene dal Signore della storia. Non credo quindi che ci si debba dare a priori un proposito di intervento, o di esposizione, o di ritirata ma solo quello di svolgere un’azione adeguata in vista del maggior bene delle persone e della società. La mia intenzione è di stare vicino alla gente e in mezzo alla gente, per condividere speranze e timori come chiede il Concilio, secondo le modalità di volta in volta più adeguate».

Dove cerca lume per questa condivisione?

«Nella comunità della Chiesa ma anche nella mia vicenda umana. Un punto di riferimento mi è offerto dalla memoria della mia famiglia, madre casalinga, padre operaio, nel centro storico di Genova. Decisiva è stata nella mia formazione umana e cristiana la fiducia che mi è venuta dai genitori, nella loro semplicità».

Oltre a varare il disegno di legge sui Dico, il governo Prodi ha prospettato un provvedimento a sostegno delle famiglie...

«Desideriamo tutti che veramente - e finalmente - si arrivi a dei provvedimenti sostanziosi. Se questo avviene sarà solo motivo di soddisfazione».

Ma nella mobilitazione cattolica che va prendendo corpo non c’è una punta antigovernativa?

«No, si tratta di una lettura fuori luogo. La finalità di quella manifestazione è precisa ed esplicita, mirata al tema della famiglia e non pretende di porsi come atto di schieramento politico».

Se i Dico saranno approvati, l’episcopato incoraggerà i cattolici a promuovere un referendum abrogativo?

«E’ estremamente prematuro dirlo ma sono certo che in tale ipotesi sarà ancora il laicato a operare in prima persona, alla ricerca di quella che potrà essere la migliore risposta. Non saranno innanzitutto i vescovi a muoversi».

Lei ritiene che l’Italia possa fare un cammino tanto diverso rispetto all’insieme dell’Europa?

«Ritengo che il cammino dell’Europa non debba stare sotto il segno dell’omologazione e nego che l’orientamento al momento prevalente sia necessariamente il migliore. Trovo essenziale che ogni paese tenga fede, con rispetto e coraggio, alle proprie convinzioni più alte dando con ciò un aiuto a tutti».


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