Chiesa Cattolica Italiana
Mons. Bagnasco, nuovo presidente della Cei, espressione solo di una parte della Chiesa
di don Vitaliano Della Sala *
La decisione di nominare mons. Angelo Bagnasco a presidente della Conferenza episcopale italiana, senza consultare in alcun modo l’episcopato, il clero, le comunità e i fedeli laici, è la metafora dei due volti della medesima Chiesa.
Esiste, all’interno della stessa Chiesa cattolica italiana - e tutti lo sanno bene perché è visibile, forse troppo visibile - la Gerarchia “trionfante” della Chiesa, quella eternamente “costantiniana” dell’in hoc signo vinces, sempre pronta a pretendere privilegi e a fare compromessi con i potenti, potente essa stessa e invischiata sempre più con la politica. Una gerarchia che sa solo pronunciare i suoi eterni ”no” di fronte a qualsiasi richiesta di apertura che viene dalla base, senza preoccuparsi in alcun modo delle sofferenze che i “no” provocano; una Chiesa che appare formata esclusivamente della gerarchia e da queste è esclusivamente rappresentata, senza aver ricevuto delega alcuna da parte della base. Di partecipazione dei fedeli laici alle decisioni, neanche a parlarne, come pure di democrazia interna e di diritto-dovere al dissenso.
Oltre questa Chiesa gerarchica, anzi dentro di essa, esiste un’”altra” Chiesa, la Chiesa-altra. Una Chiesa-altra che ha imparato ad usare “il potere dei segni, anziché i segni del potere”, come diceva il compianto don Tonino Bello, presidente di Pax Christi. Una Chiesa-altra viva, fatta di vescovi e preti coraggiosi, di fedeli laici impegnati, anche se costretta a vivere “nelle catacombe” della paura di essere inquisita, punita, processata.
È la nuova Chiesa del silenzio che, però, prende sempre più coraggio e emerge dall’oscurità nella quale è stata ricacciata o nella quale si è autorelegata. Una Chiesa-altra che “scopre” sempre più i mezzi di informazione e comincia ad usarli come i “tetti” del nostro tempo, dai quali Gesù ci invita a gridare il suo messaggio di liberazione (cfr. Matteo 10,27) e, a sua volta, è “scoperta” dai mass media.
Chiesa-altra che non si vergogna di pronunciare il nome di Gesù Cristo, non arrossisce del Vangelo, ma da esso parte per riflettere sul mondo e sulla società, senza mai condannare, né escludere o emarginare nessuno. Chiesa-altra sempre più indispensabile alla Chiesa universale.
Sono fermamente convinto che i cambiamenti veri, anche nella Chiesa, possano venire solo dalla base; nonostante ciò, prego perchè il nuovo presidente della Cei si dimostri più saggio del suo predecessore e colmi la distanza che esiste sempre più tra i due volti della stessa Chiesa, così che questa possa finalmente presentarsi alla società italiana e all’umanità nella sua pienezza, “gloriosa, senza macchia, né ruga o alcunché di simile, ma santa e irreprensibile”(Efesini 5, 27).
Sant’Angelo a Scala, 7 marzo 2007
don Vitaliano Della Sala (347 3679191)
prete reale di una parrocchia virtuale
www.donvitaliano.it
"La mia parrocchia vasto mondo":
la parrocchia virtuale di don Vitaliano Della Sala
www.donvitaliano.it
* IL DIALOGO, Mercoledì, 07 marzo 2007
Sul tema, nel sito, si cfr.:
7 Marzo 2007
la Chiesa italiana agli ordini di un generale di corpo d’armata! *
dalla filosofia alla porpora: la carriera di Bagnasco
Nato a Pontevico, nella bassa bresciana, il 14 gennaio 1943, da genitori liguri sfollati per la guerra, mons. Angelo Bagnasco è cresciuto a Genova dove ha frequentato il Ginnasio ed il Liceo classico presso il Seminario arcivescovile di Genova e dove, il 29 giugno 1966, è stato ordinato sacerdote. Laureato in filosofia alla Statale, dopo essere stato viceparroco per diversi anni - e questa sarà la sua unica esperienza pastorale prima della nomina episcopale - a partire dagli anni ‘80 ha ricoperto una serie di incarichi prima diocesani poi nazionali: docente di Metafisica e Ateismo contemporaneo presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale (sezione di Genova) e poi preside dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Genova; assistente diocesano della Fuci (dal 1980 al 1995); direttore dell’ufficio Catechistico e dell’ufficio "Educazione" della Diocesi, con l’incarico della formazione degli insegnanti di religione, e delegato regionale per la pastorale della scuola (dal 1985 al 1996).
Nel 1995 viene poi nominato vicario episcopale e, il 3 gennaio 1998, vescovo di Pesaro. Dopodiché la sua carriera ecclesiastica conosce una progressiva accelerazione: dal 2001 è presidente del Consiglio di amministrazione di "Avvenire", il quotidiano della Conferenza episcopale italiana; dal 2002 al 2005 è segretario della Commissione episcopale della Cei per l’Educazione, la Scuola e l’Università; il 20 giugno 2003 viene è nominato arcivescovo Ordinario Militare per l’Italia; e dal 2005 diventa anche segretario della Commissione Cei per la Cultura e le Comunicazioni Sociali. Fino alla nomina ad arcivescovo metropolita di Genova, a cui farà sicuramente seguito anche la porpora cardinalizia, probabilmente già nel primo Concistoro ordinario di papa Ratzinger.
Un generale per arcivescovo
Con la nomina ad Ordinario Militare - e contestualmente a generale di Corpo d’armata - la visibilità di mons. Bagnasco cresce progressivamente. A partire dalla fine del 2004 quando il neo-arcivescovo di Genova si fa fotografare nella copertina del calendario 2005 dell’Ordinariato militare, realizzato in collaborazione con le Pontificie opere missionarie. Un’iniziativa che sollevò le critiche di molti (Pax Christi e comboniani su tutti, v. Adista n. 1/05) sia per la scelta delle immagini - aerei da combattimento che sorvolano croci, messe da campo a cui partecipano battaglioni in armi, soldati in tuta mimetica che offrono doni ai bambini - sia per l’accostamento missionario-cappellano militare-soldato che Pax Christi definì "fuorviante, diseducativo e antievangelico".
L’ultima iniziativa editoriale di mons. Bagnasco risale alla scorsa primavera quando regala a tutti i soldati italiani in missione all’estero un libretto tascabile dal titolo Parola di Dio e Vita Cristiana (stampato dalle Edizioni san Paolo) contenente i Vangeli, una raccolta di Salmi, alcune parti del Compendio del catechismo della Chiesa cattolica e le principali preghiere della tradizione cattolica. La copertina di color verde militare suscitò qualche perplessità a cui mons. Bagnasco rispose in un’intervista a "Famiglia Cristiana" (21 maggio): "è un tocco che lo contraddistingue. Niente più. Un simbolo di appartenenza, come si fa negli scout". Nella stessa intervista mons. Bagnasco, oltre a rivendicare il ruolo di pace degli eserciti, difese anche le "stellette" dei cappellani militari, cioè il fatto che tutti i sacerdoti, quando assumono l’incarico di cappellani militari, acquisiscono automaticamente i gradi che li fanno diventare militari a tutti gli effetti (e l’arcivescovo ordinario, il massimo grado della gerarchia ecclesiastica diocesana, si appunta sulla talare la greca e le tre stellette di generale di corpo d’armata): "Lo so che la cosiddetta ‘militarità‘ può fare problema e sembrare fuori posto per un prete. Ma c’è una ragione. Il senso di appartenenza alle Forze armate è altissimo. È un mondo con regole precise. Il sacerdote, per essere pienamente accolto, ne deve far parte fino in fondo, convinto che il rispetto delle persone e dell’ambiente passa anche attraverso la loro totale condivisione" (v. Adista n. 49/06).
Come ordinario militare, poi, mons. Bagnasco si è più volte trovato a celebrare i funerali di Stato dei soldati italiani morti nelle missioni militari all’estero (in Afghanistan e Iraq) e a pronunciare omelie fortemente patriottiche in cui c’era la dura condanna del "terrorismo vile", la difesa del valore delle missioni militari e la rivendicazione del ruolo di "portatori di pace" dei soldati. Concetti ribaditi anche nelle sue Lettere pastorali (ai cappellani militari, il 4 ottobre 2004; alla Diocesi Ordinariato Militare, il 23 ottobre 2004; e ai seminaristi dell’Ordinariato, il 27 marzo 2005) e in altre occasioni pubbliche meno emotivamente coinvolgenti delle esequie di Stato: come la messa per le Forze armate in San Pietro, il 16 dicembre 2005, quando l’Ordinario Militare sottolineava davanti al papa la "particolare umanità" che i nostri militari hanno "nell’animo", una umanità che "brilla all’estero" nelle numerose missioni di peacekeeping e che "non nasce dal nulla ma attinge ispirazione dalle radici cristiane del nostro Paese". O alla vigilia della parata militare dello scorso 2 giugno, rispondendo ai movimenti contro la guerra dai microfoni della Radio Vaticana: "Chi parla dei soldati italiani in missione all’estero come dei mercenari in cerca di soldi ha una visione ingiusta e irrispettosa".
"Giudicare mercenari i nostri militari è veramente un obbrobrio": sarebbe "come giudicare mercenari tutti coloro che, medici, avvocati, si dedicano in qualche modo e misura al bene pubblico".
È un generale di corpo d’armata il nuovo arcivescovo di Genova
È mons. Angelo Bagnasco, Ordinario Militare per l’Italia, con il grado di generale di Corpo d’Armata, il nuovo arcivescovo di Genova. Succede al card. Tarcisio Bertone che, come annunciato dal papa lo scorso 22 giugno, è stato nominato Segretario di Stato vaticano a partire dal prossimo 15 settembre (v. Adista n. 49/06). La notizia l’ha data lo stesso card. Bertone, il 29 agosto, al termine della messa al santuario della Madonna della Guardia: "Benedetto XVI mi ha designato come suo nuovo Segretario di Stato. Assumerò l’incarico dal 15 settembre. Papa Benedetto ha voluto provvedere subito alla nomina del mio successore e lo ha scelto nella persona di sua eccellenza mons. Angelo Bagnasco", un ligure "dopo due piemontesi [Bertone e Canestri, ndr] e un lombardo [Tettamanzi, ndr]".
Mons. Bagnasco ha ‘bruciato’ in extremis la candidatura del biblista mons. Luciano Monari, vescovo di Piacenza, che prima dell’estate sembrava pronto a trasferirsi sotto la Lanterna: ad aver pesato sulla sua nomina, oltre ai buoni uffici del card. Ruini - che nel 2001 lo volle presidente del Consiglio di amministrazione di Avvenire e nel 2003 lo propose ordinario militare -, anche le pressioni dagli ambienti conservatori della curia e di alcuni influenti personaggi della ‘Genova che conta’ (fondazioni bancarie, enti e i principali ospedali della città, Galliera e Gaslini, per statuto presieduti dall’arcivescovo) che hanno convinto il card. Bertone a sponsorizzare la nomina di Bagnasco. Del resto la promozione di un Ordinario Militare ad una delle più importanti diocesi italiane, nonché sede cardinalizia, sembra fare seguito anche alle parole di apprezzamento per l’importante "azione pastorale degli Ordinariati militari della Chiesa Cattolica" contenute nel messaggio di papa Ratzinger per l’ultima Giornata mondiale della pace, 1 gennaio 2006 (v. Adista n. 1/06).
La speranza di don Gallo
Fra i primi a congratularsi con il neo-arcivescovo, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha inviato a mons. Bagnasco un telegramma di auguri e "fervidi auspici per la sua nuova missione", e l’ex ministro Claudio Scajola (nativo di Imperia), oltre alle istituzioni locali liguri.
Accoglienza positiva pure da buona parte del clero genovese (mons. Bagnasco è ben conosciuto per i molti incarichi ricoperti in diocesi negli anni ‘80 e ‘90) che ora si aspetta un arcivescovo che rimanga a Genova più a lungo del card. Tettamanzi (7 anni, dal 1995 al 2002) e soprattutto del card. Bertone (4 anni, dal 2002 al 2006). Voce fuori dal coro quella di don Paolo Farinella il quale parla di una "nomina-premio" che non tiene conto delle "esigenze della città": "per il ruolo che ha ricoperto (quello di Ordinario Militare, ndr) e per come l’ha ricoperto in questi anni credo non sia la persona giusta per Genova". E di don Andrea Gallo, della Comunità di san Benedetto al Porto, che però auspica la ‘conversione’ del nuovo arcivescovo: "Quando fu nominato il vescovo di Olinda Recife, dom Helder Camara, in molti pensarono quello che ora pensa don Paolo. Poi però dom Camara cominciò dagli ultimi, andò nelle baracche, addirittura lasciò il suo bel palazzo vescovile e andò a vivere in un appartamento in mezzo al quartiere più popoloso, in mezzo alla gente". Allora "intanto bisogna accogliere il nuovo pastore", dice don Gallo, "poi magari occorre chiedergli che cominci dagli ultimi".
Le associazioni laicali sono soddisfatte. Lorenzo Caselli, già presidente nazionale del Meic e docente di Economia all’università di Genova, saluta il neo-arcivescovo e, dalle pagine locali di "Repubblica" (29/8) avanza subito tre proposte: "convocare un sinodo della Chiesa genovese per preparare un nuovo annuncio"; puntare e investire sulle parrocchie; creare una "Fondazione di studio di Dottrina sociale della Chiesa, dove concentrare il patrimonio di conoscenza, di solidarietà, di diversità, di confronto sui grandi disegni civili". E, sempre sulle pagine genovesi di "Repubblica" (26/8), alla vigilia dell’ufficializzazione della nomina ma quando l’arrivo Bagnasco era già ampiamente previsto, Angelo Cifatte e Silvana Caselli ("a nome di un gruppo di riflessione di 150 cattolici") scrivono: "abbiamo bisogno di un vescovo che eviti le inaugurazioni mondane ma visiti realmente la diocesi incontrando i preti e ripristinando il dialogo con il mondo laicale"; "abbiamo bisogno di un vescovo che sappia porsi come interlocutore della ‘politica’ senza compromessi, ma nella libertà della sua profezia e nel rispetto della politica e dei cristiani impegnati a gestire la res publica secondo coscienza".
(di luca kocci - www.adista.it)
* Fonte: www.donvitaliano.it
Lettera al presidente della Cei, Mons. Angelo Bagnasco arcivescovo di Genova
di Paolo Farinella, prete
Riceviamo da don Paolo Farinella, prete genovese, questa lettera a mons. Bagnasco che molto volentieri pubblichiamo. Chi volesse esprimere il proprio parere può farlo usando gli appositi link in fondo a questa pagina.
Nell’inviare questa lettera don Paolo ha premesso la seguente spiegazione del perchè essa è stata resa pubblica che anche rendiamo noto ai nostri lettori. *
«Care Amiche e amici,
invio questa lettera spedita al mio vescovo, nonché Presidente della Cei prima privatamente e dando una settimana di tempo per un eventuale incontro di approfondimento. Non ho avuto alcun riscontro per cui mi sento libero di renderla pubblica. Molte altre cose avrei voluto dire, ma dovevo restare entro una pagina. Sarà per la prossima lettera d’amore.
Il giornale L’Unità mi aveva contattato per pubblicarla, ho aspettato due giorni, ma visto che non anche lì non ne fanno nulla (visti i tempi e le fascine di legna accatastate alla bisogna!!!!), la metto in rete. Lo scopo non è di discutere, ma solo di offrire una opinione personale. Può essere condivisa o no. Non attendo risposte, ma solo il rispetto che si deve alla buona fede.
Se volete divulgarla attraverso i vostri mezzi, fate pure. Io sono tranquillo con la mia coscienza e davanti a Dio, come si conviene ad un credente che non può tacere di fronte all’immondo mercimonio a cui è sottoposta la religione ai nostri giorni. Forse ad alcuni arriverà in doppio, forse ad altri non arriverà punto, forse qualcuno è finito nella mia rubrica per opera divina, insomma... chi vuole essere cancellato me lo dica.
Un abbraccio a tutte e a tutti
Paolo Farinella, prete Genova»
Lettera al presidente della Cei, Mons. Angelo Bagnasco arcivescovo di Genova
Sig. Presidente,
Il 12 maggio in piazza S. Giovanni a Roma al raduno organizzato dalla Presidenza della Cei attraverso le aggregazioni laicali cattoliche, è accaduto un fatto grave che come presidente dei Vescovi italiani non può lasciare senza risposta. Silvio Berlusconi, notoriamente divorziato e felicemente convivente, ha dichiarato che i cattolici coerenti non possono stare a sinistra, asserendo con questo che devono stare a destra, cioè con lui e con il suo liberismo che coincide sempre con i suoi interessi e mai col «bene comune».
Non è questa la sede per stabilire i confini di «destra» e «sinistra». Una sola annotazione: da tutta la letteratura documentale del magistero, da Leone XIII al «Compendio» pubblicato nel 2004 da Giovanni Paolo II, risalta che i programmi della «sinistra», presi nella loro globalità e alla luce della categoria dirimente del «bene comune o generale» sono molto più vicini alla «dottrina sociale della Chiesa» di quelli della «destra», che, al di là delle parole ossequiose e strumentali, sono la negazione di quella dottrina nei suoi principi essenziali (bene comune, democrazia, legalità, stato sociale, ecc.). Alcide De Gasperi, già negli anni ’50, definiva la DC «un partito di centro che guarda a sinistra».
Benedetto XVI ad Aparecida in Brasile ha detto che la scelta preferenziale dei poveri è costitutiva della Chiesa e ha dichiarato la fine del marxismo (forse intendeva dire del marxismo ideologico e storico come realizzato nel sovietismo) e il fallimento del capitalismo. Silvio Berlusconi è il rappresentante più retrivo del capitalismo speculativo e senza regole, appena condannato dal papa, perché egli adora un solo dio e ha una sola religione: il mercato. A condizione però che il mercato faccia gli interessi dei ricchi, i quali, si sa, sono capaci di sprazzi di «compassione» ed elargiscono elemosine ai poveri, magari davanti alla tv, conquistandosi anche il paradiso e risolvendo il rebus del cammello e della cruna dell’ago. Con le sue tv commerciali, egli guida e gestisce il degrado morale del nostro popolo, imponendo modelli e stili di vita che sono la negazione esplicita e totale di tutti i «valori» cristiani che il raduno del Family Day voleva affermare.
E’ notizia di oggi (14 maggio 2007) che Berlusconi ha comprato la società Endemol, la fabbrica del vacuo, dei grandi fratelli e del voyeurismo amorale e anti-famiglia che fornisce anche la tv di Stato che così viene ad essere, a livello di contenuti, totalmente nelle sue mani. Il conflitto di interessi ora è totale. La sua presenza ad un raduno di cattolici manifestanti a favore della famiglia è strutturalmente incompatibile. Egli non può stare nemmeno nei paraggi del cattolicesimo che di solito ossequia subdolamente e di cui si serve con qualsiasi strumento economico o di potere. Mi fa ottima compagnia P. Bartolomeo Sorge S.J. che ha dimostrato con ampia facoltà di prova sulla scorta del magistero ordinario nei memorabili editoriali di Aggiornamenti Sociali, l’incompatibilità del berlusconismo con la dottrina sociale della Chiesa e ancora di più con i principi esigenti del cristianesimo.
Un altro campione di famiglia cattolica, pontificante al raduno, fu il deputato Pierferdinando Casini. O tempora! O mores! Il 19 ottobre 2005, all’inaugurazione dell’anno accademico nella Università del Papa, la Lateranense, il Gran Cancelliere, Mons. Rino Fisichella, ebbe l’ardire di presentarlo come esempio di persona che «forte della sua esperienza trentennale di vita politica e sostenuto da una forte coscienza cristiana, può offrire a noi tutti un chiaro esempio di come la fede possa ispirare comportamenti politici liberi e coerenti nella ricerca del bene comune». Parole di un vescovo, Gran Cancelliere nell’Università del Papa, ad un cattolico praticante, divorziato e felicemente convivente con prole.
Tutto ciò crea disorientamento, scandalo e sconcerto nei cristiani che faticano ogni giorno a fare conciliare l’esigenza della fede con il peso delle situazioni della vita, a volte insopportabili. Ad un uomo divorziato che, di fronte a queste dichiarazioni, affermava il suo diritto di «fare la comunione», non ho potuto dare torto, perché non potevo contestare l’autorevolezza di un vescovo e Gran Cancelliere del Papa: ho dovuto dirgli che aveva ragione e che sulla coscienza e responsabilità di Mons. Fisichella, del deputato Pierferdinando Casini e di Silvio Berlusconi, divorziati e conviventi, paladini difensori della «famiglia tradizionale», dell’indissolubilità del matrimonio, poteva andare tranquillo. Rilevo di passaggio che sia Casini che Berlusconi, in quanto parlamentari, usufruiscono «già» per i loro conviventi di tutti i benefici che contestano al progetto di legge sui «DICO».
O la Chiesa è coerente fino allo spasimo, fino al martirio, sapendo distinguere i falsi profeti per difendere le pecorelle dal sopruso e dalla sudditanza di avventurieri senza scrupoli, o la Chiesa si riduce ad una lobby che intrallazza interessi materiali con chiunque può garantirglieli. E’ una questione «di verità» per usare un’espressione a lei cara. Sulla stampa (la Repubblica 14-05-2007, p. 9) all’interno di una intervista, mons. Giuseppe Anfossi, responsabile Cei per la famiglia, ha dichiarato che Berlusconi si assume la responsabilità di ciò che ha detto. Non parlava però a nome della Cei che, credo, abbia l’obbligo di fare chiarezza e prendere le distanze da simili individui che non fanno onore né alla chiesa, né alla politica (nella concezione espressa da Paolo VI), né al popolo italiano. Se non vi sarà una chiarificazione ufficiale da parte della presidenza della Cei resterà un «vulnus» che ne appannerà la credibilità.
Sulla stampa sono stati pubblicati i capitoli dell’8 per mille che hanno cofinanziato il raduno del Family Day, suscitando in larghi strati del popolo cattolico una reazione a devolvere altrove la quota della Chiesa, generando ancora una volta una scollatura più grande tra popolo di Dio e Gerarchia che ormai sembrano camminare su sentieri diversi. Mi auguro che lei abbia il coraggio necessario, adeguato alla situazione.
E’ mia intenzione nella giornata di lunedì 21 maggio 2007, rendere pubblica questa lettera di credente ferito che si dissocia dalle parole per nulla cristiane di Silvio Berlusconi e anche dal silenzio pesante della Presidenza della Cei. Nessuna pretesa, solo una testimonianza «nunc pro tunc».
Genova 14 maggio 2007
Paolo Farinella, prete
* IL DIALOGO, Venerdì, 25 maggio 2007
Bagnasco: "I politici non trascurino il family day" *
ROMA - Il "Family Day", avvisano i vescovi italiani, non potrà essere trascurato dai politici. "E’ la società civile che si è espressa in maniera inequivocabile e che ora attende un’interlocuzione istituzionale commisurata alla gravità dei problemi segnalati", ha detto oggi il presidente della Cei, monsignor Angelo Bagnasco, aprendo nel pomeriggio i lavori dell’Assemblea generale della Cei in Vaticano. La manifestazione di San Giovanni, ha aggiunto il presule, è "stato un fatto molto importante" "consolante per noi vescovi", e con "un’ottima riuscita". I vescovi italiani, ha aggiunto Bagnasco, non vogliono fare "da padroni", "parlare dall’alto", nè attentare alla laicità della vita pubblica. Il capo dei vescovi ha ricordato le minacce contro di lui e la Chiesa, e si è detto molto preoccupato riguardo "il rischio di una contrapposizione strumentale tra laici e cattolici". "Questa contrapposizione - ha detto oggi - in realtà non trova riscontro nel sentire della stragrande maggioranza del nostro popolo".
Quanto alle questioni sociali il presidente della Cei è stato altrettanto netto. "La nostra esperienza diretta - ha detto - registra una progressiva crescita del disagio economico sia di una larga fascia di persone sole e pensionate, sia delle famiglie che fino a ieri si sarebbero catalogate nel ceto medio". "E proporzionalmente - ha aggiunto - c’è un ulteriore schiacciamento delle famiglie che avremmo definite povere". Dalle segnalazioni ricevute, ha spiegato il presidente della Cei, "la situazione attualmente più esposta sembra essere quella della famiglia monoreddito con più figli a carico". "Spesso con difficoltà si arriva alla fine del mese. E’ da questa tipologia di famiglie che viene oggi alle nostre strutture una richiesta larga e crescente di aiuto- anche con i ’pacchi viveri’ che parevano definitivamente superati per lo più mascherata e nascosta per dignità".
* la Repubblica, 21-05-2007.
Imbrattati con vernice porpora il pavimento del portico davanti alle Acli emiliane.
Intimidazioni anche nel capoluogo campano. Nei giorni scorsi minacce a Genova e Torino
A Bologna e Napoli scritte contro Bagnasco
Il ministero dell’Interno: "Attenzione massima" *
BOLOGNA - Nuove scritte contro il presidente della Cei a Bologna e Napoli. Sul pavimento del portico di fronte alla sede delle Acli, nel capoluogo emiliano, hanno scritto "Bagnasco vergogna". Gli autori della scritta contro il numero uno della Cei, hanno imbrattato con spray color porpora anche la targa sulla porta delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani.
"Probabilmente quelle scritte sono state fatte durante la notte", ipotizza il vicepresidente delle Acli, Manuel Ottaviano. "E’ comunque significativo - ha aggiunto -, che l’abbiano fatto contro la nostra associazione, che si è sempre espressa in maniera contraria ai Dico". Sul posto sono già intervenuti gli agenti della Digos e della scientifica per i rilievi del caso.
Il vice ministro dell’Interno Marco Minniti, ha assicurato che "l’attenzione è massima: lo è stata in questi giorni e continua ad esserlo. Abbiamo messo in atto misure di carattere preventivo come avviene per moltissime altre personalità il cui lavoro finisce per mettere in discussione la loro tranquillità e integrità personale".
Francesco Murru, presidente provinciale e componente della direzione nazionale Acli, ha annunciato che sporgerà "denuncia contro ignoti": "Le Acli non si fanno intimidire da nessuno" e ha confermato la partecipazione dell’associazione al Family Day "così come abbiamo annunciato", il 12 maggio in Piazza San Giovanni a Roma.
Una frase contro il presidente della Cei e contro papa Benedetto XVI è stata scritta anche a Napoli sul muro laterale della chiesa di Sant’Eligio Maggiore, nel quartiere Vicaria. Le parole "Bagnasco, Ratzinger: vergogna!" sono state tracciate con vernice a spray rossa e per cancellarle ci vorrà il benestare al comune di Napoli da parte della soprintendenza ai beni ambientali, trattandosi di edificio di culto di valore monumentale.
Secondo ambienti della Digos partenopea, che ha inviato una segnalazione a Roma, si tratta probabilmente di un episodio di emulazione, dato che il contenuto non è pesantemente offensivo e non vi compaiono i simboli quali la falce e martello o la stella a cinque punte. La zona in cui è comparsa la scritta, inoltre, nella "mappa geopolitica" cittadina è tradizionalmente di destra.
Negli ultimi giorni scritte contro il presidente della Cei sono apparse a Torino e a Genova.
Bagnasco: "Il no ai Dico?
Come a pedofilia e incesto"
Poi la Cei: "Male interpretato"
Il capo dei vescovi: "Domani si potrebbero legalizzare altre aberrazioni". Poi una nota : "E’ stato forzato il suo pensiero". Duri Pecoraro Scanio e Pollastrini. Mastella: "Atteggiamenti isterici". Berlusconi: "Vescovi liberi di esprimersi, ma i laici sono liberi di pensare il contrario
Intervista a: ROSA RUSSO IERVOLINO
Per il sindaco di Napoli «le famiglie si difendono costruendo asili, non intervenendo nelle decisioni del Parlamento»
«Certi vescovi io li manderei a fare i missionari»
di Marco Bucciantini (l’Unità, 01.03.2007)
«Ringrazio il Padreterno, in cui credo, perché sono “costretta” ad occuparmi dei problemi concreti delle famiglie, e non ho tempo da perdere in discussioni su quale sia la vera famiglia...»
Sindaco Iervolino, anche i vescovi credono in Dio. E non hanno dubbi: di famiglia ce n’è una sola. Inquadrare per legge altri tipi di convivenza significa iniziare scivolare su un crinale pericoloso, fino a sprofondare nella pedofilia o nell’incesto, già permessi in Olanda e Germania.
«Come si fa ad ascoltare queste cose? Non meritano commento. Non vi do modo di titolare: la vecchia cattolica contro i vescovi. Non facciamo il fronte anti-chiesa. È un consiglio strategico: i toni accesi non chiamano toni altrettanto accesi. Sono profondamente convinta della laicità dello Stato, non la considero minacciata dalle parole dei vescovi. L’altro giorno, intervenendo ad un convegno, De Mita ha detto: la Chiesa ha il dovere di testimoniare ciò in cui crede. Noi abbiamo il dovere di scegliere quello che è il bene massimo per la comunità concretamente possibile da raggiungere. E agire di conseguenza».
Qual è il bene massimo raggiungibile?
«Trovare una casa alle famiglie, alle coppie. Tutte le coppie. Questo significa difendere le famiglie. A Napoli abbiamo problemi di edilizia popolare, che va rilanciata. E siamo senza territorio per costruire, è tutto sfruttato, la densità abitativa è già massima». Trovata una casa, c’è da mandare i figli all’asilo. «Prima che diventasse sindaco Bassolino qui nemmeno esistevano. Ne ho trovati 17, adesso sono 25 e alla fine del mio mandato ne vorrei lasciare 50. Per un milione di abitanti sono pochi».
E quando i bambini crescono?
«Vanno per la strada, si perdono, sono inghiottiti dal traffico di droga, diventano corrieri. E noi sindaci siamo senza soldi per rafforzare l’assistenza sociale. Mi piacerebbe che qualcuno battagliasse con noi su questo fronte...».
Invece per i vescovi la minaccia per le famiglie sono i Dico...
«Questi vescovi che parlano così li manderei tutti in missione, a rendersi conto dei guai che tormentano la gente».
Come si argina l’attacco della Cei?
«Sostenendo il ruolo delle Istituzioni, lo Stato dove un Parlamento può e deve lavorare per trovare le soluzioni. L’ho detto alla Moratti, scesa in piazza a Milano per chiedere sicurezza. Le leggi non si fanno con i cortei. Con i Dico-day, con i family-day si combina poco».
Perché la Chiesa ha inasprito i toni, in un crescendo che nemmeno il cambio di guardia alla Cei ha rallentato?
«E che ne so? Chiedete a loro. Ognuno adotta il proprio stile. Io vado avanti, credo nello Stato laico, nella libertà di coscienza dei cattolici».
Da “vecchia cattolica” non prova imbarazzo?
«È un secolo che ci sentiamo in difficoltà. La mia generazione è quella del Concilio. Con Tina Anselmi, Maria Eletta Martini, Sergio Mattarella siamo finiti sotto accusa per aver fatto una scelta di sinistra, per noi l’unica coerente con i i principi di giustizia che un cristiano deve perseguire».
E adesso cosa insegue un sindaco cattolico?
«Sono qui, di sabato sera, a studiare il bilancio. È un’impresa. Ne dico una: il tribunale dei minori affida ai sindaci i bambini allontanati dai genitori che non possono crescerli, o perché in carcere, o coinvolti in problemi di droga o persi in altri guai. Le case-famiglia che si occupano di questi figli per conto dell’amministrazione le ho potute pagare fino al 2005. Sono 15 mesi che non abbiamo una lira da dare loro, ma i bambini che hanno in affidamento devono mangiare tutti i giorni...».
Protezione soft per il prelato, dovrà avvertire la polizia ogni volta che lascia la curia. La condanna di Unione e Cdl. Lusetti (Margherita): abbassare i toni. Fi accusa "l’inquisizione laicista"
Sotto scorta il presidente della Cei
"Bagnasco vergogna" sul portone del Duomo
di NADIA CAMPINI *
GENOVA - Il presidente della Cei monsignor Angelo Bagnasco è da ieri sotto la protezione della polizia. Ieri mattina all’alba è comparsa sul portone centrale della cattedrale di San Lorenzo a Genova, la città dove Bagnasco è arcivescovo, una scritta a lettere cubitali tracciata con la vernice spray bianca: "Bagnasco vergogna", la risposta alle dichiarazioni dell’arcivescovo sui Dico, che nei giorni scorsi avevano sollevato polemiche senza precedenti. Scattata la telefonata alla polizia, per precauzione la questura di Genova ha deciso che d’ora in poi nelle sue uscite l’arcivescovo sarà accompagnato dalla scorta.
Sabato sera le precisazioni ufficiali dell’Arcidiocesi e dell’Avvenire avevano tentato di disinnescare il caso sollevato dalle parole di Bagnasco, spiegando che nel suo discorso il vescovo non aveva assolutamente voluto accostare i Dico all’incesto e alla pedofilia, ma la polemica non si è placata. E gli effetti si sono visti ieri mattina con la scritta sul portone della cattedrale. Ad accorgersene sono stati i custodi nelle prime ore del mattino, che hanno avvisato la polizia; subito sono arrivati una volante e gli uomini della Digos. Alle dieci la scritta era già stata cancellata.
Ma resta la preoccupazione per un clima sempre più pesante. E anche se gli investigatori pensano ad un atto isolato, perché la scritta non era accompagnata da simboli o firme di alcun tipo, è prevalsa comunque la linea della prudenza. Per l’arcivescovo è stata scelta una protezione "soft", in sostanza monsignor Bagnasco dovrà avvertire la polizia ogni volta che esce e la scorta lo prenderà in consegna.
La protezione della scorta era già stata disposta dalla questura di Genova per il cardinale Tarcisio Bertone, quando era arrivata la nomina a Segretario di Stato vaticano, mentre in passato, nei giorni del terrorismo, era stata assegnata all’arcivescovo Giuseppe Siri. Ieri il presidente della Cei è rimasto tutto il giorno in sede per una serie di riunioni e appuntamenti già in calendario da tempo, probabilmente negli incontri si è parlato anche delle polemiche dei giorni scorsi, ma dalla Curia non sono usciti commenti ufficiali. Alla riunione del Consiglio affari economici della diocesi l’arcivescovo si è presentato con il volto teso ed ha lasciato la sala diverse volte.
A Bagnasco è giunta la solidarietà del mondo politico. Un gruppo di senatori dell’Ulivo ha espresso "indignazione" per le offese al presidente Cei, mentre secondo la parlamentare ds Roberta Pinotti la scritta "offende Bagnasco e tutta la chiesa". Renzo Lusetti, responsabile informazione della Margherita, invita "ad abbassare i toni della contesa al fine di ristabilire nel paese un clima di civiltà".
Parole di solidarietà al prelato anche dal centrodestra: Alfredo Mantovano di An chiede di far prevalere "il senso di responsabilità", per Isabella Bertolini di Forza Italia "l’inquisizione laicista ha colpito ancora", per Luca Volontè, Udc, le scritte sono "un segnale grave". Anche il presidente nazionale di Arcigay Sergio Lo Giudice ha espresso solidarietà a Bagnasco "ma ancor più alle vittime delle sue affermazioni dei giorni scorsi".
* la Repubblica, 3 aprile 2007
Nuovo attacco sulle coppie di fatto del presidente Cei e arcivescovo di Genova. "Maggioranze vestite di democrazia possono diventare antidemocratiche"
Bagnasco: "Diciamo no ai Dico
come a incesto e pedofilia"
Secondo il numero uno dei vescovi difficile dire ’no’, "se cade il criterio antropologico dell’etica che è anzitutto un dato di natura e non di cultura" *
GENOVA - Perché dire no, oggi a forme di convivenza stabile alternative alla famiglia, ma domani alla legalizzazione dell’incesto o della pedofilia tra persone consenzienti? L’interrogativo, destinato a rinvigorire ulteriormente la polemica sui Dico, è stato posto dall’ arcivescovo di Genova e presidente della Cei, monsignor Bagnasco, durante un incontro nella serata di ieri con gli animatori della comunicazione della diocesi.
"Nel momento in cui si perde la concezione corretta autotrascendente della persona umana - ha affermato Bagnasco -, non vi è più un criterio di giudizio per valutare il bene e il male e quando viene a cadere un criterio oggettivo per giudicare il bene e il male, il vero e il falso, ma l’unico criterio o il criterio dominante è il criterio dell’opinione generale, o dell’opinione pubblica, o delle maggioranze vestite di democrazia - ma che possono diventare ampiamente e gravemente antidemocratiche, o meglio violente - allora è difficile dire dei no, è difficile porre dei paletti in ordine al bene".
"Perché - ha proseguito l’arcivescovo di Genova - dire di no a varie forme di convivenza stabile giuridicamente, di diritto pubblico, riconosciute e quindi creare figure alternative alla famiglia? Perché dire di no? Perché dire di no all’incesto come in Inghilterra dove un fratello e sorella hanno figli, vivono insieme e si vogliono bene? Perché dire di no al partito dei pedofili in Olanda se ci sono due libertà che si incontrano? E via discorrendo, perchè poi bisogna avere in mente queste aberrazioni secondo il senso comune e che sono già presenti almeno come germogli iniziali".
"Oggi ci scandalizziamo - ha concluso il presidente della Cei - ma, a pensarci bene, se viene a cadere il criterio antropologico dell’etica che riguarda la natura umana, che è anzitutto un dato di natura e non di cultura, è difficile dire ’no’. Perché dire no a questo a quello o a quell’altro. Se il criterio sommo del bene e del male è la libertà di ciascuno, come autodeterminazione, come scelta, allora se uno, due o più sono consenzienti, fanno quello che vogliono perché non esiste più un criterio oggettivo sul piano morale e questo criterio riguarda non più l’uomo nella sua libertà di scelta ma nel suo dato di natura".
* la Repubblica, 31 marzo 2007
La Cei attacca i Dico: «Sono pericolosi e inaccettabili» *
Ci mancava l’attacco ai Dico di giornata. La Chiesa se ne era dimenticata e recupera subito. Ci pensa il nuovo presidente della Cei, Angelo Bagnasco. L’arcivescovo di Genova ha tenuto la sua prima prolusione al consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana, una sorta di parlamentino dei vescovi italiani a cui prendono parte 31 presuli su un totale di circa 250. C’era grande attesa per quanto avrebbe detto: le sue prime parole sono state una riaffermazione della fedeltà dei vescovi italiani al Papa e della continuità con la linea del suo predecessore, il cardinal Camillo Ruini.
Proprio in esplicita continuità con «l’amato Ruini», Bagnasco ha ricordato la battaglia a favore del matrimonio e delle famiglie, che in soldoni vuol dire contro i Dico. Il neo presidente dei vescovi italiani ha ribadito infatti che l’episcopato italiano giudica il ddl sui diritti dei conviventi (i "Dico", appunto), l
Bagnasco ha messo poi le mani avanti cercando di difendersi dalle critiche: «Il dovere di parlare del matrimonio come invalicabile bene dato agli uomini per la loro felicità e per il loro futuro» e il suo Magistero al riguardo «non può essere interpretato come un sopruso, o come un’invadenza di campo, o come un gesto indelicato se non spropositato, o addirittura come una ricerca di potere temporale». «Se la Chiesa cercasse il potere, basterebbe imboccare la via facile dell’accondiscendenza», ha osservato Bagnasco sostenendo con le parole del Papa che invece «merita essere solleciti affinché le famiglie più esposte non cedano sotto le pressioni di lobbies capaci di incidere negativamente sui processi legislativi». «Proprio l’intenzione spirituale e pastorale - ha sottolineato - ci porta ad evidenziare il tema della famiglia. E a farlo con la serenità e la chiarezza che sono indispensabili». Grazie a questa serenità e chiarezza, i vescovi italiani metteranno a punto una nota contro il ddl sui "Dico", che sarà diffusa giovedì prossimo.
* l’Unità, Pubblicato il: 26.03.07, Modificato il: 26.03.07 alle ore 17.57
«No ai Dico, feriscono la famiglia Ma non userò la Nota come clava»
L’INTERVISTA
Bagnasco e il documento della Cei: sarà contro l’omologazione dei conviventi
di Luigi Accattoli (Corriere della Sera, 23 marzo 2003)
ROMA - «La prolusione con cui aprirò lunedì il Consiglio permanente della Cei sarà un testo molto semplice, non estremamente articolato, rispondente ai miei criteri. Cercherò di essere me stesso e non mi proporrò l’obiettivo di imitare nessuno dei predecessori. Ma ovviamente la storia non comincia con noi e si va avanti con tutta la bellezza e l’ammaestramento di quanti ci hanno preceduti»: così parla Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e nuovo presidente della Cei, alla vigilia del suo debutto pubblico come successore del cardinale Ruini. Bagnasco dice che il Family Day non ha intenzioni «antigovernative» e la nota dei vescovi sui Dico non calerà come una «clava» sui parlamentari cattolici, ma chiarisce le ragioni della «ferma» contrarietà della Chiesa a quella legge per timore che ne venga «ferita e indebolita» la famiglia.
Eccellenza, al Consiglio permanente verrà presentata la «nota» sui Dico preannunciata dal cardinale Ruini...
«Non verrà solo presentata ma discussa e integrata con l’apporto di tutti perché si tratterà di un atto collegiale».
Ci si attende che contenga degli imperativi rivolti ai politici cattolici...
«Sarà una riproposta in chiave pastorale, pacata ma chiara, di alcune indicazioni contenute in istruzioni della Congregazione per la dottrina della fede pubblicate nel 2002 e nel 2003. Se qualcuno si attende che la nota cali come una clava è fuori strada». Tratterà anche temi di bioetica, come il testamento biologico? «Parlerà solo di famiglia e di unioni civili».
Che cos’è che la preoccupa di più su questo fronte?
«Che la famiglia venga ferita e quindi indebolita dall’attribuzione ad altre convivenze di diritti che il nostro ordinamento riserva a essa. Con quell’attribuzione il disegno di legge sui Dico di fatto opera un’omologazione almeno parziale tra la famiglia e le nuove formazioni a essa alternative».
E i diritti che il governo afferma di voler riconoscere, compresi quelli delle coppie omosessuali?
«Le esigenze e le richieste particolari delle persone che convivono possono essere soddisfatte attraverso il diritto privato. Quanto alle coppie omosessuali, la loro omologazione alla famiglia è ovviamente ancora più grave e inaccettabile, con ricadute allarmanti sulla mentalità e sul costume».
Se abbiamo capito bene lei non sarà presente al «Family Day» del 12 maggio e sconsiglia ai confratelli vescovi di esserci: perché?
«E’ un’iniziativa che viene dalle organizzazioni laicali che si occupano di famiglia e che ovviamente ha tutto il sostegno dei vescovi e questo è sufficiente. Ritengo importante che anche visivamente appaia questa caratterizzazione laicale».
Molti reputano eccessiva l’esposizione politica del vertice dell’episcopato quale si è profilata dal referendum sulla fecondazione assistita a oggi. Lei lavorerà per ridurla?
«La Chiesa vive nella storia e nel vivo di essa risponde alle interpellanze del momento secondo la vocazione di servizio che gli viene dal Signore della storia. Non credo quindi che ci si debba dare a priori un proposito di intervento, o di esposizione, o di ritirata ma solo quello di svolgere un’azione adeguata in vista del maggior bene delle persone e della società. La mia intenzione è di stare vicino alla gente e in mezzo alla gente, per condividere speranze e timori come chiede il Concilio, secondo le modalità di volta in volta più adeguate».
Dove cerca lume per questa condivisione?
«Nella comunità della Chiesa ma anche nella mia vicenda umana. Un punto di riferimento mi è offerto dalla memoria della mia famiglia, madre casalinga, padre operaio, nel centro storico di Genova. Decisiva è stata nella mia formazione umana e cristiana la fiducia che mi è venuta dai genitori, nella loro semplicità».
Oltre a varare il disegno di legge sui Dico, il governo Prodi ha prospettato un provvedimento a sostegno delle famiglie...
«Desideriamo tutti che veramente - e finalmente - si arrivi a dei provvedimenti sostanziosi. Se questo avviene sarà solo motivo di soddisfazione».
Ma nella mobilitazione cattolica che va prendendo corpo non c’è una punta antigovernativa?
«No, si tratta di una lettura fuori luogo. La finalità di quella manifestazione è precisa ed esplicita, mirata al tema della famiglia e non pretende di porsi come atto di schieramento politico».
Se i Dico saranno approvati, l’episcopato incoraggerà i cattolici a promuovere un referendum abrogativo?
«E’ estremamente prematuro dirlo ma sono certo che in tale ipotesi sarà ancora il laicato a operare in prima persona, alla ricerca di quella che potrà essere la migliore risposta. Non saranno innanzitutto i vescovi a muoversi».
Lei ritiene che l’Italia possa fare un cammino tanto diverso rispetto all’insieme dell’Europa?
«Ritengo che il cammino dell’Europa non debba stare sotto il segno dell’omologazione e nego che l’orientamento al momento prevalente sia necessariamente il migliore. Trovo essenziale che ogni paese tenga fede, con rispetto e coraggio, alle proprie convinzioni più alte dando con ciò un aiuto a tutti».
Che disastro!
Ormai siamo di fronte ad una valanga inarrestabile, una frana incontenibile. Se ho ben capito ascoltando il giornale radio di oggi, il papa avrebbe invitato i nostri politici a non votare leggi "che vanno (secondo lui) contro la natura umana"! Ormai l’appello alla coscienza è diventato un optional nei sacri palazzi e i laici gli eterni infanti da guidare per mano.
Giovedì prossimo, dopodomani, sarà comunicata al teologo gesuita salvadoregno Jon Sobrino la condanna al "silenzio più assoluto", accusato di "non affermare apertamente la coscienza divina di Gesù Cristo"!
I "guardiani del Faro" hanno deciso che da oggi in poi i teologi, nella elaborazione delle loro riflessioni, devono usare il bilancino invece che l’intelligenza e la coscienza...
Quella chiesa che, ai tempi del Concilio Vaticano II, aveva riscoperto la sua vocazione di "itinerante", compagna di strada degli uomini e delle donne che Dio ama e per la quale "le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore" (Gaudium et Spes), riesuma dalle ceneri di un passato mai veramente passato la sua vecchia vocazione "imperante".
Lo scettro e il trono al posto del grembiule.
A quando la sedia gestatoria con i pavoneschi pennacchi e la gemmata mitra? I nodi sono venuti al pettine ed ora ci tocca sopportare (nel senso etimologico di portarne il peso) le triste eredità lasciataci da Giovanni Paolo II che, impunemente, ha sostituito i vescovi/profeti più avanzati con le figure grigie di vescovi/veline, carrieristi e diplomatici da manovalanza ed ha messo sottaceto ben 140 teologi per l’interposta persona dell’attuale pontefice, allora custode della "sacra verità"!
In quarta pagina del mio libretto "La Chiesa del silenzio" riportavo il triste lamento di Padre Turoldo: "Pare che i vescovi siano sempre più esposti al farsi prefetti di un impero, oltre che apostoli di una chiesa; il papa sempre più monarca assoluto, oltre che papa... Quella unità che dovrebbe essere un valore sacramentale ed evangelico ("fà che siano una cosa sola...") ecco che diventa una soggezione e una schiavitù".
Questa radiografia della chiesa risale ad almeno venti anni fa, ma concorda pienamente con quanto afferma Giuseppe Alberigo sull’articolo apparso qualche giorno fa su La Repubblica e che vi allego. Parlando dei Vescovi di oggi lamenta un "abbassamento di qualità" e uno "scadimento intellettuale": salvo rarissime eccezioni, si tratta di personaggi che si accontentano di fare da notai, ratificando quanto deciso altrove. Stando così le cose mi chiedo: lo Spirito Santo, sarà mica andato in ferie?....
Un abbraccio a voi tutte e tutti, anche ai vescovi cosìcosì.....
Aldo [don, Antonelli]
LA CHIESA DI RATZINGER E LA POLITICA di Giuseppe Alberigo (La Repubblica 9 Marzo 2007)
All’interno della storia della chiesa e in rapporto alla società la finzione, il ruolo e il peso dei vescovi è stato molto diverso. In origine questa figura aveva il compito di curare i rapporti tra le varie comunità ed eleggere i nuovi vescovi; elezione accettata e convalidata, in genere per acclamazione, dal popolo. È una situazione che durerà parecchi secoli, durante i quali assistiamo all’affermazione di un’autorità soprattutto spirituale.
La prima grande novità si verifica nell’età feudale. Moltissimi vescovi diventano veri e propri signori feudali. Nascono figure impensabili prima. Il vescovo-conte o il vescovo-principe esercitano non solo un potere spirituale ma anche e soprattutto una signoria territoriale. Appartengono a una nuova geografia sociale che travalica i compiti tradizionali della chiesa. La conseguenza è che si diventa vescovo meno per vocazione e sempre più spesso per interessi di famiglia o per ambizione politica personale. Ancora fino a un secolo fa il vescovo di Trento era un principe dell’impero austro-ungarico. La sua autorità più che dalla chiesa finiva con l’essere legittimata dal sovrano. In nome di questa autorità territoriale decine di vescovi, sparsi per l’Europa, avevano proprie milizie, battevano moneta, ed erano autorizzati a imporre tasse. Il loro potere temporale inglobava e nascondeva quello spirituale. Un tale rilievo sociale, politico ed economico crebbe fino alla metà del Cinquecento, quando il Concilio di Trento tentò di ridimensionare questo processo avanzato di secolarizzazione.
Già Lutero e i protestanti avevano denunciato una situazione nella quale i vescovi non facevano più i vescovi ma i signori temporali. Costoro spesso non vi¬vevano neppure più nelle diocesi ma alla corte del principe più importante, al quale esprimevano devozione e fiducia e, in cambio della sottomissione, ricevevano la convalida del loro potere. Il Concilio di Trento porrà le basi per eliminare tutto questo. Ma occorrerà aspettare ancora due secoli perché di fatto la situazione si risolva. Saranno gli stati nazionali a eliminare progressivamente questi signorotti locali che ormai non sono più né laici né vescovi, ma un ibrido giuridicamente preoccupante. Si tratta di un passaggio fondamentale per ristabilire una figura di vescovo che avesse una fisionomia soprattutto spirituale, oggi diremmo pastorale.
Chi è dunque il vescovo oggi? Ecco una domanda che richiede una considerazione allarmante. Ancora quarant’anni fa, cioè all’epoca del Concilio Vaticano II, i vescovi erano circa duemila e cinquecento. Oggi nel mondo sono più che raddoppiati. Alla crescita numerica si è accompagnato mediamente un abbassamento della qualità. Può non sorprendere. Lo scadimento intellettuale si registra anche nella società. Ma le conseguenze nella chiesa sono di aver favorito alcune personalità più forti. Da questo punto di vista, la lunga e incontrastata presidenza di Camillo Ruini alla guida della Cei - che ha ridotto la conferenza episcopale a una struttura monolitica - è stata possibile sia per le sue spiccate doti politiche sia per la scarsa personalità dei vescovi che hanno conformisticamente obbedito alle sue scelte. Lamento, a voler essere più chiari, un’assenza di dibattito reale che mi auguro il nuovo presidente della Cei Angelo Bagnasco, sappia promuovere.
C’è un paradosso che a questo punto, vorrei segnalare. Quando fu firmato il nuovo concordato, quello per intenderci del 1984 con Craxi presidente del consiglio, si impose una novità: non era più la segreteria di stato del Vaticano (il loro ministero degli esteri per intenderci) a trattare con lo Stato italiano, ma la conferenza. Si disse che scopo di questa novità era di ridurre il coinvolgimento politico della chiesa. Si è visto che in questi anni è accaduto esattamente l’opposto. Perché? A parte le considerazioni sullo “spirito del tempo” credo che la forte personalità di Ruini abbia coinciso con il rafforzamento economico della Cei. Pochi sanno che l’otto per mille - il modo con cui lo Stato italiano finanzia lautamente la chiesa - è in larga parte gestito dalla conferenza episcopale.
La questione di quale rapporto deve esserci tra potere spirituale e temporale è nuovamente sotto i nostri occhi. La chiesa di questi anni sta ingigantendo i propri compiti proiettandoli in modo arbitrario sulla società. Il rischio è di sopraffare la società italiana e i cattolici che vi fanno parte. Discutibile mi appare la tendenza che sia la Cei a dettare le norme ai parlamentari cattolici. Quando De Gasperi ricevette da Pio XII l’ordine di fare un governo con l’estrema destra egli rifiutò, restando naturalmente un buon cattolico. Aveva chiara la distinzione tra quello che si deve a Cesare e ciò che si deve a Dio e ai suoi rappresentanti.
Si obietta che oggi, più che in passato, i cattolici italiani sono sottoposti a un processo di secolarizzazione molto intenso. È vero. Ma la chiesa può far fronte a questa pressione sia con ordini inappellabili, sia cercando il dialogo. Del resto non è la prima volta che la Chiesa abbia dovuto misurarsi con fenomeni minacciosi che ha poi felicemente superato. Ritengo che l’unità della chiesa sia un bene prezioso e innegabile.
Ma non c’è oggi il rischio di una spaccatura? Il pericolo più forte per la chiesa quasi mai viene dall’esterno, più spesso è frutto di tensioni intestine. Concludo con un pensiero che mi sta a cuore. In ogni grande epoca storica i vescovi hanno avuto dei modelli. Cioè un punto di riferimento esemplare.
Nell’età antica fu Gregorio Magno, che poi divenne papa, a svolgere questo ruolo edificante. Nel cinquecento lo stesso compito lo assolverà il vescovo di Milano Carlo Borromeo. Ancora oggi in certe chiese si possono ammirare le sue immagini. La considerazione un pò triste è che attualmente i vescovi non hanno più un modello da seguire. E neppure la pietà per Padre Pio può aiutarli a guadagnare quello stile che si ispira ai valori cristiani.
Dura critica dell’Osservatore romano alla manifestazione di sabato nella capitale. "Una proposta ideata soprattutto per legalizzare le coppie omosessuali"
Il Vaticano sui Dico: una carnevalata bambini sfruttati per la causa gay *
ROMA - Una carnevalata, per di più isterica, i cui autori sono persone irrispettose. Questa l’opinione dell’Osservatore romano sulla manifestazione romana di sabato sui Dico. Una "esibizione carnascialesca della vera natura dei Dico", questo "il corteo di Roma a favore del riconoscimento legale delle coppie omosessuali. Una manifestazione nella quale - commenta il giornale vaticano - al di là dell’immagine borghese e rassicurante che si voleva dare, hanno trovato posto discutibili mascherate e carnascialate varie. Ironie e isteriche esibizioni da parte di chi invoca riconoscimenti e non esprime rispetto".
Nell’articolo, l’Osservatore rileva che "erano in molti, fra l’altro, i manifestanti omosessuali che recavano sulle spalle o per mano, dei bambini, frutto di precedenti relazioni o anche di fecondazioni praticate all’estero. Bambini - scrive il quotidiano del Papa - la cui presenza è stata sfruttata proprio allo scopo di accreditare l’immagine, che vorrebbe essere rassicurante, di una famiglia da tutelare. Almeno quando è nato, ogni bambino - ricorda la nota - gode, anche nell’ordinamento italiano, di diritti che gli vengono riconosciuti comunque, in ogni condizione si trovino i loro genitori. Anche per questo, sfruttare la loro ingenuità appare un’operazione particolarmente criticabile".
Secondo l’Osservatore, quanto è accaduto sabato a Roma è allora "ancora una volta, la prova evidente di quale sia la finalità di chi si batte per il riconoscimento legale delle coppie omosessuali, essendo la presenza di minori determinante per garantire ad un nucleo famigliare particolari diritti. Non è un caso - conclude la nota vaticana - che nelle immagini trasmesse sul corteo di sabato a parlare siano state quasi esclusivamente le coppie omosessuali, la categoria per la quale, al di là di ogni tattica politica, i recenti tentativi di regolamentazione sono concepiti".
* la Repubblica, 12 marzo 2007
Prima di lui Camillo Ruini che ha rinunciato per limiti d’età. La scelta fortemente voluta dal segretario di stato vaticano
Cei, monsignor Bagnasco presidente "Quando il Papa chiama, si risponde" *
CITTA’ DEL VATICANO - Dopo aver accettato la rinuncia per raggiunti d’età del cardinale Ruini, Benedetto XVI ha nominato oggi, a capo della Cei, l’arcivescovo di Genova monsignor Angelo Bagnasco. Ruini era presidente dal 7 marzo ’91. Dall’86 al ’91 era stato segretario generale della Conferenza episcopale guidandola per 16 anni in qualità di presidente e poi, per cinque anni, aveva raggiunto i vertici come segretario generale dell’episcopato.
L’arcivescovo di Genova ha 64 anni, è stato per un breve periodo vescovo di Fermo e dal 2003 al 2006 arcivescovo ordinario militare d’Italia. La sua nomina alla presidenza della Cei è stata fortemente voluta dal cardinale Tarcisio Bertone, segretario di stato. Ratzinger ha deciso di accettare la rinuncia per raggiunti limiti di età del cardinale Ruini da presidente della Conferenza episcopale. E’ quanto si legge nel brevissimo comunicato diffuso dalla Sala stampa della Santa Sede questa mattina a mezzogiorno. La nomina di Bagnasco è stata annunciata in contemporanea dalla sala stampa vaticana, negli uffici centrali della Cei e nella diocesi di Genova.
"Quando il Papa chiama, si risponde". Sono le prime parole dell’arcivescovo di Genova, monsignor Angelo Bagnasco dopo la sua nomina. "Esprimo a lui, vescovo di Roma e pastore della Chiesa universale, i sentimenti più profondi della mia gratitudine - ha detto ancora il nuovo presidente della Cei - per l’atto di grande fiducia nell’affidarmi personalmente un compito così alto e impegnativo al servizio dei confratelli nell’Episcopato. Alla chiamata del Santo Padre ho prontamente aderito rassicurato dalle sue autorevoli indicazioni, confidando nella grazia del signore e certo della benevola collaborazione di tutti".
Un "pensiero riconoscente" è stato rivolto dal neopresidente al cardinal Ruini, che "con fede esemplare e pastorale afflato", in assoluta "fedeltà al Magistero dei Papi, per 16 anni ha guidato" la Cei, una struttura di comunione e di servizio per la fraternità episcopale, per il discernimento delle sfide contemporanee, nonché dei grandi orientamenti pastorali" declinati "dai Pastori nelle concrete realtà diocesane". Nella sua missione "il Magistero del Santo Padre" è "luce chiara e sicura".
"Al nuovo presidente, monsignor Angelo Bagnasco va il mio augurio più fervido e affettuoso per l’opera che lo attende, accompagnato da profonda amicizia e dall’assicurazione della mia costante vicinanza nella preghiera". Parole d’augurio di Camillo Ruini rivolte al suo successore. ’’Corrispondere agli indirizzi e ai desideri dei Successori di Pietro è stata lungo tutti questi anni la gioia del mio cuore oltre che il primo criterio di orientamento della mia azione’’. Con queste parole il cardinale, nella sede Cei, ha salutato questa mattina i suoi collaboratori, riuniti al termine del suo mandato di presidente. Ruini ha anche espresso la sua ’’più profonda gratitudine’’ a Giovanni Paolo II, che gli ha conferito questo incarico per ’’tre volte’’, e a Benedetto XVI, che lo ha confermato.
* la Repubblica, 7 marzo 2007
Lettere *
Dov’è la Misericordia di Dio?
di Amedeo Gaetani presbitero
Anch’io, con Leonardo Boff, ho paura di questa gerachia perchè non ha dubbi.
Leonardo Boff ha detto che ha paura di Ratzinger perchè è un uomo che non ha dubbi. La gerarchia vaticana non ha più nulla da dire agli uomini e donne del suo tempo, perchè si è arroccata nella sua torre d’avorio, fatta di leggi farisaiche con le quali detta legge a tutto il popolo di Dio, credenti e, assurdamente, anche ai non credenti, attraverso l’opera dei finti cattolici che stanno al governo solo a scaldare le poltrone dorate e che si strappano le vesti quando si tocca la famiglia tradizionale, come se fosse un monolite indistruttibile. Loro che sono i referenti ecclesiastici nei confronti dei governi di turno e attraverso i quali la gerarchia fa affari d’oro con i politici, per assicurarsi il piatto di lenticchie di biblica memoria. E’ una gerarchia che non ha dubbi di fede, che ha incasellato Dio all’interno di leggi e di casistiche già preordinate con le quali condanna tutto e tutti.
Basta guardare la vicenda di Welby e vedere come è stata liquidata dall’eminentissimo cardinale Ruini:« Ci è dispiaciuto molto negare i funerali al sig. Welby, ma Egli con il suo comportamento si è posto fuori della legge di Dio». Capite??? La legge di Dio!!!. A quarant’anni dal Concilio io devo sentire ancora parlare di " Legge di Dio". E l’Incarnazione ??? Dov’è il Cristo incarnato? Dov’è finito il Vangelo? Dov’è finita la Dei Verbum, che aveva avuto il grande merito di aver corretto la Dei Filius del Vaticano I, che diceva:« Piacque a Dio rivelare i decreti della sua volontà», con l’espressione (bellissima):« Piacque a Dio rivelare SE’ STESSO »? Dov’è finito questo gioiello del Vaticano II che è stato soppiantato di nuovo, per ridare spazio alla legge di Dio? Dov’è la Misericordia di Dio, per questa gerarchia sclerotizzata dal potere, dal denaro e dalla ipocrisia?
Non vorrei avere mai come riferimento la sacra famiglia per misurare la famiglia cristiana tanto osannata e messa come metro di giudizio per emarginare l’amore umano in tutte le sue multiformi espressioni. Sacra famiglia? Quella di cui Gesù dice; « Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli e le mie sorelle? Chi ascolta la mia Parola e la mette in pratica ( con l’amore vissuto ), per me costui è fratello sorella e madre»?. No cari miei, siamo completamente in mano a dei burocrati dello spirito, a dei sepolcri imbiancati che hanno scambiato Dio per una legge. E la legge, come dice Paolo induce al peccato. No no, anch’io, con Leonardo Boff, ho paura di questa gerachia perchè non ha dubbi. Poi basti vedere le facce della triade: Ratzinger-Bertone-Ruini per rendersi conto che Dio è lontano anni luce dalle mura ormai ammuffite del vaticano. Fraternamente
Amedeo Gaetani, presbitero
* Il Dialogo, Martedì, 06 marzo 2007
Che esistano presbiteri che oscillano tra la fede e l’incredulità e si mettano alla guida del popolo di Dio, è veramente patetico !
Colui che crede non esita:molto umilmente, con la grazia di Dio e sulla sua parola, afferma : "credo", cioè "sono sicuro".
Ma questo "presbitero" non credente, agnostico direi, caro Federico, fa parte di quella "base" che vorrebbe insegnare alla gerarchia Vaticana che cosa ?? Di diventare complici dei boia di Welby ? Ma qui stiamo andando completamete fuori di testa !
Allinearsi alla propaganda odierna a favore dell’autanasia è come sostenere quella che vide 275mila morti (seimila bambini !) durante il Terzo Reich . Anche per Hitler morire era un diritto. Egli affermava infatti che : la "pietà conosce una sola azione: lasciar morire i malati".
Saluti e inchini. Biasi
In programma dal 26 al 29 marzo il Consiglio episcopale permanente. Come anticipato da Ruini, all’ordine del giorno una nota su famiglia e unioni di fatto
Cei, il primo atto di Bagnasco a fine mese discussione sui Dico*
CITTA’ DEL VATICANO - "Si discuterà di una nota pastorale a riguardo della famiglia fondata sul matrimonio, e delle unioni di fatto". Così un comunicato, diffuso dall’Ufficio comunicazioni sociali della Cei, ribadisce quanto già anticipato poche settimane fa dal cardinale Camillo Ruini: il Consiglio episcopale permenente, convocato a Roma dal 26 al 29 marzo prossimi, vedrà all’ordine del giorno, tra i vari argomenti, anche la nota sui Dico. Il Consiglio, il primo sotto la presidenza di monsignor Angelo Bagnasco, si aprirà con la prolusione dell’arcivescovo di Genova, scelto lo scorso 7 marzo da Papa Benedetto XVI a succedere al cardinale Ruini alla guida dell’episcopato.
Ad anticipare i termini della discussione era stata una lettera, scritta da monsignor Ruini, inviata circa dieci giorni fa a tutte le parrocchie di Roma e Firenze insieme a una nota del cardinale di Firenze, Ennio Antonelli, e parte, di fatto, dell’offensiva del Vaticano contro il ddl sui Dico.
A ribadire i principi era stato lo stesso Bagnasco che, subito dopo l’insediamento, ereditato da Ruini l’impegno a formulare una nota sui Dico, aveva sottolineato che per i laici impegnati nel sociale e nella politica "ci sono dei valori, delle colonne portanti che asseriscono alla persona umana, dei confini che non sono assolutamente valicabili" perché ciò significherebbe "andare contro l’uomo e non liberare l’uomo".
In questo contesto - e dopo la presentazione del documento del Papa sull’Eucarestia, che avevano colpito l’opinione pubblica soprattutto nel paragrafo in cui si invitano politici e legislatori cattolici e non approvare leggi che tocchino valori non negoziabili, come la famiglia fondata sul matrimonio - erano giunte le parole del cardinale Dionigi Tettamanzi. Una sollecitazione, di fatto, ad ampliare i margini della discussione: pur riconoscendo che "i contenuti del Vangelo sono quelli, e sui principi non si possono fare sconti", l’arcivescovo di Milano aveva osservato che "anche lo stile è importante, dobbiamo saper parlare alle persone che sono lontane dalla Chiesa, va fatto uno sforzo".
* la Repubblica, 21 marzo 2007
COMUNICATO STAMPA *
Bologna, 19 marzo 2007
FAMILY DAY: ASSOCIAZIONI OMOSEX ANNUNCIANO PARTECIPAZIONE
"ANCHE NOI IN PIAZZA SAN GIOVANNI CON LE NOSTRE FAMIGLIE"
"Anche noi parteciperemo alla manifestazione del 12 maggio per le famiglie, perché anche le nostre sono famiglie italiane". Lo annunciano in una nota congiunta le associazioni nazionali Agedo (ass. genitori di omosessuali), Arcigay, Arcilesbica, Famiglie arcobaleno (ass. papà e mamme omosessuali), e Liff (Lega italiana famiglie di fatto).
"Siamo famiglie italiane - si legge nella nota -. Siamo genitori di figli gay, che amiamo vedere felici con i propri compagni. Siamo coppie conviventi da vent’anni, senza diritti ma con un forte consapevolezza dei nostri doveri reciproci. Siamo mamme lesbiche che amano i propri figli, anche se per lo Stato una di noi due è un’estranea.
"Crediamo che le politiche per le famiglie vadano consolidate. Chiediamo più assistenza per gli anziani, più asili nido, più agevolazioni per le famiglie numerose, più case popolari. Chiediamo anche che questi interventi siano rivolti a tutta la popolazione, senza discriminare in base all’etnia, alla lingua, alla religione, all’identità di genere o all’orientamento sessuale.
"Rispettiamo la Costituzione della Repubblica italiana, che nel riconoscere all’art. 29 i diritti delle famiglie sposate, non vieta in alcun modo il riconoscimento di altre unioni e nulla toglie alle altre famiglie, e che agli articoli 2 e 3 rispettivamente ’riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità’, e sancisce che ’tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali’.
"Chiediamo il rispetto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che all’art. 9 stabilisce in modo distinto il diritto a sposarsi e il diritto a costituire una famiglia, anche fuori del matrimonio".
"Per questi motivi e su questi presupposti parteciperemo alla manifestazione del 12 maggio per le famiglie italiane in piazza San Giovanni a Roma. Perché noi siamo famiglie".
* Ufficio stampa Arcigay
Il presidente della Repubblica invia un messaggio al segretario di Stato Bertone
Invito a garantire un dialogo costruttivo tra la Chiesa Cattolica e lo Stato
Napolitano: l’Italia non lascerà solo Bagnasco
Il Papa telefona al cardinale *
ROMA - "L’Italia non lascerà solo monsignor Angelo Bagnasco". Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato un messaggio al cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato Vaticano, per esprimere la propria solidarietà al presidente della Cei bersaglio da un mese di una serie di intimidazioni culminate nei giorni scorsi con l’invio di un bossolo accompagnato da parole minacciose. E poco dopo dal Vaticano è stata data notizia di una telefonata di solidarietà del Papa al cardinale.
Il presidente della Repubblica, nel suo messaggio, dicer tra l’altro: "Raccolgo le parole da lei pronunciate in relazione a recenti e gravi episodi di intolleranza nei confronti della Chiesa Cattolica", ha scritto Napolitano al cardinale Bertone. "Desidero assicurarle che l’Italia non lascerà solo monsignor Angelo Bagnasco di fronte alle inammissibili, vili minacce di oscura provenienza di cui è stato fatto oggetto".
Il presidente Napolitano lancia un appello affinchè sia garantito "il più sereno esercizio della missione pastorale del presidente della Conferenza Episcopale Italiana", ed invita al "più pacato, responsabile e costruttivo dialogo tra la Chiesa Cattolica, la politica e la società civile, in linea con gli ottimi rapporti che intercorrono tra la Santa Sede e lo Stato italiano".
Anche il presidente della Camera Fausto Bertinotti ha chiesto uno "scatto etico e politico" per fermare "questo clima pericoloso". "La mia solidarietà e la mia condanna sono scontate. Il fatto è che a questo punto non bastano più". Conversando sulle minacce ricevute dal monsignor Angelo Bagnasco, Bertinotti ha chiesto di fare argine al degrado, che impoverisce e imbarbarisce il discorso pubblico sul quale finiscono per lasciare un segno le "schegge impazzite" di qualunque colore.
* la Repubblica, 30 aprile 2007