Il Valsalice al centro di una inchiesta su presunti abusi sessuali di sacerdoti cattolici
Ai religiosi chiesto denaro in cambio del silenzio. Un giovane arrestato per estorsione
Torino, preti accusati di pedofilia
Uno è economo di un istituto salesiano
Interrogato monsignor Vaudagnotto, stretto collaboratore del cardinale
di SARAH MARTINENGHI e PAOLO GRISERI *
TORINO - Ha vissuto per anni di elemosina, prostituzione e ricatti. E chiedeva soldi ai preti in cambio del suo silenzio. L’arresto di Salvatore Costa, torinese di 24 anni, con l’accusa di estorsione nei confronti di monsignor Mario Vaudagnotto (responsabile dell’ufficio liturgico della diocesi presso la chiesa di San Lorenzo), e nei confronti di don Luciano Alloisio, (economo dell’istituto scolastico salesiano Valsalice), è al centro di una nuova inchiesta giudiziaria su presunti abusi sessuali che coinvolge sacerdoti cattolici.
Il giovane arrestato ha raccontato di aver avuto per anni rapporti sessuali con i preti e anche con un terzo parroco della provincia di Torino. Le sue dichiarazioni hanno portato all’iscrizione dell’economo nel registro degli indagati con accuse pesantissime: pedofilia e induzione alla prostituzione di minorenne, aggravata dall’abuso di potere. "Conosco Don Alloisio dal 1997, avevo 15 anni quando abbiamo cominciato ad avere rapporti sessuali. E i nostri incontri sono continuati negli anni, fino a poco tempo fa" accusa Costa.
Il prete, difeso dagli avvocati Fulvio e Nicola Gianaria, nega ogni accusa e ha sporto querela per calunnia nei confronti del giovane: "In questo procedimento noi siamo la parte offesa, vittima di continue estorsioni" hanno spiegato i legali. Gli inquirenti stanno vagliando ora la posizione di padre Vaudagnotto: "Con lui ho avuto rapporti sessuali a cominciare dal 2000, quando avevo 18 anni" ha affermato il ragazzo. "Chiedeva soldi per pagare le bollette, e si è inventato tutto" ha replicato il monsignore.
Quando l’hanno arrestato in flagranza, la prima volta, era l’8 luglio: Costa aveva appena estorto 2000 euro a don Alloisio. Dopo aver sborsato somme di denaro per mesi, oltre 10 mila euro, per non far trapelare nulla, l’economo, in attesa di assumere un altro incarico a Roma, aveva deciso di denunciare ai carabinieri i ricatti subiti da anni. Sono nate così le indagini, e il fascicolo è stato affidato al procuratore aggiunto Pietro Forno, e ai pm Cristina Bianconi e Manuela Pedrotta.
Salvatore Costa è stato intercettato e filmato mentre riceveva e intascava il denaro dal salesiano. Ma quando il ragazzo ha visto i carabinieri si è difeso, e ha rovesciato tutte le accuse nei confronti del prete. Le sue dichiarazioni sono apparse credibili e due giorni dopo i suoi avvocati, Geo Dal Fiume, Roberto De Sensi e Davide De Bartolo, hanno ottenuto la scarcerazione. Ma una volta tornato in libertà Costa ha continuato il giro delle chiese e il gioco dei ricatti. "Voglio 800 euro, altrimenti mi rivolgerò ai giornali e racconterò tutto" diceva ogni volta a Don Alloisio. La procura a quel punto ha chiesto e ottenuto dal gip Emanuela Gai un ordine di custodia cautelare: il primo agosto Costa è tornato in cella.
Interrogato dal giudice, il ragazzo ha ampliato il suo racconto e spiegato la sua verità: "Sono sposato e padre di due bambini, chiedo soldi nelle chiese per tirare avanti, ma ogni tanto faccio qualche lavoretto come idraulico. Devo pagare l’affitto e le bollette, e mi prostituisco con i preti da quando ero minorenne. Ho conosciuto Don Alloisio nel 1997 quando frequentavo la Fondazione Fratelli Dimenticati, in via Longarina 4 a Torino, e proprio in quella sede avevo rapporti sessuali con lui. Mi risulta che lui frequentasse anche altri ragazzi, in particolare romeni che si vendono in via Cavalli".
La casa del salesiano è stata perquisita e gli inquirenti hanno trovato una serie di strani biglietti, con scritto "Non ho mai avuto rapporti sessuali con Don Alloisio", oppure "Mi sono inventato tutto", recanti la firma di Salvatore Costa. Il ragazzo ha spiegato che firmava i biglietti ogni volta che riceveva denaro, come "ricevuta" del suo silenzio. Nel bagno del sacerdote è stata ritrovata un’ingente somma di denaro: il prete l’ha giustificata spiegando che si trattava di denaro dell’istituto Val Salice che lui amministrava economicamente. I soldi non sono stati posti sotto sequestro, ma gli è stato prelevato un computer il cui contenuto è al vaglio degli inquirenti.
* la Repubblica, 8 agosto 2007
Accuse pesantissime in 30 pagine di confessioni e racconti
I primi incontri quando il ragazzo aveva solo 14 anni
"Padre Luciano, sono senza soldi
e lui mi portò nel suo ufficio"
A due passi tribunale, uno spaccato di storie di sbandati raccolto dai giudici
"Era terrorizzato dall’idea che si sapesse mi faceva firmare dei fogli per farmi tacere" *
TORINO - Storie di ragazzi di strada, quelli che a Torino si incontrano in via Cavalli, via Avigliana, a pochi passi dal tribunale. Storie di sacrestie, di denari tenuti in casa. Addirittura di liberatorie custodite gelosamente alla consegna del denaro, frutto del ricatto e di un passato tutto da chiarire. Più Pasolini, che Boccaccio, più personaggi drammatici che gaudenti nella vicenda che rischia di essere solo all’inizio. Una storia di ricatti e forse di altro.
Nelle carte del processo che coinvolge don Luciano Alloisio e monsignor Mario Vaudagnotto c’è una Torino sotterranea, forse inconfessabile. L’ordinanza del gip, trenta pagine di confessioni e racconti, contiene accuse pesantissime che ora gli inquirenti stanno verificando. Le accuse di Salvatore Costa partono dal 1997 "quando incontrai don Alloisio presso la Fondazione dei Fratelli dimenticati" e che proseguono fino a pochi mesi fa: "Avevo bisogno di soldi, sono sposato e padre di due bambini. Il sacerdote mi aveva promesso un prestito, poi ha cambiato idea e ha deciso di non aiutarmi più. Con don Luciano avevamo avuto, anni fa, incontri sessuali. Una volta mi aveva proposto di andare nel suo ufficio".
Dopo quelle esperienze era nata l’idea del ricatto: "Lui mi dava dei soldi, quando ne avevo bisogno, ma era terrorizzato dall’idea che quella storia diventasse pubblica. Mi faceva firmare dei fogli e mi diceva: ’Io non ho mai voluto fare sesso con te’". L’accusatore è un fiume in piena: "Sapevo che alcuni sacerdoti della città si incontravano con i ragazzi di strada, me lo avevano detto i miei amici che fanno parte di quel mondo".
Accuse che, in parte, i pm torinesi hanno cominciato a verificare nei giorni scorsi. E che li hanno spinti a denunciare don Alloisio in base all’articolo 600 bis del codice penale, quello che punisce la pedofilia, gli abusi sessuali sui minori e l’induzione alla prostituzione. Con un’aggravante: quella di aver agito facendosi forza del suo ruolo di sacerdote.
Non meno gravi sono le accuse di Salvatore Costa nei confronti di monsignor Vaudagnotto. Scrive il gip che "Costa è colpevole di aver estorto denaro al sacerdote nella chiesa di San Lorenzo per alcune migliaia di euro" ma aggiunge che l’accusatore dice di aver avuto "rapporti sessuali con il sacerdote a partire dall’età di 18 anni", dunque dal 2000. Accusa che, se fosse verificata, sarebbe meno pesante di quella nei confronti di don Alloisio perché a quell’epoca dei presunti incontri con Vaudagnotto il ragazzo era maggiorenne.
Nell’ordinanza non si fa cenno delle dichiarazioni di Costa che coinvolgerebbero almeno un altro sacerdote piemontese. Ma lo stesso accusatore dovrà essere ascoltato nuovamente per capire se il suo era un caso isolato o se anche altri ragazzi avessero partecipato ai presunti incontri con i sacerdoti. "Nei prossimi giorni prenderemo altri provvedimenti", assicuravano ieri alla procura torinese facendo intendere che l’inchiesta potrebbe avere importanti sviluppi. (p. g. e s. mar.)
* la Repubblica, 8 agosto 2007
ACCUSE DI MOLESTIE AL PRETE
Ricattato per gli abusi
il salesiano confessa
La scuola dei vip: l’istituto torinese Valsalice, in viale Thovez.
Il liceo di Bertone e del giudice Caselli
"Ho avuto rapporti sessuali con minorenni, ma fuori dalla scuola"
di LODOVICO POLETTO *
TORINO. Il prete e il ragazzino si erano incrociati di notte dieci anni fa. Uno era poco più che cinquantenne. L’altro di anni ne aveva quindici ma aveva già i modi e le parole di chi è cresciuto sulla strada e grazie alla strada riesce anche a campare. Uno si presentava stretto nel suo clergyman nero. L’altro nei jeans elasticizzati portati come li portavano allora i ragazzini di via Cavalli, a Torino. Uno era timoroso, riservato, come si si addice ad un sacerdote, ad un salesiano. L’altro era sfrontato: perché, dieci anni fa, quando navigavi dalle parti di via Cavalli, la strada dei ragazzi che la notte vendevano il corpo per comperarsi le Nike o i Levi’s 101, ci dovevi saper fare.
Dieci anni dopo la storia è molto diversa. Quel prete, don Luciano Alloisio (da un paio di settimane in Vaticano), ha fatto carriera nel mondo salesiano, è diventato economo dell’istituto Valsalice, una delle più prestigiose scuole ed istituzioni religiose della città. Il ragazzo, Salvatore Costa, adesso ha 24 anni, ha lasciato la strada, ha due figli piccoli e una compagna. Campa come può, ha qualche precedente per furti.
All’inizio di luglio i carabinieri lo arrestano: è accusato di aver ricattato quel sacerdote. Voleva farsi consegnare 30 mila euro. C’è riuscito soltanto in parte. S’è fatto dare quattro o cinque mila euro in tutto. Ai carabinieri del reparto operativo, e al pm Cristina Bianconi, Costa racconta una storia di abusi sessuali. Dice che a 15 anni è stato violentato da don Alloisio. E che con lui ha avuto altri rapporti omosessuali nei due anni successivi. La storia ha dell’incredibile. I militari cercano riscontri.
Costa torna libero dopo pochi giorni. E quasi subito ci riprova. Chiede altri soldi a don Alloisio: 2000 euro perché deve campare. Perché deve mantenere i figli, perché non ha i soldi per fare la spesa. Il prete che lo aveva denunciato la prima volta torna dai carabinieri. Al maresciallo della stazione barriera Piacenza spiega che sì, lui è un sacerdote ma qualche anno prima ha sbagliato. Ha avuto rapporti sessuali con ragazzini che frequentavano via Cavalli. Ma con Costa mai. L’autoaccusa del sacerdote cambia le carte in tavola. Costa, è vero, torna in carcere, accusato ancora una volta di estorsione. Ma anche il sacerdote finisce nei guai: contro di lui c’è un’accusa di violenza sessuale. Per di più su minore.
Una storia di dieci anni fa. Quando don Alloisio ancora si occupava, in qualità di direttore, della fondazione «Fratelli dimenticati». Lì, tra le mura di quella casa in via Chanoux, racconta Salvatore Costa, ci sarebbe stata la violenza. Don Alloisio, assistito dagli avvocati Fulvio e Nicola Gianaria, nega. Niente violenza. Niente di niente, quando Salvatore era poco più che adolescente. Costa, però, va avanti nel suo racconto. Assistito dagli avvocati Geo Dal Fiume, Davide De Bartolo e Roberto De Sensi, parla di rapporti consumati anche più avanti nel tempo. Quando don Alloisio aveva già traslocato sulla collina di Torino. Costa insiste: «Ho chiesto del denaro perché non sapevo proprio come fare per campare. Sono un poveraccio. E quello da me voleva del sesso».
Don Alloisio, davanti ai pm Cristina Bianconi ed Emanuela Pedrotta, racconta di aver dato del denaro a Costa. «A più riprese» spiega. Ma sesso mai. E tra il disperato e lo sconcertato racconta che a casa conserva anche una serie di lettere che lo confermano. I carabinieri del nucleo operativo le trovano. Sono delle specie di ricevute, ma con liberatoria. C’è scritto: «Io, Salvatore, non ho mai avuto rapporti sessuali con don Luciano».
A questo punto il ricattatore non si ferma più nei suoi racconti. Ai carabinieri e ai magistrati racconta la sua biografia di ragazzo di strada. Tira in ballo un prete che ora vive e lavora in un’altra provincia piemontese e un altro sacerdote, don Mario Vaudagnotto, settantenne parroco della seicentesca chiesa di San Lorenzo e cerimoniere della Curia. Dice: «Anche con lui ho fatto del sesso. Ma ero già maggiorenne. E anche da lui mi sono fatto dare dei soldi minacciando di raccontare tutto». Perché? «Io sono un poveraccio che non sa come campare. Che ha bisogno di mangiare e a cui nessuno dà un lavoro». Nel fascicolo dell’inchiesta ci sono già montagne di carte. Ci sono verbali di perquisizioni e controlli. E ci sono anche intercettazioni telefoniche. Confermano che Salvatore Costa era un ricattatore. Confermano che era in gravi difficoltà economiche per via dei figli piccoli, delle spese per la casa. Un giorno, al telefono con la compagna, è chiaro: «Conosco un prete omossessuale. Vedrai che che da quello riesco a ricavarci qualcosa».
INTERVISTA
"Dopo Wojtyla la Chiesa tace sugli scandali"
Il pm Pietro Forno
di ALBERTO GAINO *
TORINO. Dottor Piero Forno, lei è il responsabile del pool «fasce deboli» che segue anche questo caso di violenza: il mix di ricatti e sesso con sacerdoti l’ha fatto schizzare in vetta alla cronaca.
«La stragrande maggioranza dei preti è gente per bene. Le dico di più: nell’antichità l’abuso dei minori non era considerato un abuso.
Furono i cristiani a sollevare la questione morale: la Didaké, 80 anni dopo Cristo, ne è una testimonianza forte». Il suo messaggio è chiaro: comportamenti di singoli. Lei si era già occupato di casi come questo?
«Ricordo quello di un parroco dell’hinterland milanese: denunciò come suoi estorsori alcuni ragazzi sbandati. I quali, per la parte in cui spiegarono i motivi del loro ricatto, ci fornirono la possibilità di un riscontro bancario: gli 80 milioni di lire che il sacerdote aveva versato loro. I ragazzi furono condannati, e pure il prete».
Negli Stati Uniti lo scandalo dei preti pedofili ha avuto echi e strascichi enormi. Le pare che in Italia le autorità religiose abbiano avuto reazioni adeguate?
«No. C’è stata la denuncia di quel grande papa che è stato Giovanni Paolo II: “Vergognatevi”. Altro? Credo, per quest’aspetto, di aver contribuito a rompere il ghiaccio. Dobbiamo risalire al 2001, a un mio intervento su “Minori e Giustizia”. Scrissi che la nostra autorità ecclesiastica, a differenza di quanto accaduto all’estero (Francia, Usa, Canada), non ha ancora preso posizione di fronte ai mali sociali. Tanto meno rispetto all’emergente fenomeno della pedofilia nella Chiesa. Ne parlai a proposito di un documento dell’associazione delle comunità cattoliche (l’Uneba) sulle responsabilità degli operatori. Dopo le condanne di taluni, quali autori di violenze sui minori loro affidati, si è posta una maggior attenzione sull’obbligo della denuncia all’autorità giudiziaria. Resto dell’idea che in Italia vi sia tuttora ritardo culturale rispetto a Francia, Stati Uniti, Canada».
Lei parla anche del Canada.
«Tenga presente che dalla Chiesa canadese è stata fatta un’indagine da cui è emerso che il 5 per cento dei suoi preti era un pedofilo. Io, certo non so. Si tratta di un numero spaventoso».
Parlando in generale, in Italia vi sono più denunce di violenze ai minori.
«C’è una maggior sensibilità. Ed è molto importante. Voglio citarle il “paradosso” di Tocqueville: quando un male diminuisce, ciò che resta appare insopportabile. Valeva per le guerre, può calzare anche per queste realtà».
Può parlarci dei ragazzi di vita?
«Il fenomeno è cambiato con l’arrivo dei giovani romeni. A Milano me ne sono occupato a lungo: ragazzini sotto i 14 anni mandati a prostituirsi di notte, e di giorno sfruttati da una rete inquietante di adulti anche come borseggiatori. Scoprimmo una scala gerarchica alla cui base c’era il nonnismo: ciascun piccolo aveva come referente un sedicenne o giù di lì. Il quale a sua volta rispondeva a un adulto. Siamo arrivati a processarne parecchi e a ottenerne la condanna, per riduzione in schiavitù di minori».
Era un fenomeno organizzato, e i capi?
«I capi giravano da un paese all’altro. Non furono presi. Stiamo parlando di un’organizzazione che spostava di continuo anche le proprie vittime. Associava la condizione di clandestinità dei minori sfruttati alla loro mobilità. I nostri investigatori, con l’aiuto di bravissimi operatori, ne agganciarono alcuni».
Come vi riuscirono?
«Il ragazzino fermato con un cliente veniva portato in comunità. Faceva la doccia, ringraziava e scappava. Con alcuni funzionò chieder loro: “Che ti serve scappare di continuo?”».
E adesso?
«Uno si domanda: che cosa sarà di queste creature? Rapinate dell’infanzia, dei giochi, della spensieratezza dell’età. Bambini, o poco più, che hanno conosciuto con tutti gli adulti, a cominciare dai clienti, solo un rapporto di sfruttamento dei loro corpi. E’ chiaro che poi uno è portato ad atteggiamenti di rivalsa, leciti e no. Il che non vuol dire giustificarli».
* La Stampa, 9/8/2007 (7:49) -
Preti pedofili
Lettera aperta a don Gelmini
di Fausto Marinetti
Se volete fare un "Gelmini day" fatelo in P.zza San Pietro per chiedere perdono alla vittime dei preti pedofili *
10.8.2007
Caro don Pierino,
all’avvicinarsi del "Gelmini-Day", perché non collaborare con la verità e la giustizia? Sei la persona più indicata, perché hai la stoffa del martire, come dice il tuo portavoce, che ti mette alla pari di Cristo, "tradito" come Giuda. Sei un uomo votato agli altri, che non ha neppure bisogno del "santo subito". Sei uno che sfida tutti quanti, Dio compreso: «A costo di strisciare per terra, voglio andare avanti. Cadrò quando Dio vorrà, ma rimarrò in mezzo ai miei ragazzi, qualsiasi cosa pensino di me».
E allora, affinché la tua apoteosi sia piena, perché, invece di cantare le tue litanie ad ogni comunicato stampa, non inviti tutti gli abusati a venire alla luce? Suvvia, sottoponiti spontaneamente a una specie di prova del fuoco. Sii tu a lanciare una santa proposta o, se vuoi, una crociata: in tutte le chiese le vittime di qualsiasi pedofilia siano esortate a farsi avanti; si metta su tutti i blog cattolici e non-cattolici un invito a ripulire la chiesa dalla "sporcizia" dei preti pedofili; ogni episcopio, ogni parrocchia abbia un numero verde per le vittime. Non sarebbe il più bel servizio di testimonianza ai tuoi figli e aficionados? Non sarebbe il segno più efficace che prendi sul serio quel Cristo, che grida ancora: "Chi scandalizza un bambino meglio per lui mettersi una macina da mulino al collo e buttarsi in mare"?
Stai tranquillo, sei al sicuro nella mani di Dio e della magistratura umana. Chi non ha debiti da saldare non ha bisogno di sbraitare, attaccare ebrei, massoni, gay, "magistrati mascalzoni", ecc. Hai visto? Le tue esternazioni hanno fatto un certo effetto perfino al tuo avvocato, perché sei "ingestibile". Anche qualche prelato, a titolo personale (secondo lo stile della diplomazia vaticana) ti invita a metterti da parte. Come mai a te non viene applicata la regola d’oro della "tolleranza zero"? Il manuale dei prelati americani (loro si, che se ne intendono) prevede che il solo sospetto di abusi sessuali su minori, è sufficiente per mettere subito il prete in isolamento. Una misura precauzionale (non è mai troppa) per prevenire possibili ricadute e perché fedeli e genitori hanno diritto alla massima sicurezza dei loro figli, siano essi chierichetti, ragazzini del catechismo, seminaristi, tossici, ecc. E allora perché a te è riservato un trattamento speciale, per cui non ti viene imposto, ma sei "invitato" a tirarti da parte? [Vale la pena ricordarti che don Zeno, al quale pensi di assomigliare, non solo aveva in orrore qualsiasi forma di assistenzialismo, ma riteneva che l’unico ambiente educativo è la famiglia di origine o adottiva. E’ evidente che la presenza di uomini e donne previene le aberrazioni degli ambienti a sesso unico, comunità terapeutiche e seminari compresi, che negli USA si sono rivelati vivai di omosessualismo; che ogni comunità è bene sia gestita da adulti e sia sotto il controllo dei laici, ecc.]
L’hanno capita anche in Vaticano: un’eccessiva auto-esaltazione rischia di essere, quantomeno, sospetta: "Chi troppo si loda, s’imbroda". Ti invitano a fare un passo indietro e tu ne fai due in avanti, paragonandoti ai "martiri", che hanno sofferto per mano di santa madre chiesa, come don Orione, p. Pio, don Zeno di Nomadelfia. Non è vano ricordare la saggezza popolare: "Scherza con i fanti, non con i santi". Zeno prendeva i soldi dai ricchi, ma gli diceva in faccia: "I soldi non sono vostri, ma del popolo che lavora, suda e soffre". Non li blandiva con pagelle e onorificenze; non dedicava loro lapidi di benemerenza, ma, mentre con una mano prendeva i soldi, con l’altra puntava il dito, ricordando loro: "Il ricco? O iniquo o erede di un iniquo". Nessun vescovo ha mosso un dito per difendere Zeno "nell’ora di Barabba". L’hanno affogato, perché urlava ai politici (alleati, fin da allora, con la gerarchia ecclesiastica) il dovere della giustizia. Gridava in faccia agli uni e agli altri, come Giovanni Battista: "Fate i conti, fate i conti. Le calcolatrici davanti al confessionale! Senza giustizia non si può neanche parlare di cristianesimo". Per questo l’hanno eliminato.
Converrai che i tuoi fans, devoti, ammiratori, anche se per lo più fascisti o di destra (con qualche ingenuo sinistrorso), dovrebbero almeno stupire della tua tanto esaltata "Cristo-terapia". Che la religione offra delle buone ragioni per delle esistenze distrutte dalla "felicità chimica" è un conto, ma ridurre il Cristo ad una ricetta magica è un altro: lui non è venuto a rubare il lavoro a psicoterapeuti, psicologi e psichiatri (sarà utile rileggersi il testo di Marco Salvia, il quale ha affermato di aver voluto descrivere proprio te...).
Non si può mettere in dubbio la tua generosità: 250 case di recupero, 300.000 assistiti, salti mortali per i 5 continenti, zelo "eccessivo" per aiutare i "poveri drogati", ecc. Se hai fatto tanto del bene, non devi avere paura di niente, vero? E allora? Allora non senti quello che ti suggeriscono le vittime della pedofilia, comprese quelle che ti hanno denunciato?
"Caro don,
perché non vai fino in fondo al tuo cammino di gloria? La vita ti ha dato tutto: macchine, ville, soldi, soddisfazioni, gratificazioni, amici "onnipotenti", ecc. Di noi, gli intimi, quelli che più ti hanno dato soddisfazioni spirituali, hai detto tutto il male che hai potuto. Ci hai definito "quei quattro farabutti, quegli sbandati, quei delinquenti...". Ce lo meritiamo, certo, ma non siamo sempre tuoi figli? Noi, tutti i violentati dai preti (senza allusione a te, aspettiamo il giudizio degli addetti ai lavori), abbiamo perso tutto, anche noi stessi, non abbiamo più niente da perdere.
Allora ti facciamo una proposta: alle tue benemerenze ne manca una sola, un gesto coraggioso, degno di te. Lo vedi?, ad ogni momento, viene fuori "un pezzo" di pedofilia clericale. Perché, sia pur innocente, non prendi in mano la bandiera degli "agnelli immolati"? Fino a quando non si avrà la forza di chiedere perdono a chi è stato distrutto non solo nel corpo, ma anche nell’anima dai rappresentanti di Dio, come potremo credergli? Se sei buono, come affermano i tuoi devoti ("È un padre e un santo"), perché non prendi l’iniziativa?
Lo sai: chi è stato "assassinato nell’anima", solo dopo anni di tortura interiore, di incubo notturno ha il coraggio di buttare fuori la verità. Se proprio i tuoi figli e ammiratori ci tengono, se proprio un "Gelmini-day" s’ha da fare, ebbene facciamolo come si conviene ad un patriarca come te: in piazza S. Pietro con tutte le tv del mondo.
Ma, sia chiaro, stiano a casa i leccapiedi. Solo tu, con il papa, i cardinali, i vescovi e noi, le vittime dei vizietti clericali, con i nostri parenti ed amici. Voi, sommi sacerdoti, vestiti di sacco, la testa coperta di cenere, vi inginocchierete davanti a noi (tutti gli abusati del mondo, compresi quei dieci, che ti hanno denunciato), ci laverete i piedi, li bacerete (quelli sì) e direte, urbi et orbi: "Vi chiediamo perdono in nome dei nostri confratelli preti e vescovi, che hanno calpestato anime fragili, le quali hanno visto in noi dei padri, che si sono rivelati dei traditori; chiediamo perdono per non aver fatto tutto quello che era in nostro potere per prevenire il delitto. E siccome non basta chiedere scusa a parole, ci impegniamo a risarcire i danni per giustizia. Vogliamo riparare le nostre colpe. Vi chiediamo perdono anche di avervi calunniato, dicendo che siete dei farabutti, sporchi ricattatori, che volete il nostro denaro (che è dei fedeli, dei genitori delle vittime e dei benefattori). Vi spetta per diritto, non per elemosina: un dovuto atto di GIUSTIZIA.
Noi, le vittime, solo a queste condizioni, assolveremo preti e prelati, alleggerendo la vostra coscienza e vi daremo la giusta penitenza: pane ed acqua per il resto dei vostri giorni. Ma non potremo opporci, anche se lo volessimo, al corso della giustizia, il quale non può che finire in una santa prigione. Solo lì la vostra coscienza troverà pace, lavandosi, giorno e notte con lacrime di dolore.
Così sia".
PS. Notizia dell’ultima ora: il portavoce di don Gelmini, Alessandro Meluzzi, dirotta l’annunciato "Gelmini-day" su un giorno di festa e di preghiera ad uno dei protettori della comunità: S. Michele Arcangelo, perché è "l’unico che può sconfiggere i demoni che stanno arrivando da ogni parte".
"Caro don, anche noi pregheremo con te, per te. Ma la proposta di cui sopra, è sempre valida, anzi raccomandabile".
Ci sarebbe anche un altro prete coinvolto nella storia di estorsione
che ha portato in carcere Salvatore Costa. Don Vaudagnotto iscritto nel registro degli indagati
Torino, un terzo sacerdote coinvolto
nell’inchiesta sulla violenza sessuale *
TORINO - Ci sarebbe un terzo prete coinvolto nella brutta storia di estorsione che ha portato all’arresto di Salvatore Costa, 24 anni, il giovane che per mesi ha estorto denaro a sacerdoti torinesi accusati da lui di averlo molestato sessualmente. Un sacerdote più giovane degli altri due e che avrebbe anche lui conosciuto Costa quando questi era minorenne, un prete dell’hinterland torinese solitamente vicino ai giovani.
A fare il suo nome è stato lo stesso Costa tuttora in carcere e le cui dichiarazioni sono vagliate con cautela dai magistrati. "Avevo bisogno di soldi per pagare le spese di casa e crescere le mie bambine", ha detto il giovane agli inquirenti per giustificare le richieste di denaro. "La sua convivente, una casalinga, aiutata economicamente dalla sua famiglia - dice il difensore di Costa, l’avvocato Roberto De Sensi - era all’oscuro di tutto. Conosceva i suoi trascorsi di quando era minore e più volte era finito a chiedere aiuti in oratori e fondazioni religiose, ma non la sua decisione di procurarsi denaro in questo modo".
E che Costa fosse davvero disperato lo dimostrerebbe il fatto che ha reiterato il reato anche dopo essere uscito una prima volta di prigione a metà luglio. Il giovane dovrebbe essere interrogato nuovamente dai magistrati nei prossimi giorni. "Il mio assistito ha sicuramente compiuto un reato, un reato anche grave - aggiunge De Sensi - e ne risponderà, ma è giusto che vengano messi tutti i puntini sulle i e che se vi sono responsabilità, di altro genere, vengano accertate".
Nel frattempo si è appreso che don Mario Vaudagnotto, il secondo religioso coinvolto nelle indagini, è stato iscritto al registro degli indagati e che la Curia torinese sta cercando per lui un legale. Don Vaudagnotto fino ad ora è stato sentito come teste. Molto provato e più volte caduto nello sconforto e in crisi di pianto, don Vaudagnotto, caratterialmente affettuoso e dai modi molto gentili con tutti, ha detto: "Mi rimetto alla magistratura e ho la speranza che questa triste storia termini presto".
* la Repubblica, 8 agosto 2007
LA CURIA
"Preghiamo per i due sacerdoti coinvolti" *
TORINO. Un sacerdote torinese indagato per abusi sessuali nei confronti di un minore. Un giovane di 24 anni, il suo accusatore, arrestato dai carabinieri per estorsione: migliaia di euro presi a furia di minacce, denaro che serviva per tirare avanti e mantenere una compagna e due figli piccoli. Voleva farsi consegnare 30 mila euro. C’è riuscito soltanto in parte. S’è fatto dare quattro o cinque mila euro in tutto. Agli investigatori racconta una storia di dieci anni fa, quando conobbe un sacerdote, don Mario Alloisio, oggi economo dell’istituto salesiano Valsalice. Una storia di violenza sessuale, durata anni, prima subita e poi trasformatasi in estorsione: soldi per tacere e non raccontare a nessuno quelle vicende. Infine, un terzo sacerdote coinvolto: secondo Salvatore Costa, il 24enne arrestato nei giorni scorsi dai militari su ordine del pm torinese Bianconi, anche con lui ci sarebbero stati rapporti sessuali pagati in denaro. Un caso che ha scosso la Curia torinese che, ieri pomeriggio, ha diramato un comunicato in riferimento alla vicenda. Questo il testo integrale. «In merito alle notizie di stampa circa una presunta estorsione operata da un uomo ventiquattrenne ai danni di due sacerdoti, la Curia Arcivescovile di Torino e l’Ispettoria Salesiana del Piemonte si rimettono con fiducia all’operato della magistratura inquirente esprimendo nel contempo vicinanza di preghiera nei confronti dei due sacerdoti chiamati in causa nella speranza che la loro posizione possa essere chiarita al più presto».
* La Stampa, 8/8/2007 (14:13) -
Il liceo di Bertone e del giudice Caselli
In quella scuola, sulla collina torinese, studiò anche il Segretario di Stato vaticano
di GIOVANNA FAVRO *
TORINO- Com’è diverso, quel mondo di miserie e di violenze che s’è abbattuto sull’economo, dal mondo che si schiude dietro il grande cancello del Valsalice. Un mondo che da quelle accuse non è stato sfiorato, sporcato, nemmeno per un soffio, una briciola. L’indirizzo, viale Thovez 37, è lo stesso da più di cent’anni, a due passi dal centro della città e già immerso nel verde della collina torinese, fra strade tranquille in cui si aprono le ville dell’alta borghesia e dell’aristocrazia subalpina.
Dietro al cancello c’è la salitella con la tomba in cui è stato sepolto per un periodo san Giovanni Bosco, che fondò la scuola acquistando l’edificio nel 1879. In pochi istanti s’arriva al cortile pavimentato di porfido, con le colonne che formano un loggiato elegante: un ingresso monumentale, ma anche un campo da pallone, con le porte. È tutta qui, forse, la chiave della scuola: studio severo, tradizione e cultura, ma abbinati alla spiritualità dell’oratorio salesiano, fatta anche di sport, di amicizia, di allegria. Negli edifici costruiti a «U» intorno al cortile ci sono la chiesa, il glorioso museo di storia naturale fondato da don Bosco e 31 aule grandi e luminose, con ciò che serve a un moderno liceo scientifico e classico, abbinato a due sezioni di scuola media: laboratori, aule multimediali, teatro. E poi i campi sportivi, le stanze dei salesiani.
Oggi gli allievi sono circa 800. Figli e figlie di ricchi vestiti da cabinotti, ma anche rampolli di estrazione più umile, con i genitori che, per pagare i 3 mila euro di retta, fanno sacrifici su sacrifici. Di sicuro, le 5 mila persone che hanno studiato qui, hanno imparato molto più che un cumulo di nozioni. Un volto noto dall’eloquio tagliente come Marco Travaglio, ad esempio, parla della sua ex scuola con grande tenerezza: «Ci ho lasciato il cuore. Là ho incontrato i preti meno bigotti che abbia mai conosciuto. Persone di altissimo livello professionale». Ripensa ai palazzi disposti a «U», al museo con i minerali: «Ogni tanto ci vado ancora, anche se i miei professori non ci sono più. Ci andavo già da piccolo: hanno frequentato quell’oratorio anche mio padre e mio nonno».
Ha studiato al Valsalice anche l’arcivescovo Tarcisio Bertone. Sono ex allievi Giancarlo Caselli, l’umanista Guido Davico Bonino, Giorgio Tosatti e l’ex rettore dell’Università Rinaldo Bertolino, che era capitano della squadra di calcio. «Valsalice - dice quest’ultimo - m’ha dato una dimensione di serietà, di formazione profonda e rigorosa. Le lezioni di don Perissinotto mi spinsero verso l’inglese in anni in cui si studiavano solo le lingue morte».
Gli ex allievi ricordano le sfide di pallone e la rivalità con i ragazzi del San Giuseppe, il «SanGip» dei padri giuseppini. Ricordano giornate di studio duro, chini sui libri, ma anche pomeriggi di sole e di risate. La storia dell’economo, con il loro liceo non c’entra davvero niente. Non trova posto un nesso con la scuola negli atti giudiziari, e nemmeno nel cuore.
* La Stampa, 8/8/2007 (8:18)
Preti pedofili
Un unico messaggio per le vittime: uscite dal silenzio e denunciate.
di Associazione per la Mobilitazione Sociale Onlus
Dalle vittime che sono uscite dal silenzio arriva l’appello alle vittime che vivono in silenzio: liberatevi di questo peso.
“Non abbiate paura di uscire fuori!”.
È l’appello lanciato dall’Associazione per la Mobilitazione Sociale rivolto a tutte le vittime della pedofilia. “Dobbiamo uscire dal silenzio per sconfiggere il muro di omertà attorno agli abusi” a parlare è una ex vittima, Marco Marchese, oggi presidente dell’AMS ONLUS, di cui fanno parte anche altre vittime di abusi.
L’AMS interviene proprio a seguito dell’ennesimo caso scoppiato che ha coinvolto un sacerdote: non dobbiamo emettere sentenze di colpevolezza o di assoluzione, la società, tantomeno i politici, non deve schierarsi da una parte o dall’altra, soprattutto in una fase di accertamento giudiziario. Ma è importante che le vittime sappiano che possono uscire dal silenzio anche se il pedofilo veste la tonaca, il camice o altro!
“Abbiamo il dovere di sostenere le vittime - continua Marchese - e in questi giorni ho sentito troppe persone che si sono schierate da parte di presunti pedofili pronti a giurare sulla loro innocenza. Ignoriamo troppo spesso che l’abuso si consuma in silenzio, nel buio e senza testimoni!”
Marchese continua ricordando che in molti casi, le vittime trovano la forza di parlarne solo da adulti e che quasi mai hanno il coraggio di denunciare per paura di non essere creduti!
“Sono tante le persone che ci hanno raccontato la loro esperienza. Si tratta soprattutto di persone fragili che il pedofilo riesce facilmente a soggiogare. Oggi ci siamo attrezzati anche con legali e psicologi, lavorando in sinergie con altre associazioni, perché chi ha subito un abuso ha il diritto e il dovere di denunciare e di essere risarcito”. Dal 2005 ad oggi l’AMS ha raccolto i racconti di 38 persone che hanno vissuto sulla loro pelle il tradimento da parte di chi aveva la loro fiducia, di cui 12 hanno subito abusi da parte di sacerdoti o religiosi. Marchese conclude lanciando un appello agli organi di stampa e a chiunque si trovi a parlare di questi fatti: “Non trattate queste vicende come notizie di cronaca, ma soprattutto date un unico messaggio a tutte le vittime che vivono in silenzio e cioè che possono uscire dal silenzio perché non sono sole! In ogni caso possono scrivere a emailamica@mobilitazionesociale.it ”
L’Associazione invita chiunque abbia subito abusi a chiedere aiuto e soprattutto a denunciare perché abbiamo il dovere di fermare l’orco.
Maggiori info:
Associazione per la Mobilitazione Sociale Onlus
Via Malaspina 27, Palermo
http://www.mobilitazionesociale.it
info@mobilitazionesociale.it
* Il dialogo, Mercoledì, 08 agosto 2007
* La redazione de "il dialogo" si associa a questo appello e, come già sta facendo, mette a disposizione la sua email redazione@ildialogo.org per chi volesse denunciare gli abusi subiti ma non riesce ancora a trovare il coraggio per farlo. Scriveteci.