"Ubuntu": una parola da e per non dimenticare.
Una nota a margine della Lettera enciclica di Giovanni Paolo II SULL’ EUCARISTIA (del 17.04.2003)
di Federico La Sala *
Il personale è teologico-politico e il teologico-politico è personale. Gli uomini della Chiesa cattolico-romana non sanno più quello che fanno ... e subito si danno da fare a cancellare le tracce e a costringere a dimenticare. Dato i tempi che corrono è meglio ricordare e riflettere ("Il ministero dei sacerdoti che hanno ricevuto il sacramento dell’Ordine [...] manifesta che l’Eucaristia, da loro celebrata, è un dono che supera radicalmente il potere dell’assemblea ed è comunque insostituibile per collegare validamente la consacrazione eucaristica al sacrificio della Croce e all’Ultima Cena": Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, pf. 29) ... sulla figura del sacerdote e, ovviamente, di Gesù e della stessa Chiesa. Riprendiamo: riapriamo il caso!
La storia sembra finita: la Chiesa non permette a Milingo di essere sposato. .. e Maria promette di seguirlo nella sua missione. Che peccato e che confusione! A questo punto credo che sia necessario e doveroso mettere in evidenza il terreno e le radici da cui è nato e nasce lo scandalo.
La questione ruota intorno alla parola-chiave padre o, se si vuole, abate (cfr. l’omonima voce del Dizionario filosofico di Voltaire), e mette in gioco non tanto e solo la vita interna della Chiesa ma la libertà e la dignità di tutti gli uomini e di tutte le donne in carne ed ossa.
Il ’cardinale’ ("arcivescovo emerito di Lusaka") Milingo è stato quello che è stato ed è quello che è, ma ora e in questo caso il suo Partito, quello dell’Uomo-Dio, se ha vinto un’altra battaglia, ha perso la faccia e la guerra. E per gli uomini dell’Apparato le parole di Voltaire saranno ancora e sempre più all’ordine del giorno: "badate che non venga il giorno della ragione".
Chiariamo. Milingo non è un uomo qualsiasi, è un prete, un padre, un ’cardinale’ ("arcivescovo emerito di Lusaka") della Chiesa cattolico-romana. E’ come il Papa e il Papa è come Milingo. E ogni sacerdote, pur se non è Milingo, è vicino a lui e gioca (appena vuole e può) al ’mi-linko’ e peggio.
Dov’è il bubbone? A mio parere, il problema sta nel modo in cui la chiesa farisaico-paolina, cattolico-romana, ha concepito la sacra famiglia: ha accettato la maternità di Maria ma ha sempre n e g a t o la paternità di Giuseppe.... per assicurare direttamente all’Uomo (cioè solo al Papa e ai preti) il diritto di essere Figlio di Dio e di Maria e nello stesso tempo Dio Padre in persona. Questa è la Fides et Ratio della questione!
La dichiarazione del Cardinale Dario Castrillon Hoyos alla XV conferenza internazionale del Pontificio consiglio ("Duemila anni fa, un ovulo fu miracolosamente fecondato dall’azione soprannaturale di Dio, da questa meravigliosa unione risultò uno zigote con un patrimonio cromosomico proprio. Però in quello zigote stava il Verbo di Dio": La Repubblica del 17 novembre 2000, p. 35) non è uno scherzo o una battuta: dice semplicemente ciò che l’Istituzione ha sempre creduto (fatto credere), pensato (fatto pensare), e voluto (fatto volere), che Edipo fosse il re e il padre-padrone della regina-madre-chiesa-città del Vaticano... altro che Cristo!
La peste e la morte si diffonde sempre di più. E non a Tebe. Il medioevo non è finito! Ma non è finito nemmeno l’Illuminismo! E Kant, Feuerbach, come Marx (cfr. La sacra famiglia, scritta insieme con Engels), Nietzsche (il cattolicesimo: un platonismo per il popolo), Freud e tutti gli altri non sono cani morti! Essi sono stati degli edipo che volevano e osavano sapere, per liberarsi dal male...
La Chiesa Cattolica non sarà mai cattolica-universale, e sarà sempre solidale (in gioco è la proprietà e il monopolio del potere) con lo s p i r i t o (di Hegel e) del Capitalismo, se non ha il coraggio di aprire le porte a ogni Maria e ogni Giuseppe, di riconoscere il loro liberissimo patto di alleanza d’Amore e di Amicizia e - a pieno titolo - la loro completa e personale maternità e paternità dei figli e delle figlie del loro amore e dell’Amore che muove il Sole e le altre stelle.
Sulla Terra nessuno è straniero e nessuno è figlio di Nessuno - nemmeno Ulisse. E noi, uomini e donne di tutta la Terra, non siamo più esseri ciclopici... con un solo occhio e con un solo genitore, e per di più zoppi. Siamo figli e figlie dell’unione di Due IO, non della sola madre e dello spirito di Dio, ma della madre e del padre e dello Spirito di Dio (=Amore)!
Le parole non sono innocenti: la chiesa-istituzione farisaico-romana non è una sacra famiglia e non è una democrazia, è un partito-azienda (molto più grande, ma quanto diverso da quello del rev. Moon?) che deve conservare, accrescere, e trasmettere il proprio patrimonio e il proprio potere, non costruire la casa degli uomini e delle donne umanamente e liberamente uniti dal patto e dallo spirito di Amore e di Amicizia...
Tuttavia, nonostante Milingo abbia abbandonato l’Africa , è da dire che è proprio dall’Africa e, in particolare, dal Sudafrica di Mandela, De Klerk e Tutu, che è venuta alla luce una grande novità - la fine dell’apartheid e la fondazione di una nuova repubblica democratica, e ci viene una bella indicazione.
In occasione della giornata ONU alla memoria in onore dei milioni e milioni di esseri umani ridotti in schiavitù, Desmond Tutu ha ricordato a tutti e a tutte che nella lingua del Sudafrica hanno da sempre una parola-bussola per non perdersi nella disumanità e nella barbarie: ubuntu - le persone diventano persone attraverso altre persone. Forse vale la pena fissarla per sempre.
Così sapremo orientarci sia nel pensiero sia nel mondo, ed evitare a noi stessi e a noi stesse come ai vari Milingo e alle varie Marie di vendere la propria anima, di rinnegare il rinnegamento della propria dignità di esseri umani, e costruire una società - come esortava don Milani - che sappia dire ai suoi giovani e alle sue giovani che sono tutti e tutte sovrani e sovrane o, che è lo stesso, figli e figlie del Dio di Maria e di Giuseppe.... non figli e figlie di Nessuno! Non cè alcuno che è sapiente o buono come Dio, così ha insegnato Socrate e così ha insegnato Gesù: perché continuare a confondere le idee e impedire il dialogo ... e l’eucaristia tra tutti gli esseri umani?
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www.ildialogo.org/filosofia, Mercoledì, 30 aprile 2003
Sul tema, nel sito e in rete, si cfr.:
CONCERTO PER MANDELA, AMY REGINA DELLO SHOW (la Repubblica)
FLS
AGAPE, EUCHARISTIA, Eu-CHARITAS, "il dono spirituale, l’amore di Dio" - Jesus "Charitas" ..... (Federico La Sala)
"[...] Proseguendo la riflessione sul Mistero eucaristico, cuore della vita cristiana, oggi vorrei porre in luce il legame esistente tra l’Eucaristia e la carità. "Carità" - in greco agape, in latino caritas - non significa prima di tutto l’atto o il sentimento benefico, ma il dono spirituale, l’amore di Dio che lo Spirito Santo effonde nel cuore umano e che lo muove a donarsi a sua volta a Dio stesso e al prossimo (cfr Rm 5,5). L’intera esistenza terrena di Gesù, dal concepimento alla morte in croce, è stata un unico atto d’amore, tanto che possiamo riassumere la nostra fede in queste parole: Jesus Caritas, Gesù Amore. Nell’Ultima Cena, sapendo che "era giunta la sua ora" (Gv 13,1), il divino Maestro offrì ai discepoli l’esempio supremo di amore lavando loro i piedi e affidò ad essi la sua più preziosa eredità, l’Eucaristia, in cui è concentrato tutto il mistero pasquale, come ha scritto il venerato Papa Giovanni Paolo II nell’Enciclica Ecclesia de Eucharistia [...]". *
* Cit. ripresa dal testo dell’ANGELUS di BENEDETTO XVI (Castel Gandolfo, Domenica, 25 settembre 2005)
http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/angelus/2005/documents/hf_ben-xvi_ang_20050925_it.html
"Deus caritas est" ... o Deus charitas est !? Il "Logo" .... o il LOGOS !?____________________________________________________________________
Caro Francesco nella tua telegrafica e-mail, scrivi che “In questo articolo non si distingue neanche la differenza tra arcivescovo e cardinale...”.,
Benissimo!!! Bravissimo!!! Non posso che confermare: l’essere umano è un prodigio!!! Che potenza di attenzione ... per vedere (e nemmeno bene) la ‘pagliuzza’!!! Ma se sei ... così oculato e preciso, sicuramente hai visto che vicino alla parola cardinale c’è un virgoletta, all’inizio e alla fine della parola (‘cardinale’). Ad ogni modo per evitare di disorientare qualche altro lettore - grazie a te! - ho inserito anche “arcivescovo emerito di Lusaka” . Per il resto, se hai voglia e tempo, e ritieni l’argomento degno di riflessione, sull’argomento, vedi l’altro art. sul sito: http://www.lavocedifiore.org/SPIP/article.php3?id_article=1194
Grazie ancora .... e fai attenzione alla Parola (con o senza H !?). Vedi che io ho risposto ad un’e-mail di una persona che si chiama Francesco, non Franceco!!!
M. cordiali saluti, Federico la Sala
PER IL LOGOS, NO LOGO !!! (RED.) *
di red (www.unita.it, 25.01.2006)
«Dio è amore, chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui». «Solo il matrimonio riflette l’amore di Dio» e «uno Stato senza la giustizia è una banda di ladri». Della prima enciclica di papa Ratzinger (Deus caritas est) che parla dell’amore di Dio e del concetto di carità cristiana nel mondo d’oggi, forse è prudente non citare molto più. È infatti coperta da copyright e la Libreria Editrice Vaticana ne detiene tutti i diritti, come li detiene su tutte le parole scritte dal papa.
Secondo le norme emanate dal Segretario di Stato Angelo Sodano qualche mese fa (volute fortemente da Ratzinger) qualunque altro editore voglia pubblicare questa o un’altra enciclica (oppure un’esortazione apostolica, o un discorso) deve pagare. Anzi deve presentare prima un progetto di edizione alla Lev (il rapporto fra testo dell’enciclica e commento dovrebbe essere di 1 a 2: 1/3 del volume occupato dal documento e 2/3 dal commento teologico/filosofico) e poi deve pagare. E neppure poco: dal 3% al 5% del prezzo di copertina di ogni copia venduta con anticipo da concordare caso per caso in base alla tiratura. Fatti i calcoli, le parole del papa più costose sono proprio quelle scritte nelle encicliche, le meno costose quelle pronunciate nei discorsi, Angelus, catechesi del mercoledì, allocuzioni varie.
Ma non è tutto. Il copyright che fa delle parole di papa Benedetto XVI delle vere e proprie merci a pagamento ha anche un valore retroattivo. Secondo le norme della Santa Sede «sono sottoposti a copyright tutti gli scritti, i discorsi e le allocuzioni del Papa. Sia di quello felicemente regnante che dei predecessori, fino a 50 anni addietro».
E a questo punto la domanda che sorge spontanea è quella relativa ai diritti d’autore sulle parole del precedessore di Ratzinger, Giovanni Paolo II. Solo in lingua inglese sono 2.770 i titoli di libri che portano la sua firma, oltre mille in lingua spagnola, intorno ai 370 quelli in italiano. Per queste innumerevoli edizioni e traduzioni verranno reclamati nuovi diritti d’autore? In Vaticano, a quanto pare, nessuno lo sa o nessuno vuol dirlo.
«Ci verrebbe voglia di chiedere al Vaticano i danni economici per tutti i libri posti all’indice e dei quali è stata impedita la diffusione, a cominciare dal Dialogo dei Massimi Sistemi di Galileo - ha commentato con ironia l’antropologa Ida Magli - La retroattività vale soltanto per i Papi?’.
Comunque sia gli effetti del copyright voluto da Ratzinger hanno già dato i primi risultati economici per la Santa Sede. Alla casa editrice Baldini & Castoldi, che aveva usato in un’antologia un testo di Papa Ratzinger (tra l’altro di trenta righe e precedente alla sua elezione a Pontefice), è già arrivata l’ingiunzione a pagare 15 mila euro per i diritti di copyright a cui dovranno aggiungere la percentuale sul prezzo di copertina per ogni copia venduta dell’antologia.
www.ildialogo.org/filosofia, Giovedì, 26 gennaio 2006
GIU’ LE MANI DAL COPYLEFT
Dallo scorso 3 ottobre in internet non si può più riportare il testo di un qualsiasi articolo tratto da un qualsiasi sito o giornale, pur citando la fonte.
Lo dice l’art. 32 del decreto legge n. 262.
Per poterlo fare occorre pagare un compenso all’editore. E se non lo si fa le sanzioni sono salatissime.
Fino al giorno prima del decreto il copyleft era ammesso sul web con la sola restrizione di citare rigorosamente la fonte editoriale e l’autore del pezzo.
Così vengono imbavagliati migliaia di siti, di blog e di forum.
La libertà non si può fermare. L’informazione su internet deve rimanere libera.
Chiediamo al Governo che ritiri questo decreto legge. Chiediamo al Parlamento che lo cancelli.
Il diritto all’informazione non si tocca!
Aderisci alla campagna : http://www.peacelink.it/rassegnestampa
*No ad una nuova "tassa sul macinato" per le rassegne stampa*.
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Peacelink - 9 ottobre 2006
Un gruppo missionario che raccoglie sul web articoli sulla guerra in Darfur. Un comitato di quartiere che vuole documentare uno scempio ambientale archiviando articoli della stampa locale. Un’associazione di persone colpite da una malattia rara che vuole mettere a disposizione di tutti una rassegna stampa sui progressi scientifici del settore. Un’associazione pacifista che vuole denunciare, con prove giornalistiche alla mano, crimini di guerra e violazioni dei diritti umani.
A partire da domani tutti questi soggetti potrebbero essere costretti a pagare una "tassa sul macinato" alle associazioni degli editori per continuare a svolgere le loro attivita’. La sorpresa arriva proprio dalla finanziaria dipinta come uno strumento di tutela dei "soggetti deboli", e che in realta’ e’ servita anche a tutelare le lobby dell’editoria modificando per l’ennesima volta le norme diritto d’autore in senso peggiorativo, limitando il diritto dei cittadini alla realizzazione di rassegne stampa, e penalizzando le forme di uso libero e gratuito dell’informazione giornalistica a fini culturali.
Il centrosinistra sembra avere particolarmente a cuore questa normativa, dal momento che gia’ nel 2000 la legge 248 ha ritoccato il diritto d’autore e stabilito la galera per chi copia software ottenendo un generico "profitto", quindi anche per chi fa una copia personale risparmiando per il mancato acquisto. Fino ad allora le manette scattavano solamente per un conclamato fine di lucro, se la copia era fatta per guadagnare soldi a danno degli aventi diritto.
Non e’ facile trovare la disposizione che introduce il pizzo degli editori sulle rassegne stampa: per scovarla non basta leggere l’intero testo della finanziaria, ma va esaminato l’articolo 32 del capo IX del decreto legge 262 del 3 ottobre 2006, collegato alla finanziaria ed entrato gia’ in vigore il 3 ottobre scorso. Chi riesce ad arrivare alla fine di questo labirinto giuridico scopre che il decreto modifica la legge sul diritto d’autore all’articolo 65, stabilendo che "i soggetti che realizzano, con qualsiasi mezzo, la riproduzione totale o parziale di articoli di riviste o giornali, devono corrispondere un compenso agli editori per le opere da cui i suddetti articoli sono tratti. La misura di tale compenso e le modalità di riscossione sono determinate sulla base di accordi tra i soggetti di cui al periodo precedente e le associazioni di categoria interessate. Sono escluse dalla cooresponsione del compenso le amministrazioni pubbliche".
In sintesi: se vuoi fare una rassegna stampa online o cartacea, devi pagare. Anche se la tua attivita’ e’ senza fini di lucro, umanitaria o caratterizzata da una valenza culturale o sociale, devi versare comunque dei soldi. Soldi che per giunta verranno intascati dagli editori, e di certo non dai giornalisti che hanno scritto quegli articoli, pagati una tantum per la cessione dei loro diritti d’autore alle testate per cui lavorano.
Per capire la violenza di questo giro di vite in tutta la sua portata basta leggere la precedente formulazione dell’articolo 65, che condizionava le rassegne stampa alla sola citazione della fonte: "gli articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso, pubblicati nelle riviste o nei giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico, e gli altri materiali dello stesso carattere possono essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico in altre riviste o giornali, anche radiotelevisivi, se la riproduzione o l’utilizzazione non è stata espressamente riservata, purché si indichino la fonte da cui sono tratti, la data e il nome dell’autore, se riportato".
Questa vecchia formulazione secondo alcuni dava troppa liberta’ ai cittadini senza dare un centesimo alle aziende editoriali che vogliono lucrare perfino sulle attivita’ non-profit. Ma i tre grandi colossi editoriali italiani che applaudono alla nuova legge (Rcs, Mondadori/Fininvest e il gruppo Caracciolo/L’Espresso) ignorano che la citazione di un articolo su un blog o un sito web e’ in realta’ una pubblicita’ gratuita per chi lo ha stampato, e che i cittadini sostengono gia’ di tasca propria le imprese editoriali con i finanziamenti a pioggia della legge sull’editoria che premiano gli editori e gli stampatori di riviste associati a improbabili partiti e movimenti creati ad arte per scucire quattrini, come ha documentato un’ottima inchiesta di "Report" .
Da piu’ di dieci anni l’attività del sito www.peacelink.it ruota attorno alla possibilità di pubblicare articoli (oggi quasi 18mila), alcuni originali, altri tradotti da volontari, molti ripresi da varie fonti autorevoli, sempre e comunque menzionate e riportate per esteso. Testi che, sul nostro sito, hanno acquistato un valore aggiunto proprio perche’ organizzati, tematizzati, catalogati e collegati tra loro grazie al lavoro di un gruppo costituito totalmente da volontari, dal presidente in giu’. Molto di questo materiale e’ scomparso dai siti web delle testate che lo hanno pubblicato, e questo aggiunge al nostro lavoro di bibliotecari anche un importante ruolo di memoria storica delle lotte italiane e internazionali per la pace e il rispetto dei diritti umani.
Che cosa accadra’ al nostro lavoro gratuito e volontario moltiplicando le nostre migliaia di articoli per il pizzo che gli editori si apprestano a riscuotere senza alcun beneficio per i giornalisti? Quali saranno i costi da sostenere per un sito come il nostro? Quale sara’ in futuro il clima e il tenore democratico di un paese in cui le realta’ di informazione alternativa saranno costrette a convivere con la spada di damocle di una possibile denuncia se vorranno esercitare il diritto di citare, analizzare, catalogare o contestare articoli di fonti esterne senza dover pagare una tassa ingiusta?
Quale sara’ il destino di tutte le iniziative che cercano di affrontare la complessita’ e la ridondanza dell’informazione attraverso un paziente lavoro di tematizzazione, catalogazione e raccolta del meglio che l’informazione tradizionale e’ in grado di produrre? In che modo una tassa sull’esposizione di materiale pubblico incidera’ sul diritto a "cercare, ricevere e diffondere informazioni, attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere" stabilito a chiare lettere dalla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo?
Le risposte a tutte queste domande dovranno arrivare da un governo che si dichiara pubblicamente "amico dei deboli" e di nascosto produce cavilli giuridici a favore degli editori, il governo amico del volontariato che vuole estorcere soldi perfino alle associazioni non-profit, il governo amico della cultura che mette freni alla libera circolazione dei saperi, il governo vicino ai cittadini che in realta’ vuol premiare aziende gia’ ben foraggiate e avvinghiate a due mani alle generose mammelle dello stato.
Di fronte a tutto questo, al di la’ di ogni schieramento politico e ideologico, diciamo che il buon senso, la civilta’ e l’amore per la cultura e la diffusione dei saperi che dovrebbero muovere ogni essere umano, a cominciare dai politici, ci impediscono di tacere e ci obbligano ad una netta presa di posizione.
Per questa ragione un gruppo di volontari dell’associazione PeaceLink ha realizzato un appello (pubblicato all’indirizzo: http://www.peacelink.it/rassegnestampa) per dare alle persone di buona volonta’ la possibilita’ di conoscere quanto sta accadendo e prendere posizione in merito decidendo se schierarsi a difesa di un ingiusto profitto o dalla parte del diritto alla libera circolazione delle informazioni.
In questo appello si chiede al governo di fare un passo indietro rispetto a questo frettoloso decreto legge. Ripristinare il diritto alla rassegna stampa tax-free, e’ solo il primo, doveroso passaggio per ridiscutere in seguito tutte le questioni che attengono la revisione della legge sul copyright, e le tematiche connesse, durante il prossimo Forum sulla Internet Governance .
La cultura e’ una cosa seria, non lasciamola in mano ai contabili dei gruppi editoriali.
Editoriale
La "papaignobile"
di Giovanni Sarubbi *
Città del Vaticano 18 ottobre 2006. Papa Benedetto XVI riceve in dono la sua terza auto, una VOLKSWAGEN Phaeton del valore di oltre 130.000 euro.
Una serie di immagini ci hanno profondamente colpito in questa settimana. Alcune vengono dalla Città del Vaticano, un’altra da Verona. Sono immagini che parlano più di molte parole. Ci scusino i nostri quattro lettori se diciamo la nostra, ma non possiamo tacere.
Le prime due foto testimoniano la cerimonia di consegna a Benedetto XVI delle chiavi di una Volkswagen Phaeton tenutasi il 18 ottobre in Vaticano. Nella foto si vedono Papa Benedetto XVI ed il Dr. Bernd Pischetsrieder, Presidente del Gruppo Volkswagen. Nel comunicato emesso dalla Volkswagen si dice che “Papa Benedetto XVI ha concesso l’onore al Presidente del Gruppo Volkswagen Dr. Bernd Pischetsrieder di donargli una berlina Phaeton che sarà utilizzata per i Suoi spostamenti”. Il comunicato poi riporta le caratteristiche dell’auto che è una “Volkswagen Phaeton 6.0 W12 passo lungo di colore nero perla metallizzato con rivestimenti interni in pelle grigio chiaro”. Non viene specificato di che tipo di pelle si tratti. Sembra escuso, al momento, che si trati di pelle umana. L’auto, prosegue la nota, “ha l’allestimento a quattro posti ed è stata equipaggiata su specifiche indicazioni per rispondere a esigenze di comfort, riservatezza e sicurezza. Tra l’altro, è stata potenziata l’illuminazione di cortesia per i posti posteriori, i cristalli sono oscurati e blindati e ci sono le tendine laterali e posteriori”. Si tratta di un’auto con un motore di 6000cc di cilindrata che sviluppa 450 cavalli di potenza ed una velocità massima di 250 km/h. I consumi non sono indicati. Il prezzo di listino dell’auto donata al Papa è di circa 130.000 euro senza contare gli allestimenti speciali montati sull’auto papale.
“Questo gioiello - commenta il periodico Quattroruote riportando la notizia - si va ad aggiungere alle altre vetture ricevute in dono da Benedetto XVI: una "X5" e una "XC90 V8". Niente male come parco auto... “. Un “parco auto”, aggiungiamo noi, che è sicuramente alla portata di ogni morto di fame di questa terra, dei bambini che a migliaia ogni giorno muoiono per le più varie e curabilissime malattie o per tutti coloro (oltre due miliardi di persone) che “vivono” (che grande falsità in questa parola) con meno di un dollaro al giorno.
Città del Vaticano 29 Giugno 2006. Papa Benedetto XVI riceve in dono la sua seconda SUV, una VOLVO XC90 V8 del valore di oltre 80.000 euro.
Benedetto XVI, dunque, è diventato il testimonial preferito delle grandi marche automobiliste, soprattutto tedesche, per sponsorizzare le proprie auto. In poco più di un anno e mezzo di pontificato “sua Santità” ha avuto “in dono” ben tre auto. La prima è stata una SUV BMV, anche questa alla portata di ogni morto di fame di questa terra; la seconda una Volvo (di cui di seguito riportiamo le foto della consegna avvenuta il 29 giugno 2006, festa degli apostoli Pietro e Paolo). Valore complessivo delle tre auto oltre 250.000 euro, optional vaticani esclusi. Quanti bambini si potevano adottare a distanza con tale somma per un anno? Circa 500.
Le chiamano le “papa mobili”, forse bisognerebbe ribattezzarle come “papa ignobili”.
Verona 16 Ottobre 2006. Soldati in divisa partecipano all’apertura del IV Convegno ecclesiale della chiesa cattolica di Verona.
L’altra immagine che ci ha colpito viene da Verona, dal Quarto Convegno ecclesiale della Chiesa Cattolica. Tutta un’ala dell’Arena di Verona dove si sta tenendo il convegno nazionale della Chiesa Cattolica, era occupata da un nutrito gruppo di soldati in divisa. Lo confessiamo, per noi è stato un cazzotto nello stomaco per due ordini di motivi.
Il primo attiene alla “laicità dello Stato”. Quei soldati erano li certo non per loro libera scelta ma perché le caserme militari di stanza a Verona sono state mobilitate per garantire una “presenza militare” all’incontro della Chiesa Cattolica che, nei fatti, viene considerata “religione di Stato” e come tale riverita ed osannata.
Il secondo motivo è legato alla guerra nella quale viviamo. Aver accettato una così massiccia presenza di soldati alla propria assise nazionale, indica inequivocabilmente un sostegno aperto alla politica bellicista che vede coinvolti, in vario modo, tutti i governi del mondo occidentale, compreso quello italiano. Quei soldati stanno li a dire che la guerra è una delle opzioni possibili anche per la Chiesa Cattolica. Quanto siamo lontani dalla “Pacem in terris” di Giovanni XXIII con il suo definire la guerra come “una follia” (“alienum at rationem”). E che questo avvenga davanti ad un Papa che ha fatto, forse più a parole che nei fatti, della “ragione” il suo programma di pontificato la dice tutta sulla distanza che c’è fra ciò che si dice e ciò che poi in realtà viene messo in pratica. Distanza ed ipocrisia che le foto sulla consegna della auto mettono ancora di più in mostra.
Ad un certo punto della nostra riflessione ci è venuto di dire: quanto siamo lontani dal “poverello di Assisi”. Ma poi ci siamo detti che forse siamo proprio a quei tempi, nel medio evo più buio, quando la Chiesa Cattolica aveva un potere temporale ed una ricchezza senza eguali (anche allora era un onore regalare qualcosa al Papa), contro cui si schierò Francesco di Assisi. Forse abbiamo bisogno di un “nuovo san Francesco” o forse, il che è sicuramente meglio, abbiamo bisogno che ogni cristiano si comporti come fece Francesco nel medio-evo o, meglio ancora, come fece Gesù ai suoi tempi, cacciando i mercanti dal tempio e contestando alla radice una religione che aveva trasformato l’idea liberante del “Dio Unico” di Abramo e dei profeti di Israele, nel dio dei sacrifici nel tempio di Gerusalemme, che servivano ad ingrassare una casta sacerdotale e a sostenere un potere oppressivo che con quel Dio non aveva proprio nulla a che fare.
www.ildialogo.org/editoriali, Giovedì, 19 ottobre 2006