IL PRETE DELLA NOTTE E LE COLPE DELLA CHIESA
L’avvento del prete-bestia figlio della sessuofobia della Chiesa.
Dal satanismo alla violenza sui minori, il parroco incarna l’ultima eresia
di Francesco Merlo (la Repubblica, 18.05.2011)
Lo dico subito: il prete-orco mi fa pena. Don Riccardo si è infatti ammalato ed è diventato una povera belva praticando gli insegnamenti sessuomaniaci della Chiesa. E mi fanno pena le scritte di linciaggio (
Il prete-lupo don Riccardo mi fa pena perché è il culmine, il punto di non ritorno della sessuo-teologia italiana. Non una mostruosità individuale e occasionale, ma il prodotto terminale di una Chiesa che si rifiuta di vedere ‘la lettera rubata’ che sta davanti ai suoi occhi: il marasma sessuale che c’è tra i funzionari di Dio, tra quelli che furono i nostri parroci buoni, gli ex preti belli del sempre più corrotto Bel Paese.
Nella storia della Chiesa italiana mancava insomma il prete-bestia che ordina per telefono prede giovani e speciali: "un negretto", "lo preferisco di 14 anni", "meglio se viene da una famiglia povera e piena di problemi". Nel catalogo della sessuofobia cattolica nazionale non c’era ancora il prete-diavolo che ostenta il vizio come un personaggio della pulp fiction di Tarantino: "Satana sia con te" lo avevamo sentito solo nei film porno e nei peggiori libelli anticlericali, dai quali appunto don Riccardo sembra uscito. E mi pare che nella corsa alla produzione di mostri sessuali sempre più mostruosi il parroco cocainomane pedofilo e violentatore di Sestri Ponente vada oltre la straordinaria e visionaria irriverenza di Almodovar e persino oltre la pietas del Manzoni e della sua Gertrude.
Fa dunque pena questo figlio sorprendente ma legittimo di una Chiesa sorprendente dove lo scandalo non viene più dall’eresia nell’interpretare la parola di Cristo. Oggi non meravigliano più il prete operaio e il prete imprenditore e neppure si fa scandalo con i frati mafiosi di Mazzarino o con i vescovi antimafiosi di Palermo. Oggi lo sconcerto, il putiferio nella Chiesa è sempre e solo di origine sessuale come aveva appunto previsto il filosofo cattolico Augusto Del Noce, il quale pensava che l’incubo del sesso avrebbe minato la Chiesa, che il sesso l’avrebbe stritolata, che solo sul sesso la Chiesa poteva crollare.
E oggi don Riccardo, che forse incarna quella profezia, è il detentore del record dei paradossi ereticali, dal satanismo all’assunzione di droga, dalla pederastia alla pedofilia, dalla violenza sui minori al compiacimento per la bestemmia, dalla cattiveria riflessiva (sinite parvulos venire ad me) alla gioia di comunicare il proprio godimento: "Finalmente sono riuscito a baciarlo sulla bocca". E forse don Riccardo esibiva in parrocchia la sua furfanteria per meglio nascondersi, come il monello di Chaplin che si infilava tra le gambe del poliziotto.
Spudoratamente infatti usava la missione pastorale per sfogarsi, chattava come un depravato senza paure né accorgimenti, condivideva il vizio con il sacrestano, palpava i chierichetti, sempre spavaldo, sempre a viso aperto in una rete di gaglioffi, di pusher e di fornitori di piccoli prostituti e di giovani vittime ignare. E’ colpa della cocaina? Al contrario gli esperti dicono che la cocaina esalta ma non cambia ma la personalità, che non vela ma svela.
E’ dunque un vero gangster del vizio e non un peccatore tormentato questo don Riccardo, detto ‘ricchiardo’ o anche “il prete della notte” perché a Sestri Ponente tutti sapevano tutto, tranne gli altri parroci, tranne i vescovi e i cardinali, tranne la Congregazione della Fede che solo ora, finalmente, si affida alla giustizia civile, ai poliziotti e ai magistrati d’Italia. Pensate se lo avesse fatto prima.
Non c’è un solo prete pedofilo che sia stato denunziato dalla Chiesa alla magistratura, consegnato dalla Chiesa alla polizia. Dopo, spiace dirlo, la reazione dolente e tuonante si porta sempre il sospetto della coda di paglia, la paura-coscienza di essere corresponsabili di quel reato che altri hanno scoperto .
E’ come se vescovi e cardinali sapessero che quel reato è il prodotto indesiderato della loro cultura, del sesso maltrattato che è ormai un grumo di censure. Se un prete ruba, nessun vescovo e nessun cardinale passerà dall’omertà allo sproloquio di condanna. E anche il prete che si innamora, il prete che scappa con la devota è sì sanzionato, ma ha la comprensione dei suoi confratelli (oltre che la nostra).
Nella patologia di don Riccardo invece c’è la responsabilità morale della Congregazione della fede, la messa a nudo di una tolleranza che è l’ imbarazzo di quel galantuomo del cardinale Bagnasco dinanzi alla sessualità abnorme del parroco che fu suo allievo in seminario e che ora con lui e solo con lui ha chiesto di parlare, mentre ha taciuto davanti al suo giudice, al gip Annalisa Giacalone.
E immaginate l’impaccio, la vergogna di un prete che viene interrogato da una donna che indaga sul suo sesso. Solo dal suo cardinale si sente capito, e non tanto per la solidarietà maschile, ma soprattutto perché è il cardinale Bagnasco ad avergli insegnato che dietro a questa potenza d’amore che è la Chiesa si nasconde la controindicazione, l’effetto collaterale, lo sfigurare se stessi e poi anche il prossimo a colpi di sesso.
Don Riccardo è convinto che solo il cardinale custodisca il mistero della sua follia criminale, che nessuno meglio di lui sappia che il prete o pratica il sesso in modo abnorme o non lo pratica affatto, che è poi un’altra abnormità. La dolcezza del sesso non c’è mai. Ed è per questo che ogni volta che scoppia uno scandalo i vescovi e i cardinali bruciano la coda di paglia: scoprendo don Riccardo scoprono se stessi.
Sul tema, nel sito, si cfr.:
L’ideologia della gerarchia cattolico-costantiniana di "Dio" come "Uomo supremo" e l’art. 7 della Costituzione un buco nero che distrugge l’Italia e la Chiesa
"ORCODio", URBI ET ORBI. LA "NUOVA" TEOLOGIA DEI "DUE PAPI" E LA "NUOVA" EVANGELIZZAZIONE DI RINO FISICHELLA - QUELLA DELLA CHIESA CHE RUSSA!!! Una nota di Marco Politi, con contestualizzazione
L’INFERNO DI GENOVA: COCAINA E PEDOFILIA IN PARROCCHIA
di don Paolo Farinella
Un terremoto annunciato si è abbattuto su Genova ad opera dello Spirito Santo che in questa occasione si è domiciliato in una parrocchia di Sestri Ponente, diocesi di Genova. Dopo gli Usa, l’Irlanda, l’Austria e il Belgio, è ora il turno della chiesa italiana, a cominciare, in ordine gerarchico da Genova, diocesi del presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco. Con una aggravante: alla pedofilia, già di suo crimine orrendo, si aggiunge l’uso abituale e lo spaccio di cocaina. Alla luce di quanto sta emergendo in questi giorni e in queste ore, negli anfratti, nei locali e forse addirittura nella stessa chiesa della parrocchia dello Spirito Santo di Sestri, si è sviluppata una tragedia che si fa fatica a capire e digerire.
Il cardinale Bagnasco, in prima battuta, contrariamente allo stile clericale del «sopire, troncare, padre molto reverendo; troncare, sopire» di manzoniana memoria, si è mosso subito e bene e gliene va dato atto, ma a mio parere è arrivato fuori tempo massimo e anche stordito dalla violenza del turbine che ancora lo condiziona. Ieri, al santuario della Guardia, durante l’annuale raduno dei preti ha espresso il suo dolore e sconcerto, aggiungendo che “nulla faceva prevedere quanto successo”. Mi dispiace dovere ancora una volta dissentire da codesto modo di sminuire la gravità e anche le responsabilità del sistema clericale che recluta preti a costi di saldi, purché garantiscano obbedienza esteriore, rinuncia a pensare con la testa e uomini funzionali alla struttura, anche se immaturi, inadatti e potenziali bombe ad orologeria perché affettivamente incompleti e infantili.
La domanda è: qual è la causa che produce simili mostri che a loro volta sono persone malate da curare in tempo e non dopo 17 anni? La stessa gerarchia cattolica che ora si scandalizza e cerca disperatamente di correre ai ripari sforzandosi di coprire vergogne secolari con foglie di fico sgualcite, ha taciuto ed è stata inerte, nascondendo la testa sotto la sabbia, non credendo possibile che la realtà fosse così tragica, raggiungendo profondità carsiche. Essa si è nascosta dietro il paravento di una pseudo-spiritualità inconsistente che ha fatto perno sul mantenimento di un celibato anacronistico e che pervicacemente si continua a volere imporre con motivazioni anacronistiche.
In questi mesi il cardinale Bagnasco ha partecipato alle celebrazioni del suo predecessore card. Siri, riproposto come modello della Chiesa, e insistendo nel suo ruolo di vescovo fedele alla Chiesa, mentre tutti sanno che ha formato intere generazioni (ne sono testimone oculare dal 1965) ad una obbedienza di convenienza: «nella mia diocesi non attuo la riforma liturgia perché in concilio ho votato contro», dando così un “esemplare” senso di ecclesialità alla rovescia, mettendo le sue manie di uomo disturbato psicologicamente al di sopra del magistero supremo di un concilio. Siri fu il vescovo che accoglieva nel suo seminario i seminaristi espulsi dagli altri seminari solo perché erano affamati di tonache, di pizzi e merletti, anche se malati mentali. A Genova accolse un gruppo religioso fondato da un ex colonnello greco per combattere il concilio Vaticano II e l’accolse perché il rifiuto di tutta la conferenza episcopale francese per Siri fu sufficiente garanzia di ortodossia.
Oggi Genova paga le conseguenza di quell’episcopato miope e scellerato e di cui anche Bagnasco è frutto diretto e dovrebbe conoscere dall’interno; proponendo Siri come modello si assume la responsabilità di giustificare uno stile e un sistema clericale che il brodo di coltura di tragedie come quella di Sestri. In un mondo in rapido cambiamento Siri ieri e Bagnasco oggi preparano un clero immaturo e affettivamente fragile incapace di vivere la complessità della società “plurale” di oggi, lasciandoli abbandonati a se stessi e senza motivazioni di vita.
Nella tragedia della pedofilia colpisce una costante: i responsabili sono cultori della veste talare, difensori strenui del celibato, entusiasti della Messa preconciliare, rigidi con le coppie divorziate, severi nei giudizi morali verso gli altri, acerrimi nemici della coppie di fatto, votano Berlusconi e Lega, ma sono indulgenti verso se stessi fino alla droga di incenso e di cocaina. Di fronte ad un clero decaduto, stremato, confuso, malato, perduto, annaspante e senza risorse, il papa attuale non sa offrire altro che il rimedio della Messa in latino, cioè un rito di cinque secoli fa e una lingua che gli stessi preti non capiscono più.
E’ veramente il segno della desolazione e dell’incapacità della gerarchia di cogliere i segni dei tempi e di leggere la realtà così come è. E’ arrivato il tempo per il cardinale Bagnasco di prendere atto del fallimento educativo della Chiesa e di interrogarsi sul modo di reclutamento dei preti, di mettere in discussione il celibato obbligatorio come condizione previa e di ripensare il ruolo del prete nel contesto di una comunità reale e non al di fuori e sopra di essa. Questo è il tempo dell’umiltà e del coraggio: se un prete può usare cocaina e abusare di minori indisturbato per 17 anni, la tragedia di Sestri non può essere archiviata come un incidente di percorso, ma è il sintomo di una Chiesa smarrita che nessun ritorno al preconcilio può salvare, ma solo il coraggio di una rivoluzione evangelica.
* Il Dialogo, Domenica 22 Maggio,2011
Don Seppia confessa
"Sono sieropositivo"
Il sacerdote si sente minacciato dagli altri detenuti di Marassi. Chiede il trasferimento e ammette la sua malattia. Ora potrebbe essere accusato anche di lesioni. In manette il suo sodale ex seminarista. Nuovo inquisito: è il diciottenne straniero che procacciava minorenni ai due pedofili
di DONATELLA ALFONSO e GIUSEPPE FILETTO *
Cocainomane, tossicodipendente e anche sieropositivo. Lo avrebbe confessato lui stesso, il prete accusato di pedofilia, don Riccardo Seppia: al medico del carcere di Marassi, sabato scorso, durante la prima visita, quando ha chiesto una perizia psichiatrica. La notizia è filtrata soltanto ieri ed inevitabilmente costringe i carabinieri del Nas ad un approfondimento di indagine in questa direzione. Soprattutto perché scatena un allarme sociale. I diversi rapporti sessuali non protetti del sacerdote, che avrebbe abusato di minori, avrebbero potuto trasmettere la malattia ed allora per lui si profilerebbe un altro capo di imputazione: le lesioni che si andrebbero ad aggiungere ai reati di cessione di cocaina, di violenza sessuale e di induzione alla prostituzione minorile.
Il difensore del prete, Paolo Bonanni, non rilascia commenti al riguardo, ma fa sapere delle minacce che don Riccardo riceve in cella. La legge del carcere non perdona la pedofilia, tanto che il sacerdote della chiesa di Sestri Ponente, quartiere industriale di Genova, ha rinunciato anche all’ora d’aria e ieri ha chiesto un incontro con il direttore dell’istituto di pena. "Mi ha esposto le sue paure, che poi non sono altro che quelle scaturite dagli insulti - si limita a dire Salvatore Mazzeo - cercheremo un’altra sede, forse Sanremo, dove potrebbe essere trasferito entro lunedì".
La vicenda assume sempre più le dimensioni di un "verminaio", di pedofilia, cocaina e soldi, al quale ieri è stato alzato di nuovo il coperchio. Un quarto indagato genovese (l’ottavo compresi quelli che sono iscritti dalla procura di Milano) si aggiunge al fascicolo in mano al pm Stefano Puppo e trasmesso per competenza dai colleghi del capoluogo lombardo. Di induzione alla prostituzione e di favoreggiamento deve rispondere il giovane egiziano che nell’ottobre scorso aveva ancora 17 anni e che era stato abusato sessualmente sia dal parroco che dal suo amico ed amante Emanuele Alfano, ex seminarista.
Il nordafricano da vittima quando era minorenne ora deve rispondere penalmente. Il pm lo ha aggiunto ieri, subito dopo avere interrogato Alfano in carcere, accusato anche lui di induzione alla prostituzione e favoreggiamento (tranne la cessione di cocaina). Il magistrato lo ha fatto dopo 5 ore di interrogatorio dell’ex seminarista, arrestato giovedì pomeriggio mentre si preparava a partire per una crociera sul Mediterraneo. Sulla nave finalmente aveva ottenuto un contratto da croupier, sua grande aspirazione.
Secondo fonti investigative quello di ieri nel carcere di Marassi, in presenza dell’avvocato Andrea Trucchi, è stato un colloquio molto proficuo: l’ex seminarista starebbe collaborando con la magistratura e pare intenzionato a vuotare il sacco. Intanto, don Seppia, dopo essersi avvalso della facoltà di non rispondere al gip Annalisa Giacalone quando ha varcato la soglia di Marassi, ha deciso di farsi sentire dal pm, che oggi lo interrogherà nuovamente in carcere.
Dall’altra parte, ieri pomeriggio nella sede del Nas di Genova altre persone informate sui fatti (per ora testimoni) sono state sentite dai carabinieri ed è stato riascoltato, in presenza del suo difensore, il diciottenne egiziano. Quest’ultimo sarebbe stato uno dei partecipanti, ma anche figura di rilievo nei festini di coca e sesso organizzati da don Seppia a da Alfano: prima come giovinetto reclutato negli ambienti del centro commerciale "La Fiumara", terreno di "caccia" dove il seminarista andava a cercare prede per sé e per il parroco. A sua volta il nordafricano sarebbe diventato procacciatore di bambini, pagati a 50 euro a prestazione. Sarebbe colui che ha distribuito i "pizzini", i bigliettino con i numeri di telefono del parroco e del sedicente croupier. Tanto che ad Alfano si attribuisce pure l’induzione alla prostituzione nei confronti di un tredicenne.
* la Repubblica, 20 maggio 2011
“Nessuna omertà, ha sbagliato chi lo ha formato”
intervista a Tonino Cantelmi,
a cura di Silvia D’Onghia (il Fatto Quotidiano, 19 maggio 2011)
“È una forma narcisistico sadica di pedofilia, è un uomo che ha utilizzato la tonaca come copertura. Non è neanche un vero credente”. Il professor Tonino Cantelmi, psichiatra e psicoterapeuta, esperto - tra gli altri incarichi - della Consulta nazionale per la Famiglia della Conferenza episcopale italiana, non ha dubbi su don Riccardo Seppia, il parroco genovese in carcere con l’ipotesi di abuso su minore e cessione di stupefacenti.
Un’indagine che potrebbe presto arricchirsi di un nuovo capo di imputazione: induzione e sfruttamento di prostituzione minorile. La Procura di Genova sta infatti cercando di accertare se le frasi emerse durante le intercettazioni telefoniche e ambientali e pronunciate durante colloqui con il pusher nordafricano che gli procurava la cocaina, possano essere relative a un vero e proprio rapporto di domanda-offerta.
Negli interrogatori e dall’analisi dei tre computer sequestrati al parroco, gli inquirenti avrebbero trovato le prime conferme sia della violenza sessuale su uno dei ragazzi, un chierichetto sedicenne genovese, sia dell’uso di stupefacenti. Don Seppia rimane in isolamento, lontano dagli altri detenuti, mentre viene valutata la possibilità di trasferirlo in un Sert, proprio per la sua dipendenza dalla cocaina.
Professor Cantelmi, possibile che nessuno tra le gerarchie ecclesiastiche si sia mai accorto di nulla? Eppure non sarebbero mancate le segnalazioni in passato, circa il comportamento di don Riccardo.
Sono sicuro che in questo caso non si tratti di connivenze, di nascondimenti o di inerzia da parte della gerarchia, che non ha avuto alcun dubbio a dare seguito immediato all’operato degli inquirenti. Ma mi faccio un’altra domanda: possibile che nella formazione di questo prete, a suo tempo, i formatori si siano lasciati ingannare così?
Ce lo dica lei: è possibile?
I segnali c’erano già sicuramente tutti. Ma non è facile individuare una persona così, bisogna essere molto bravi. Ed è per questo che nei seminari diocesani oggi sono stati inseriti psicologi e psichiatri, che insegnano ai formatori a non farsi ingannare.
E secondo lei è sufficiente? Non c’è stato finora un atteggiamento omertoso da parte della Chiesa?
Non c’è altra istituzione al mondo che abbia fatto tanta pulizia al suo interno. Dal 2000 il mondo cattolico ha fatto una scelta profetica rispetto ai tempi. È stato fatto uno sforzo immenso. Ora il problema è rendere le case di formazione per i preti capaci di scovare in tempo persone così.
Ma cos’ha di particolare un uomo come don Seppia?
I pedofili narcisisti sadici sono abilissimi. Sono persone molto intelligenti, brillanti, capaci, che riescono facilmente a ingannare. Sanno manipolare la realtà, utilizzare la propria struttura di riferimento per fare i loro comodi. Persone così non si trovano mica solo in chiesa: possono essere pediatri, allenatori, educatori, insegnanti. In questo caso non si tratta neanche di un vero credente, ma di uno che irrideva la fede, invocava addirittura Satana. È solo una persona che ha utilizzato l’essere prete per dare seguito alle sue perversioni.
Questi pedofili come scelgono le loro vittime?
Si occupano di persone in difficoltà, ricoprono di bontà quello che fanno. Usano sistemi di dipendenza mostruosi. Spesso abusano di due fratelli, o delle loro madri. Intere famiglie vengono incastrate in un sistema di dipendenza che impedisce loro di fare un esame critico della realtà.
Ed è per questo che spesso le famiglie sono reticenti a denunciare?
Certo. Pensi che ci sono casi di donne che, dopo aver avuto un partner che abusava del loro figlio, se ne cercano un altro simile. Sono sistemi patologici in cui l’abusante si va ad insinuare.
E cosa si può fare in casi simili?
Nulla. Il pedofilo narcisistico sadico è inguaribile, perché è una persona che non ha l’egodistonia: sente il suo comportamento come giusto. L’unica possibilità è il contenimento sociale.
Il teologo Vito Mancuso
"È solo la punta dell’iceberg"
Parla il teologo: "Le violenze sessuali sono molto più frequenti di quanto non si voglia ammettere ma anche di quanto si pensi. La visita di Bagnasco in parrocchia è stata una scelta tempestiva, e la sua presa di responsabilità esplicita"
di RAFFAELE NIRI *
"Ma questo don Riccardo Seppia è solo la punta di un iceberg, sbaglieremmo se ne facessimo un caso isolato. La verità, e mi duole doverlo ammettere, è che questi signori della Chiesa hanno più a cuore il mantenimento della propria struttura rispetto al futuro dei singoli bambini.
"Per dirlo con una formula: l’importante è mandare avanti la Ditta". Vito Mancuso è uno che, questi "signori della Chiesa", li conosce bene. Docente di Teologia all’Università San Raffaele di Milano, editorialista di Repubblica, a 23 anni è stato ordinato sacerdote dal cardinale Carlo Maria Martini, nel Duomo di Milano. L’anno dopo chiese di essere dispensato dalla vita sacerdotale e di dedicarsi allo studio della teologia: così il cardinal Martini lo spedì due anni a Napoli, presso il teologo Bruno Forte (oggi arcivescovo di Chieti e presidente della Commissione Episcopale per la Dottrina della Fede).
Dei tre gradi accademici del corso teologico ha conseguito il Baccellierato presso la Facoltà teologica di Milano, la Licenza presso la Pontificia facoltà teologica di Napoli, il Dottorato a Roma presso la Pontificia Università Lateranense. Poi si è sposato, ha fatto due figli e un numero infinito di libri: "L’anima e il suo destino" (con prefazione di Martini) finì ai primi posti in classifica e così "Disputa su Dio e dintorni" (con Corrado Augias) e "La Vita autentica". Due mesi fa, invitato da Luca Borzani per il ciclo "Le Religioni e le origini del mondo" ha spopolato, riempiendo il Salone del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale.
Insomma, vista da vicino che Chiesa è?
"Una Chiesa dove queste violenze sessuali sono molto più frequenti di quanto non solo si voglia ammettere - e non vogliono proprio ammetterlo - ma anche di quanto si pensi. Chiunque abbia studi di Teologia alle spalle sa quanto sia terribile la debolezza umana, quanto sia enorme il problema della formazione, della selezione".
Cioè, il problema è che, proprio perché le vocazioni sono così poche, la Chiesa accetta chiunque si autoproponga?
"Non il problema, uno dei problemi. Un altro dei problemi è che la Chiesa ha più a cuore la propria struttura, la propria dottrina, la conservazione dell’edificio esistente, piuttosto che l’avvenire del singolo. Se il mio primo obiettivo è quello di custodire quello che sono, quello che ho, non mi preoccuperò troppo di quello che offro e di come lo faccio. E, non mettendomi in discussione, perdo autorevolezza".
Parlava di "scuola quadri": c’è effettivamente un problema di formazione?
"Tengono fermo questo semidogma che risale all’undicesimo secolo: prima non esistevano problemi di castità, da allora si tratta di una regola teoricamente inviolabile. Ma poteva andar bene nei secoli passati. Oggi le vocazioni sono sempre meno e la qualità dei sacerdoti sempre più bassa. Attenzione, l’omosessualità non c’entra niente: il problema è la repressione sessuale. L’eros, espresso nelle forme e nei modi corretti, è fondamentale per la completezza dell’individuo. La vicenda di Sestri ponente, comunque la si voglia leggere, porta a galla repressione e frustrazione".
Il presidente della Cei è corso subito a Sestri. Ha fatto bene?
"Io credo che sia stata un’azione tempestiva, il che non avviene spesso all’interno della Chiesa. Leggendo Repubblica, mi pare che la presa di responsabilità sia stata esplicita".
Molti sestresi non mandavano più i bimbi a catechismo: qualcosa vorrà pur dire.
"In casi come questo, in genere, ci sono anche segnalazioni, lettere, prese di posizione. E’ la riprova di quanto dicevo prima: se hai più a cuore la struttura del singolo, questi sono i risultati. Se io ho come principale interesse quello di preservare la continuità, non mi preoccuperò dei singoli problemi che i sacerdoti creeranno".
Come se ne esce?
"Togliendo il celibato. Giovanni XXIII° istituì una commissione di 68 persone: 64 si espressero in favore della contraccezione. Poi arrivò Paolo VI° e diede ragione ai quattro: non bisognava entrare in contraddizione con Pio XI°, la cosa più importante era la continuità della dottrina. Insabbiano, affossano, ma l’importante, per loro, è non contraddirsi mai".
* la Repubblica/Genova, 17 maggio 2011)
Dal Papa stretta sulla pedofilia obbligo di collaborare coi giudici
di Marco Politi (il Fatto Quotidiano, 17 maggio 2011)
Papa Ratzinger decide di pianificare la lotta contro gli abusi sessuali. Una circolare della Congregazione per la dottrina della fede impone agli episcopati di tutto il mondo di dotarsi di Linee guida entro un anno, in modo da affrontare con sistematicità il contrasto alla pedofilia nelle strutture ecclesiastiche. È la vittoria del metodo tedesco-americano sul metodo italiano, che sinora ha lasciato tutto nelle mani dei singoli vescovi senza procedure, responsabili, canali di ascolto organizzati a livello nazionale. Era il 2002 quando la segreteria della Cei dichiarò che non esisteva nessun piano per dotarsi di un osservatorio per monitorare il fenomeno e ancora l’anno scorso la Cei escluse che in Italia si sarebbe avuto un responsabile nazionale - come esiste ad esempio in Germania dove si occupa del problema il vescovo di Tre-viri - e nemmeno un numero verde.
IL PRESIDENTE della conferenza episcopale Bagnasco è intervenuto tempestivamente a Genova appena un sacerdote è stato arrestato per abusi, ma la questione non riguarda l’atteggiamento di un singolo vescovo bensì l’organizzazione specifica per prevenire, scoprire e sanzionare il fenomeno. E questo esige direttive precise e procedure controllabili dalla pubblica opinione. È precisamente quello che si prefigge la circolare diffusa dal cardinale William Levada, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede: approntare una “risposta adeguata”. Una formula diplomatica per scuotere quelle conferenze episcopali che ancora non si sono mobilitate.
Benedetto XVI è angosciato dal problema dopo lo shock della valanga di rivelazioni dell’anno 2010 ed è deciso a stimolare gli episcopati ad una strategia di rigore. Oltre a chiedere l’elaborazione di Linee guida entro il maggio 2012, la circolare indica una serie di punti fermi. Organizzare l’ascolto e l’assistenza alle vittime, anzitutto. Il che - suggerisce il Vaticano - può richiedere anche che il vescovo nomini un delegato specifico per trattare la questione. Seconda esigenza: imparare dai programmi di prevenzione varati in alcune nazioni per insegnare a genitori, personale scolastico e sacerdoti a riconoscere i segni dell’abuso.
Fondamentale è il ruolo dei vescovi. Con linguaggio garbato la circolare li invita a non restare passivi, ma farsi parte attiva in questa battaglia. I vescovi devono essere pronti ad ascoltare le vittime, assicurare “ogni impegno” nel trattare le denunce, vigilare sulla selezione dei candidati al seminario e anche controllare i motivi per cui un candidato al sacerdozio si trasferisce da un seminario all’altro. Tocca a loro sospendere il sospettato dalle sue funzioni e non lasciarlo a contatto con minori. I compiti sono chiari: al vescovo locale l’indagine preliminare, al Sant’Uffizio il giudizio canonico.
Benedetto XVI vuole togliere ogni alibi a quel “lasciar correre”, che ha causato danni enormi alle vittime e di cui si troverà testimonianza negli archivi vaticani se un giorno saranno aperti.
IMPORTANTE è l’indicazione a cooperare con magistratura e polizia. “In particolare - sottolinea il documento del Sant’Uffizio - va sempre dato seguito alle prescrizioni delle leggi civili per quanto riguarda il deferimento dei crimini alle autorità preposte, senza pregiudicare il foro interno sacramentale (la confessione)”.
Il che vale sia per il clero che per il personale laico che lavora nelle strutture ecclesiastiche: scuole, convitti, asili e così via. La circolare è molto chiara nel rammentare che l’abuso di minori non è solo un “delitto” per le norme canoniche, ma è un “crimine” per la legislazione statale. Altrettanto precisa la circolare è nell’esortare i vescovi a ricordare ai preti coinvolti le loro “responsabilità” dinanzi alla legge.
Ma qui c’è un elemento di ambiguità. Il testo del cardinale Levada registra che i rapporti con le autorità civili variano da stato a stato. In parole semplici: in Francia la legge prescrive al vescovo di denunciare il prete colpevole, in Italia e altri paesi no. Se il Vaticano intende agire fino in fondo per bonificare la situazione, allora dalla sede papale è necessario che arrivi l’ordine tassativo, senza equivoci, che le autorità ecclesiastiche denuncino sempre i preti predatori a magistratura e polizia.
Altrimenti succede come con il parroco romano di Selva Candida don Ruggero Conti, condannato in prima istanza a quindici anni per abusi su sette bambini: l’associazione “Caramella Buona” contattò anni prima vari prelati per metterli sull’avviso, ma nessuno le diede retta.
LA CHIESA CIECA
“Guai a voi, guide cieche, che dite: ‘Se qualcuno giura per il tempio, non è nulla; ma se qualcuno giura per l’oro del tempio, è obbligato’. 17 Stolti e ciechi! Infatti, che cosa è più grande, l’oro o il tempio che ha santificato l’oro?
LA CODA DI PAGLIA
Divengono essi come paglia dinanzi al vento, E come pula che l’uragano porta via?
Poiché la mano di Dio si poserà su questo monte, e Moab dev’essere calpestato nel suo luogo come quando un mucchio di paglia è calpestato in un letamaio.
Considera il ferro come semplice paglia, Il rame come semplice legno marcio.
(IL PRETE ORCO)
I romani adottarono l’inferno etrusco, chiamandolo Orco o Inferno, e presero a prestito anche i miti greci riguardo ad Ade, il re degli inferi, chiamandolo Orco o Plutone.
Il cristianesimo primitivo: Non un fatto casuale NEL primo secolo c’erano dèi a bizzeffe e dèi per tutti i gusti. Dalla culla alla tomba i cittadini dell’impero romano facevano assegnamento sull’aiuto e sulla protezione di dèi e dee. Cuba si prendeva cura del neonato e Ossipagus induriva le ossa del bambino che cominciava a camminare. Adeona lo guidava nei primi passi e Fabulinus gli insegnava a parlare. In battaglia era protetto da Marte. Quando si ammalava, Esculapio si prendeva cura di lui. Quando moriva, su di lui vigilava Orco, dio dell’oltretomba.
Allora Gesù parlò alle folle e ai suoi discepoli, dicendo: 2 “Gli scribi e i farisei si sono seduti sul seggio di Mosè. 3 Perciò fate e osservate tutte le cose che vi dicono, ma non fate secondo le loro opere, poiché dicono ma non fanno. 4 Legano gravi carichi e li mettono sulle spalle degli uomini, ma essi stessi non li vogliono muovere neppure col dito.
Sinceri saluti a tutto lo staff dall’emigrato Integrato