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Per il dialogo, quello vero...

DEMOCRAZIA E "CATTOLICESIMO": LA "LEZIONE" DI TRILUSSA. "DICO" E ANCORA "DICO": IMPARIAMO A CONTARE E A CONTAR-CI !!! A PARTIRE DA "D-ue-IO" E NON DA un "UNO" e da uno "ZERO" che si nasconde dietro un altro UNO!!! La matematica della Costituzione (come di Mosè e del "Buon Pastore") non è un’opinione e non è la matematica delle "pecore" del Pastore-Faraone - a cura di Federico La Sala

Per l’Italia, "Due Soli"(Dante) !!! La Costituzione è la nostra "Bibbia civile"!!!
sabato 10 marzo 2007 di Maria Paola Falchinelli
I NUMMERI *
Conterò poco, è vero:
- diceva l’Uno ar Zero -
ma tu che vali! Gnente: proprio gnente!
Sia ne l’azzione come ner pensiero
Rimani un coso voto e incorcrudente.
Io invece se me metto a capofila
De cinque zeri tale e quale a te,
lo sai quanto divento? Centomila.
E’ questione de nummeri. A un dipresso
è quello che succede ar dittatore
che cresce de potenza e de valore
più so’ li zeri che je vanno appresso
TRILUSSA, Poesie scelte, Mondadori. (...)

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> DEMOCRAZIA E "CATTOLICESIMO". "DICO" E RIPETO ANCORA "DICO": MANIFESTAZIONE - PIAZZA FARNESE ORE 18, IL "GRANDE TRILLO".

domenica 11 marzo 2007

Cari parlamentari cattolici, appoggiate i DI.CO.: sono un passo avanti di civiltà *

di don Vitaliano Della Sala

Ai parlamentari cattolici italiani

Signore e signori parlamentari cattolici,

da un lato esiste la Gerarchia “trionfante” della Chiesa cattolica italiana, quella eternamente “costantiniana” dell’in hoc signo vinces, sempre pronta a pretendere privilegi e a fare compromessi con i potenti, potente essa stessa. Una gerarchia che sa solo pronunciare i suoi eterni ”no” di fronte a qualsiasi richiesta di apertura che viene dalla base, senza preoccuparsi in alcun modo delle sofferenze che i “no” provocano; una Chiesa che appare formata esclusivamente della gerarchia e da queste è esclusivamente rappresentata, senza aver ricevuto delega alcuna da parte della base. Di partecipazione dei fedeli laici alle decisioni, neanche a parlarne, come pure di democrazia interna e di diritto-dovere al dissenso.

Oltre questa Chiesa gerarchica, anzi dentro di essa, un’”altra” Chiesa, Chiesa-altra, non è solo possibile ma è già realtà. Una Chiesa-altra che ha imparato ad usare “il potere dei segni, anziché i segni del potere”. Una Chiesa-altra viva, fatta di vescovi e preti coraggiosi, di fedeli laici impegnati, anche se costretta a vivere “nelle catacombe” della paura di essere inquisita, punita, processata. È la nuova Chiesa del silenzio che, però, prende sempre più coraggio e emerge dall’oscurità nella quale è stata ricacciata o nella quale si è autorelegata. Sulla questione che pongo, signori parlamentari, si interrogano in tanti dentro la Chiesa. E lo fanno con serietà e sofferenza, senza superficialità e facilonerie, lo fanno con amore e, soprattutto, davanti a Dio: al suo cospetto.

C’è una breve parabola nel Vangelo che parla del granello di senape, il più piccolo tra tutti i semi, che diventa un albero frondoso, «e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra» (Luca 13, 18-19): paradigma della Chiesa-altra che in molti sogniamo. Una Chiesa inclusiva, che non emargina, non usa la pesante scure del giudizio su nessuno, “una Chiesa degli esclusi e non dell’esclusione” (mons. Jacques Gaillot), capace di accogliere, di portare tutti , proprio tutti, maternamente in seno. Le recenti prese di posizione sulle unioni di fatto, sull’uso dei profilattici anti-HIV e su altre problematiche calde, da parte dell’episcopato spagnolo, del cardinale Carlo Maria Martini, di quello belga Godfried Danneels, e dello svizzero George Cottier, già teologo della Casa Pontificia durante il pontificato di Giovanni Paolo II, fanno ben sperare in una Chiesa cattolica che, pur testimoniando e proponendo i propri valori, non si sogna nemmeno di imporli ad una società laica che deve essere, invece, ascoltata e compresa.

Voi parlamentari cattolici, in questi giorni, siete chiamati a decidere sulla proposta di legge del governo circa le unioni di fatto. Sicuramente ascolterete quanto chiede da voi, quasi vi impone, la gerarchia cattolica italiana. Vi chiedo, vi imploro, di ascoltare anche quanto la Chiesa-altra vi dice e si aspetta da voi. Se la Chiesa ha il diritto-dovere di difendere l’istituto del matrimonio tra uomo e donna e di “imporlo” ai credenti, non può imporlo a tutti gli altri; soprattutto deve apprezzare uno Stato laico che propone una legge sui “diritti e i doveri dei conviventi”, badando bene a non confonderli con quelli del matrimonio tradizionale. Come cattolico devo accettare che una legislazione civile determini condizioni di coabitazione e diritti per le coppie etero e omosessuali, anche se non posso accettare che lo si confonda con il matrimonio.

Di fronte a un’etica sessuale che afferma un categorico no, ad esempio, contro qualunque esercizio dell’omosessualità - visto che soprattutto questo crea problemi nella riflessione sulle coppie di fatto - si prova disagio. Io provo disagio. E so che lo provano moltissimi credenti e cattolici praticanti; moltissimi preti. Non si tratta del disagio di chi si lascia lusingare dal canto delle sirene, di chi , affetto da complesso di inferiorità ecclesiastica, vorrebbe scendere a compromessi su tutto e con tutti e avere una Chiesa supina al pensare della maggioranza, alla moda e acriticamente a braccetto coi tempi. E’ un disagio che nasce dal Vangelo, dal bisogno di fedeltà sostanziale al comandamento dell’amore lasciato da Gesù: “Misericordia io voglio e non sacrificio” (Mt 12,7).

C’è un passo molto bello nella Bibbia, del profeta Isaia, in cui Dio dice: «su, venite e discutiamo». Ogni singola affermazione della Bibbia è parte di questo dialogo e isolarla rischia di snaturare il dialogo stesso. Prima di arrivare al “fino a questo punto è lecito, oltre questo limite no”, io credo che bisogna entrare nel clima di dialogo e di confronto che è proprio delle Scritture. Questo coraggio di discutere su tutto, sempre, dovrebbe essere la regola nella Chiesa come nella politica, nelle comunità di qualsiasi genere come nei rapporti interpersonali.

Sant’Agostino diceva: “Ama e fa ciò che vuoi”. Questo non è certo un invito alla deregulation totale, a vivere al di là del bene e del male o come se chiunque potesse decidere nella soggettività più assoluta cosa è bene e cosa è male. E’ un invito, invece, a partire con il piede giusto, quello dell’amore, cioè dell’uscita da sé e dell’apertura all’altro. Prego il Signore perchè benedica il vostro lavoro e vi faccia partire con questo piede giusto nella discussione della proposta di legge che andrete ad esaminare nei prossimi giorni.

Con cristiana franchezza

don Vitaliano Della Sala

-  Sant’Angelo a Scala, 9 marzo 2007
-  www.donvitaliano.it-e-mail donvitaliano@tin.it

* www.ildialogo.org, Sabato, 10 marzo 2007


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